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Autore: Akatsuki    21/07/2012    7 recensioni
E se esistesse un altro biju oltre gli altri nove? E se il jinchuuriki di questo demone fosse una ragazza?
E se questa ragazza incontrasse Gaara, cosa potrebbe accadere ai due?
Estratto dal V Capitolo:
Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore.

[GaaraxOC] [Primi 4 capitoli revisionati]
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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dreams of the desert.











 
III Capitolo.
 
«Come mai qui, Kaen?»  
Temari squadrò curiosa la ragazza stesa sul letto, spostando il peso dal piede destro a quello sinistro. Era cambiata tantissimo. L’ultima volta che si erano incontrate avevano rispettivamente sei e quattro anni. Certo, Kaen era molto piccola, ma le due erano diventate amiche praticamente subito.
La castana osservò bene Temari. Si ricordava fin troppo bene quella ragazza tutto pepe con cui aveva stretto amicizia nel breve periodo di tempo in cui si era trasferita a Suna, molti anni prima. Era stato quando il capo del suo villaggio aveva deciso di mandarla dal precedente portatore di Hiirowo, il suo demone, prima che lei nascesse. Essendo un uomo già abbastanza anziano, avevano deciso di comune accordo di liberarlo da quel fardello e subito dopo lui aveva lasciato il villaggio per esplorare il mondo negli anni di vita che gli rimanevano, non avendo creato legami con nessuno ed essendo libero di partire. Infine si era stabilito a Suna, doveva Kaen lo aveva raggiunto dopo poco per imparare quanto più possibile dell’ospite che albergava in lei da quattro anni a quella parte. Ci era rimasta per due anni, e al termine di quel periodo era tornata a casa sua, nel Paese del Fuoco.
Temari era diventata una sua cara amica e la adorava per questo, ma era stata costretta ad abbandonare quel luogo e da quel momento non si erano più riviste.
«Ho deciso venire qui a Suna per crearmi una nuova vita, perché…»  Distolse lo sguardo, perdendosi ad ammirare il paesaggio fuori la finestra e stringendo il leggero lenzuolo che la copriva. « … lo sai bene, il perché.» 
Era vero, Temari conosceva il segreto di Kaen. Lei stessa glielo aveva svelato durante la sua permanenza a Suna. Lo aveva fatto solo ed esclusivamente perché aveva scoperto lei e il maestro Tera che si esercitavano nel bel mezzo del deserto, e la ragazza si era vista costretta a darle delle spiegazioni circa le sue particolari abilità. La bionda non aveva fatto altro che ascoltare e non aveva detto nulla, oltre a rivolgerle un sorriso e a prenderla sottobraccio per andare a giocare. Dopo quel giorno non ne avevano mai più parlato. Kaen le era grata per quello, sapeva che non aveva rivelato il suo segreto a nessuno. Si fidava di Temari.
«Ho chiesto al Kazakage di poter rimanere qui e diventare ufficialmente una ninja del villaggio della Sabbia. Ha accettato.»  Sorrise, volgendo di nuovo lo sguardo sulla figura della ragazza di fronte a lei. Temari spalancò gli occhi sorpresa, per poi ghignare divertita.
«Quello scorbutico di mio fr-?»  Venne interrotta dall’aprirsi della porta, da dove sbucò il grande Sabaku no Gaara, avvolto nella sua tunica da Kazekage. Le aveva lasciate sole per discutere, ma mentre ripassava per il corridoio di quella stanza aveva sentito Kaen nominarlo ed era rimasto fuori la porta.
«Quindi io sarei scorbutico, sorella?» Chiese Gaara, calcando appositamente sull’ultima parola e fermandosi proprio dietro la bionda che, chissà per quale motivo, si era pietrificata.
La suddetta si girò molto lentamente, cacciando fuori un sorrisetto nervoso. Sbatté un paio di volte le palpebre guardando il rosso, calmissimo, di fronte a lei.
«Kazekage-sama?» Cercò di rabbonirlo utilizzando il titolo di cui faceva vanto, ma subito dopo gli diede una gomitata amichevole sul fianco e gli sorrise. «Suvvia, devi ammettere che il tuo carattere non è il più amichevole del mondo.» Il fratello la ignorò di proposito.
«Voi due vi conoscete già, giusto?»  Chiese Gaara leggermente divertito, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli della ragazza stesa sul letto. Quest’ultima cercò di tenere anche lei gli occhi saldi in quelli acquamarina del rosso, senza successo. Distolse lo sguardo, imbarazzata, ma ordinò a se stessa di non arrossire. Quegli occhi erano così strani. Strani, ma terribilmente affascinanti.
Kaen spostò nuovamente lo sguardo sul Kazekage e fece per aprire bocca e rispondere alla domanda di Gaara, ma si bloccò a fissare il kanji rosso fuoco sulla fronte del ragazzo. Amore? Perché si era tatuato sulla fronte quel kanji? Non sapeva la risposta, ma lo avrebbe scoperto. Non lo aveva quando lasciò il villaggio, dieci anni prima. Tenne gli occhi verde smeraldo bloccati su quello strano tatuaggio, con la bocca leggermente dischiusa. Gaara se ne accorse, così abbassò un po’ la testa, facendo in modo che un ciuffo rosso andasse a coprire quel simbolo. La ragazza avrebbe voluto protestare, dire che era davvero un bellissimo kanji e che non avrebbe dovuto nasconderlo, ma si trattenne, mordendosi nuovamente il labbro inferiore.
«Sì, ci siamo conosciute molti anni fa, quando eravamo entrambe molto piccole.» Si mantenne vaga, tenendo lo sguardo basso senza il coraggio di guardare Gaara negli occhi. Troppo profondi e indagatori. Sembravano scrutare la sua anima, carpire i sentimenti nascosti in essa e che mai avrebbe voluto svelare a qualcuno.
Gaara annuì leggermente e decise di non indagare, lanciando un’occhiata a Temari, che ricambiò lo sguardo e annuì a sua volta. Si girò verso la porta, tenendo in mano il cappello triangolare da Kazekage, e fece per uscire. «Se hai bisogno di qualcosa fammelo sapere.» E si lasciò alle spalle quella donna e le strane sensazioni che gli provocava, seguito dallo sguardo malinconico della sorella.
La bionda si voltò rapidamente verso Kaen, che si stava versando dell’acqua nel bicchiere posto sul comodino di fianco a lei ed evitava di guardarla, colpevole.
«Secondo me dovresti dirglielo.» Affermò una volta certa che il rosso si fosse allontanato dalla stanza.
La ragazza prese un sorso d’acqua, per poi poggiare il bicchiere sul comodino e posizionarsi meglio sul cuscino morbido, posando lo sguardo dappertutto tranne che sull’amica. Non avrebbe mai potuto ricordargli cosa aveva fatto mentre era ancora al villaggio della Sabbia, l’avrebbe odiata per sempre. L’odio che provava per se stessa le bastava eccome. «Non posso, ho fatto una cosa orribile e tu lo sai.»
«Certo che lo so, ma preferisci davvero che le cose restino così? Sappiamo entrambe che non riguarda solo la tua condizione di jinchuuriki. Gaara capirebbe.»
«Oltre quello, come fai a dire che non mi odierà per ciò che sono? Sono un mostro.» Sussurrò affranta, nascondendo il viso tra le mani. Temari le accarezzò i capelli affettuosamente e sospirò. «Fidati di me.»
Kaen allontanò le proprie mani e alzò gli occhi al cielo. Che diamine avrebbe dovuto fare? Temari diede un buffetto alla ragazza ed uscì dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Gaara. Era un bellissimo nome, come colui che lo portava. Il ragazzo non sapeva della sua condizione, così come lei non sapeva della sua. Temari aveva evitate di parlarne l’uno con l’altra perché sapeva che era un argomento che dovevano affrontare da soli, ma sapeva altrettanto bene che si potevano capire meglio di chiunque altro. Solo che Kaen era estremamente cocciuta e non ne voleva sapere, e come se non bastasse Gaara non ricordava nulla della castana. E lei sapeva perché. Ma non voleva assolutamente che quegli occhi acquamarina la guardassero con rabbia o peggio, con disprezzo. Lui era così bello e lei invece era così semplice e anonima, e per di più di aveva fatto un torto enorme
Si infilò le mani tra i capelli, scuotendoli all’impazzata. Perché pensava certe cose? Non doveva assolutamente. Ormai lui era il Kazekage, ricopriva la carica più alta di tutto il paese e non stava bene che lei provasse certi sentimenti per lui. Che poi, non era nemmeno tanto attraente.
Kaen spalancò gli occhi e si tirò di scatto a sedere, sconvolta. Che eresia, lui era fin troppo affascinante. Bello da mozzare il fiato, con quella pelle diafana, meravigliosa. I capelli rossi, all’apparenza soffici come la neve. Si ritrovò a pensare di voler passare una mano fra quella capigliatura rosso cremisi, per saggiarne la morbidezza. E gli occhi, la cosa che più la colpivano. Erano bellissimi, certo, ma così strani. Avrebbe tanto voluto affibbiare a quegli occhi l’aggettivo ‘limpidi’, perché quel colore era limpido, ma non poteva. Era opachi, come ricoperti da un velo di polvere. Sembravano occhi che mai avevano provato la felicità, la spensieratezza, l’amore. Presentavano, nel profondo, una ferita che mai si era rimarginata. Ancora fresca e pulsante, che facilmente avrebbe causato dolore. Non era mai stato così distaccato nei confronti del mondo, da bambino era tanto dolce quanto triste, ma sempre pronto a sorriderle.
Kaen avrebbe voluto tanto sapere cosa aveva fatto Gaara in tutti quegli anni. Cosa gli era capitato?
 
 
 
«Bene… allora?»
«Mh?»
«Gaara!»  Si lamentò Temari mentre camminava accanto al fratello per i lunghi corridoi del palazzo del Kazekage. Il rosso le dava terribilmente sui nervi quando si comportava in modo così noncurante. Come se non gli importasse di nulla. Si divertiva, lei lo sapeva, a vederla andare in escandescenza. Anche se non lo diceva chiaramente, gli occhi gli brillavano di divertimento quando si posavano sulla sorella che lo sgridava, arrabbiata.
Gaara sospirò. « Riformulo la domanda: allora cosa, Temari?»
La bionda ringhiò sommessamente, lanciando un’occhiataccia al fratellino e accelerando il passo per raggiungere, dato che l’aveva superata. «Kaen. Che mi dici di lei?»
«Kaen?» Chiese, mantenendo lo sguardo inalterato. «Non saprei nemmeno cosa dirti.»
Temari trasalì. «Quindi è proprio vero che non ricordi…» Sussurrò pensierosa, continuando a camminare. Che rabbia gli faceva venire quella situazione, era assurdo. Tutta colpa di quella ragazzina stupida se ora Gaara non si ricordava di lei, ed era pure sicura che ci era rimasta male! Ma cosa pensava? Era stata lei a rimuovere dalla testa del fratello il ricordo della sua persona e della sua permanenza  a Suna.
«Che nervoso che mi fa venire!» Pestò un piede per terra, adirata. I ninja che gironzolavano per quel corridoio sussultarono e si allontanarono immediatamente dalla temibile sorella del loro Kazekage.
«Non urlare.»
«Io invece urlo eccome, Gaara! Sono la sorella maggiore del Kazekage e ho tutti i diritti di questo dannato paese, chiaro? Se voglio urlare, urlo! Se non voglio, non lo faccio! Non dirmi quello che devo o non devo fare!»
Il rosso la osservò, impassibile. Non sapeva perché la sorella fosse così nervosa, ma sapeva bene che si sentiva strano in compagnia di Kaen. Era come se la conoscesse e ne era attratto, e anche per questo cercava sempre di guardarla negli occhi. Ma lei li distoglieva sempre ed era un gesto che feriva Gaara, perché odiava che la gente non riuscisse a guardarlo negli occhi perché spaventata da lui. Sperava che almeno Kaen non avesse la stessa reazione, che non fosse anche lei spaventata dai suoi sguardi, soprattutto perché era evidente che non conoscesse la sua storia. Ma era strano. Perché aveva questo desiderio, riguardante poi una ragazza appena conosciuta? Sospirò frustrato e un paio di occhi color smeraldo si intrufolarono nella sua mente, silenziosi.
«Va bene, mi calmo.»  Sussurrò Temari lasciando proseguire Gaara, che si affrettò ad avviarsi verso il suo studio. La bionda lo seguì a ruota, tenendo il suo passo.
«Devo dirti una cosa, fratellino.» 
Quando lo chiamava in quel modo non c’era niente da stare tranquilli. La kunoichi tossicchiò, portandosi anche un pugno alla bocca molto teatralmente.
«Sai… ho saputo che non ci sono case libere al villaggio.»
Ridacchiò malignamente, osservando di sottecchi il fratello che non aveva mostrato il minimo interesse per quell’argomento. Ma che diavolo voleva oggi Temari?
«Allora?» Chiese Gaara, del tutto disinteressato e impegnato a velocizzare il passo per raggiungere il suo studio. Era in ritardo, doveva assegnare le missioni ai vari team e firmare ancora un mucchio di pratiche, ci mancava che la sorella gli facesse perdere tempo prezioso in inutili chiacchiere.
Temari sorrise di nuovo e incrociò indifferente le mani dietro la schiena, rallentando il passo.  «Beh, sai… dovremo dare un posto dove stare a Kaen.» Finì lei, aggiustandosi con nonchalance uno dei quattro biondissimi codini. Gaara si fermò, girandosi verso la sorella. La guardò in attesa, aspettando il continuo.
Temari ghignò e raggiunge il rosso, mettendosi a braccetto con lui e trascinandolo via.  
«Dovrà venire a vivere qui con noi. Non sei contento?»
Non avrebbe continuato a vedere Kaen soffrire per la sua testardaggine e tantomeno avrebbe lasciato Gaara nella convinzione che la castana fosse una sconosciuta per lui. Doveva fare qualcosa in modo da risolvere tutto. E ci sarebbe riuscita, parola sua. Bastava solo una piccola spinta.
  
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