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Autore: damnvogue    30/07/2012    5 recensioni
Per quanto le parole di Sofia cercavano di infonderle sicurezza, Charlotte iniziò a far tremare nervosamente la gamba destra senza rendersene conto. Sentiva di averlo perso ancora la sera precedente, lo sentiva dal vuoto che percepiva nel petto. Quel bacio della buonanotte, quel bacio dato troppo velocemente, aveva tutta l’impressione di essere stato l’ultimo bacio.
«X-Factor del cazzo.» Sofia sorrise, dandole una pacca sulla spalla. Charlotte riprese a mangiare, sbattendo la punta della forchetta sulla ceramica del piatto. Non era giusto, per niente. Charlotte aveva bisogno di lui, non quello stupido programma. Che cosa avrebbe concluso se fosse entrato? Sarebbe diventato un cantante di successo del calibro di Leona Lewis? Ma per favore, quelle cose succedevano una volta su un milione, e lui non era di certo quell’uno.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 2


When I look at you,
I see forgiveness, I see the truth.
You love me for who I am, like the stars hold the moon.

When I Look At You - Miley Cyrus

 

Charlotte allungò le braccia sotto il cuscino e si sforzò ad aprire gli occhi.
Nella penombra intravide il comodino, e sbattendo meglio le palpebre, il suo reggiseno appeso sul pomello del cassetto. Tirò il collo verso il bordo del letto e osservò i suoi vestiti abbandonati sulla moquette della camera, insieme alla borsa e le scarpe. Afferrò il telefono dal comò e controllò l’ora: due e mezzo.

«Harry?» La ragazza si girò fra le lenzuola sbadigliando, e scorse un'ombra di spalle seduta alla scrivania. Prese ad osservare quell'ombra incurvata verso la luce fioca dello schermo del portatile, rimanendo con la testa appoggiata sopra il cuscino. Abituò gli occhi all'oscurità della stanza, e cominciò ad esaminare ogni dettaglio che riusciva a scorgere sulla schiena nuda a pochi passi da lei. La pelle che ricordava così morbida, gli angoli formati dalle scapole, la linea centrale che gli divideva il dorso in due parti, i fianchi generosi e quelle due leggere fossette appena visibili sopra l'elastico dei boxer. Per lei tutti quei particolari erano la perfezione, ciò che non avrebbe mai potuto permettersi, quello che le era stato vietato da sempre. E, per uno strano scherzo del destino, apparentemente erano tutti di sua proprietà.
La ragazza si alzò barcollando, ancora stordita dal sonno, e non appena spostò le lenzuola si accorse di essere totalmente nuda. Prese una polo nera del ragazzo in mezzo ad un mucchio di vestiti abbandonato sopra una sedia e se la infilò, notando tristemente che le calzava a pennello.
«Harry.» Lo chiamò avvicinandosi, di nuovo. Il ragazzo rimase in silenzio, con lo sguardo fisso sullo schermo e si passò una mano fra i ricci, scoprendo un orecchio. Charlotte sorrise, notando il filo della cuffietta bianca che gli ricadeva sul collo. Si piegò verso di lui e gli appoggiò le labbra sulla nuca, baciandolo leggermente. Harry sobbalzò, ma non si girò finché lei non si staccò dalla sua pelle.
«Ti ho svegliata?»
«No, ma dovresti essere a letto a dormire come i comuni mortali.» Il ragazzo sorrise, strappandosi entrambe le cuffiette dalle orecchie ed indietreggiò con la sedia, facendole segno di sedersi sulle sue cosce. La ragazza inclinò la testa da un lato sorridendo, si avvicinò, gli divaricò le gambe spingendo delicatamente le ginocchia verso l'esterno e si sedette sulla piccola parte di sedia che avanzava. Il ragazzo sospirò lasciandola fare, conoscendo perfettamente la ragione di quel gesto. Era terrorizzata dal fatto che potesse pesarle, sia fisicamente che mentalmente. Era una fissazione che non l'abbandonava mai, e per quanto il Harry cercasse di ricordarle ogni volta che aveva bisogno di lei quanto lei di lui, Charlie si rivelava sempre più irremovibile.
«Cercavo una canzone degna per i White Eskimo.» Harry la posizionò bene fra le sue gambe per farla stare il più comoda possibile e le infilò una mano sotto la maglietta, avvolgendole il ventre con il braccio per stringerla a sé. Lei si lasciò andare al suo tocco, rilassando la schiena contro il suo petto, e lui prese ad accarezzarle il fianco dolcemente mentre continuava a girovagare per internet con l'altra mano. 
Harry era l'unica persona che aveva il permesso di toccarle gambe, pancia e braccia. Gli erano voluti quasi quattro mesi per ottenere quella libertà, e lui la considerava una vittoria personale.
«Trovato niente?»
«Cercavo sui Sum 41, magari I'm Too Deep, ma non ne sono troppo sicuro.» La ragazza annuì ed iniziò a smanettare al posto suo, prendendo il comando del computer. Harry la lasciò fare, stringendola contro di lui con entrambe le braccia e iniziando a lasciarle una leggera scia di baci dall'orecchio fino alla clavicola.
«Che dici di questa?» Il ragazzo alzò la testa dalla sua pelle e fissò lo schermo del pc, attento alla musica che aveva improvvisamente riempito la stanza.
«Non male, davvero. Ma sinceramente il loro nome non mi dice nulla, che band è?»
«Una band che sa il fatto suo.» Detto questo, la ragazza non aspettò che iniziasse la seconda strofa della canzone che abbassò lo schermo del portatile, facendo abbuiare la stanza.
«A letto, forza.»
«Si mamma.» Charlotte scoppiò a ridere, alzandosi dalla sedia. Iniziò a cercare l’interruttore della luce tastando il muro a tentoni, ma Harry la tirò per la maglietta per farla sbilanciare verso di lui.
«Ti sei lavato i denti?» Questa volta fu il ragazzo a lasciarsi sfuggire una risata.
«Assolutamente. Devo andare a mettermi anche il pigiama?»
«Oh no, quello no»
«Ci avrei scommesso.» Harry mormorò l’ultima parola contro le sue labbra, prendendo a baciarla con foga. In un attimo le sfilò la sua maglietta, gettandola a terra, ed iniziò ad indietreggiare con lei verso il letto. Improvvisamente Charlotte sentì un tonfo, ed Harry soffiò dentro la sua bocca.
«Cazzo!»
«Che c’è?» La ragazza strinse le dita sulle sue spalle, allarmata.
«La nuova scarpiera dell’Ikea, porca puttana!» Charlotte prese a sghignazzare buttando la testa all’indietro, e si appoggiò al muro per non cadere dalle risate.
«Charlie, shh! Dai che sennò svegli Gemma!» La voce di Harry si addolcì, assumendo un tono divertito. Prese la mano della ragazza e finalmente la portò verso il letto, facendola sedere.

«Ti sei fatto male?»
«Un po’, ho sbattuto con il tallone sul spigolo.» Charlotte riprese a ridacchiare a bassa voce, lasciandosi andare contro il materasso. Non appena Harry si accorse che si era sdraiata si distese sul fianco accanto a lei, nascondendo il naso fra i suoi capelli e prendendole la mano. Rimasero così per una decina di minuti, senza che nessuno dei due fiatasse.
Harry si perse nel suo profumo, Charlotte nel cal
ore della sua mano.
«Non so te Harry, ma io avrei freddo.» Il riccio sorrise, afferrando l’orlo delle coperte e avvolgendo entrambi con il copriletto.
«Ma non possiamo andare sotto le coperte?» Charlotte alzò la testa, confusa.
«Perché devi sempre rovinare l’atmosfera?»
«Fondamentalmente perché voglio un cuscino e non voglio dormire storta.» Il ragazzo non la badò e si sistemò contro il suo fianco, stendendo il braccio sopra il suo seno nudo.
«Comodo Styles?»
«Decisamente.»

 
 
 

But when I looked at him, I thought of only you.
If only there was proof, I could use to show it's true.

You Me At Six - Crash

 
 
Charlotte lasciò scivolare fuori dalle labbra una piccola nuvola di fiato rovente, ben appoggiata con i gomiti sulla balaustra del balcone. Erano le cinque e qualcosa del mattino, e per strada non c'era anima viva. Meglio per lei, il silenzio la calmava, figurarsi goderselo insieme ad una tazza di latte bollente e ad un leggero venticello ghiacciato che le solleticava le cosce nude. Quella era la sua concezione di tranquillità, ed in quel momento ne aveva un disperato bisogno. 
Si soffermò ad osservare il fumo che si aggirava intorno al bordo circolare della tazza, per poi dissolversi nell'aria invernale di Londra, pensando per quale assurda ragione stava bevendo da quella tazza verde fango. Non le piaceva il colore, e tantomeno il padrone. Non le piacevano più perfino quei due occhi ghiacciati che l'avevano inchiodata al tavolino del bar durante il primo appuntamento, quei due pozzi azzurri che le avevano chiesto gentilmente di salire in casa, e gli stessi che infine l'avevano completamente spogliata. Sospirò, portando la tazza di fronte a sé e facendola dondolare fra le dita sottili al di là del parapetto, mescolando il poco latte rimasto sul fondo. Avrebbe voluto lasciarla cadere nel vuoto, vederla frantumarsi a terra, sentire la ceramica infrangersi nel marciapiede deserto. Eppure le piaceva, le piaceva da morire distruggere le cose, rovinarle fino all'irreparabile. Aveva visto la persona che considerava più importante di se stessa sfumarsi e sparirle da davanti senza che lei avesse il tempo di reagire, ed ora preferiva aver ben presente quando qualcosa si sgretolava di fronte a lei. Tutto doveva fare rumore, doveva addirittura frastornarla per farla accorgere di quello che stava succedendo. Le cose le erano sfuggite di mano una sola volta e ne aveva affrontato le conseguenze, di certo ora non avrebbe lasciato che succedesse di nuovo. 
«Piove?»
«No.»
«Grandioso, - Brad sbatté i talloni scalzi sul parquet della cucina, dirigendosi verso il frigo - ma adesso vieni dentro che potrebbero vederti i vicini.» Charlotte alzò le spalle, sentendo il bordo della maglietta arrivarle fino a metà vita. Era in mutande, e per quanto ne sapeva lei avrebbero potuto scambiarlo per un costume, se mai si fossero affacciati alle loro finestre. Anche se doveva ammettere che un costume ad Ottobre era davvero poco credibile.
«Ti decidi a venire dentro o vuoi prenderti una broncopolmonite?» La ragazza fece una smorfia, ma si affrettò a farla sparire prima di rientrare obbediente. Si sentiva stanca, e non considerando che stava effettivamente rischiando di ammalarsi, si accorse di non aver neppure la forza di ribattere. 
«Tutto apposto?» Brad alzò lo sguardo dal giornale e la guardò stranito, appoggiando la sua tazza di caffè sul tavolo. 
«Come?»
«Ti ho chiesto se stai bene.» Il ragazzo tirò indietro il mento e si morse il labbro inferiore perplesso. 
«Si, sto bene.» E riprese a bere il suo decaffeinato. Charlotte si perse ad osservare ogni ciuffo biondo dei suoi capelli scompigliati, gli occhi vispi che girovagavano fra gli articoli del giornale e la mascella contratta per il calore del caffè. Lo trovava dannatamente bello, ma la sua presenza iniziava a diventarle estremamente pesante. Si domandò se anche lei lo era diventata a suo tempo con Harry, così pesante e noiosa da spingerlo a liberarsene per telefono. 
«Senti, tra mezz'ora devo essere in ufficio e..» La frase di Brad rimase a mezz'aria, concludendosi con una sua scrollata di spalle. 
«Vado a vestirmi.» Charlotte annuì più a se stessa che a lui, scuotendo la testa per scacciare un vecchio ricordo troppo limpido e salì le scale, iniziando a spogliarsi già al secondo scalino. In un quarto d'ora era già con il cappotto di lana cotta addosso, con tanto di sciarpa abbinata alla borsa. 
«Vado Brad, ti auguro una buona giornata.» Il ragazzo rimase per l'ennesima volta spiazzato dall'estrema gentilezza di Charlotte, e si ritrovò a fissarla disorientato. La ragazza sorrise debolmente, inclinando la testa da un lato e avvicinandosi a lui per lasciargli un bacio casto a fior di labbra.
«Ti chiamo io appena finisco.» Charlotte mormorò un 'va bene' contro la sua bocca e gli accarezzò delicatamente il mento con l'indice e il medio, sfiorando con la punta delle unghie il leggero filo di barba. Dopo di che gli rivolse un ultimo sorriso insicuro e scomparve da quell'appartamento.


***


Charlotte sbuffò per l'ennesima volta, rovistando impazientemente nella borsa. Non potevano essere state inghiottite dal tessuto quelle maledette chiavi, dovevano essere per forza lì dentro. Appena sfiorò con le dita del pelo sotto il pacchetto di sigarette lanciò un leggero gridolino, riconoscendo il pupazzo che aveva come portachiavi da quasi un secolo. Con un rapido colpo di polso afferrò l'uccellino di peluche e fece uscire il mazzo di chiavi dalla shopping, entusiasta. Infilò la chiave nella toppa ed entrò finalmente in casa, fischiettando un motivo allegro inventato al momento.
«Si, come no. No no, non mi hai capito, ho bisogno di quei gamberetti fritti!» Charlotte riconobbe la voce di Sofia, entrando nell'appartamento. Varcata la soglia del soggiorno si ritrovò di fronte la figura dell'amica intenta a gironzolare per la sala, con il telefono all'orecchio. Charlotte le rivolse uno sguardo divertito inclinando la testa da un lato, e Sofia le sillabò la parola 'mamma'. La ragazza annuì, facendole un segno d'assenso e si diresse verso la cucina, con l'intenzione di procurarsi immediatamente qualcosa di ghiacciato per dissetarsi. 
«Ehi, una volta si salutava!» Charlotte si girò di scatto verso la voce alle sue spalle, rimanendo con il braccio teso verso la maniglia del frigorifero, e si ritrovò un paio di scintillanti occhi verdi a fissarla. Increspò le labbra facendo schioccare la lingua sul palato ed abbozzò un sorriso, lasciando ricadere la mano sul fianco.
«Se magari evitassi di imboscarti dietro al bancone, forse..» Charlotte lasciò la frase a metà, irrigidendosi mentre tentava di togliersi il cappotto di dosso. Sbarrò gli occhi e la ragazza davanti a lei soffocò una risata, intuendo il motivo del suo improvviso sgomento.
«Che cazzo, Gemma! Appena Sofia riaggancia se la vede con me.» Gemma ancora rise più forte, iniziando a giocherellare con una ciocca di capelli tinta.
«Perché, non ti piacciono? Una volta mi avevi detto che il rosa mi donava» Charlotte fece una smorfia divertita, avvicinandosi alla ragazza per valutare meglio il danno.
«E ribadisco, il rosa ti dona, non il fucsia. E comunque non mi riferivo certo ai capelli!»
«Oh andiamo, sono soltanto le punte e alcune ciocche!» Charlotte sospirò, ammettendo a se stessa che in fin dei conti non le stavano per niente male quei capelli colorati.
«Ti ha accompagnato Sofia dal parrucchiere?»
«Certo.» Charlie le schioccò un'occhiata indagatrice socchiudendo le palpebre, ma come risposta Gemma non fece altro lasciarsi sfuggire un'altra risata. Quella era la dimostrazione di uno dei tanti difetti degli Styles: ridevano per nulla. Anche per una smorfia tutt'altro che divertente, per intenderci.
«Ma dai, non posso venirli a prendere quando sono pronti? No, ok. Si ho capito. Ma allora vedi che proprio non me li vuoi dare?!» gli strilli di Sofia fecero voltare entrambe verso il soggiorno, spostando il discorso dai capelli di Gemma ad un'altra direzione. Sofia si lasciò cadere a peso morto sul divano, dondolando le gambe sopra i braccioli. Buon segno, pensò Charlotte, se si era rilassata sdraiandosi, allora la madre aveva in qualche modo ceduto alla insistenza della figlia. Il miglior talento di Sofia Mendoza? Condurre la gente all'esasperazione senza neppure mettersi d'impegno. Le veniva naturale, come respirare.
«Mi credi se ti dico che è da quasi un quarto d'ora che l'ascolto e non ho ancora capito di cosa sta parlando?» Gemma rimase con lo sguardo fisso sulla bionda, attenta ad ogni parola o imprecazione durante la telefonata.
«Sta contrabbandando cibo con sua madre.» Charlotte allungò il collo, controllando per un ultima volta l'espressione dell'amica, con la speranza di prevedere se quel mese avrebbero risparmiato sulla lista della spesa o meno. Sofia rimaneva immobile, assorta dalla chiamata e con lo sguardo fisso sulle sue unghie smaltate, quindi decise di rinunciarci.
«A parte il tuo nuovo look all'Avril Lavigne via, qual buon vento ti porta da queste parti?» Gemma le sorrise, continuando ad intrecciarsi fra le dita ciuffi di capelli, e le rivolse uno sguardo d'intesa.
«Prova ad immaginare.»
«Ah.» Charlotte annuì, appollaiandosi su uno sgabello della cucina, e rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, attratta dalle gocce di pioggia che sbattevano contro il vetro. Dio, quanto le piaceva la pioggia. L'odore di asfalto bagnato sulle strade, il ticchettio delle gocce contro le finestre la notte, il perenne grigiore delle nuvole che coloravano il cielo di Londra. Era una delle cose che più amava in assoluto, conferivano alla città un qualcosa di misterioso e nascosto. Non che odiasse il sole, ma l'estate, il cambio della temperatura, le canottiere e gli shorts non le erano mai andate a genio. 
«Grazie dell'avvertimento, Gemma. - continuò, riprendendo a guardarla negli occhi - Dimmi la data esatta di quando arriva e riparte, così io parto e mi faccio una vacanza per un paio di settimane.» Charlotte distese le labbra in un sorriso terribilmente falso, facendosi schioccare l'osso del dito medio con un gesto veloce. Si trattava un'espressione che aveva improvvisato così tante volte che nel corso degli anni l'aveva resa perfettamente fasulla e impenetrabile. Gemma sospirò, mollando i capelli e spostando l'attenzione verso le sue dita, intrecciandole nervosamente fra loro sotto il tavolo, nascondendole.
«Vedi Charlie, c'è un problema..»
«Cioè?» Charlotte la interruppe subito, poggiando i gomiti sopra il tavolo.
«Harry si fermerà qui per due mesi e mezzo.»








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Ebbene sì, capitolo bello fresco a l'una e mezza di notte. Due cose: primo, nella canzone della seconda parte ho modificato il testo originale, al posto di -him- c'era -her-, perché si dal caso fosse dedicata ad una ragazza, ma diciamo che ho stravolto il significato della canzone. Secondo, non so com'è venuto fuori questo capitolo. Cioè, mi affido al vostro giudizio ragazze.
Per la prima volta vi do un accenno dei problemi di sicurezza e autostima di Charlotte, soprattutto nel flashback. Ora, avrò modo di spiegarvi meglio nei prossimi capitoli, ma per ora vi lascio soltanto questo assaggio.
Ringrazio chiunque abbia messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate. Davvero, vi ringrazio di cuore. E ringrazio soprattutto quelle buone anime pie che hanno commentato sia il prologo che il primo capitolo, ovvero explosivearri, delilaah e shesfelix.
Vi. Adoro.
Detto questo, mi auguro vi sia piaciuto.


Geo.
  
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