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Autore: kazuha89    24/07/2012    3 recensioni
Un pensiero nato dal nulla può passare inosservato come un erbaccia in un giardino. ma se ha radici profonde, può danneggiare le piante che un sentimento vero e ferrato ha cresciuto con amore. E nella mente di misaki, l'erbaccia di un pensiero ha già messo radici, un pensiero apparentemente innocente, ma se preso male, dannoso: io amo Usagi, ma ho avuto solo lui. come sarebbe amare..qualcun altro?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Allora, racconta, come ti vanno le cose? Lavoro, vita, amore?”
Quante volte, nella vita, una persona si ritrova davanti  a questa domanda? Sicuro come la morte, deve accadere almeno una volta o due.
Io, personalmente, la odio. Mi manda in una confusione allucinante.
Non è facile, caspita! Esistono decine di modi per rispondere, e devi stare bene attento a quali scegli, in base alla persona che hai davanti, sennò possono esserci conseguenze disastrose.
Tipo, se questa domanda te la fa un conoscente per strada così, per fare due chiacchiere, basta un comunissimo “tutto bene grazie, tu?” e hai tirato i remi in barca. Se te la fa però un caro amico che non vedevi da un secolo, è il caso di mettere più carte in tavola, sennò quello pensa che non ti va di parlare. E agli amici puoi dire pure cose magari un po idiote, tipo: bah, il lavoro è una schifezza, odio quel bastardo del mio capo..la vita va avanti , anche se è dura, e l’amore.. chi ha il tempo per quello? Meno male che esiste la birra, ad anestetizzare il tutto, va..” cose così, insomma.
Però una frase così non la puoi utilizzare che con gli amici. E se non fossero loro a chiedere..se fossero i tuoi a farlo?
Sai le risate se dicessi a tua madre che bevi per dimenticare il tuo capo bastardo, la vita schifosa e la mancanza d’amore? Come minimo le verrebbe un colpo..
No, alle madri tutto va detto e fatto con le pinze. A una madre che fa questa domanda, l’unica mossa saggia da fare è sgranare un sorriso e rispondere brevemente: “tutto bene, mamma, non preoccuparti.” E appena si presenza l’occasione, scappare a gambe levate.
A mio modesto parere, però, c’è una persona che ti fa davvero piacere quando chiede certe cose: un padre.
Oh loro si che sono dei lussi. I padri, specie coi figli maschi, sono sempre comprensivi, pure se dici cavolate, va tutto bene. Al padre se dici che hai il capo bastardo, lui ti risponde di infilarlo in un archivio e dargli fuoco. Se gli dici che la vita va avanti a calci nel sedere, lui risponde che è meglio dei calci nelle palle. E se gli dici che non hai tempo per l’amore, lui ti chiede se lo trovi almeno per il sesso. Comunque vada, non ti metterà mai sotto pressione, mai.
Beh per me che ho dovuto rinunciare ad un padre fin troppo presto, una figura sostitutiva è il fratello maggiore. E a me è andata pure di lusso con Takahiro.
Lui è da sempre la mia stella polare, la mia guida, il mio mito. Con lui non c’erano filtri, mi sfogavo e parlavo come e quando volevo, lui mi ascoltava e aiutava sempre. Non ho mai nascosto nulla a mio fratello, lui sapeva sempre tutto, di me..
Ecco, sapeva, appunto..
“Beh, non rispondi, Misaki?”
Mi riscossi dai miei pensieri. Takahiro mi guardava allegro, in attesa di risposta. E io non so come rispondere.
Beh, ovvio, credo. Il vecchio Misaki gli avrebbe risposto tranquillamente. Ma quello di adesso..come poteva?
Usagi Tirò una boccata dalla sua sigaretta e prese un sorso di tè freddo, senza guardarmi nemmeno con la coda dell’occhio. Che palle..nemmeno stavolta collabora, sai che sorpresa..
Beh, del tutto non lo biasimavo, aveva paura. Ne avevo anche io, lo capivo. Non era certo semplice, quella maledetta cosa, da dire. Specie a Takahiro.
“Misaki? Allora, come va al lavoro?” insistette Takahiro.
“Be..bene, dai..”
Ok, dovrebbe bastare..
“Mi fa piacere! Mi ha stupito alquanto questa tua iniziativa di diventare editore. Da dove ti è venuto il pallino dei libri? Non sei mai stato un amante della lettura, tu!”
“Ah..beh, a furia di stare pigiato sui testi scolastici, deve essermi venuto da solo, sto pallino..credo..”
Lo so che è una stupidaggine grande come una portaerei, ma che gli dico? Che mi è venuto perché volevo tutelare Usagi e il suo lavoro una volta che avesse dichiarato che stava con me? No, fuori questione..
“Capisco..e la vitaccia? Voglio dire, tra scuola e lavoro, sarai sfinito, no? non vorrei ti stressassi, fratellino.”
“Ah..ma va, no..sono giovane, non mi stanco mica per quisquiglie..”
In realtà, a volte ero così sfinito che mi scordavo di cenare. Ma con che faccia gli potevo dire che Usagi mi riempiva di cure, coccole e attenzioni per non farmi pesare nulla? Lo avrebbe preso per  uno strano, non sapendo come effettivamente stanno le cose..
“Ah ok, meno male..è l’amore? Mi sembra sia ora di trovare qualcuno, fratellino! Stai diventando un uomo, è più che giusto crearsi un futuro. No, Usagi?”
“Concordo in pieno..” rispose Usagi, masticando un biscotto e guardandomi in tralice.
Maledetto! Ci speri, eh, che il sacco lo vuoti io! Tsè, neanche morto..
“Ah boh..francamente non saprei..è che.. non mi sembra il momento. E poi.. ho altro per la testa, non avrei il tempo per coltivare..una relazione..”
Potrei sbagliare, ma ci fu un po troppa veemenza del secondo morso che Usagi diede al biscotto.
“Ma dai..non mi dire così, fratellino! Usagi, dammi una mano. Dì anche tu a Misaki che fa male a vivere così. Nella vita, avere accanto una persona da amare è fondamentale. Senza, che senso avrebbe? Solo lavoro e scuola..che tristezza! No, Misaki, insisto, devi trovarti una ragazza, fallo per me. Sarei sollevato se ti sapessi felice con la persona che ami accanto. Non ho ragione,Usagi?”
Usagi mise in bocca l’ultimo angolo di biscotto, si voltò verso di me e mi mise una mano sulla testa. Oh, ecco che scende in capo il premio oscar per il ruolo drammatico..
“Takahiro, non so quanto fiato avrò buttato a furia di ripeterglielo. Ma mi ascolta, secondo te? Ecco, ora che sai che anche Takahiro sarebbe felice se sapesse che stai accanto alla persona che ami e che sei felice..puoi agire tranquillamente..no?”
Usagi mi fissò eloquentemente. Ma gli specchi non ti sputano in faccia, quando ti ci rifletti, dannato ipocrita?
“No, non è il momento..” ringhiai.
Usagi mi carezzò la testa. Quando il diavolo accarezza,vuole l’anima, dicono..
“Ormai hai 23 anni, quanto vuoi aspettare ancora?” Insisté mio fratello. Mi voltai a guardarlo. Quell’espressione dolce mi accecava come un laser.
 “Non lo so, fratellone, ma per ora non mi sento pronto..”
“Io vorrei saperti felice,Misaki,  niente di più. E fammi contento..”
Che pressione..Usagi, aiutami..
 “Questo lo so, ma.. non è il momento, adesso..”
 “Sei adulto, ormai, sei padrone delle tue scelte..”
“Takahiro, non è il momento, basta!”
Mi ritrovai in piedi. Che bastardo, mi sentivo. Takahiro mi guardava spiazzato. Cristo, fosse una cosa facile da dire,me la sarei tolta da un pezzo, la grana. Ma era un abisso. Troppe erano le modalità di presa di coscienza, per andarci leggeri e far saltare tutto fuori dall’ oggi al domani. Poteva essere presa bene, presa male, o peggio..non essere presa affatto. Takahiro poteva esserne felice, poteva esserne arrabbiato, o peggio..poteva non accettarla e basta, non credendomi e magari deridendomi. E deridendo Usagi, che sapeva il cielo come avrebbe reagito alla cosa, dato il valore che aveva ancora mio fratello per lui
Lo guardai. Fissava il vuoto. No, odiavo quell’espressione. Sembrava assorto, ma la realtà era che provava vergogna. Vergogna per ciò che stava accadendo alla mia vita. Mi aveva messo, a suo parere, in una condizione di omertà, di censura, e a me non stava bene. Io non tacevo perché mi vergognavo. Tacevo per proteggere lui. La mia vita non ne avrebbe risentito granché, a tirare le somme: chi si sarebbe scomposto se uno studente universitario si fosse rivelato gay? Nessuno, non era mica uno scandalo, succedeva in continuazione. Nemmeno al lavoro avrebbero tirato su granché polvere. La segretaria del mio capo era masochista, lo sapevamo tutti, eppure io la vedevo prendere il caffè coi colleghi felice come una pasqua. Ma Usagi..no, lui era su un letto di chiodi. Una mossa falsa e lo avrebbero distrutto, al lavoro e nella sua vita privata. Al pensiero dello scandalo, dei paparazzi fuori dalla porta a seguirci dappertutto, del lavoro di una vita buttato in una manciata di secondi, mi saliva il vomito..
Ma quel che angosciava di più Usagi, lo sapevo, era Takahiro, la sua reazione. Sapere che ero gay già molto probabilmente lo avrebbe scioccato. Ma sapere che amavo Usagi, che Usagi a sua volta dunque lo era, e che  in passato lo aveva addirittura amato, poteva avere conseguenze imprevedibili. E poi, pensai, Usagi poteva addirittura temere un attacco diretto da parte di Takahiro, visto che io e Usagi ci eravamo messi insieme che ero ancora un ragazzino. Poteva benissimo reagire male, dicendo che Usagi era una mente malata che mi aveva traviato con le sue continue avance, che magari io non ero effettivamente innamorato di lui, ma solo vittima delle circostanze, preda di una sorta di “sindrome di Stoccolma” o robe simili. Non era assolutamente vero, ovviamente, ma nessuno poteva prevedere cosa avrebbe pensato mio fratello, davanti ai fatti compiuti. No, la cosa andava presa coi guanti da forno. Non si poteva sganciare la bomba e pregare dio che non ci fossero vittime, sarebbe stato da idioti. Ma questa situazione era esasperante. Spesso mi ero ritrovato supino nel mio letto, incapace di dormire a causa dell’ansia. Io non volevo vivere così, non era umano, per me. Io volevo solo poter stare con Usagi alla luce del sole, libero, senza remore o pensiero. Eppure persino il mio stesso fratello, la carne della mia carne, era un ostacolo. Mai nella vita, lo avrei pensato in quel ruolo. Forse non era nemmeno il mondo di Usagi il chiodo fisso puntato nel mio stomaco. Forse..era solo takahiro, la fonte delle mie notti bianche..
Mi passai una mano tra i capelli. Mi sentivo sfinito senza aver fatto nulla. Usagi taceva, ma la sua tristezza per me aveva come una sorta di odore, la sentivo a naso.
“Scusa, fratellone, ma per ora..per ora riguardo la mia vita sentimentale..non ho nulla da dire.”
Takahiro mi guardò stupito. Non era facile ingannare l’uomo che mi aveva cresciuto, mentirgli. Ma non avevo davvero altra scelta, per ora.
“Misaki..”
Mi prese le mani. No, ti prego, non complicarmi ancora le cose..
“Misaki, perché ti chiudi in te stesso? Lo sai che al mondo puoi nascondere tutto, ma a me non devi negare nulla. Io non ti giudicherei mai, qualsiasi siano le tue scelte. Non devi temermi, Misaki, mai. Se pensi che la donna che ai al tuo fianco potrebbe deludermi, ti sbagli. Nessuno, se riesce davvero a completarti, a renderti felice, a farti sentire bene al mondo, potrebbe mai dispiacermi, fratellino.”
Avvertivo le lacrime nascermi negli occhi, e presto niente le avrebbe trattenute. Takahiro.. magari fosse vero. D’istinto, mi voltai verso Usagi. E se..avessimo semplicemente rischiato?
Ma lui, con mio profondo sgomento, mi limitò a tirare fuori una sigaretta, ad accenderla e,senza guardare in faccia nessuno, mi mise una mano sulla testa e disse: “Misaki, temo si sia fatto tardi, dobbiamo andare..”
Detto, questo, si diresse verso l’ingresso, tirando boccate dalla sua sigaretta. Io non capivo. Cosa aveva, adesso?
“Usagi, ma che dici, è solo da un’ora che..” disse takahiro interdetto e confuso.
“Misaki ha un esame domani , molto difficile, ed è cedevole in quella materia, non vorrei mai. Sarei più tranquillo se ripassasse bene gli appunti ancora una volta. Perdonami, takahiro..”
Mio fratello sorrise sereno.
“Ah ok, chiaro. In questo caso, bisogna ascoltare il professorone, Misaki. Dai, sarà per un'altra volta. Ah ti avverto: non mollo sull’argomento “vita sentimentale”. Alla prossima, ti farò cantare. Non ho ragione, Usagi?
Usagi gli voltava le spalle. Vidi il fumo della sua sigaretta uscire in una nuvola grigiastra.
“Si, Takahiro, la prossima volta saprai ogni cosa..ne sono certo.
Mi senti un balzo nella pancia. Oddio.. ma cosa aveva deciso di fare?la prossima volta..cosa?
In macchina, Usagi non disse una parola. Io, seduto sul sedile anteriore accanto a lui, lo osservavo preoccupato. Nemmeno nei suoi momenti più cupi, avevo mai visto l’ombra nera che pareva essersi posata sul suo viso. Era un misto di ira sfumato di qualcosa di molto simile all’espressione che assume quando il medico ti dice che la persona che più ti è cara al mondo sta per essere troncata da un male incurabile. Non sapevo come fare, non lo avevo mai visto così. Però senza dubbio le sue parole dovevano centrare qualcosa. La prossima volta saprai tutto..aveva preso finalmente una decisione? E se cosi, cosa lo faceva adirare in quel modo, chiudendolo ermeticamente persino con me, con cui da sempre sapeva di potersi sfogare e aprire in tutta tranquillità?
Questo smosse in me una piccola coltre di coraggio sufficiente ad affrontarlo. Se aveva preso una decisione, reputai ovvio, io avrei dovuto essere coinvolto. Arrivammo casa, ed ero deciso più che mai a prenderlo a quattr’occhi, mentre lui continuava il suo mutismo. Usagi posò le chiavi sul tavolinetto accanto al telefono, slacciò il nodo alla cravatta, e la lasciò molle appollaiata sulle spalle, fece scattare il primo bottone della camicia sotto il collo e si sfilò la giacca, posandola piano su una sedia, sempre in silenzio. Io mi appoggiai al bancone della cucina, osservandolo e al contempo, radunando le parole per affrontarlo. Ma una volta messosi comodo, Usagi si diresse in pantofole verso il divano, vi si sedette e mi guardò. Non appena quegli occhi grigi incontrarono i miei, il cuore mi fece un piccolo balzo. Il velo nero era sparito. Ora rimanera quell’amara tristezza impotente, e al posto dell’ira, le sue labbra stirarono un timido sorriso carico però non di gioia, ma di quell’amarezza che riempiva i suoi occhi. Io immediatamente aprì bocca, ma lui allungò una mano, per invitarmi da lui.
“Veni qui, tu..” mormorò.
Io saltai giù dallo sgabello, e lo raggiunsi svelto. Mi sedetti accanto a lui, e Usagi prese le sue mani tra le mie, e le sfiorò con le labbra, come faceva sempre. Adorava le mie mani, l’aveva detto molte volte. Nemmeno immaginava quanto io invece amassi le sue, dato che non glie l’avevo mai detto.
“che cos’ hai?” chiesi, teso.
Lui sorrise un altro po. Ma ancora con tristezza.
“Misaki, molte volte nei miei incubi più nefasti ho avuto scorci di questo momento, brandelli di questo discorso, ma sono sempre stato capace di sopraffare gli eventi a mio vantaggio, e di rendere vane le mie paure, nulli i miei incubi. Tuttavia, in cuor mio sapevo che erano solo tacitate, non scomparse davvero, e che un giorno i fatti per come sono mi sarebbero venuti addosso come una parete di cemento armato. E quel giorno è arrivato oggi, Misaki..”
D’un tratto, tra le mie mani, avvertì un tremore nelle sue. Usagi..tremava? nono era capitato mai! Lo guardai, sconvolto. Ma che stava succedendo, per dio?!
Usagi, mi stai spaventando, ti avviso!” dissi concitato. Lui lasciò andare le mie mani, e mi afferrò il viso, le lunghe dita affondarono nei miei capelli.
“No, non devi avere paura, Misaki. Devi invece ascoltarmi e avere fiducia in me e nelle mie parole. Il mondo è come la punta di un diamante: freddo e tagliente, tuttavia meraviglioso, e nessuno dovrebbe rinunciarci. Tu sei un bocciolo di rosa che per troppo tempo è rimasto celato sotto una campana di vetro, senza mai sentire davvero il calore e il profumo di una vita vera. Per troppo tempo la mia ossessione per te ti ha incatenato alla mia persona senza darti modo di vivere la tua esistenza da uomo libero. Ti ho fatto vivere come l’usignolo dell’imperatore: legato al mio polso, ti permettevo di volare, ma la corda poi non ti permetteva di essere libero. E così non è giusto vivere, Misaki. L’usignolo va liberato, la rosa deve tornare in giardino..”
“E cioè? Non sto capendo nulla, Usagi, parla come mangi, e visto che mango quello che cucino io, parla semplice, per favore! Chi va liberato, chi è che è stato legato?”
Usagi lasciò scorrere una mano sulle mia guancia accalorata dalla rabbia. Era pura follia, non era serio..
“Tu, Misaki. Tu, che fin dai tuoi primi incespicati passetti nel mondo dei sentimenti umani, hai dovuto stare al mio fianco, invece di esplorare tutti gli orizzonti che il mondo ha da offrire. Le mie pretese e i miei capricci sono stati anelli di una catena che ti ha privato di tutto, ed è ora di prendere provvedimenti a riguardo. Non ce la faccio più a mentirmi, Misaki..”
Mi guardò. I suoi occhi stavano diventando piccoli, come se qualcosa gli irritasse. Ma non poteva essere. Usagi non era capace di..Non più, almeno, da quando aveva me..
Sospirai. Ah che razza di melodramma, santo cielo. Gli presi le mani, e sorrisi tranquillo.
“Usa-chan, che polverone stai tirando su? Ma guardalo..Catene, usignoli legati, rose prigioniere..ma che roba è? Ma io non mi ci vedo proprio, ma sei fuori? Ma tu dimmi..Una volta per tutte, io non sono prigionieri di queste mura e delle tue braccia, posso andare e venire come e quando credo! nessuno mi tiene qua. Non sono una damina prigioniera e non ho un grosso drago incazzoso al portone che mi fa flambé se metto il naso fuori. Tu non sei il mio carceriere, sei il mio ragazzo. Io non sto qui per le tue prepotenze o le tue pressioni. Io sto qui perché..”
Una mano sulla mia bocca. Usagi guardava fisso il divano.
“No..” mormorò. “Non dirlo, non un’altra parola, Misaki. Sto faticando come un crociato in battaglia per estrarre le parole, e tu non mi seminerai trappole sul cammino. Non importa quello che c’è stato, non importa cosa ti abbia spinto a ritrovarsi in una situazione in cui riesci a parlare così leggero di queste cose. Io so solo che tempo fa non lo facevi. Tempo fa ti ribellavi, quando ti prendevo con la forza. Tempo fa sbiancavi e mi fissavi impietrito..anche solo se ti baciavo, e io so che è ancora nel tuo cuore quel sentimento di paura..quel sentimento di disgusto..”
“NO!” urlai, e saltai in piedi come una furia. “NON TI DO ASSOLUTAMENTE IL PERMESSO DÌ DIRE O PENSARE UNA COSA SIMILE! TU NON MI HAI MAI FATTO SCHIFO, CHIARO? IO NON HO MAI DETTO IN VITA MIA CHE MI FACEVANO SCHIFO QUELLI COME NOI..”
“TU NON SEI COME NOI, MISAKI!”
La sua furia sovrastò la mia. Io indietreggia, allibito e sconvolto. Era assurdo, surreale quello che stava accadendo. Usagi respirava a fondo, come un toro pronto alla cornata.
“Tu..tu non sei gay, Misaki, capiscilo! sei solo..hai solo la testa piena della..della spazzatura che ci mosso dentro io, ecco tutto! Non sai nemmeno tu che sei, ed è tutta colpa mia, cazzo..”
Scossi la testa, disorientato. Ma vaneggiava?!
“Ma..ma che diavolo dici, Io non sarei gay? Ma sei scemo o cosa? Certo che sono gay, altrimenti non ci vorrei venire a letto con te, no? cosa sono, cretino, secondo te? Vado con un uomo, ci vivo insieme e gli dono il mio cuore così, perché non ho niente di meglio da fare e in tv non davano nulla? Ma devi aver inalato qualche gas, caro mio. Per quanto ti ingrippino il cervello a furia di pressioni e altre cose varie, uno non finisce mica per diventare gay! Casomai finisce per ammazzarsi, o per far fuori quello che gli fa pressione, ma non cambia dall’oggi al domani la sua sessualità. Io non ho deciso di diventare gay perché tu mi rompevi le scatole, lo sono diventato perché mi sono reso conto di amarti! Perché mi sono reso conto che lontano da te mangiavo sciapo, pativo il freddo al sole e tutto aveva lo stesso schifoso colore grigio! Stavo bene solo se c’eri tu! Che diavolo di pressione fa venire simili stati d’animo, eh? E non mi dire la sindrome di Stoccolma perché ti tiro una scarpa in testa! Tu non mi hai fatto prigioniero..tu mi hai reso libero, Usagi. Libero di capire che l’amore vero esiste, libero di esprimermi per quello che sono. Libero di essere me in tutte le mie sfaccettature e difetti. Il mondo? E chi lo vuole..tu sei il mio mondo, Usagi!”
Usagi rimase lì a fissarmi per tutto il tempo, senza emettere un fiato. Quando crollai sfatto sul divano, sicuro di aver ricacciato nei loro cassetti quei mefitici pensieri, lui si limitò a girarmi le spalle, a prendere dalla giaccia il pacchetto di sigarette e ad estrarne una per poi portarla alla bocca, bella accesa e ardente.
“Non approfittare del momento, lo sai che non voglio che fumi in casa, che le tende poi puzzano..”
“Vai a letto con una donna.”
Boom. Una palla demolitrice in caduta libera avrebbe avuto l’effetto di un petalo a confronto di quella bastonata. Mi tirai su dal divano, mezzo rimbambito.
“Eh?” esalai, la gola come una felpa.
Usagi tirò una boccata alla sigaretta, e si voltò a guardarmi. Arroganza..era una maschera di sfida e arroganza. La faccia che aveva la mattina in cui mi aveva giocato quel tiro mancino in camera sua. La faccia che usava quando l’editore riteneva di essere abbastanza bravo da modificare le stesure dei suoi romanzi. La faccia che in genere, non ne da vinta una.
“Mi hai sentito. Vai a letto con una donna, e poi ne riparliamo. Vediamo se dopo avrai ancora voglia di ribattere. Vediamo se mi parlerai ancora di sciapo, freddo e di grigio..”
Io lo guardai. Era impazzito, senza dubbio.
“Ma..ma io non voglio andare a letto con una donna!” protestai.
“E invece si che lo vuoi. Avanti, vuoi dirmi che non ti ha mai neanche attraversato l’anticamera del cervello neanche una volta un idea simile? Persino a me è capitato, pensa..”
“Problema tuo, a me non va per niente. Uno, sarebbe tradirti, e la cosa mi è ributtante, lo sai che non tollero i tradimenti, la vedo come mancanza di rispetto. Secondo, proprio ora parli di pressioni, e ora mi ordini di andare con una donna? Cos’hai, la doppia personalità?
“Basta..” mormorò gelido. Mi venne vicino. Sembrava un pazzo. L’arroganza teneva ancora duro, ma sembrava non respirasse o cose simile. Era paonazzo.
“Tu andrai a letto con una donna, non ha importanza come e chi, lo farai e basta. Sono certo che ci sono ragazze a scuola o al lavoro che sarebbero disposte a uscire con te, col faccino e il carattere amabili che ti ritrovi. Non lo vedrò come un tradimento, visto che piloto io la cosa. Se come penso non sei gay, una volta partito, non varcherai nemmeno più la soglia di questa casa, visto che, se ho ragione io, la sola idea della mia persona di provocherà la nausea. Se poi mi sbaglio, ma non credo, comunque non vorrai rivedermi perché, lo so per certo conoscendo la tua etica personale, ti etichetteresti come un fedifrago e non avresti il coraggio di tornare da me. Una via o l’altra, non mi fa differenza. L’importante è che tu stia lontano da me, da questa casa e da ciò che rappresentiamo nella tua mente. Detto questo, ti autorizzo ad andare dove credi quando credi, Misaki. Legami con me..non ne esistono più. Vedrai, una volta usciti dal tunnel, quanto più leggera sarà la tua vita. Persino con takahiro non dovrai più avere segreti. Il mondo ti avrà per come è giusto che tu sia, e ne sarai felice, dammi retta.
Mi fece un breve cenno, e mi voltò le spalle, per dirigersi in camera sua.
Io ero di pietra. Mi aveva..mi aveva lasciato?!
“Usagi..” mormorai rauco. “Mi stai..mi stai lasciando, per caso?non non riesco a capirlo..”
Usai si fermò, e rise piano, una risata senza felicità, come quella di un robot.
“Non siamo mai stati veramente insieme, Misaki. Quindi no, direi proprio di no. Buonanotte.”
 Entrò nella sua stanza, e chiuse la porta. Io non raggiunsi nemmeno il divano: crollai in mezzo alla stanza, in ginocchio.
Un incubo. Uno strano e contorto incubo. Carponi sul pavimento, sentivo una stanchezza estranea invadermi tutto. Non potevo crederci..Usagi..
..Tu andrai a letto con una donna..
Ma che idea assurda!
..E’ successo anche a me, pensa..
Beh, chi se ne frega, io non voglio!
..Non dirmi che non ti ha mai neanche attraversato l’anticamera del cervello neanche una volta un idea simile?..
Crollai supino. Era vero. Non concepivo come lui sapesse, ma era vero. Giusto la notte prima..la malerba..quel pensiero..era esattamente quello.
Non so cosa lo abbia scaturito del mio inconscio, ma era capitato, me lo ero chiesto: Ma cosa proverei..se andassi a letto con qualcuno che non sia Usagi?
Beh, era già capitato che altri uomini mi facessero delle avance. Come quel sempai, che mi portò pure a casa sua, e che per poco non mi prese con la forza mentre ero svenuto. Meno male che il tempestivo intervento di Usagi aveva messo fine alla cosa sul nascere. Tuttavia in quei pochi istanti, avevo capito comunque: Non volevo il sempai perché era un ragazzo: non lo volevo perché non era Usagi.
In seguito, anche il fratello maggiore di Usagi, Haruhiko, ci provò con me. Che brutti momenti..ci misi un secolo a persuaderlo, e un altro secolo a svuotarmi la casa dai suoi regalini. Ma nemmeno con qualcosa di così simile a Usagi; però, cedetti. No, io volevo solo Usagi, nient’altro.
Però una donna..una donna non era mai venuta da me. Sarà che ormai all’università era abbastanza palese che fossi gay. Oppure perché semplicemente non davo spunti, essendolo. Ora che riflettevo, non mi era mai capitato di guardare una ragazza come fanno normalmente gli uomini: il sedere, il petto, le gambe..
“Ma cazzo, sono gay, è ovvio!” dissi ad alta voce, scocciato.
Si, era così. Non le guardavo perché non ne avevo voglia. Non ne sentivo la voglia, per meglio dire. Ero indifferente. Invece il corpo di Usagi lo guardavo, eccome. Le sue mani, le sue spalle, il suo viso..e si, a volte pure il suo sedere, lo ammetto!
Sorrisi tra me e me. Come potevo non essere gay, che assurdità.
Mi rimisi a sedere. Guardai la porta di Usagi, e un peso mi scivolò nello stomaco. Perché mi faceva questo?
Perché voleva distruggere tutto quello che insieme avevamo costruito?
Mi rattristai. Non mi amava più? Non osavo pensarlo. L’idea mi gelava anche la pelle. Lui era tutto per me. Non volevo separarmene. Perché, Usagi..perchè?
Mangiai di malavoglia un onigiri preso dal frigo, e mi fece venire la nausea. Affranto, mi recai in camera mia. Nel buio, afferrai forte il cuscino e mi ci avvinsi, triste e confuso, e mi appoggiai al muro con la schiena. Mi sentivo sperso, in un letto che mai era sembrato cosi ampio. Volente o nolente, lui aveva deciso, e da come aveva messo le cose, io avevo ben poco da fare. L’unica era dimostrare che sbagliava. Avrei obbedito? Forse, ma solo per sbattergli in faccia la mia vittoria, la vittoria del mio amore per lui. Si, l’avrei fatto. Tanto non mi costava nulla, se ero leggero dal senso di colpa. E dato che mi ci aveva spinto lui, lo ero al 100%.
Rabbioso e ferito, afferrai il telefono. Mentre ero lì che mi leccavo le ferite, mi era corso alla mente un nome. Mi ero sbagliato: una donna, una volta, c’era stata. E aveva pure detto di amarmi..
“Pronto?” sentì una voce assonnata rispondere..
“Sono Misaki, scusa l’ora. Devo chiederti una cosa..”
Svelto, le raccontai l’accaduto. Lei rimase in silenzio, tanto che temetti si fosse riaddormentata. Ma alla fine, rispose bella pimpante.
“Capito. Beh che dire, è impazzito senza dubbio. Però ormai la frittata l’ha fatta, quindi si prenda le sue responsabilità. Misaki, lo sai che cosa provo per te, no?”
“E quindi?” chiesi.
“.. neanche da chiedere, ci sto in pieno!” rispose, allegra.
Io sospirai. Non ero felice per niente, ma almeno ero in buone mani.
“Bene, vengo da te domani. Usagi..Usagi ha detto che posso andarmene quando credo..”
Mi si annodò la gola. Sentivo le lacrime farsi strada. Ero ansioso di riagganciare.
“Oh Misaki, tranquillo, su, andrà tutto bene. Akihiko ti ama alla follia, vedrai che non faremo neanche in tempo a stare un po insieme che mi piomberà in casa e ti riporterà al tuo posto!”
Io sospirai.
“Lo spero..”
“Si, si, vedrai che è così. A domani mattina allora. Buonanotte, Misaki.”
“Si, a domani: Buonanotte, e grazie di tutto cuore..Kaoruko-chan”.
Riagganciai, e affondai il viso nel cuscino, mentre il pianto ormai era inevitabile. Mentre poco dopo, però ero sul punto, ormai stremato, di addormentarmi, mi parve che il mio respiro affannoso e i miei singhiozzi, avessero una sorta di eco. Un eco che veniva dalla stanza accanto alla mia.
  
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