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Autore: tp naori    26/07/2012    0 recensioni
questa è una piccola storiella, già nel mio cassetto dei racconti già da un'po.
questo, è il mio più grande problema. scrivo tanto, e mai pubblico qualcosa qui. perché principalmente, scrivo storie su storie. mai che io mi concentri, solo su una di queste storie. no ne scrivo mille e di più.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Esco solo di notte
Il re delle ombre, mente contorta.
Storta la mia vita.
Eppure sto in piedi, dritto contro ogni previsto.
 
 
Ecco come sono, ho come ero. Mi presento, sono Michelangelo. Non quello vero, il grande artista. Solo un ragazzo che si chiama cosi. Per sua sfortuna ho fortuna. Dipende da come si guardano le cose. Le sfighe che ho avuto con il tempo. Superavano di gran lunga le cose belle, che mi sono capitate. Probabilmente questo non mi salverà dalla sfortuna che mi pretende. Comunque tutto ebbe inizio, in una domenica di pieno inverno. Era buio, come al solito. Notte profonda. Mentre passavo in rassegna di bar in bar. Cercando la mia felicità, in qualcosa che sia materiale. Più di quanto un fondo di bicchiere non rappresenti. Mentre, stavo seduto ad un tavolo. Lo squallore mi era intorno. Mentre fuori inizio a piovere, in fondo le previsioni l’avevano detto. “probabili precipitazioni solo a notte fonda” e come, al solito quelli del meteo ci azzeccavano. Una figura incappucciata, cerco riparo. Proprio in quel bar. La vidi correre verso la porta, che a stento resistiva al tempaccio che si era alzato fuori. La persona, si scrollo di dosso le gocce di pioggia, sul suo capotto. Appendendolo al portabiti, accanto al porta. Rivelandosi per quello che era. Una donna che a stento si potevano vedere da quelle parti. Fu cosi, che i presenti. Quelli maschi. Rivolsero alla donna, sguardi interessati, soprattutto al vestito. Che a stento trattenevano dentro le sue curve. Ho almeno cosi penso, perche non ce motivo. Di tanto interesse, anche se questo non e molto poetico. In confronto, assomiglia molto allo squallore di questo posto. Ci fa vicino. La donna rivolse un sorriso appena, verso le mie parti. Cosa che io non contraccambiai. Perso nella mia innocenza di un tempo. Ormai andata, la donna rimase colpita. Portava un vestito, rosso lungo fino alle ginocchia, appena scoperte. Creando quel vedo non vedo, dove ogni uomo ci perderà ore di sonno. Dei capelli biondi, appena arricciati. Forse per il tempo e l’umidità. Con grande grazia, la donna si sedette al bancone. Ordinando un drink d’alta classe. Proprio come rispecchiava, tutto di lei. Era evidente che la donna, era una ricca. Figlia di qualcuno, che ha fatto soldi. Magari imprenditore, ho mafioso. Tutto poteva essere. Ma la donna, proprio non si scordo di me. Si giro. Per guardarmi dritto in faccia. Come se in me, ci fosse qualcosa che non andava. Marcio dentro, forse lei credeva in questo. Ciò non toglie, che il primo ubriaco ci provo con lei. Arrancando verso lei, con passo incerto. Prima di arrivare alla donna, cadde un sacco di volte. Per la precisione dieci. Prima di raggiungerla. Prima che questi potesse fare, qualche manovra azzardata. Mi alzai, con passo certo di quello che stavo facendo. E prima che l’ubriacone toccasse la donna. Io lo colpi. Con una bottiglia di birra, appoggiata sul bancone. E prima che si scateno la rissa. Trascinai la donna all’esterno. Per un braccio la portai fuori. Potrei dire che la stavo accompagnando fuori da quello strazio
“dove mi porti?” chiese la donna, con tanta calma apparente, simbolo che lei gestiva l’emozioni meglio di me. Il che mi fece sentire, ridicolo. Per il fatto di essere troppo d’impulso “ti porto via. Questo e un posto che per una donna come lei, non va bene” risposi mollando il braccio della donna “tu mi giudici, dai miei vestiti?” rispose la donna. Ma in quella domando cera di più. Celato dietro alla spavalderia. Che prese posto alla calma e spensieratezza di prima “no ma una con tanta grazia, non si dovrebbe trovare dentro ad uno squallido bar” dissi io guardandola fissa, negli occhi. Credendo con tutto me stesso, quello che avevo appena detto “come vedi non ti sto giudicando solo dai vestiti che porti” aggiunsi. Pioveva forte, ma potrei dire. Di aver scorto nella donna un sorriso diverso. Non malizioso come quello di prima. Ma di gratitudine “capisco… come ti chiami?. Mio salvatore” mi chiese la donna, aggiungendo un pizzico di sarcasmo, nella frase. Cosi io li risposi “non ha importanza il mio nome. Di certo, non porterebbe niente di buono” la donna rimase sconcerta, da ciò che avevo detto. Ma, si riprese subito e parti all’attacco “che sei. Uno spacciatore di qui ho un criminale mafioso?” cosa che mi sconvolse fu il suo modo di fare. Per nulla terrorizzato da chiedermi una cosa del genere. E vero potrei essere, uno di quelle persone. Appena descritte dalla donna. Ma io non ero nulla di quello. All’inizio ero restio, a dirle il mio nome. Per paura. Non ho problemi ad ammetterlo. Di paura ce ne avrei, se vi spiegassi la mia vita. Ma tornando sul pianeta terra. Dove ancora la donna mi guardavano. Cercando di capire, ciò che stava al di là dei miei occhi. Ho almeno, era quello che pensavo io “Michelangelo” risposi io quasi sfidando, la donna. Senza una ragione apparente. Ma io sono cosi, odiavo tutto il mondo. “un bel nome. Io invece mi chiamo Nicole” si presento a me Nicole. Azzardando una stretta di mano. Che di solito di faceva tra uomo e uomo. Ma lei no, Nicole dava l’impressione d’essere, una tipetta niente male. Eccentrica e con tanto coraggio da vendere. Tanto da entrare in uno squallido bar. Con un vestito cosi “tanto per dire. Io non sono ne spacciatore ho mafioso” ci tenni a precisarlo. Nicole sorrise “l’avevo intuito. Anche se mi hai salvato. Da quell’ubriaco, anche se avevo un sospetto…ma che ci facevi li dentro?” mi disse Nicole per nulla preoccupata  della pioggia. Soprattutto anche perche era senza cappotto. Decisi di rientrare nel bar. Raccogliendo il cappotto sull’appendi abiti. Usci quasi subito, senza essere notato “grazie, iniziavo ad avere freddo. Sei proprio un gentil’uomo” disse Nicole mettendosi il cappotto sulle spalle. A mo’ di spalliera. “questa e solo un illusione” risposi io, con fare da cafone. Più sullo strafottente a dirla tutta “sei troppo pessimista. Sai” mi disse Nicole. La pioggia oramai ci aveva bagnati, tutte e due “forse e meglio che tu vai al coperto” precisai più su quel “tu” che sul resto della frase. Credendo che per oggi, avessi già fatto le mie buone azioni giornaliere “si. Meglio cosi. Non avere le prese con un malanno, e sempre meglio che restare a casa da scuola” rispose Nicole con fare sarcastico e ammirevole. Nicole inutile a dirlo mia bacio. Sulla guancia, ci tengo a precisarlo “ciao” li dissi mentre, Nicole mi volse le spalle e si allontano. Senti solo il suo “ciao” di rimando. Ed il rumore dei suoi passi che piano a piano, si allontanavano. E seppi all’istante, di essere cotto di quella ragazza. Stesi li per qualche minuto, prima che le luci di una macchina. Mi abbagliarono. Mi misi subito in moto. Strascicai i passi verso casa. La mia casa. Un palazzo vecchio stile, tendente alla catapecchia. Ci misi poco a raggiungerla. Cosi facendo attraversai l’androne, si abitavo in un appartamento-mono-locale. L’affitto era basso, e la zona era tranquilla. Il massimo per un ragazzo di vent’anni appena. Mi pagavo l’affitto con il mio lavoro, di postino. E fu abbastanza dura. Ottenere quel posto, ancora mi ricordo tutti quei colloqui e una valanga, di email e lettere, spedite dovunque. Non mi importava dove. M’importava il lavoro e guadagnare. Una somma minima, ma che pur sempre mi aiutava ad avere, quell’indipendenza amata dai ventenni. La mia famiglia ne fu contenta, di lasciarmi andare. Non so quanti problemi li avevo causato. All’età delle medie e delle superiori, comunque riuscì a trovare quest’appartamento, ed il problema fu risolto. Ho almeno per ora.
Apri la porta di casa. Quello che guardai fu il divano consunto, un due posti di color blu intenso. L’unica macchia di colore in tutta la casa. Dalle pareti bianche, hai pochi oggetti che facevano da mobilio. Fino alla piccola amaca. Dove mi trovo in questo momento. A scrivere quello che sarà la mia memoria. Non so perche lo sto facendo. Ma credo che nella mia vita, ci siano dei dettagli da raccontare. E l’incontro di Nicole, e un fatto per nulla scontato. Ho voluto, quindi un ottimo motivo. Per lasciare il mio pensiero, su di un piccolo libricino. L’illuminazione di questa sorta di diario, non me l’ha data Nicole. Era da un bel po’ che avevo in mente di scrivere qualcosa. Mi ero già preparato tutto, dal libriccino, a delle penne stilografiche poco carine. Solo che non aveva una grande idea. E ripensandoci potevo avere un’idea migliore. Ma ormai ho intrapreso questa strada, e farò di tutto per arrivare alla fine. Anche se da parte mia, questo e un po’ egoistico. Concertare tutto su di me, addirittura scrivere una sorta di mie memorie, come se fossi una persona altrettanto famosa. Tanto da rendere i suoi pensieri, trascritti su carta. Sebbene io non sia cosi importante. Ciò non toglie che questo e un mio vantaggio a favore. Almeno non deluderei i miei fan, visto che non ne ho. Ma ora che ci penso. Come farò a scrivere continuamente? Nel mio appartamento, potrei farlo liberamente. Ma fuori?. Non posso mica, ogni volta fermarmi a scrivere le mie idee, ho le cose strane che mi capitano. Sarebbe da persona non normale. Il fatto che me ne preoccupi e un sintomo che già lo sono?. Non so perche mi faccio continuamente, le stesse domande. Forse e perche, per arrivare dove voglio arrivare. L’importanza di apparire di vitale importanza, più di quanto il talento, mi permette di arrivare. Potrei cambiare le cose. Ma a caro prezzo. Forse potrei scrivere un po’ al passato e un po’ al presente. In una sorta di racconto letto da me medesimo, ed interpretato da me medesimo. Potrei farlo. Ma della buona riuscita, non ne sarei cosi sicuro. E se al posto di una memoria scriverei un diario. Sarebbe geniale, a questo punto. Ma la memoria di Michelangelo, ha più stile. Quasi da più valore, anche se fosse una cosa patetica e per nulla bella. Ma comunque il titolo, non sarebbe male cosi.
Credo che opterò per il diario di Michelangelo, forse e una scelta azzeccata. Anche se di poco stile, ma  questo non ha importanza. Spero solo che la mia grammatica e punteggiatura, assai poco sviluppata mi tragga in inganno, facendo cosi grossi errori madornali. Racconterò tutto, quello che mi accade, i miei spostamenti giornalieri. A causa del mio lavoro. Ma comunque terrò questo diario aggiornato sempre. Ci tengo a rispettare i miei impegni presi.
 
   
 
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