Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: IamShe    11/07/2012    9 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E se io vivessi d’odio?
3 . Mio eroe


 
 
 

Il fatto è che ci provo a riprendermi, ma proprio non ci riesco.
Basta che mi metta ferma, seduta, di fronte ad una delle finestre di casa mia, e mi prende la malinconia. E piango, e poi mi asciugo con il maglione, e poi riprendo a piangere. E non mi manca solo la presenza di Shinichi, la sua voce, e i suoi occhi, azzurri come il cielo d’estate senza tempeste. Mi mancano anche quelle giornate soleggiate primaverili, o quelle afose del mese d’Agosto. Mi manca uscire di casa e respirare l’aria frizzante del mattino, che mette di buon umore, e che fa partire la giornata col piede giusto.
Sono settimane che piove, che si scatenano temporali, che le temperature non superano i primi gradi. A pensarci bene, è proprio da quando Shinichi non c’è più che il cielo ha messo il broncio. E’ come se qualcuno lassù si fosse arrabbiato così tanto che avesse deciso di piangere su di noi, per farci patire tutte le pene di questa situazione, tutt’altro che facile.
Sbuffo rumorosamente, ritrovandomi per l’ennesima volta da sola a casa, insieme alla pioggia.
Sento il suono di una porta sbattere, probabilmente quella d’ingresso, e avverto i piccoli passi di mio figlio camminare sul pavimento. Sarà appena tornato da scuola, ma stranamente, questa volta non mi ha nemmeno salutata.
“Tesoro sei tu?” lo chiamo dal primo piano, per dirigermi verso di lui. Scendo le scale della villa, ma, nel non ricevere risposta, affretto il passo, stando attenta a non inciampare. Mi fiondo in cucina, ma non vedo nessuno. Comincio a preoccuparmi, e velocemente mi dirigo in salone, attraversando una serie di corridoi. Non ho mai odiato questa casa come in questi momenti. E’ così grande e dispersiva che nel camminarci dentro ti da tutto il tempo di pensare, di ragionare, di portare la mente a cose sgradite e drammatiche, come me, in questo momento.
“Conan?” lo chiamo ancora, ed aprendo la porta della stanza, lo vedo seduto sul divano, con in mano un braccialetto.
“Tesoro ti stavo chiamando, perché non rispondi? Mi hai fatta preoccupare!” cerco di sgridarlo bonariamente, incrociando le braccia al petto. Lui alza la testa e mi guarda con occhi lucidi, mentre i ciuffi leggermente bagnati dall’acqua della pioggia gli cadono sulla fronte, inumidendola.
“Scusa mamma, non avevo sentito” mi dice, con il volto imbronciato.
Decido di sedermi accanto a lui, così da capire cosa gli sta attraversando la testa in questo momento.
“E’ successo qualcosa?” gli chiedo, portandogli una mano dietro le spalle minute.
“No, no, niente” cerca di mentirmi, ma dovrebbe saper bene che ad una mamma non si dovrebbero dire bugie. Riesco a capire ogni sua emozione, ogni suo pensiero, solo alla vista del suo sguardo. Quindi sarebbe inutile ogni suo tentativo di celarmi le cose, fallirebbe miseramente.
“Forza su, dimmi cosa è successo. Hai litigato con qualche ragazzino a scuola?”
Lui mi fa cenno di no con la testa, ma continua a guardare verso un punto indefinito della stanza, forse per non incrociare i miei occhi.
“E allora? Perché stai così?”
“Così come?” mi domanda, donandomi finalmente dell’attenzione necessaria.
“Sei triste. E non dire che non è vero, ti conosco sai io.”
“Beh, vedi, un signore a scuola mi ha ricordato molto papà.”
“Papà? E chi era?” gli chiedo, incuriosendomi.
“Non lo so, ma gli assomigliava molto. Mi ha anche chiesto come stavo.”
Incurvo le sopracciglia, cercando di ripescare nella mia memoria qualche conoscente che potesse, anche solo lontanamente, ricordare Shinichi.
Continuo a pensare, ma comincio anche a preoccuparmi. Ripenso all’ombra vista al cimitero, e allo strano atteggiamento di quest’uomo con Conan. Sembra proprio che si stia per abbattere un’immane tempesta sulla nostra famiglia, che infondo, ha già devastato gran parte delle nostre terre. Sospiro, cercando di non far trapelare dalle mie parole le mie paure, e di non trasmetterle a mio figlio che, rattristato, giocherella con il suo braccialetto. Mi sembra addirittura di conoscerlo.
“Tesoro, sai che non devi parlare con gli sconosciuti no?”
“Sì lo so, ma quell’uomo mi stava osservando da parecchio, e poi si è avvicinato. Io ero vicino alla maestra e a Sophie, non mi sono spostato.”
“Ti stava osservando da parecchio?” domando ancora, cercando di ricavarne più informazioni possibili.
“Sì... lo fa da un sacco di giorni.”
Strabuzzo gli occhi, afferrandolo per le spalle.
“E tu... cosa aspettavi a dirmelo?!” urlo stavolta, lasciando che la paura s’impossessi della mia voce.
L’immaginazione vola alta nella mia mente, e crea milioni di scatti che scorrono veloci sui miei occhi. Vedo il mio bambino adocchiato da quest’uomo, del quale non conosco niente. Non so chi sia, non so cosa voglia, non so quali siano le sue intenzioni. So solo che Conan non è più al sicuro, nemmeno a scuola.
“Scusa, mi dispiace...”
Mi intenerisco e cerco di calmarmi, anche se mi risulta più che difficile. Continuo a guardare Conan, intento a giocare e ad intrecciare le dita al braccialetto che ha in mano.
Ne sembra attratto, perché continua a fissarlo, con insistenza.
“Dove lo hai preso?” gli chiedo, incuriosendomi sempre di più all’aggeggio. Vorrei sbagliarmi, vorrei davvero, ma ho un brutto presentimento.
“Quel signore me lo ha donato. Mi ha detto che è un regalo” mi confida,  facendomi per darmelo. Lo prendo e sento il cuore mancare un battito. O forse anche due o tre. Deglutisco più volte, serrando gli occhi e paralizzandoli dinanzi a quell’aggeggio, all’apparenza, così insignificante.
Certo, lo sarebbe per chiunque lo vedesse per la prima volta.
E’ di cuoio, un po’ usurato dal tempo, e delle strisciette di cotone azzurro lo avvolgono ad intervalli regolari. Ha anche un taglietto su un bordo.
Lo riconoscerei tra mille, è il braccialetto di Shinichi.
 
 
 
 
 
Cammino frettolosamente, su e giù, avanti e indietro, a destra e a sinistra, con le dita aggrottate al mento, sopra al pavimento di casa mia. Nell’altra mano mantengo il braccialetto che Conan ha portato da scuola, quello che gli ha regalato, o meglio restituito, quell’uomo misterioso. La domanda mi sorge spontanea, ma la risposta mi inquieta a tal punto che non oso farmela.
Comprendo solo che, a circa tre settimane dalla morte di Shinichi, un uomo pedina nostro figlio, e un altro me, e tutto sono, tranne che poliziotti.
“Tesoro hai intenzione di inscriverti alla maratona quest’anno?”
Una voce, fin troppo familiare, mi blocca i passi e mi spinge a seguirla. Appartiene ad una donna sulla cinquantina, con capelli da enormi boccoli dorati, occhi azzurri, ed un fisico invidiabile anche per me. E’ una delle donne più belle che io abbia mai incontrato, e non a caso, è anche mia suocera.
“Yukiko, che bello vederti!”
Mi avvicino a lei, e mi lascio trascinare nel suo caldo abbraccio, che mi porta a socchiudere gli occhi e ad appoggiare il mio viso sulla sua spalla. Da quando Shinichi non c’è più, Yukiko e Yusaku hanno lasciato Los Angeles per trasferirsi definitivamente a Tokyo, sistemandosi nella vecchia villa Kudo, quella dove mio marito aveva vissuto da solo per una decina d’anni. Noi invece, ai tempi del matrimonio, ce ne costruimmo una tutta nostra, vicino alla quale poi si stanziarono Heiji e Kazuha. Shinichi disse di volerne una nuova, perché avrebbe voluto creare con me un nido tutto nostro, che sia impregnato dei nostri ricordi, dei nostri sacrifici, delle nostre gioie, e non quelle dei genitori. E credo che ci sia riuscito, anche perché questo luogo, in ogni minimo centimetro, mi ricorda il mio detective, ed ogni infima cosa che abbiamo vissuto insieme.
“Come sei pallida, ma stai mangiando?” mi chiede, lasciandomi scivolare una mano lungo la guancia. Io distolgo il viso, un po’ in imbarazzo e mi allontano, cercando di sorridere.
“Certo, sto bene.”
“Hai delle occhiaie mostruose, non stai affatto bene. Non riesci a dormire?”
Cerco di smentire, con un leggero movimento del viso, ma credo che serva davvero a poco. Infondo come può stare bene una donna sulla trentina che ha appena perso la persona più importante della sua vita? Mi sento un po’ una sciocca nel cercare di mostrarmi forte. Ma a chi voglia darla a bere? Le persone che mi circondano mi conoscono, sanno chi sono, sanno come sono. Eppure io faccio di tutto per essere qualcun altro, qualcos’altro. Forse per me, forse per Conan.
“Se vuoi teniamo noi Conan per un po’. Perché non provi a svagarti? Shinichi non vorrebbe vederti così.”
“N-no, voglio stare vicino a Conan, adesso voglio solo lui.”
Bisbiglio, incominciando a singhiozzare. Al solo pensiero di dovermi separare - anche - da Conan, mi viene da piangere. Non dovrebbero nemmeno chiedermela una cosa del genere, che non si azzardassero.
“Ma per qualunque cosa noi ci siamo, ok?” mi dice, prendendomi il viso con le mani, e fissandomi con quei suoi occhioni blu, uguali a quelli del figlio.
Annuisco immediatamente, e mi asciugo quel poco di lacrima che aveva inumidito le mie palpebre.
“Come vorrei essere come te. Mi fingo forte, mentre tu invece lo sei davvero. Non oso immaginare cosa significhi perdere un figlio.”
“Non lo auguro a nessuno credimi. E’ la cosa più brutta che possa capitare ad una madre” mi dice, distogliendo lo sguardo. Adesso posso scorgere nei suoi occhi la tristezza e la debolezza, il dolore di una donna che ha perso il proprio bambino.
“Sai, Shinichi ha sempre dato l’impressione dell’uomo di mondo.. anche a noi, che ne eravamo i genitori, si è sempre mostrato forte, coraggioso, intelligente, anche un po’ sbruffone...”
“...ed incosciente.”
Completa la sua frase una terza voce, quella marcata e decisa di Heiji. Appare sulla soglia della porta accompagnato da Yusaku, segnato da un’espressione indecifrabile sul volto. Che abbiano scoperto altro? Mio suocero si è interessato alla questione dal momento in cui abbiamo capito che tutto è stato, tranne che un incidente. Eppure il suo omicidio appare qualcosa di così complicato e misterioso, che anche uno scrittore di gialli come Yusaku Kudo è incapace a decifrare.
“Sì, effettivamente mi assomigliava molto su questo” afferma, quasi compiaciuta, mia suocera.
“Anche tu saresti andata ad un appuntamento, sapendo di averlo con la morte?” la riprende stizzito il marito.
“Shinichi sapeva?” domando io, serrando gli occhi.
“A quanto dice Toisuke, Kemerl avrebbe chiamato Shinichi sul cellulare dell’ufficio, e si sarebbero messi d’accordo” m’informa Heiji, sospirando.
“Stai scherzando, spero!”
“Ha anche aggiunto che, nella telefonata, Kemerl avrebbe promesso a Shinichi che, se si fossero incontrati, lui avrebbe lasciato stare te e il piccolo Conan.”
“No, non ci credo” mi porto le mani ai capelli, coprendomi la testa. “Come ha potuto...”
“Non capisco. Shinichi non era stupido, perché non me l’ha detto, perché?!” sbotta esasperato il mio amico, dando un calcio al salotto. Io invece non ho nemmeno la forza di reagire, di muovermi, di pensare. Shinichi sapeva, e per un estremo atto di eroismo, è andato a farsi uccidere da un maniaco perverso. Ha lasciato me sola, mio figlio solo, noi soli, per uno stupido atto d’eroismo!
Le mani scorrono sul mio viso, andando così a coprire le lacrime che impregnano il mio volto. Sospiro più volte, cercando almeno di non singhiozzare. Perché non riesco a ringraziarlo semplicemente per ciò che ha fatto? Perché mi sembra più un’azione egoista, diretta dalla sua ostentata superiorità e saccenza? Perché credo che abbia voluto fare tutto da solo, per poi incorniciare, come con una fotografia, quella sua indimenticabile trovata? Beh, di sicuro, noi, non la scorderemo più.
“Stavolta almeno avrebbe potuto ragionare, perché ha sempre creduto di poter fare tutto lui solo?”
“Perché era fatto così. Era fatto così” mormoro io, dando una semplice, ma schietta, risposta, alla domanda di Yusaku.
“Papà non era un egoista!” c’interrompe la voce infantile ed arrabbiata di mio figlio, fermo sulle gradinate della scala. Ha lo sguardo fisso e le mani chiuse in pugni, i muscoli della faccia tirati.
Gli occhi sono lucidi ed arrossati, le labbra sono storte in una smorfia.
“Conan...” lo chiamo, con voce flebile, tentando di avvicinarmi.
“Voi siete cattivi, cattivi! Se si è sacrificato lo ha fatto per noi, per noi mamma!” mi grida contro, incominciando a piangere. Corro verso di lui, cercando di calmarlo, ma mi spinge lontano con il braccio, impedendomi di prenderlo.
“Conan calmati adesso.”
“Non abbiamo detto che tuo padre era un egoista” sento la voce di Heiji rasserenarlo, e avvicinarsi pian piano.
“Era la persona migliore che conoscessi. Ma è per questo che siamo arrabbiati, per averlo perso, capisci?”
“Solo per questo?” chiede Conan, leggermente più addolcito.
“Sì, solo per questo.”
“Beh, l’arcano mistero è svelato. Ecco perché Shinichi si trovava lì, a quell’ora, in quel posto, e perché non si è salvato” deduce Yusaku, con voce bassa. “Era tutto già organizzato e lui, sapendolo, si è sacrificato. Quel che resta è un corpo abbrustolito, una famiglia a pezzi e il suo ricordo.”
“Quando vidi il corpo volevo morire. Penso che sia una di quelle immagini che ti rimangono impresse nella mente, per sempre” continua Heiji, con un tono rotto dalle lacrime che cominciavano a fluire lungo il suo viso.
Ecco, questo è il momento che più odio da tre settimane ad oggi. Il rimpianto. Il ricordo.
Non voglio ricordarlo, non voglio perché sto male, perché io e Conan staremo male.
E sono anche arrabbiata adesso. Sì, sono nera, e non penso che mi calmerò facilmente.
Non ha pensato a cosa saremmo stati senza lui?
Peccato, perché mi hai salvato da una morte meno lenta e dolorosa di quella che sto patendo adesso.
 
 
 
 
 
“Ah Heiji, devo parlarti.”
Il mio amico si gira verso di me, e dopo aver congedato i miei suoceri, si appresta a donarmi tutta l’attenzione necessaria, e forse anche un po’ di rispetto. Non riesco a calmarmi, e non riesco a pensare a mio marito senza innervosirmi. E’ strano quello che mi sta succedendo, quello che sto provando. Quasi, quasi, sento di provare un profondo odio verso tutti. Sì, ed in primis, verso Shinichi.
Non riesco ad accettare che lui, così intelligente e intraprendente, avesse scelto quella strada, quell’unica via d’uscita.
“Dimmi.”
“Non è finita qui, giusto? Lo sai vero, Heiji?”
“Certo, lo so” mi risponde convinto, senza guardarmi.
“Il mio eroe si è sacrificato per nulla. Conan è in pericolo, in grave pericolo.”
Mio cognato mi guarda perplesso, e mi lancia una serie di occhiate furtive.
“Come lo sai?”
“Questo” gli indico, per poi darglielo. “E’ il braccialetto di Shinichi. Lo portava sempre, ed indovina un po’? Un individuo si avvicina a mio figlio stamattina e glielo dà, come se nulla fosse.”
“Chi era?” mi chiede allarmato, osservando per bene il bracciale.
“Non lo so. Conan mi ha detto che somigliava al padre e che, ultimamente, lo seguiva sempre.”
“Lo seguiva?” continua a domandarmi, come se io ne sapessi più di lui. Mi lascio andare sul salotto e sbuffo rumorosamente, attirando su di me la sua attenzione.
“Sì, lo seguiva. Capisci? Non è più al sicuro! Nemmeno a scuola!”
“Ok, ok... cerchiamo di non allarmarci e ragioniamo.”
“Non allarmarci?” lo riprendo, ormai completamente fuori di me. “C’è un tizio che segue Conan, ed uno che segue me...”
“Cosa? Cosa? Chi ti segue?” mi chiede Heiji, afferrandomi per il polso.
Io sospiro, abbassando gli occhi al pavimento.
“L’altra volta, quando Conan venne in centrale, ero andata al cimitero. Nonostante fosse sera, il cancello era aperto ed io entrai, senza farci troppo caso. Ma poi mi sono accorta che qualcuno mi stava osservando, e sono fuggita.”
“E perché cavolo non me l’hai detto?!”
“N-non l-lo...” cerco di completare la mia frase, ma vengo interrotta da Conan che, correndo sulle scale, sbatte contro il muro di fronte al corridoio. Corro a soccorrerlo, e faccio per alzarlo, quando vedo, alla base del mio battitappeto, qualcosa di strano che mi incuriosisce, e distoglie il mio sguardo.
“Tutto bene?” gli chiede Heiji, sollevandolo da terra.
“Sì, con i calzini sono scivolato. Vado un attimo in bagno.”
“Ran? Che succede?” mi domanda mio cognato, preoccupato nel vedermi ancora seduta al pavimento. I miei occhi sono puntati verso un piccolo aggeggio che si trova nel nostro corridoio, nascosto dietro al mobiletto, ma portato alla luce dalla caduta di Conan. Serro le palpebre, tesando il braccio verso quell’apparecchio, nero e delicato, piccolo e camaleontico.
“Ran?”
Giro il mio viso verso quello di mio cognato, nel frattempo rimasto da solo nel corridoio. Alzo verso di lui la mia mano, mostrandogli il tesoro che ho appena trovato. Lo vedo sbiancare, e rivolgermi un’occhiata preoccupata, anzi, la definirei terrorizzata.
I nostri sospetti erano fondati.
Siamo davvero, tutti, in pericolo, e adesso ne abbiamo la prova inconfutabile.
Sento il temporale devastare la natura al di fuori della finestra, e cadere violento sulle tegole del nostro tetto, nel nostro giardino, sui nostri balconi.
Ma, adesso, riesco anche a sentire i bisbigli di coloro che si divertono oltre queste mura, ad ascoltarci, a privarci della nostra identità, della nostra privacy.
Mai mi sono sentita più indignata come in questo momento, come ad avere questa cimice tra le mani.



 
 
 
 


Angolino autrice:
*Felice di aver aggiornato presto*
Bene! Miei carissimi lettori, siamo ad un punto shock della storia!
I sospetti di Ran ed Heiji erano fondati, in casa Kudo c’è qualcuno che sente qualcosa di troppo!
Adesso, chi sarà? Ve lo aspettavate, eh?
E il braccialetto? Chi sarà quell’uomo che ha donato a Conan uno dei bracciali preferiti del padre?
E Shinichi? Pensate abbia fatto bene a sacrificarsi per il figlio e la moglie?
Vi ho incuriosito abbastanza? Spero di sì. :P
Vorrei ringraziare coloro che hanno recensito il secondo capitolo:
Kaori_, AliHolmes, Coffee_stains, Delia23, mangakagirl ed aoko_90!
Arigotou!
E grazie anche a Coffee_stains ed aoko_90 per aver inserito la storia tra le seguite!
Allora alla prossima!
Un bacione,

Tonia

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: IamShe