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Autore: Snafu    15/07/2012    2 recensioni
A chiunque creda nell'amore.
E magari nelle seconde possibilità.
Perché la notte fondamentalmente è il momento migliore per coltivarli entrambi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Made in Hell Series'
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When you’re screaming in the night

Capitolo XVIII - She loved him yesterday. Yesterday’s over.


Era notte fonda quando Roger rientrò a casa dalla festa che aveva dato Steven Tyler. Era distrutto e a dirla tutta era anche un po’ brillo. Joe Perry aveva fatto bere Brian fino a farlo rimettere e c’era talmente tanta cocaina da fargli credere che gli fosse venuta la forfora.

Sotto la porta trovò incastrato un bigliettino: quella era di certo opera di Dorothy. Solo lei aveva quella deliziosa abitudine che lo faceva sentire tanto desiderato. Si affrettò ad aprire il foglietto di carta pallida impregnato dall’inchiostro disposto nella calligrafia inconfondibile della ragazza.

Raggiungimi al nostro posto. Non importa l’ora. Sarò lì ad aspettarti fino a domani. È molto importante.

Piuttosto telegrafico e criptico, tipico suo.

Sebbene il letto fosse parecchio allettante, alle quattro del mattino, Dorothy era pur sempre la donna che amava, così Roger si rimise in marcia e tornò sui suoi passi, diretto alla vecchia residenza Bowie. Lì saltò la ringhiera in ferro battuto e rimase quasi in mutande una volta arrivato dall’altra parte. Cosa fosse passato per la mente di David quando aveva deciso di mettere quelle trappole degne di una fortificazione medievale proprio dopo che l’unico vero tesoro che quella casa custodiva, sua sorella, se n’era andato, gli rimaneva ancora del tutto oscuro.

Un po’ indolenzito, seppur nel fiore degli anni, corse fino all’albero con qualche cerchio in più e lo guardò dal basso verso l’alto. Gli parve di vedere ancora una volta la sua ragazza che gli lanciava il panino al salame e lui che lo mancava, l’inseguimento, la notte che li aveva nascosti, creando per la verità la prima spaccatura tra di loro.

Salì le scalette e trovò, nella piccola abitazione in legno ancora lì, Dorothy, con una lampada ad olio, che leggeva un manualetto sugli Stati Uniti. La moretta gli sorrise e lo invitò ad accomodarsi accanto a lei. C’erano delle coperte per terra: si domandò se fossero le stesse di anni prima, convinto che non fosse importante.

«Come mai mi hai fatto venire qui? Presa dalla nostalgia?» domandò il batterista, piuttosto curioso. La ragazza si mosse leggermente e lo guardò dritto negli occhi, con quella sicurezza che gli era sempre mancata.

«Perché qui tutto è iniziato e qui tutto deve finire.» asserì, tranquilla. Davvero, forse non lo era mai stata così tanto da quando era iniziata la sua adolescenza.

«Quindi? Che succede? Vuoi lasciarmi?» sussurrò lui, divertito.

«Lasciarti? Io e te... stiamo davvero insieme?» ridacchiò lei, sarcastica, dandogli un buffetto sulla guancia rosata.

«L’ho sempre considerato un punto fermo...»

«Un dogma, piuttosto. Della serie che dobbiamo prenderlo così, ma non si spiega in nessun modo perché» rise lei.

«Quindi il punto qual’è?»

«Tim mi ha chiesto di sposarlo.»

«E... e tu?»

«Ho detto di no.»

Roger tirò un sospiro di sollievo.

«Ok.»

«Non è ok, Roger. Gli ho detto di no perché non voglio che pensi che lo sposo per dimenticarmi di te. Non se lo merita. Avrei dovuto scegliere e ho sempre sbagliato perché mi trovavo sempre di fronte allo stesso bivio. Ora so che devo andare oltre... Partirò per gli Stati Uniti domani, ho chiesto il trasferimento all’ambasciata di New York.»

Il batterista si coprì il viso con le mani.

«Quindi sei veramente qui per rompere.»

«Sì, ma prima devo dirti alcune cose che mi sono tenuta dentro fino ad ora, o cose che ti ho detto solo a metà.»

«Non pretenderai che ti ascolti, cazzo!»

«Sì, invece. Almeno per il rispetto di quello che siamo stati. E poi io ascolterò quello che tu hai da dirmi.»

«Io non ho niente da dirti, mi stai lasciando per andare in America a cercare non si sa bene cosa! Noi siamo sempre stati la cosa più grande e invincibile di questo mondo. Sì, abbiamo avuto i nostri casini, ma ne siamo sempre usciti a testa alta, rafforzati. Non dirmi che ci siamo mai fatti abbattere da qualcosa, Dorothy, perché non sono valsi neanche sei anni di separazione ad affondare il nostro amore.»

La moretta si beccò la menata senza battere ciglio, poi riprese:

«Dici che non hai niente da dirmi e poi attacchi a parlare. Non sei molto coerente. Vorrei veramente spiegarti le mie ragioni. Per prima cosa mi dispiace di mandare tutto a puttane. Che tu ci creda o no, ti amo davvero, al di fuori di ogni mio calcolo, e non pensare che sia sbagliato dire che io abbia ragionato con la testa e non con il cuore non scegliendo neanche Tim, perché è la verità. Il mio cuore l’hai ucciso tu, quella notte in Cornovaglia, quando ti ho visto piangere per colpa mia. È stato in quel momento che ho capito che non avrei mai potuto rimediare, che il mio sbaglio era stato così immensamente più grande di tutti i tuoi da non poterti neanche più portare rancore. Per niente. È una cosa per cui non riceverò mai il perdono: neanche il mio. Mi dispiace per lui, per noi che non lo conosceremo mai, mi dispiace di averti sempre tenuto all’oscuro di ogni cosa riguardasse me, prima di te, di ogni cosa che riguardasse noi, nella mia testa. Mi dispiace per esserti stata nemica più che amica, ultimamente. Mi dispiace di essere tua nemica anche adesso.»

«Che dovrei dire adesso?»

«Non lo so.»

«Cazzo, dimmi cosa dovrei dire adesso! Cosa ti aspetti che dica?»

«Roger, non lo so... vorrei solo che tu accettassi la mia decisione.»

«E se non la volessi accettare? Cosa cambierebbe?»

«Renderesti tutto più difficile a me. Prendilo come un favore che ti chiedo.»

«E quando lo restituirai? Quando sarai sposata con qualcuno altro? Quando aspetterai i figli di qualcun altro?Quando non ci parleremo più? Quando incontrandoci per strada non ci guarderemo neanche in faccia? Quando ci eviteremo come la peste, quando io sarò troppo sommerso dal rancore e tu dall’amore, per qualcun altro che non è nessuno? Che non è nessuno dico io!»

«Chiedimi un favore adesso!» supplicò lei.

«Non mi lasciare, questo è il favore che ti chiedo. Se abbiamo lottato per tutto questo tempo, se abbiamo sofferto per tutto questo tempo, se ci siamo amati per tutto questo tempo... fa’ che non sia stato invano. Per piacere.»

«Roger, non puoi chiedermi questo!»

«E tu non puoi lasciarmi!»

«Senti, lo so come ti senti? Ok? Ti ricordo che anche tu mi hai lasciato, una volta. Ho pensato che il mondo mi sarebbe crollato addosso, che non avrei potuto più vivere. Ho pensato che avevo fatto bene a non tenere il bambino, che eri inaffidabile, che non avrei mai dovuto riporre la mia fiducia in te, il mio amore in te. Mi sbagliavo. Su tutto. Ma ti ho odiato. E questo mi ha aiutata ad andare avanti.»

«Odiarti non mi servirà a non compiangermi per averti persa.»

«E quando mi incontrerai per strada, se sarò con lui, se avrò il pancione, se sarò con i nostri figli, pensa a quanto sono stata stupida a non sposare un uomo come te, ricco, talentuoso, intelligente, affascinante, ma a scegliere lui. Prenditi gioco di me.»

«Se ti amo devo pur dimostrartelo! Non posso lasciarti andare così, devo supplicarti? Pregarti? Devo piangere?»

«Non c’è niente che devi fare o che puoi fare. Domani io salirò su quel volo, che tu lo voglia o no. Rassegnati: tu non sei l’uomo con cui posso passare il resto della mia vita.»


   
 
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