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Autore: Atien    27/07/2012    1 recensioni
Fan Fiction scritta in prima persona (sia dal punto di vista di Emmett che dal punto di vista di Rosalie) che racconta come secondo me si sono incontrati Rose e Emm.
(Siate clementi, l'ho scritta circa tre anni fa e però tutto sommato non mi dispiaceva e ho deciso di pubblicarla qui)
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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  Adoravo andare a caccia, sopratutto in momenti come quello, quando Edward mi irritava a morte. A volte non lo sopportavo proprio! Si credeva superiore a tutto e a tutti solo perché era in grado di leggere nel pensiero e nei momenti in cui si pavoneggiava per le sue doti “extra” lo odiavo con tutta me stessa. Eppure a volte riuscivo a volergli bene come se fosse veramente il fratello che, nella mia vita umana, non avevo mai avuto, ma che tanto avevo desiderato.
  Oramai avrei dovuto essere abbastanza lontana da ogni sentiero percorribile da esseri umani, così lasciai libera la mia mente e con essa volarono via anche i pensieri molesti, le mie preoccupazioni e l’odio per mio fratello.
  Captai subito la scia di un animale, un predatore che, a giudicare dall’odore, doveva essere un orso bello grosso. Scattai, più veloce del vento, seguendo la scia dell’odore.
  Le mie capacità fisiche e motorie più sviluppate della norma, insieme alla bellezza inquantificabile, erano la parte migliore del mio essere vampira, purtroppo in questa mia nuova esistenza i contro sovrastavano i pro di cento a uno.
  Colsi di sfuggita il mio riflesso quasi perfetto in una pozza d’acqua e mi fermai per risistemarmi i capelli scompigliati dalla folle corsa, poi ripresi l’inseguimento.
  Ormai ero completamente immersa nella foga della caccia, l’istinto dominava il mio corpo: non era rimasto nulla della Rosalie che tutti conoscevano, caparbia e bellissima. Ora ero Rosalie il vampiro, la parte di me che più si distaccava da quella umana.
  Rosalie il mostro.
  Meglio per chiunque, uomo, animale o vampiro che fosse, se per un po’ mi fossero stati il più lontano possibile.
  Improvvisamente un altro odore entro nella scia che stavo seguendo quasi ossessivamente: odore di sangue umano. Cercai in ogni modo di frenarmi, di rallentare almeno, ma i miei muscoli, invece, accelerarono eccitatati dallo squisito profumo che appestava l’aria. L’unica cosa positiva che riuscì ad ottenere dai miei sforzi fu quella di smettere di respirare, ma sentivo ugualmente quel dolce sapore che mi pizzicava la lingua.
  Con tutto l’autocontrollo acquisito in poco più di un anno di vita da vampira, mi fermai ai margini della radura dove l’immenso orso che avevo scelto come mia preda stava uccidendo a zampate un giovane umano, forse troppo stupido per capire che sfidando da solo l’animale sarebbe andato incontro a morte certa; o forse era stato solamente troppo sfortunato.
  Feci per voltarmi e fuggire via, non volevo forzare ulteriormente la fortuna che per un istante era girata dalla mia parte, ma osservando meglio il viso del ragazzo mi bloccai.
  Coi riccioli neri e le fossette evidenti anche nella sua smorfia di dolore...quella strana innocenza e l’aria infantile che sembravano così fuori luogo in un uomo adulto mi ricordarono Henry, il figlio di Vera.
  Esitai solo una frazione di secondo prima di gettarmi sull’orso, l’uccisi velocemente, senza che provasse alcun dolore, e bevvi il suo sangue per saziarmi il più possibile prima di potermi avvicinare all’umano, che giaceva immobile al centro della radura.
  Concluso il pasto di fortuna, tornai dal ragazzo sempre senza respirare e lo sollevai da terra. Gli spostai una ciocca di capelli dalla fronte madida di sudore: era uno degli umani più belli che avessi mai visto, anche ridotto in quello stato pietoso. Non so se fosse amore quello che allora scattò dentro di me, ma seppi con tutta me stessa che dovevo salvarlo ad ogni costo.
  Era sporco di sangue, quasi del tutto suo: stava per morire, lo percepivo dai suoi battiti cardiaci che si facevano ogni secondo più deboli.
  Iniziai a correre più veloce che potevo, cercando di non pensare alla dolcezza del sangue umano che scorreva nelle vene di quello sconosciuto, con tutte le mie forze cercavo di ignorare la tentazione che colui che portavo fra le braccia scatenava in me.
  E ce la feci, per mia e sua fortuna.

  
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