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Autore: Elpis Aldebaran    18/02/2007    12 recensioni
Lui scosse la testa e posò il suo sguardo sul paesaggio fuori dalla finestra, evitando di guardarla, segno che per lui il discorso non era chiuso ma solo rimandato. Lei sospirò rassegnata. Perché voleva ancora discutere? Tanto sapeva che lei sarebbe partita comunque, era il suo lavoro porca vacca!
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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QUANDO TUTTO TI E’ CONTRO

 

di Coco Lee

 

 

CAPITOLO 9:  I felt like a thing

 

 

“Tu sei dentro di me

Come l’alta marea

Che scompare e riappare portandomi via

Sei il mistero profondo,

la passione,

l’idea,

sei l’immensa paura che tu non sia mia,

lo so,

lo sai”

[Antonello Venditti, “Alta marea”, dall’album “Benvenuti in paradiso”]

 

 

Akito non ci voleva credere. Si era gia tirato due schiaffi nel tentativo di svegliarsi, credendo che fosse soltanto un sogno, o un incubo, dipende dai punti di vista.

Ma niente da fare. Lei era li. Era vera, era viva. Non era un miraggio.

 

Stava lì seduta sul suo divano a sorseggiare thè come se niente fosse, rivolgendo sorrisi di cortesia a Romi, che a prima impressione poteva sembrare che avesse superato la cosa, ma lui sapeva, aveva imparato a sapere, che la sua ragazza era un’attrice fantastica, riusciva a mascherare bene i suoi pensieri, le sue emozioni e gli stati d’animo.

 

Quindi in quel momento, dove passato e presente si stavano mescolando, dove tutto era finito e tutto era iniziato, Akito non potè mai capire cosa stesse passando per la testa a Romi, e né tanto meno cosa Sana stava pensando.

 

Decise che era il momento d’intervenire, di chiarire.

Tossì leggermente, portando su di se l’attenzione delle due giovani che stavano parlando più per far passare il tempo, che per vero bisogno.

 

- Credo che noi due dobbiamo parlare, Sana..- disse semplicemente il ragazzo scrutando nelle iridi nocciola della rossa. La ricordava ancora come l’aveva lasciata, non era cambiata, a parte i lineamenti del viso che erano un po’ più decisi e maturi.

 

- Mi stavo domandando quanto ci avresti messo per chiedermelo, Akito.- rispose lei portandosi una ciocca di capelli  dietro l’orecchio, un gesto familiare che venne osservato attentamente da Hayama.

 

– Forse.. forse è meglio che io vi lasci soli..- s’intromise Romi, alzandosi dalla poltrona nella quale era sprofondata. Era curiosa di sapere che cosa fosse successo a Kurata dopo l’incidente, dove nessuno era sopravvissuto. Ma un qualcosa, che nemmeno lei riusciva a definire, sembrava gridarle di andarsene, che in quella situazione lei non c’entrava niente, che si doveva mettere da parte.

 

- Non importi.. Romi..- disse Sana pensando per un istante che il nome da lei pronunciato fosse corretto -.. la storia che starò per raccontarvi, domani, verrà pubblicata su tutti i giornali.-

Akito la guardava rapito. Ad ogni gesto era collegato un ricordo, ad ogni occhiata un’emozione nuova e gia vissuta allo stesso tempo, un passato che ritorna e che sembrava non volesse abbandonarlo. Istintivamente, il ragazzo afferrò con gentilezza il polso della fidanzata che ancora stava in piedi, e la fece sedere accanto a lui. Aveva bisogno di qualcuno per affrontare tutto, voleva che lei fosse li accanto a lui, o non ce l’avrebbe fatta.

Sana osservò qual semplice gesto e inspiegabilmente sentì qualcosa  di strano e doloroso muoversi nello stomaco, ma non si sapeva spiegare cosa fosse, infondo stava solo rivedendo il suo migliore amico.

 

- Bhe, vedete.. non ricordo molto dell’incidente e né quello che avvenne dopo. Ricordo soltanto che quando ripresi i sensi, mi trovavo su un letto, ed ero circondata da macchinari e fili attaccati al mio corpo..

 

 

 

 

I miei occhi si aprirono lentamente e vennero investiti da una forte luce bianca. Pensavo di essere morta. Sentivo il bip lontano di una macchina, sentivo delle voci che parlavano intorno al letto nel quale ero sdraiata. Mi sembrava tutto irreale.

Mossi leggermente la testa, nella speranza di guardarmi meglio attorno, ma una mano mi si posò lentamente sulla fronte.

- Sembra che la febbre ti sia scesa..- disse una voce di donna. Con molta fatica riuscii a mettermi a sedere. Vedevo tutto strano, sentivo che da un momento all’altro potevo svenire. Avevo una grande nausea.

 Finalmente vidi la donna che poco fa mi aveva parlato. Aveva il viso gentile, i capelli biondi, legati in un’alta coda. Portava un camicie bianco e sorrideva.

- Pensavamo che non ti saresti più svegliata.. sono quasi quattro giorni che dormi, credevamo  che presto o tardi saresti entrata in coma.-

Io continuavo a guardarmi intorno stranita, notando che oltre alla donna bionda, c’erano altri tre.. medici? Si sembravano medici. Erano tre uomini alti, dal volto severo, dai lineamenti duri, ma nonostante questo mi guardavano con un sorriso.

Mi rivolsi alla donna:

- Scusi.. ma dove mi trovo?- fu la prima cosa che mi venne in mente di dire.

- Sei in uno studio di ricerca.. tranquilla, sei al sicuro con noi Sana.-  mi rispose quella allargando il sorriso.

- Sana? Scusi, ma chi è Sana?- domandai stranita. Avevo un mal di testa incredibile, avevo l’impressione che il mio cervello si fosse diviso in due, la vista era sfocata, mi sembrava di essere miope.

- Come? Tu non sai chi sei?- uno degli uomini mi si avvicinò velocemente, e per quel poco che potevo vedere, mi accorsi che i dottori intorno a me avevano perso il sorriso e si lanciavano sguardi preoccupati.

L’uomo estrasse dalla sua tasca del camicie una piccola luce a forma di penna, e me la puntò prima dentro un occhio, poi nell’altro.

- We’ve got a trouble, guys!- gridò con foga ai colleghi. Gli altri annuirono e velocemente mi fecero stendere nuovamente sul lettino. Io non capivo più niente, cercavo in tutti i modi di chiedere informazioni alla donna, l’unica che a quanto pare parlava la mia lingua.

Ma lei non mi dava ascolto, stava cercando qualcosa dentro un cassetto del comodino che avevo accanto al letto.

- Stai tranquilla, piccola Sana. Tra poco saprai ogni cosa.- detto questo mi iniettò nelle vene un liquido a me sconosciuto. E mi addormentai, come se non avessi gia dormito abbastanza.

 

Mi risvegliai nuovamente. Questa volta ero in una stanza illuminata dal sole. Era bella, arredata bene, fresca. Trovai al mio capezzale la solita donna bionda che mi guardava sorridente. Li dentro sorridono sempre tutti.

- Ben svegliata, honey!- mi salutò e lentamente si sedette al mio fianco sul letto. – Credo che sia giunto il momento di spiegarti molte cose..-

Io mi limitai ad annuire, non sapendo bene cosa fare.

- Tu hai avuto un grosso incidente. Stavi viaggiando su un aereo per l’America e questo è precipitato in mare. Sono morti tutti, quasi tutti.-

- Mi sta dicendo che io sono morta e questo è una specie di paradiso?- domandai ingenuamente, e anche po’ stupidamente. Infatti la donna rise di gusto alla mia frase e mi arruffò i capelli sulla testa, come se fossi una bambina di pochi anni.

- No, honey. Tu ti sei salvata, insieme ad altre tre persone. Sei stata trovata in mezzo al mare da una barca di ricercatori marini. Apparentemente sembravi morta, ma il polso c’era anche se debolissimo. Ti hanno portato qui e hai dormito, finchè non ti sei svegliata ieri.-

Io continuavo ad annuire, senza troppa convinzione. Perché non ricordavo nulla, mi sembrava di essere nata in quel momento. Non avevo più ricordi. E non sapevo nemmeno chi fossi.

- Hai perso la memoria.- disse infine la donna, questa volta senza sorriso.- e non sono sicura che riuscirai a recuperarla tutta. Ma questo adesso è un altro discorso! Devi rimetterti fisicamente, al resto penseremo poi.- e mi lasciò così. In quella stanza dove si vedeva l’oceano e i gabbiani che volavano a pochi centimetri dalle onde, con il corpo debole e la mente vuota, vuota da ogni emozione o sensazione, o almeno così credevo, perché non ricordavo se ne avevo mai provate.

Non avevo ricordi.

 

Ero vuota.

 

Mi sentivo vuota.

 

 Come se fossi un oggetto.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: mi scuso per il capitolo corto, ho cercato di fare del mio meglio. Ogni fanfic che ho scritto è legata ognuna a una canzone diversa, come se quella canzone fosse la propria colonna sonora. Questa fic è malinconica e mi ci è voluto molto per trovare le parole e la musica appropriate che riuscissero a descriverla. E poi ieri l’ho trovata, l’ho sempre avuta a portata d’orecchio. L’unica canzone che possa descrivere appieno “Quando tutto ti è contro” è –Sally- di Vasco Rossi. Se avete possibilità di ascoltarla fatelo. Perché, come dice la canzone “la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia”.

 

 

Ringraziamenti a:

 

Lu92

SyriaPluto

miki90

Mary

giulia88

merwen

LizDreamer

kirachan

Lady Anderson ( io sto a Firenze, come altre sanno^^! Sono molto contenta che ti piaccia la storia, un po’ di supporto toscano fa sempre molto piacere!)

 

 

Un grandissimo bacio di ringraziamento a tutte

 

C.L.

 

 

   
 
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