Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: theOldEnnui    23/07/2012    8 recensioni
In cui Sherlock convince John a sposarlo, un assassino deve essere incastrato e la terapia di coppia produce alcuni rivolti interessanti.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

HAPPILY EVER AFTER

1.

 

È un giorno come tutti gli altri al 221B di Baker Street e John Watson se ne sta spalmato sopra la sua poltrona preferita ad affogare gli ultimi reticenti brandelli di sonno nella sua consueta dose di tè mattutino, mentre con occhio distratto sbircia, da quasi un quarto d'ora, la prima pagina del Mirror: ormai l'ha imparata a memoria, ma gli manca la forza necessaria per persuadere il suo braccio a muoversi e girarla.

Ieri in ambulatorio è stata una giornata campale: per via di una meschina ondata di influenza, che ha mietuto vittime finanche fra i membri stessi dello staff medico, il buon dottore ha dovuto raccapezzarsi fra starnuti e scartoffie tre ore più a lungo del solito. Quando poi Sarah – impietosita - si è decisa a lasciarlo andare a casa e dopo un interminabile viaggio in metropolitana è finalmente arrivato a spalancare la porta del 221B, solo per scoprire Sherlock intento, per inspiegabili ragioni, a srotolare metri e metri dell'intestino di quello che forse un tempo era stato un maiale sopra al tavolo della loro cucina, John non è riuscito a produrre più di un grugnito scontento ed un'espressione a metà fra una smorfia di disgusto e uno sbadiglio, prima di voltare i tacchi e trascinarsi in camera, segretamente grato alla ripugnante visione per aver trucidato ogni focolare d'appetito che minacciava di germogliargli nello stomaco ed avergli così risparmiato la fatica di dover ordinare la cena.

Oggi avrebbe dovuto essere il suo giorno libero, ricorda John con amarezza, ma il Dottor Cooper è capitolato sotto i colpi dei virus, lasciando scoperto un turno, e quando Sarah gli ha proposto di sostituirlo lui non ha potuto fare a meno di accettare: i soldi in più guadagnati con gli straordinari gli fanno davvero comodo, considerata la disastrosa situazione in cui versa il suo conto in banca e, fra le altre cose, lui e Sherlock sono in ritardo sull'affitto di quasi due settimane- dio benedica la Signora Hudson per non aver ancora fatto pressioni. Perciò al diavolo la stanchezza, addio agognato pausa dalle recriminazioni di bellicosi vecchietti coi reumatismi e benvenute imminenti otto ore di interminabile tedio.

John trasale appena quando la porta della stanza di Sherlock si apre con un tonfo e una manciata di secondi dopo il detective fa il suo ingresso in sala in uno sfarfallio di tessuto blu e riccioli sorprendentemente vaporosi.

«Oh.» commenta, una volta avvedutosi della sua presenza. «Sei già sveglio. Perché sei già sveglio?» mormora fra sé, acuminando lo sguardo nella sua tipica posa da sto per dedurre ogni tuo più turpe e recondito segreto e non c'è niente che tu possa fare per impedirmelo.

«Devo coprire un collega alla clinica» lo informa l'altro in fretta, provando un infantile e francamente spropositato senso di soddisfazione al pensiero di aver sottratto al suo tronfio coinquilino l'ennesima opportunità di mettere in mostra il suo genio. Le labbra di Sherlock si piegano in una curva oltraggiata, mentre un rapido lampo di rimpianto per l'occasione appena perduta attraversa i suoi occhi. John sorride.

«Mh.» commenta con risentita magniloquenza il detective, prima che le sue meningi sempre in corsa vengano raggiunte da un nuovo pensiero che spodesta tutti gli altri e lo spinge ad affondare una mano nella tasca della sua vestaglia. John lo scruta con mite curiosità mentre lui, col volto contorto in una maschera di pura concentrazione, lotta per trovare ciò che sta cercando nel marasma di oggetti che ha stipato lì dentro, ma il caos regna sovrano e l'operazione si protrae per un'abbondante manciata di secondi, durante la quale il buon dottore è troppo assorto nella contemplazione dell'indaffarata creatura che gli si staglia dinnanzi per accorgersi in tempi utili del nugolo di elucubrazioni moleste che ha preso a raddensarsi dentro alle pareti della sua scatola cranica e quando, fra un sorso e l'altro del suo Earl Grey, si ritrova a meditare dio, quei riccioli, come vorrei toccarli per lo sventurato è già troppo tardi per sperare di poter riprendere in mano le redini della propria coscienza e impedirne il deragliamento. Un secondo John sta pensando: sembrano così morbidi e sono così lucidi e così ben delineati e-- e il secondo dopo le sue corde vocali decidono di travalicare il giudizio del cervello e: «Sherlock,» formulano a tradimento «hai fatto qualcosa ai capelli?»

Sherlock si immobilizza, interrompendo per un attimo il suo ossessivo raspare e da dietro le lunghe ciglia gli scocca un'occhiata che appare quasi di sorpresa, mentre un piccolo spasmo compiaciuto fa tremare le sue labbra ed ognuno dei suoi muscoli facciali prende a lottare contro il sorriso che sta spingendo in tutta evidenza per affiorare.

John tuffa in fretta gli occhi dentro alla sua tazza e senza capire bene il motivo si ritrova ad arrossire. Vanitoso bastardo, rimugina fra sé.

«Ieri sera te ne sei andato prima che potessi darti questo» dichiara il pavone, che è finalmente riuscito a scovare l'oggetto della sua ricerca e dopo averlo estratto con tripudio dal buco nero in cui era imprigionato glielo ha tirato addosso, mancando il suo tè di una frazione di centimetro e solo per grazia divina.

È una piccola scatolina nera ed elegante che John si rigira fra le mani con circospezione diverse volte. La annusa. Se la porta vicino all'orecchio e la scuote.

Siccome in seguito alla sua ponderata analisi non riscontra nessun ticchettio sospetto, nessun effluvio potenzialmente nocivo gli offende le narici e l'apparenza della cosa in sé è abbastanza innocua, il buon dottore decide di accontentare Sherlock e aprirla.

John Watson è stato vicino alla morte in diversi momenti nel corso della sua vita e tutte le volte, mentre il suo corpo è sottoposto ad ogni genere di stress, la sua mente è calma e distante, e si affolla di ogni sorta d'immagini bizzarre, fantasie deliranti, ricordi distorti – a volte terribili, a volte rassicuranti. Oggi, per sciagura, hanno vinto i terribili, e mentre si contorce sopra la sua poltrona preferita, tossendo fuori anche l'anima per colpa di un sorso di tè che, sconvolto dal contenuto della scatola, è inciampato ed è finito a rotolargli giù per la laringe, John Watson si ritrova davanti agli occhi il faccione tondo e mellifluo di Mycroft Holmes che ghigna lezioso e ripete in un loop interminabile a quando il lieto evento? A quando il lieto evento? A quando il lieto evento?

«Sher-- » l'ennesimo conato di tosse lo interrompe, «Sherlock...? Sherlock cos'è questo?» ruggisce una volta recuperato il parziale dominio sul proprio apparato fonatorio «Mi sembra un anello... è un anello? Sherlock è un anello? Perché mi hai dato un anello? Dio, non sarà mica una fede nuziale? Perché diavolo-- Sherlock...? Sherlock!»

Controvoglia Sherlock riemerge dalla cucina, luogo in cui si era ritirato subito dopo aver effettuato la consegna, con un paio di occhiali di protezione in bilico sul naso e un grembiule schizzato di misteriosi umori allacciato in vita. Aggrotta la fronte in quella che appare una sincera esibizione di perplessità e dice: «John, non andare nel panico. Ne abbiamo diffusamente discusso ieri pomeriggio- non hai sollevato nessuna obiezione, dunque ho supposto che andasse bene anche per te.»

«Andasse bene? Andasse bene cosa? Sherlock, ero al lavoro ieri pomeriggio!» rantola brusco e disorientato il dottore.

«Be', non è di certo un problema mio questo»

Mai, nemmeno nel corso di tutte le sue passate avventure, l'imprudente esistenza di Sherlock Holmes è stata più vicina all'essere brutalmente stroncata di quanto non lo sia in questo momento: «Sherlock!» tuona terribile il capitano John Hamish Watson, quinto reggimento dei fucilieri di Northumberland.

L'esacerbante creatura sbuffa e si toglie gli occhiali con gesto secco, prima di lasciarsi cadere con ostentata teatralità sulla sua poltrona: «È per il caso Champion», dichiara.

«Il caso Champion. Bene.» ripete con lentezza il buon dottore, tentando di calmarsi e raccogliere le idee «Il suicidio?» s'informa poi, alzando un sopracciglio.

Il viso del detective si contorce in una smorfia indignata, mentre è costretto a contemplare le sempre sconcertanti proporzioni della ottusità umana e un sibilo a metà fra un sospiro affranto e una risata di scherno gli si forma in gola: «Non è stato un suicidio!»

«Lestrade la pensa diversamente.»

«Per favore, sappiamo entrambi che Lestrade è un idiota.»

«Sarà, ma è l'idiota che ti lascia avere accesso alle scene del crimine, ai cadaveri, alle prove, che ti fa importunare i testimoni, che ti permette di investigare, che--»

«Sì, bene, mi ricorderò di spedirgli una cartolina di auguri il prossimo natale, allora.»

John grugnisce esasperato e rotea gli occhi, ma decide di lasciar correre, almeno per questa volta, la sfacciata assenza di creanza di cui Sherlock sta facendo sfoggio, giacché il desiderio di scoprire cosa diamine abbia a che fare con lui e con il suo coinquilino una fede nuziale lo sta divorando: «Spiega, ti prego» dice, agitando la scatolina.

«Credo che la disposizione d'animo di Lestrade nei miei confronti continui a non essere delle migliori, sai, per via di quella faccenda dell'urina finita nel suo caffè e siccome quell'uomo manca totalmente di professionalità non ha voluto ascoltare le mie teorie sul caso Champion. In questo periodo sono impegnato con uno studio sulle proprietà corrosive dei succhi gastrici dei suidi, quindi non mi pesava molto la prospettiva di aspettare uno o due giorni perché Lestrade si rendesse conto che senza il mio aiuto non ha la più pallida idea di dove sbattere la testa e corresse qui per implorarmi di colmare le spaventose lacune lasciate aperte dalla stupidità sua e del suo team, ma poi mercoledì sono stato contattato da Cornelia Champion, la madre della vittima – anche lei crede che il figlio non si sia suicido, anche se ho il forte sospetto che la sua convinzione in merito abbia radici molto meno scientifiche della mia. Mi ha chiesto di indagare sulla sua morte, dal momento che Scotland Yard è troppo ottusa per riconoscere un caso di omicidio quando se lo trova sotto il naso. Si è offerta di pagare cinquecento sterline subito e altre mille una volta che il caso sarà concluso. Ho accettato, so quanto ti preoccupi di banalità come il denaro-- pensavo ne saresti stato felice.»

John è, effettivamente, felice dell'insperata entrata, ma continua a non vedere come tutto ciò si colleghi all'anello. «Be', bene. Era una vita che non accettavi un caso che venisse retribuito.» dice, «Ora ti spiacerebbe passare alla parte in cui mi spieghi per quale ragione sto tenendo in mano una fede nuziale?»

Sherlock sbuffa e lo guarda con lo stesso misto di esasperazione e tiepido affetto che un insegnate rivolgerebbe al più tonto fra i suoi allievi: «Sono moderatamente convinto che l'omicidio di Champion sia il terzo di una serie. Prima di lui sono stati uccisi Charlotte Evans e Michael Powell, l'arma del delitto è cambiata ogni volta, ma il killer è lo stesso. Non è un professionista, è probabile che quello della Evans sia stato il suo primo omicidio, ma non è del tutto nuovo all'uso della violenza, la premeditazione è minima, è disorganizzato, ma fino ad ora è stato abbastanza sveglio da non lasciare indizi utili sui corpi e sulle scene. Sospetto che il movente sia di matrice omofoba e credo ci siano buone possibilità che il killer stesso tenti di nascondere una forma di omosessualità repressa.»

Sherlock smette di parlare e lo guarda speranzoso. John ha sentito parlare degli omicidi di Charlotte Evans e Michael Powell e sa esattamente quello che l'altro sta aspettando. Siccome un angolo della sua mente formicola con una contenuta dose si curiosità e sospetta che il detective non arriverà mai al punto se la sua necessità atavica di dimostrare il prodigio della propria intelligenza non verrà al più presto esaudita decide di accontentarlo: «Matrice omofoba?» domanda sorpreso «Ma nessuna delle vittime era gay-- se non sbaglio secondo i giornali Powell era addirittura sposato»

Il detective batte le mani una volta e con un guizzo entusiasta si accovaccia sulla poltrona: «John, John, John!» cantilena fingendo disappunto «È davvero possibile che tu sia così cieco? Powell era sposato, è vero, e secondo la moglie era a Londra per affari, ma è stato ritrovato alle cinque di mattina con la testa spaccata in un vicolo due strade a sud di uno dei più famosi gay-club di tutta la City e in abbigliamento molto poco professionale, stando a quanto riportato sul rapporto di polizia-- »

«Lestrade non ti ha chiamato per il caso Powell, tu come fai a sapere cosa dice il rapporto di polizia?» interloquisce ingenuo il dottore.

Sherlock tace e inarca con eloquenza un sopracciglio.

«Giusto.» mormora John scuotendo la testa. «Charlotte Evans?»

«Intratteneva palesemente una relazione di carattere sentimentale con la donna con cui divideva l'appartamento, nonostante tentasse di tenerlo nascosto ai genitori. E per quanto riguarda Champion la sera prima del ritrovamento del suo cadavere è stato visto lasciare un pub in compagnia di un uomo alto, robusto e coi capelli scuri, che sospetto sia il nostro killer. In più mentre perlustravo il suo appartamento nel cassetto del suo comodino ho trovato un vibratore viola di considerevoli dimensioni-- non sarò un esperto in materia, ma dubito molto che l'armamentario tipico dell'eterosessuale medio comprenda oggetti simili. Sbaglio, forse?»

John è troppo impegnato ad accendersi in rapida sequenza di quindici differenti tonalità di rosso per degnarlo di una risposta, così Sherlock prosegue indisturbato, mentre l'impressione vaga di un ghigno ammorbidisce la sua apparente impassibilità: «Ho notato che ogni singolo articolo riguardante gli omicidi della Evans, di Powell e di Champion apparso sul Daily Mirror – e credimi, non sono stati niente affatto pochi, la stampa ha uno spiccato gusto per il macabro – è stato scritto dalla stessa persona, ed in ognuno ho riscontrato un velato sottotono di ostilità nei confronti delle vittime. La cosa mi ha incuriosito, così ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che Vincent Teale, il giornalista che si è occupato degli articoli, ai tempi del college è stato iscritto a movimenti estremante conservatori, ha preso parte a numerose risse e all'età di ventidue anni è stato condannato per aggressione nei confronti di un attivista per i diritti degli omosessuali. Sembrava che dopo la condanna si fosse calmato, ma meno di un mese prima dell'omicidio di Charlotte Evans sua figlia ha fatto coming out-- davvero, potrebbe essere più chiaro di così?»

«Pensi che sia stato Teale? Hai qualche prova, oltre alle tue supposizioni?»

«Non ancora, John: è per questo che a partire da domani per una settimana tu sarai mio marito. L'anello serve a quello»

John sta per annuire comprensivo e dire qualcosa di innecessariamente lusinghiero sulle sue strabilianti capacità deduttive, che di certo gli permetteranno di scoprire qualcosa di utile in men che non si dica, quando il senso della frase appena pronunciata lo colpisce improvviso e disorientante come una pallonata dietro alla testa. Il dottore sgrana gli occhi, poi apre la bocca, ma siccome non sono mai nate parole in grado di raccontare il suo attuale stato d'animo la richiude. Aggrotta la fronte e alza un sopracciglio.

Sherlock, che essendo Sherlock è una creatura grandemente osservante, si avvede del figurato ma imponente punto interrogativo che incombe sopra la testa del suo coinquilino e decide di avere pietà di lui: «Teale è stato fuori città fino ad oggi, quindi malauguratamente non ho ancora avuto modo di incontrarlo di persona per confermare le mie deduzioni, ma ho incontrato sua moglie-- una donna insipida che gestisce un salone di parrucchiera piuttosto rinomato,» il detective fa una breve pausa durante la quale si scosta con allusiva noncuranza una ciocca scura dalla fronte. John ha voglia di prenderlo a schiaffi. «Mi ha confidato che fra lei e il marito le cose non vanno molto bene nell'ultimo periodo e che quindi da domenica, per cercare di sistemare le cose, prenderanno parte ad un programma di terapia di coppia che l'anno scorso in una settimana ha salvato il matrimonio della sua migliore amica. L'occasione era perfetta John, sarebbe stato da stupidi non coglierla!»

«Che cos'hai fatto, Sherlock?» domanda l'altro chiudendo gli occhi, perché l'orrenda verità gli sta danzando in topless proprio sotto al naso.

Sherlock ghigna sghembo e mefistofelico prima di parlare: «Le ho detto che anche fra me ed il mio partner c'è stata una certa tensione di recente e lei è stata così gentile da passarmi una brochure» la vilissima entità si allunga per frugare velocemente sul tavolino alla loro destra e quando torna a sedersi composto sta porgendo a John un appariscente volantino rosa ed azzurro al cui centro campeggia incoraggiante la promessa Happily Ever After. «Pensaci, John! È perfetto! Non solo avrò modo di confermare le mie deduzioni, ma se siamo fortunati magari Teale proverà addirittura ad ucciderci!»

Se siamo fortunati. John scuote la testa e dice: «Assolutamente no.»

«Non puoi rifiutarti, ho già prenotato.»

«Senza dirmi niente?»

«Te lo sto dicendo adesso!»

Il soldato dentro John scalpita per venir fuori e dimostrare a Sherlock che non è saggio giocare con la pazienza di un capitano dell'esercito di Sua Maestà, ma evidentemente la dea bendata ha preso in simpatia il detective, perché giusto un secondo prima di detonare John registra con la coda dell'occhio un'immagine del quadrante dell'orologio che porta allacciato al polso: otto e tredici minuti.

Sarah gli staccherà la testa.

Con un esibizione di ammirabile agilità il dottore balza in piedi, facendo cadere a terra, nella foga, la sua tazza. «Non è finita qui!» ringhia tentando di schivare i cocci mentre caracolla verso il bagno, imprecando a denti stretti per tutto il tragitto.

Non ha bisogno di vederli per sapere che gli occhi di Sherlock sono puntati su di lui e stanno sorridendo laconici. Dannatissimo bastardo, pensa.

 

 

____

NOTE: duuunque. Innanzitutto se siete giunti fin quaggiù onore a voi, temerari! 
La storia sarà una piccola long gioiosa e spensierata, perché fa troppo caldo per produrre qualsiasi altra cosa. Secondo i miei calcoli (ma non fidatevi troppo-- faccio ancora le addizioni usando le dita XD ) dovrebbe comprendere all'incirca cinque/sei capitoli eee poi bò D:
Il primo capitolo funge un po' da introduzione, spero che la parte in cui Sherlock prende a parlare del caso non sia stata troppo pesante, noiosa e/o inverosimile-- questa non sarà per nulla un case!fic, perché me ne mancano assolutamente le capacità, però ci tenevo a salvare un po' le apparenze u_u

Mmh... basta. Al prossimo capitolo!

*lancia cioccolatini in giro*

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: theOldEnnui