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Autore: ryuzaki eru    09/07/2012    10 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Eccolo!
Non mi dilungo, incrocio le solite dita di liquirizia…
Grazie di essere ancora qui e buona lettura ^^

 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

32. I ragionamenti paralleli

(Dal cap. precedente)
Elle continuò, con la voce fluida e gli occhi di ghiaccio «Le cose che tu sai non “devono” cambiare. È così tremendamente ovvio che non debbano farlo. Veramente pensi che io abbia continuato ad agire considerando le cose che mi dicevi solo come un aiuto, senza calcolare questo? Veramente credi che le tue informazioni mi stiano servendo solo a risolvere prima il caso? Emma, ho deciso di comportarmi in un certo modo fin dal primo indizio che mi hai concesso apertamente. Ho deciso di comportarmi così perché mi era chiaro fin dal primo istante che tu conoscevi alcuni eventi. Poi ho potuto appurare che tutto ciò che dicevi era vero. Se io cambiassi gli eventi tu non sapresti più nulla. Il mio vantaggio sarebbe finito. E tu non mi serviresti proprio più a nulla.»
Era verissimo.
Elle aveva ragione, come sempre.
Lei non gli sarebbe servita proprio a niente…
Emma ingoiò.
Ma non lo fece per il gelo e l’insensibilità opportunista con cui Elle aveva condito quell’ultima frase.
Quel ghiaccio, stranamente, non la raggiunse.
O perlomeno non la raggiunse apertamente. Se nell’intimo di quella giovane ragazza qualcosa si mosse, in seguito a quell’ultima affermazione tremendamente cinica ed insensibile, lei non lo seppe e forse non lo avrebbe mai saputo. Forse c’era una corazza spessa che ormai la proteggeva dagli “attacchi” di quel giovane duro e diretto.
O forse quella corazza non esisteva e non aveva motivo di esistere.
Forse semplicemente furono l’indole di Emma e la sua esperienza a farsi avanti. Fu viva la parte più profonda del suo essere, quella che le aveva permesso di avvicinare il grande Elle, di arrivare fin lì. La sua sensibilità inconscia e forte, sicura e prorompente nonostante tutte le insicurezze, aveva imparato a prevedere, a conoscere. Aveva imparato ad andare oltre, ad accogliere il detective ed il suo gelo con fermezza. Sì, con fermezza e con quel qualcosa che iniziava a somigliare all’abitudine…
Perché Emma, forse, adesso, dentro di sé sentiva e sapeva che il gelo di Elle non significava disprezzo, non significava mancanza di stima, di considerazione, di complicità.
Forse Emma non rimase ferita perché adesso, veramente, “conosceva” Elle o perlomeno “conosceva” una parte di lui.
Perché adesso, istintivamente, riusciva a sfiorare veramente qualcosa, oltre quelle spalle curve, lo faceva spontaneamente, percependo l’essere umano reale che si nascondeva dietro quel giovane uomo unico. E lo faceva senza più l’aiuto delle pagine in bianco e nero di un manga di successo, di un fumetto custodito gelosamente sugli scaffali polverosi di una stanza perduta in un mondo  dimenticato e smarrito chissà dove…
 
Vi chiedete perché, da qualche tempo, non vi riporto direttamente e pedissequamente i pensieri e i ragionamenti di Emma sulla “persona” Elle e sui suoi modi poco comuni e taglienti?
Perché su quel punto non ci sono elucubrazioni.
Perché, per l’appunto, Emma agisce per istinto, per conoscenza vera e diretta. E sull’istinto e la “familiarità”, spesso, c’è veramente poco da dire.

 
E il gelo che la colpì, infatti, derivò da altro.
Derivò proprio da quelle pagine quasi dimenticate in cui c’era un Elle di carta, disegnato, limitato e destinato irrimediabilmente a morire…
Derivò proprio da quell’istinto che le permetteva di vivere lì con lui, ma che nello stesso tempo le velava lo sguardo e le oscurava ciò che invece era stata sempre in grado di prevedere.
Come poteva Emma aver solo lontanamente pensato che “proprio” lui potesse commettere un errore così grande?
Come?
Non era forse lei l’appassionata di Death Note? Non era forse lei la ragazza che considerava quasi “inutili” i sentimenti, se rapportati a quel caso epocale, intricato e terribilmente delicato in tutte le sue parti, se rapportati ad un soggetto così particolare ed unico come Elle?
E invece ci era caduta in pieno. Era affondata nel marasma di paure ed emozioni che colpisce le persone innamorate ed aveva completamente perso la bussola, ottenebrata. Era arrivata ad avere timori e dubbi che mai avrebbe voluto e dovuto concepire se avesse invece continuato a tenere bene a mente l’indole della persona che aveva davanti e che la scrutava adesso con un’espressione seria e distaccata, in attesa di carpire qualcosa dal volto della sua interlocutrice.
Emma aveva un’espressione strana che vagava dalla confusione alla curiosità, dalla critica per se stessa al tentativo di raccogliere le fila del discorso.
Assottigliò gli occhi, come concentrata, come cercando di mettere a fuoco la situazione attraverso una nuova ottica, priva dei condizionamenti che l’avevano traviata fino a quel momento.
E con quello sguardo intento continuò a fissare gli occhi del detective, che colse il cambiamento in lei, capì che in Emma si era smosso qualcosa, che in quei brevissimi attimi era cambiato qualcosa.
Ed era quello che voleva. Anzi, era quello che sapeva. Perché, come sempre, la sua freddezza era naturale e diretta, ma era comunque finalizzata a qualcosa. Perché Elle non smetteva mai di mettere alla prova chi aveva davanti. Mai. Solo che in quel momento ed in quel frangente, per la prima volta, stava mettendo alla prova qualcuno aspettandosi una reazione ben precisa… stava mettendo alla prova qualcuno che conosceva…
Difficile dire perché lo stesse facendo…
E quindi il grande detective proseguì a parlare,  implacabile «Gli eventi non devono cambiare almeno finché non avrò in mano degli elementi chiari, inconfutabili e lampanti. Non devono cambiare almeno finché non sarò certo di avere in pugno tutta la situazione. Mi sto muovendo seguendo questa linea, avendo questo obiettivo.» si fermò, la guardò e riprese «E credo che questo ora ti sia chiaro.»
Emma corrugò la fronte.
Come? Come si stava muovendo? Come aveva fatto fino a quel momento?
Questo dicevano i suoi occhi famelici e ghiotti di informazioni, ma ancora scossi, dubbiosi, in confusione.
Elle accennò un vago sorriso sornione, leggendo le domande nella testa di Emma «Come? Vuoi sapere “come”? Ancora non riesci ad arrivarci da sola?» la provocò, ben sapendo che Emma stava in quel momento raccogliendo tutte le forze e stava ricominciando a mettere in moto la sua mente per cercare di seguire i ragionamenti di lui.
Faceva così. Aveva sempre fatto così.
Quella giovane ragazza sincera, agguerrita, riservata e nello stesso tempo spiazzante nella sua schiettezza senza peli sulla lingua, metteva sempre in moto il suo cervello alla ricerca di nuove risposte, anche quando le deduzioni a cui era giunta erano sbagliate. Non si perdeva d’animo. Ripartiva da zero, ricominciando a costruire la sua piramide dalle nuove e più solide fondamenta.
Ed era estremamente divertente osservarla mentre ragionava. Era divertente ed in qualche modo stimolante…
Lei non era esattamente come tutti gli altri “bambini” che circondavano Elle, rallentati e bisognosi di aiuto in ogni deduzione. Lei era un bambino di quelli che imparano in fretta, che danno soddisfazione, un bambino di quelli che hanno la mente fervida e perciò piacevole da osservare, da testare, da mettere alla prova. Un bambino di quelli che possono spiazzare, di quelli che possono far esclamare “Accidenti, questo ragazzino è incredibile, io non ci avrei mai pensato e ho molte più conoscenze di lui!”.
Esistono i “bambini” così, sono pochi ma esistono.
E sono pochi anche quelli che li scovano e li riconoscono, quei “bambini” lì…
E così Elle iniziò ad imboccarla, continuando «Te lo dirò io “come”. Tutto ciò che mi hai detto fa parte di un’indagine che sto compiendo da solo, al latere. E quindi nelle indagini ufficiali devo comportarmi come se non fossi a conoscenza di certe cose, cercando di far proseguire gli eventi secondo un binario diverso da quello che invece seguirei essendo in possesso di determinate informazioni.»
Emma abbozzò un’espressione accesa e gli occhi le iniziarono a brillare, assumendo una luce che ricordava il fervore …
Ed Elle proseguì «C’è una squadra investigativa che è all’oscuro di tutto. C’è Light Yagami che viene qui ogni giorno. Ci sono gli eventi che tu conosci che io “devo” far avvenire. Sto viaggiando da due mesi su due binari. Sto giocando due partite a scacchi contemporaneamente. Mi muovo su due livelli, indagando e ricostruendo di nascosto ciò che riesco e dedurre grazie alle informazioni che mi hai dato tu e pubblicamente agisco nel modo in cui credo mi sarei comportato se tu non ci fossi stata; compiendo parallelamente le azioni e le scelte che avrei adottato se fossi stato a conoscenza delle sole informazioni che mi fornivano il caso, l’indagine “originale”, chiamiamola così, e gli eventi senza la presenza di Emma. E tutti questi ragionamenti paralleli mi stanno assorbendo non poco. Questi ragionamenti paralleli mi servono proprio per mantenere identico lo stato delle cose, per non perdere il mio vantaggio, per sfruttarlo fino all’ultimo e nel modo più corretto.»
“Ragionamenti paralleli” a parte, la cosa più assurda era che questa volta Elle non le stava nemmeno dicendo una cosa nuova, una cosa alla quale lei non aveva pensato, un ragionamento che lei non aveva fatto…
Questa volta Elle le stava esplicitando ciò che lei stessa pensava e aveva pensato tante volte.
Gli eventi non dovevano cambiare.
Il grosso errore, la sciocchezza immonda, era stata proprio non fidarsi di lui…
E naturalmente il detective dagli occhi scuri non perse occasione di analizzare anche questo e proseguì fluidamente ed in modo impassibile «Pareva che il tuo problema iniziale fosse che io dovessi fidarmi di te. Ma ancora una volta sei tu che non ti sei fidata di me. Sei stata in grado di costruire un piano eccellente, che in parte ancora ignoro. Per un certo periodo di tempo sei riuscita a farmi fare quello che volevi, perché avevi previsto le mie possibili mosse ed io ho dovuto per forza adeguarmi, pur sapendo che stavo facendo il tuo gioco. Ed ora infatti sei qui proprio grazie alle tue considerazioni esatte. Che cosa succede ora Emma, non mi conosci più come prima?» le chiese duramente con fare provocatorio. 
Una follia!
Adesso Emma aveva gli occhi spalancati, presi e ardenti.
Ragionamenti paralleli…
Ragionamenti paralleli per non cambiare le cose, almeno apertamente…
Incredibile…
Elle è incredibile!

Con una sferzata improvvisa la mente di Emma venne liberata dalla nebbia che l’aveva ottenebrata.
Adesso percepiva Ryuzaki e coesisteva con lui, con le stranezze ed i modi di un ragazzo indecifrabile per i più, ma…
Ma dov’era finita la Emma calcolatrice che conosceva l’ “Elle investigatore” nell’intimo, che era stata in grado di prevedere, anche se con molti dubbi ed insicurezze, le decisioni del detective del secolo?
Fece un grosso respiro, riempì i polmoni dell’aria fresca della sera, gonfiò il petto e socchiuse gli occhi, sollevando il mento e distendendo le spalle, come a volersi liberare di qualcosa e nello stesso tempo acquisire nuovi pensieri, punti di vista, considerazioni…
Non si sentì colpita, offesa, impaurita.
Capì e basta.
In un attimo, con un colpo secco, il suo cervello ricollegò tutto e un fiume di nuove considerazioni, molto più logiche, ovvie e razionali, invasero la sua testa.
E questo provocò in lei una reazione tutt’altro che consueta.
Buttò fuori l’aria riaprendo gli occhi «E tu invece? Non mi riconosci se vacillo? Mi pare che fin dal primo momento la mia indole non sia stata sempre così ferma. Che c’è, ti manca la Emma che ti conosce? Sì, in questo momento mi sento una perfetta idiota. Ho sbagliato, non sono come te. D’accordo. Ricominciamo da capo. Adesso credo di poter seguire con un’altra ottica il tutto.» disse seria e secca, cercando di fare ordine nella sua mente, senza paura.
Era stato quello il punto della questione, la paura.
Elle la osservò in silenzio «Bene. Lo credo anch’io.» ribattè lapidario.
Anche lui aveva ottenuto quello che voleva. Le aveva aperto gli occhi, l’aveva riportata sulla strada giusta. Adesso Emma era di nuovo pronta. Poteva parlare con lui di nuovo. Poteva farlo veramente e costruttivamente.
«Quindi» proseguì Elle serio «Adesso dovrai confermarmi uno di questi ragionamenti paralleli in particolare.»
Emma rise appena, quasi imbarazzata, e si prese in giro da sola, osservando tutto quello che era successo come dal di fuori, in modo obiettivo «Ecco il motivo per cui sei qui ed il fine per cui mi sei anche venuto a cercare... E prima di arrivarci ci ho messo una vita… ci ho pure infilato uno stupido bacio… Ma ai “ragionamenti paralleli” non ci sarei mai arrivata… credo di aver raggiunto i livelli di Matsuda!» esclamò ridendo e scuotendo la testa. Poi riprese «Comunque… » rimuginò un attimo «Ecco perché non hai ancora fermato Misa Amane, anche se avresti potuto! Non l’hai ancora fatto perché se io non ci fossi stata non avresti mai potuto farlo!»
Elle la fissò «Perfetto. Sei di nuovo tra noi.»
Emma continuava a ragionare «…Ok… mi mancava qualcosa però… Senti, io ho sbagliato, mi sono lasciata traviare dalle mie ansie e non ho pensato che non avresti mai potuto sbagliare una cosa così banale. Però io non conoscevo tutte le cose che sai tu! Insomma, è un mese che non so più un tubo! Tu potevi confermare quello che io ti avevo detto con la realtà, potevi essere sicuro che certe cose stavano avvenendo, ma io no! Non sono nella stanza di controllo, quindi anche escludendo la paura, che non avrei dovuto avere, concedimi almeno il beneficio della mancanza di conoscenza. Insomma, se anche fossi stata certa che tu non avresti mai potuto sbagliare e che quindi stavi agendo perché le cose avvenissero proprio così come ti avevo detto io, concedimi che avrei comunque potuto essere curiosa, interessata e preoccupata che le cose non stessero in realtà avvenendo così! Io finora non avevo potuto confermare un bel niente, sono stata relegata in una stanza, e mi va bene, ma i miei unici contatti col caso Kira sono stati la tv e internet, quindi fatti due conti e vedi come sono messa!»
Elle si portò la mano a grattarsi la nuca, poi avvicinò l’indice alle labbra e alzò lo sguardo pensieroso «Uhm… Sì… » il terzo ragionamento parallelo era partito nella sua testa. Adesso stava ricostruendo le cose che sapeva Emma e quindi il punto di vista ignaro di lei. «In effetti ti mancavano dei pezzi… non mi sono curato di questo. Immagino di averlo fatto perché, forse, era assolutamente irrilevante per le indagini…» continuò con quel fare buffo meditabondo, ma comunque pungente dietro le righe. La provocava, continuava a provocarla.
Era in grado Emma di tollerare di essere messa continuamente, biecamente e insensibilmente al secondo posto senza un briciolo di attenzione?
Ma Emma non era una sciocca e in tutta la sua giovane vita non aveva mai pensato nemmeno per un istante che potesse esistere una “classifica”…
Era innamorata, certo, ma fino a quel momento aveva vissuto con la convinzione che i sentimenti riguardassero una sfera nettamente distinta da tutto il resto. Che le priorità si stabilivano al momento. Che la forza delle persone era data dall’individualità delle proprie sicurezze, dei propri traguardi personali, degli obiettivi che si volevano raggiungere e dei propri profondi interessi, e che a questo zoccolo duro si sarebbe aggiunta quella sfera di affetti, quella vita condivisa e piena di emozioni che avrebbe reso anche tutto il resto degno di essere portato avanti fino allo strenuo delle proprie forze…
Forse non era giusto, forse non era una visione condivisibile. Ma Emma era così. Era quella che, mondo parallelo o meno, probabilmente sarebbe partita per il Giappone comunque, per l’impegno e la passione che metteva nel suo lavoro. Era quella che lavorava per ore e non alzava mai lo sguardo. Era quella che si dedicava anima a corpo ad una professione che amava, che non avrebbe mai abbandonato per nessuno al mondo. Che si caricava la sacca sulle spalle e si andava ad allenare, anche in tarda serata, stanca e piena di pensieri, semplicemente perché amava ciò che faceva e perché mentre lo faceva era assorbita, perché se ne riempiva fino al colmo.
Era quella che, proprio grazie a questo, aveva superato quel mese di incertezze senza Ryuzaki.
E così… «Mettermi al corrente era “assolutamente irrilevante per le indagini”… Sì, lo credo anch’io.» ribatté Emma diretta  «Del resto io posso anche schiattare nel mio buco nero di paure per un mese, a te non è che cambi molto, l’importante è che le indagini proseguano.» e rise, sempre come guardando la situazione dall’esterno, senza pretese da stupida ragazzina, senza lasciarsi provocare né sentirsi colpita «Alla fine è giusto così. È dura, ma alla fine è così che deve essere».
Quello era il caso Kira. Le giornate e le notti erano pienamente dedicate a quello. Le occhiaie di Ryuzaki parlavano chiaro. Una volta che Elle aveva le redini in mano, una volta che i suoi complessi ragionamenti paralleli avevano raggiunto il loro scopo e per lui le cose andavano bene, poteva lui preoccuparsi delle eventuali paure e mancanze di Emma? Insomma, pensare che Elle avrebbe potuto farlo sarebbe significato avere un ego sconfinato. Emma non era remissiva, non era una “geisha” al servizio di nessuno. Ma aveva deciso lei di affiancarsi a quel soggetto difficile e strano, aveva deciso lei di aiutarlo. E adesso non aveva la minima intenzione di ribattere a delle sciocchezze inutili, di recriminare attenzioni che lui non avrebbe mai avuto, tantomeno in un momento come quello!
Non era una stupida.
O forse semplicemente era Emma. Giusto o sbagliato che fosse, lei in quel momento ragionò in quel modo, spontaneamente.
Elle la guardò, sempre con quell’atteggiamento innocuo e apparentemente interessato al suo stato «Immagino che avrei potuto farti sapere qualcosa.»
«No Ryuzaki. Finiscila di mettermi alla prova. Non avresti dovuto dirmi un bel niente! Alla prossima, se ci sarà, cercherò di evitare di farmi travolgere da ansie sterili e soprattutto mi fiderò di te. Punto. Però adesso puoi dirmelo come stanno le cose…» concluse con gli occhi accesi…
«Uhm…» mugugnò Elle e tolse il dito dal labbro ed i suoi occhi cambiarono, divennero quelli seri e freddi di sempre, puntati in quelli di Emma… «No. Prima ho bisogno di sapere qualcosa. Ho bisogno di saperlo subito.»
La piscina era deserta e ormai buia.
Emma ed Elle erano in piedi, uno di fronte all’altra, appena illuminati dalla luce bianca di uno dei lampioni che la costeggiava.
Emma annuì.
E il detective cominciò «Ieri sono arrivato alla conclusione che se non avessi saputo ciò che so, avrei deciso di far pedinare Light. Sono certo che l’avrei fatto. Perché il secondo Kira vuole incontrare il primo, questo è comunque evidente. E sono certo che avrei comunque continuato a sospettare di Light. E, per scovare il secondo Kira, il pedinamento del primo sarebbe stata l’unica mossa possibile. E questo pensiero si è dimostrato corretto. Misa Amane è andata a cercare Light Yagami oggi stesso, all’università. Evidentemente si erano già incontrati prima di oggi.»
«Sì. Lei è andata a cercarlo a casa sua. Si è presentata lì…» Emma iniziò a rimuginare sul fatto che a questo punto la storia degli Shinigami diventava impellente… In che modo avrebbe potuto spiegare ad Elle il “come” Misa aveva riconosciuto Light ad Aoyama, il “come” si erano rispettivamente riconosciuti come i due Kira? La faccenda “Dei della Morte” era ancora spinosa… Elle non le avrebbe mai dato retta… Doveva attendere prima di parlargli degli Shinigami. Doveva attendere il superamento del punto X… O perlomeno Emma credeva che fosse così…
Ma ad Elle per il momento la cosa non sembrava interessare, come sempre andava al sodo sul pratico contingente «Ok. Ciò che mi interessa sapere ora è altro, questo era solo un piccolo anello mancante. Diciamo che ciò che conta è che adesso posso fare i conti con Misa Amane, senza bisogno di nascondere la sua identità alla squadra anti-Kira. Nel preciso momento in cui Mogi ha visto che lei era con Light.» si fermò un istante «Ritengo superfluo doverti spiegare chi sia Mogi, certamente “conosci” anche lui.»
Emma annuì di nuovo.
Ed Elle riprese «In quel preciso momento ho deciso che certamente, senza altri elementi, avrei fatto perquisire l’appartamento di Misa Amane. E questo perché dal secondo nastro spedito alla Sakura tv la scientifica ha potuto isolare fibre di tessuti, tracce di cosmetici e peli di gatto. E quindi ho capito che queste erano le prove di cui mi avevi parlato tu. Quindi ho immediatamente ordinato la perquisizione e naturalmente ho fatto centro. Come lo avrei fatto senza di te. Entrambe le circostanze sono univoche, le avrei avute anche se tu non ci fossi stata: l’avvicinamento di Misa Amane a Light Yagami e le prove sulla busta arrivata alla Sakura tv. Questo, unito ad altre considerazioni che ho fatto con gli agenti e che non potevo utilizzare fino a questo momento, mi mette nella condizione di poter fermare Misa Amane apertamente, con l’accusa di essere il secondo Kira.»
Emma annuì di nuovo.
«Bene. Credo che tu mi abbia già risposto. Quello che volevo sapere era proprio questo. Ed il tuo annuire mi conferma che è il momento giusto di arrestarla. Prima di farlo dovevo essere certo che lo fosse. È piuttosto importante e non potevo rischiare di compiere mosse non conformi a ciò che tu sai. Dovevo avere la prova da te.»
Senza aggiungere altro sfilò immediatamente il cellulare dalla tasca e telefonò «Watari, possiamo organizzare l’arresto così come avevamo ipotizzato. Occupati di tutto. Chiama la squadra, falli venire qui, li metteremo al corrente della situazione. Da domani Misa Amane smetterà di farsi scattare fotografie.» e chiuse.
Lo stantuffo delle porte scorrevoli si impose.
Un gruppo di persone ben vestite approdò alla piscina e si incamminò chiacchierando al bancone del bar, dove ancora non era arrivato il barman.
Era l’ora del drink serale.
La piscina in breve tempo si sarebbe ripopolata di nuovo.
I clienti dell’albergo, profumati, eleganti, seri e formali, perfetti ed impeccabili, passarono affianco ad Emma ed Elle…
Affianco ad una ragazza che, in un albergo di lusso e a quell’ora della sera, era ancora in costume e si stringeva nell’asciugamano, con i capelli intrisi di cloro raccolti alla buona in cima al capo, e affianco ad un ragazzo pallido, emaciato ed assolutamente poco curato in tutto…
Li guardarono con supponenza e con un po’ di perplessità e li superarono…
Il barman nel frattempo raggiunse il bancone.
Non erano più soli.
Emma si strinse nell’asciugamano ancora di più. Non certo perché si vergognasse, ma perché probabilmente si era sentita invasa in quel momento. Era come infastidita dalla presenza di quelle persone.
Per la prima volta nella sua vita era stata infastidita dalla presenza di altre persone.
E questo perché affianco a lei c’era Elle. C’erano Elle ed il caso Kira.
Quindi sussurrò «…Credo che diventerò misantropa anch’io di questo passo… Non credevo mi sarebbe successo…»
«Non si tratta di questo. Si tratta di nascondere identità e fatti, si tratta di cautela, di piena libertà di azione e di parola. Si tratta di trovarsi costantemente alla ricerca delle condizioni ottimali. Per me è sempre così, Emma. E sei sufficientemente cauta, intelligente e riservata da aver capito e percepito questa necessità di segretezza proprio adesso che non ci sono le quattro mura di una stanza d’albergo a celare le nostre parole e la nostra vicinanza. Non è “fastidio” verso il resto del mondo. È un’esigenza. Se vuoi sopravvivere è un’esigenza.» le rispose lui con voce bassa e calma «Andiamo via.» e si voltò noncurante, placido, come sempre.
Era vero…
Emma si sistemò l’asciugamano, avvolgendolo intorno al busto incastrandone un lembo sul seno e lasciandosi le spalle scoperte, raccolse la sua sacca di tela e lo seguì.
Arrivarono insieme davanti all’ascensore, lo presero e rimasero in silenzio, come due sconosciuti qualunque.
Quando quello si fermò al piano di Emma, lei uscì e lo fece anche lui.
Lei rimase perplessa, ma non parlò, almeno finché le porte non si furono richiuse e le orecchie dell’addetto non furono sparite dalla loro presenza.
E allora Emma si fermò e lo guardò  «Ma… Perché sei sceso anche tu qui? La suite di controllo è nell’altra ala…»
Elle proseguì a camminare senza voltarsi a guardarla «Volevi sapere come erano andate le cose no? Tra poco nella suite di controllo arriveranno gli agenti, non posso rischiare che tu sia lì, né che loro ti incontrino ora da quella parte dell’hotel. Quindi parleremo nella tua stanza e poi io me ne andrò.» e si fermò davanti alla porta della camera di Emma, che naturalmente conosceva, anche se non ci era mai andato, perlomeno in quell’albergo.
Emma allora lo raggiunse, abbastanza dubbiosa e sospettosa «Ryuzaki…» iniziò a cercare la chiave magnetica nella borsa, affianco a lui e senza guardarlo «… non dirmi sciocchezze. A te non importa assolutamente nulla di mettermi al corrente di certe cose. Figuriamoci se toglieresti tempo alle indagini per farlo. Sei tu che hai bisogno di altro. E non farmi credere che lo fai per me, perché non ci crederò mai.» trovò la chiave e aprì, sempre senza guardarlo.
«Non ci crederai mai?» ripeté, come incuriosito dalle parole di Emma «Sì, ho bisogno di sapere altro. Questo è corretto.» continuò impassibile, entrò e raggiunse il salottino, rimanendo di spalle «Ma questa volta non sono completamente d’accordo con te. Quindi continua ad esserci qualcosa di me che evidentemente non conosci… Interessante…»
Cosa voleva?
Cosa era “interessante”?
Perché lo era?
L’istinto non la soccorse e non lo fece nemmeno la “conoscenza”…
Sì, c’era qualcosa che non sapeva di lui e che non riusciva ad intuire né ad assimilare come nota per familiarità …
Elle si voltò e la guardò intensamente, ma in modo temibile.
Emma seppe solo che conosceva quella faccia, che la “cosa” interessante ed il motivo per cui lo era  sarebbero rimasti a lei ambiguamente ignoti, perché stava per arrivare un altro colpo…
Ed Elle proseguì «Vuoi aiutarmi? Ora hai eliminato anche lo spauracchio che io potessi commettere un folle errore. E quindi? Cosa ti fa credere che continuando a darmi le informazioni una per volta le cose possano andare bene? Non ho molto tempo, ne avrò ancora meno in futuro credo. Dimmi come andranno le cose domani.» glielo ordinò.
Quanto era difficile.
Emma capiva, preveniva, ma lui pretendeva di più. Pretendeva sempre di più dalla sua mente già stremata.
E così gli rispose «Domani prenderai Misa Amane, alla Todai. Lei ti guarderà in faccia e conoscerà il tuo nome. Perché tu vuoi andare all’università, no? Perché è esattamente questo quello che faresti, giusto?» continuò Emma agguerrita, pronta a ribattere quel dannato modo di Elle, pronta a rendere il colpo grazie alle sue conoscenze «E adesso vuoi sapere da me se commetterai l’errore di andarci? Vuoi sapere se i tuoi ragionamenti paralleli sono corretti anche su questo, anche sulle tue mosse avventate? Sì, lo farai, è così che andranno le cose. Tu vuoi rischiare ancora. Domani sarai alla Todai. Tu vuoi essere lì per mettere direttamente Light in difficoltà e ci riuscirai. Perché Light è il tuo migliore amico. Mi sbaglio? Ma non sarà questo ad ucciderti. Se tutto continuerà così come sta andando, non sarà Misa ad ucciderti…»
Ryuzaki sorrise appena in modo beffardo «Light, il mio migliore amico… Già. Povero Elle, deve sentirsi molto solo senza amici…»
Si stava divertendo.
Emma aveva apertamente commentato il suo gioco, le sue bugie ed il suo cinismo. E lui si divertiva, in modo presuntuoso e distaccato. Come si era divertito, solo con se stesso, a prendere in giro tutti quando aveva affermato che Light era il suo unico amico.
Ed Emma rimase un attimo confusa… Elle stava veramente commentando quelle cose liberamente davanti a lei? Sembravano quasi i suoi pensieri quelli, i pensieri del detective del secolo esplicitati a lei, liberamente…
Ma Elle non proseguì su quella scia «Anche tu rendi i tuoi colpi e provochi. Vedo che i miei discorsi hanno fatto finalmente ritornare la Emma che si è tranquillamente e volutamente mostrata a me con una t-shirt bianca con su stampata una L nera…» la richiamò lui.
Già, la maglietta col simbolo di L e con la frase “blindata” che esprimeva la vera essenza del detective del secolo…
«…Quindi continua.» le disse placido, dirigendosi tranquillamente verso la poltrona…
Calma ristabilita.
Il momento era arrivato.
Lui sapeva che le cose dovevano andare in un certo modo e si era mosso riuscendo a far sì che queste avvenissero proprio come dovevano… Emma poteva stare tranquilla.
Elle la stava spronando a raccontargli tutto.
E lei ora poteva farlo…
Emma capì in quell’istante che una parte dell’attesa era finita. Una parte soltanto… Quella fino al punto X perlomeno era finita…
La questione Shinigami e tutto l’aspetto sovrannaturale della vicenda dovevano attendere…
Senza esserselo aspettato, Emma si ritrovò a rendersi conto che il suo piano stava incredibilmente proseguendo proprio come lei aveva voluto.
E questo era avvenuto grazie ad Elle e alle capacità che lui possedeva.
Finalmente…
Quindi sorrise, mutando di nuovo completamente atteggiamento e iniziò a parlare. Gli disse a raffica della cattura di Misa, del fatto che Light si sarebbe fatto imprigionare di sua spontanea volontà, che per tredici giorni le esecuzioni dei criminali si sarebbero arrestate e che poi sarebbero riprese. Che Elle avrebbe però trattenuto Light ancora a lungo, per circa cinquanta giorni, ma che durante quella prigionia Elle non avrebbe cavato nessuna informazione…
Ryuzaki portò il pollice sul labbro, scrutando Emma attentamente e concentrato «Tredici giorni?» chiese incuriosito…
Ed Emma di nuovo vacillò…
Non posso. Non mi crederà mai… L’aspetto sovrannaturale di tutta la faccenda non lo accetterà, è troppo pragmatico e razionale per poterlo fare… Non crederà a ciò che non può vedere… Dovrebbe essere ruzzolato dalla sedia sconvolto solo al sentire la parola “Shinigami”. Tuttavia i miei disegni potrebbero aver creato un precedente…
No. Prima deve “vedere” e poi potrò raccontargli veramente tutto… E forse, solo allora, potrò finalmente liberarmi, dirgli cosa mi è successo e il perché conosco quello che conosco… Solo quando avrà accettato definitivamente l’esistenza degli Dei della Morte e quindi di qualcosa la cui comprensione va oltre ogni spiegazione terrena e conosciuta, potrò rivelargli che il mio Elle, un tempo, era fatto di carta e china…

«Allora Emma?» la scosse Elle.
«Sì… tredici giorni… diciamo che il potere di Kira passerà a qualcun altro, che Light architetterà tutto questo per essere al di fuori di ogni sospetto, per non rischiare di tradirsi… Loro saranno diversi… I due Kira non ti sembreranno più loro… Ma lo saranno comunque, Elle! Ritorneranno ad essere due assassini esaltati!» aggiunse Emma alla fine con decisione.
Elle corrugò la fronte «Uhm… Il potere di Kira passerà a qualcun altro…»
E gli squillò il cellulare.
Con flemma Ryuzaki rispose e, dopo aver ascoltato la voce dall’altro capo del cellulare, si limitò a dire «Sto arrivando.»
Agilmente si alzò. Si reinfilò le scarpe e fece sparire il telefono nella tasca.
Poi ritornò con lo sguardo di ghiaccio su Emma «So perfettamente che continui ad avere un piano. So perfettamente che continui a non dirmi qualcosa. Suppongo che tu abbia dei buoni motivi per farlo.»
«Ryuzaki…» …il punto X… adesso o mai più… «…Ora dovrai credermi sulla parola, non dovrai chiederti perché, ma ti scongiuro di fare quello che ti dirò… Quando Light si sarà fatto imprigionare tu dovrai fare in modo di entrare in possesso del suo orologio da polso. Fallo solo quando saranno trascorsi i tredici giorni o quando ti accorgerai che in lui c'è qualcosa di diverso, che Light sembrerà un altro...Soprattutto fallo senza che lui possa sapere che tu l’hai fatto. Fai in modo che lui non sappia mai che tu l’hai preso. Questo è importantissimo! Poi, quando lo avrai tra le tue mani, dovrai far scattare la chiusura di sicurezza. All’interno dell’orologio troverai un piccolo pezzo di carta. Tagliane solo un minuscolo brandello, in modo che non sembri che ne manca un pezzo, e tienilo con te…» Emma ingoiò. Adesso arrivava la parte più difficile… «Poi fai in modo di far riavere l’orologio col suo contenuto a Light…» ed ecco il cinismo di Emma… ecco la sua “insensibilità”… Ridare il cronografo a Light con dentro il pezzetto di death note significava condannare a morte Higuchi…
No… Significava passare la scelta ad Elle…
Significava delegare a lui, ancora una volta, quella pesantissima decisione futura…
Solo lui, a quel punto, avrebbe saputo cosa fare…
Ed Emma era certa che con quel semplice indizio in più, Elle avrebbe capito…
E avrebbe deciso…
«Se tu farai questo, io ti dirò tutto… Ti prego, fidati per l’ultima volta.»
Ryuzaki non battè ciglio e non appena Emma ebbe finito, lui rimase qualche breve istante in silenzio e poi, come se lei non gli avesse detto nulla, parlò «Devo andare. Ciao Emma.» e si voltò, mise le mani in tasca e si avviò verso la porta.
Ma Emma senza pensarci nemmeno un istante gli corse dietro, lo superò e gli si parò davanti, a testa alta, col mento appena sollevato per guardarlo negli occhi scuri «Lo devi fare, capito? Dannazione, Ryuzaki! Anche tu non mi dici nulla! Io non so quando ti rivedrò! Sparirai di nuovo! Devi fare quello che ti ho detto!»
«Perché io dovrei dirti qualcosa?» le chiese lui candidamente «Adesso che sai che ho agito seguendo dei ragionamenti paralleli, adesso che sai che le cose sono andate come tu le conosci e riportando alla mente le informazioni che mi hai fornito tu, sei perfettamente in grado di ricostruire da sola le mie mosse dell’ultimo mese, senza che te le spieghi io. E saprai anche perché non ho avuto bisogno di te prima di oggi. Per me era tutto chiaro e definito fino a stasera. Quindi, te lo richiedo, perché dovrei dirti qualcosa?»
«Perché tu agirai da solo. Perché l’hai sempre fatto in passato e adesso che ci sono io puoi farlo anche in questo caso. Ed era quello che volevo. È quello che più mi piace di te.» glielo disse con una tranquillità disarmante «Ma io non saprò niente! E tu non devi morire!»
«Batterò Kira, Emma. Mettitelo in testa.» la trafisse con uno sguardo fermo ma irruente.
E lei rimase ferma, con le labbra socchiuse e trattenne il fiato.
Lui la fissò ancora per un istante, rimanendo in silenzio. Poi, lentamente, distolse gli occhi, fece un passo strascicato come per superarla, passandole di lato.
Ma poi le si affiancò, vicino… le sfiorò la spalla nuda con la propria…
Si fermò ancora un istante al suo fianco, senza guardarla e mantenendo appena quel contatto impercettibile.
Lei voltò il capo e gli osservò il profilo e poi scese sul collo candido e teso, fino alla spalla ampia e curva…
E poi Elle se ne andò e la lasciò di nuovo sola…


 

 

 
Prima di tutto: se non è chiaro il motivo della scelta di Emma, le questioni circa il famigerato punto X, l’orologio di Light, ecc. non preoccupatevi! Era previsto che fosse così, inizialmente poco chiaro ^^, Se invece avete già intuito o capito, be’, meglio così ^^
Sappiate che questo capitolo l’ho scritto a mozzichi e bocconi, aggiungendo ogni tanto un pezzo, rileggendo ogni volta e cercando di aggiustare ciò che rileggendo dopo giorni non mi suonava più bene come alla prima stesura… Insomma ci sono rimaneggiamenti e ripensamenti, nonostante le linee generali le avessi chiare da tempo… È stato un capitolo laborioso, preso e ripreso a causa della mia mancanza di continuità… Purtroppo, come già sapete, sono stata costretta a scriverlo così, in modo spezzettato, e sono certa che ve ne accorgerete, che il testo ne abbia risentito…
Vi prego di perdonarmi…
Spero che ci sia qualcosa di decente e che possiate comunque apprezzarlo almeno per qualcosa…
Il prossimo week-end mi tocca una sgobbata pazzesca per ripulire la mia nuova casa…
Quello che voglio dirvi è semplicemente che sarò ancora molto impegnata… Ma ci manca poco e forse, dopo il prossimo capitolo e da quello in poi, riuscirò a riprendere le pubblicazioni con una frequenza più decente, ma allora forse voi ve ne starete tranquillamente spaparanzati/e al mare a godervi le vacanze e di certo non starete a pensare a me e ad L ^_^
Adesso vi saluto e vi ringrazio per la pazienza dell’attesa, sperando di non avervi troppo deluso. Grazie per le recensioni che mi lasciate! Grazie a chi mi continua ad aggiungere nelle storie preferite e a chi mi concede l’onore di diventare addirittura un autore preferito (sentirmi “autrice” già da solo mi fa uno strano effetto onirico…figuratevi essere addirittura preferita da qualcuno in quel senso…)! Grazie a chi mi segue e a chi semplicemente legge!
Vi lascio con un altro bellissimo disegno di Hanny: Emma ed Elle nell’area archeologica, al loro primo incontro, tanto tempo fa, sotto gli abeti (a proposito, quella radura ombrosa esiste veramente, a Roma, sul Palatino, prima o poi gli farò una foto e la posterò ^^,)
Alla prossima!!


Eru

  

   
 
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