Niente di particolare, tutto è già stato detto.
Un movimento oscillatorio tra il bene ed il male, la tristezza e l’allegria.
Destra, sinistra; il metronomo sopra il televisore.
Seicentosessantaseiesima visione di Metropolis di Fritz Lang, millenovecentoventisette.
Il cono di luce della torcia di un metronotte dietro le vetrate, in strada.
Il cantante dalla voce da coro della Grammar School fa breccia ancora.
Qui, cuore; qui, testa; qui, inguine.
Intervallo strumentale, elettrico, lacero e perfetto, straziante e sublime.
Le luci stroboscopiche rivestono il tuo corpo, lo avvolgono, delineano i muscoli del petto e delle spalle sotto la camicia sbottonata, diventano fluide ed oleose, fumi rouge-oranges sui drappi blu.
Nastro stropicciato. Ricercare il contatto, ricercare il contatto.
Laser verdi sulla punta delle dita, accecanti come ragnatele di brina e cera, diramati e propagati.
Diffusi come una malattia.