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Autore: Reykon23    13/07/2012    5 recensioni
Qualcosa è successo nel presente di akane...qualcosa che ha fatto si che lei e ranma si dividessero...nulla potrà dire cosa accadrà in futuro, i segreti sono tutti da scoprire e contenuti nei petali....in quei petali che vagano dimenticati...
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Qui dove batte il Cuore

 
Il tuo cuore si trova là dove si trova il tuo tesoro. Ed è necessario che il tuo tesoro sia ritrovato affinché tutto ciò che hai scoperto durante il cammino possa avere un significato.               

Paulo Coelho



Ancora non riuscivo a credere a quello che mi era stato detto quella sera…
Lo shock era stato palpabile quanto il vento che si sente sul proprio viso, e non potei evitare di rimanere sconcertata da quello che Mousse era stato in grado di riferirmi.
La morte di Soun, la scomparsa di Ranma, la situazione della famiglia Tendo…quante cose erano cambiate, troppe forse! Non avrei mai creduto che al mio ritorno avrei trovato tutto ciò, quello che reputavo il mio unico e felice rifugio si era trasformato in qualcosa che non so neanche definire di preciso…mi sentivo come in un limbo, sospesa a mezz’aria senza sapere che fare.
Erano passati ormai 3 giorni da quando avvenne quella chiacchierata, in poco tempo avevo rimesso in sesto il locale, pulito da cima a fondo, senza scordare ovviamente qualche riparazione necessaria a causa dell’usura del tempo.
Probabilmente mi ero affogata in queste faccende per non pensare troppo a quello che era accaduto, ma appena riposavo era inevitabile che le riflessioni cadevano sulle persone a cui ero stata tanto legata; sentivo che dovevo fare qualcosa per loro, far capire che in qualche modo io sarei stata lì per loro ora che ero tornata definitivamente.
La mattina era iniziata col solito ritmo, frenetica e piena di energia per poter finalmente riaprire il locale, ormai era quasi tutto pronto, l’unica cosa che mi mancava erano tutti gli ingredienti in cucina, mi toccava fare una bella spesa, così partì con buste e ceste in mano verso il mercato, che distava abbastanza, pronta a intraprendere una strada irta di pericoli…si, ogni dettaglio che avrei incontrato mi avrebbe riportato alla memoria qualcosa del passato; può essere una così astratta essere anche così pericolosa?! Non mi domandavo altro in quei giorni, il dubbio stava governando la mia quotidianità. Nonostante pensai tutto ciò, mi ero completamente dimenticata che il mio percorso mi avrebbe costretto a passare davanti a una certa abitazione; ed era lì che mi trovavo adesso, ferma e statuaria ad osservare un enorme portone in legno con un’insegna di palestra di arti marziali…ero lì, in trappola, indecisa su cosa fare, davanti Casa Tendo.
La mia mente mi diceva di andarmene, continuare la mia strada, la mia vita, in tranquillità e senza più pensare a nient’altro, mentre il mio cuore controbatteva con più foga, ostinato a convincermi ad entrare e trovare le risposte che da tanto tempo cercavo.
Quanta confusione albergava dentro di me, ma basta! Istintivamente feci un passo avanti e con tutto il coraggio che potei avere in quel momento bussai forte al portone, sperando tuttavia che non ci fosse nessuno in casa.
Aspettai circa un minuto, la mia speranza quindi si stava realizzando, avevo già fatto qualche passo per andarmene, quando in lontananza sentii una porta aprirsi al di là del muro.
Un rumore di passi lenti e decisi si percepirono sempre più vicini, e parallelamente la mia ansia cresceva, come un condannato a morte, e finalmente quel portone in tutta la sua interezza cominciò ad aprirsi, svelando la figura di Kasumi.
< Ciao Ukyo! Ma quanto tempo! Sembra essere passata un’eternità dall’ultima volta che ti ho vista > la sua voce risuonò come una melodia alle mie orecchie, calda e confortevole, come l’unica cosa al mondo che con certezza non poteva farti del male.
< Kasumi! Mi fa tanto piacere trovarti in casa. Credevo non ci fosse nessuno.. >
Avevo davvero tanta fantasia a fare i discorsi! Che cavolo avevo detto?! Non riuscivo a sentire nemmeno me stessa, non sapevo perché mi trovavo lì, e soprattutto non sapevo cosa dire!
Mi ritrovai a sudare freddo e guardarmi circospetta, mi sentivo fuori luogo, ingrata per essere scomparsa dopo tutto quel tempo senza farmi viva. Kasumi sembrò accorgersi del mio disagio, e prontamente mi invitò dentro per bere una tazza di thè; non potei affatto rifiutare e così, poco convinta entrai in casa.
Dentro era rimasto tutto più o meno uguale, nemmeno un filo di polvere scalfiva le pareti o qualsiasi altro mobile presente, la sala che dava in veranda era il solito posto confortevole dove stare e parlare, così ci sedemmo lì a contemplare il giardino.
< Ecco a te > Kasumi mi passò il thè con estrema delicatezza, al tocco della tazza la mia mano percepì un dolce calore, che non mi infastidiva per nulla nonostante fosse piena estate.
< Raccontami tutto Ukyo. Cosa hai fatto in questi due anni? Quando sei tornata qui a Nerima? >
Dovevo aspettarmi domande del genere, solo che lì per lì avevo la testa pesante, troppi pensieri e preoccupazioni aleggiavano in quel momento.
Con tutta la calma che potei raccogliere gli spiegai tutta la mia situazione, cosa avevo fatto, dove ero andata, e il perché del mio ritorno. Cercavo di essere serena e naturale nella conversazione, finchè calò il silenzio in quella stanza e tutto sembrò ghiacciarsi.
Mi concentrai a osservare le foglie di thè che galleggiavano nel bollitore appoggiato sul tavolo, tuttavia mi sentivo alquanto osservata, e alzando lo sguardo notai che Kasumi mi fissava con uno strano guardo, dopodiché fece un'affermazione che mi spiazzò subito.
< Ukyo sento che però non sei passata qui per una..come dire..visita di cortesia. Non metto in dubbio la tua buona fede ovviamente, però percepisco che ci sono altre cose che…vorresti chiedermi…> Colpita e affondata! Non riuscivo a credere che fosse riuscita a leggermi dentro così bene, forse era diventata una grande lettrice di anime, un’abilità sviluppata nel corso dei suoi silenzi e della sua riservatezza; così, messa a spalle a muro, feci ciò che desideravo dal momento in cui avevo messo piede a Nerima.
< Ecco…io ho saputo quello che è successo circa 2 anni fa, ho parlato con Mousse l’altro sera; è scontato dire che mi dispiaccia davvero per tutto, e non voglio sembrare insensibile adesso, tuttavia l’unica domanda impellente che mi viene spontanea è: Dov’è Ranma?! >
Dopo le mie parole il suo sguardo non era cambiato per nulla. Non trapelava nessuna emozione, aveva una compostezza snervante che istigava la mia curiosità.
< Beh un dubbio più che ovvio da parte tua. Ma in questo caso la domanda giusta non credo sia “dove” ma “perché”…>
Non riuscivo a capire quello che voleva dirmi. Che cosa significava tutto questo?!
Era una situazione così complicata, così strana, cos’altro c’era dietro tutta questa faccenda?
< Come già sai Ranma è scomparso, ma c’è qualcosa di ben più profondo dietro…>
Ascoltai attentamente ogni parola che usciva dalla sua bocca. Quando finalmente finì, ricadde di nuovo il silenzio glaciale di prima, rotto solamente dal rumore della mia tazza che cadeva a terra, infrangendosi in mille pezzi.
 
 
Ombre scure, improvviso calore, freddo inaspettato, luce abbagliante….
Mi trovavo sospesa non so dove, provavo sensazioni strane e ambigue a cui non riuscivo ad opporre resistenza, mi sentivo come una barca alla deriva, in un oceano sconosciuto senza appigli né sicurezze. Era tuttavia come se pian piano stavo acquistando consapevolezza di tutto…sì, sentivo il sole che mi accarezzava la pelle, sentivo qualcuno che mi toccava la mano….forse stavo sognando prima, ora mi trovo nella dormiveglia, quando il cervello sta per svegliarsi mentre ancora il corpo rifiuta di muoversi.
Ma questo stato non poteva durare a lungo, giacché finalmente riuscì ad aprire gli occhi con tutta la forza di volontà che possedevo, e mi ritrovai confusa.
Spalancando la mia vista mi accorsi subito che non mi trovavo nella mia stanza, avevo davanti a me un soffitto fatto con fitte canne scure intrecciate fra loro che non permettevano il passaggio a nulla, forti nel proteggere dalle intemperie esterne; così di scatto alzai il busto e mi misi a sedere in quello che sembrava un futon abbastanza familiare…
Mi trovavo in una stanza semplice e modesta, poteva essere poco più grande della mia, tuttavia era spoglia, senza alcun mobile o oggetto in particolare, a parte un piccolo armadio a parete, un tavolino vecchio e malconcio rilegato in un angolo, e una specie di comò con tutti i cassetti semi aperti. Davanti a me avevo una finestra socchiusa fatta allo stesso modo del tetto, solo che vi erano molte fessure, il che permetteva alla luce del sole di filtrare dentro, creando un gioco di luci e ombre che devi avermi destato dal sonno. Lentamente decisi di alzarmi e affacciarmi per capire dove mi trovavo; spalancai entrambe le ante e mi accorsi che non ero più in città: avevo davanti a me tantissimi alberi, forse una foresta, oltre al quale non riuscivo a scorgere nient’altro.
Mi trovavo al primo piano di un’abitazione fatiscente al centro di una piccola radura piena di tronchi e strani attrezzi posati lì sull’erba fresca e verde.
Guardando il cielo calcolai che doveva essere pieno pomeriggio, anche se non potei capire per quante ore avevo dormito.
Cercai di fare mente locale e finalmente ricordai tutto! Ero al centro della strada, una macchina mi stava investendo, ero pronta a morire…ma qualcuno mi aveva salvata! Ma chi!? Ricordo solamente quegli occhi, quei due occhi blu che mi fissavano e penetravano, e poi fu tutto buio.
Decisi di uscire da lì per capire qualcosa di più di quel posto, e solo in quel momento mi accorsi che sopra uno di quei cassetti vicino a me c’era una foto girata, posata lì in mezzo ai vestiti.
Prontamente la presi e la girai, e con mio stupore scoprì chi era il soggetto: ero io.
Mi trovavo a scuola, con la mia divisa e la cartella in mano, sorridente e felice che guardavo al di là dell’orizzonte; potevo scommettere che quella era una delle tante foto che mi aveva scattato un tempo Nabiki e che metteva in vendita al primo offerente, ma perché si trovava proprio qui?!?
Uscì subito da quella stanza e mi trovai in un corridoio scuro, pieno di tante altre porte che forse nascondevano altre camere di quel genere, e scesi lentamente le scale che trovai alla mia sinistra.
Ora mi trovavo in un largo ingresso che potevo interpretare come una specie di cucina-soggiorno, con dei divani in stoffa posizionati in circolo, dei tavoli lunghi messi al centro con delle sedie sparpagliate, e una credenza grande piena di piatti da lavare.
Ma il mio sguardo si spostò verso l’unica persona che si trovava in quel luogo; c’era un uomo, messo di spalle, che guardava fuori attraverso la finestra, a braccia conserte, troppo impegnato a pensare per accorgersi della mia presenza, investito del tutto dalla luce del sole che non mi permetteva di scorgere altri dettagli.
In quel momento pensai che sarebbe stato il caso di scappare in silenzio, tornare subito a casa e dimenticare tutto quello che era successo, ma la mia speranza svanì subito, poiché nella mia sbadataggine feci rumore con la porta che cigolò rumorosamente, ridestando quella figura dal suo sonno, che si girò prontamente verso di me, e quando potei finalmente vederlo in faccia……..il mio cuore si fermò.
 

Fermo davanti a me c’era l’unica persona che avevo cercato tutto questo tempo, che mi tormentava nei sogni e nella realtà: c’era Ranma! Ma non era la stessa e identica persona che conoscevo, era cambiato qualcosa in lui che non so definire con esattezza.
Non avevo un semplice ragazzo sedicenne davanti a me come la prima volta che ci eravamo visti, si era trasformato in un uomo ormai, alto, muscoloso, bello….la sua chioma nera e fulgida era stata sfoltita, aveva i capelli più corti ma sempre accompagnati dall’immancabile codino intrecciato dietro la testa; i tratti del viso erano più maturi, una fronte piccola era solcata giusto da qualche ruga di sforzo, una leggera barbetta  gli contornava la mascella ferma e più appuntita, la bocca era semichiusa in un gesto di stupore misto a riservatezza e gli occhi….sempre più blu e maestosi come non lo erano mai stati che mi fissavano e mi studiavano nella loro potenza.
Il suo corpo era fermo senza che trapelava alcuna emozione, a differenza del mio, che sfuggì al mio controllo e cominciò a tremare e ad agire di sua spontanea volontà.
Non so quanti battiti avevo perso, sembrava che il cuore fosse scomparso per lasciare il posto a un vuoto assoluto, accompagnato  da una forte sensazione allo stomaco che scese fino ai piedi impedendomi qualsiasi reazione.
Ranma continuava a fissarmi finchè decise di compiere qualche passo verso di me; ed ecco che il mio istinto prese il sopravvento con tutta la sua rabbia: corsi verso di lui e gli tirai uno schiaffo in faccia con tutta la forza che avevo nella mano.
Rimase con il viso di profilo immobile, stupito della mia reazione, senza tuttavia battere alcun ciglio.
< Come hai potuto?! Come hai POTUTO?! >
Sapevo che con lui perdevo il controllo di me stessa, e non potei evitare di abbandonarmi alla collera e alle lacrime, che di nuovo inondarono i miei occhi, le mie guancie, come mai avevano fatto fino ad ora.
< Akane….> la sua voce era l’unica cosa che era rimasta uguale a prima, un suono che arrivava alle mie orecchie e che mi bloccava i respiri al petto.
Cominciò a girarmi la testa, mi sentivo come prima quando stavo per essere investita, e non riuscì a reggermi più in piedi.
Ma Ranma fu pronto e veloce e prendermi fra le sue braccia e portarmi sul divano vicino alla finestra. Quando mi adagiò tuttavia non allentò la presa su di me, stringendomi stretta al suo petto; forse credeva che così mi sarei tranquillizzata, ma in realtà non sapeva che stavo peggio.
Sentivo il suo calore, il suo profumo, la sua essenza…..ero inerme davanti a tutto questo, avrei potuto abbandonarmi a lui proprio in quel momento, desideravo solo non piangere più, l’unica cosa che volevo era riavere il mio cuore….avevo perso tutti i suoi battiti. Che fine avevano fatto?! La sapevo già la risposta: me li aveva rubati lui coi suoi occhi.
< Ti chiedo scusa….può sembrarti inverosimile da parte mia ma ti chiedo perdono….per tutto il male che ti ho fatto…>
Non potevo credere alle mie orecchie. Lì abbracciati e distesi su quel divano, Ranma per la prima volta nella sua vita mi chiedeva esplicitamente scusa per il suo comportamento. Non poteva essere vero, era un sogno, sicuramente un sogno bello come non mai.
< Perché te ne sei andato?! Cosa centri tu davvero con la morte di mio padre?! Tutti dicono la stessa cosa ma io non posso crederci. Ho sempre pensato che ci fosse stato dietro qualcos’altro, che la verità era un’altra…ti prego Ranma dimmela se esiste davvero…>
la mia rabbia si era sciolta nel momento in cui mi aveva stretta a sé, il mio unico pensiero ora era capire la realtà dei fatti, cosa era successo davvero 2 anni fa, perché lui era scappato…
< Io…ecco…vorrei tanto dirtela…> tentennava, non riusciva ad aprirsi e a esporsi con me, ecco qualcosa che non ero affatto cambiato in lui.
< Sono pronta a qualsiasi cosa > lui però non sembrava pensarla allo stesso modo.
< Va bene…forse è davvero arrivato il momento che tu sappia la verità… >
Di colpo però si sentirono strani rumori provenire dall’esterno, una serie di voci che arrivavano dal folto della foresta fuori e che si dirigevano verso la casa.
Ranma fu veloce, fece uno scatto felino alzandosi subito stringendomi ancora e di soppiatto uscimmo da una porta che dava sul retro.
Con forza ma anche delicatezza mi spinse alla parete e lui si appiattì insieme a me, facendo si che i nostri corpi aderissero perfettamente, muto e ascoltando quello che stava avvenendo dentro. Non mi ero mai trovata davvero così vicino a lui, i nostri visi erano a pochi centimetri, sentivo il suo respiro sulla mia fronte fredda che mi provocava scosse su tutta la schiena. Nel frattempo le voci si fecero sempre più distinte, tanto che ora quelle persone si trovavano nell’ingresso dove eravamo noi poco prima.
< Credevo sarebbero tornati più tardi. Dobbiamo andarcene da qui….>
La mia mano involontariamente si era poggiata al suo petto.
Se il mio cuore era scomparso e aveva perso i suoi battiti, il suo invece galoppava e tuonava, come i fulmini nella tempesta.






  
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