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Autore: EmptyEyes    07/08/2012    1 recensioni
Non voglio presentare le mie storie, chi mi ha seguita dall'inizio sa com'è il mio stile. Chi ha letto solo una mia storia non può giudicarmi, perché io scrivo in base all'umore. Comunque ho deciso di avventurarmi nella foresta delle storie vere e proprie (?). Ebbene sì, cari lettori, ecco a voi la mia seconda storia. *ta dààà*
Spero mi farete leggere le vostre opinioni...
A presto,
Fra-
Genere: Demenziale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3.

Marcelo camminava speditamente su e giù per la camera dove si trovava con Jasmine tutti i sabato sera, e nella quale avevano provato l’amore carnale per la prima volta. Rimuginava su quello che la sua ragazza gli aveva appena detto. Era visibilmente preoccupato, e indeciso, quanto lei.

Jasmine lo guardava fisso negli occhi, quasi implorandolo di prendere una decisione; e in effetti glielo stava chiedendo, perché lei era divorata dalla stanchezza, per cui l’ultima cosa che voleva era stare un altro momento a pensare ai propri problemi.

All’improvviso sbottò come se la miccia della sua pazienza, bruciata, avesse raggiunto la dinamite, che in tal caso è rappresentata dal corpo di Marcelo. Gli si gonfiarono le vene del collo, digrignò i denti e alzò decisamente il tono di voce. Il cuore della ragazza, ormai fragile, si spezzò con facilità e dagli occhi di Jasmine scese una rugiada amara, che presto si sarebbe trasformata in cascata, per giunta quotidiana.

L’uomo di turno prese ad insultare la sua ‘amata’ con cotanta rabbia e cito testualmente le sue parole di frustrazione:                                                                                                                                           
“Come hai potuto lasciare che tua madre leggesse i messaggi sul tuo telefonino? Non ci vuole tanto a portarsi dietro quel pezzo di ferro! Diamine, te lo infili in tasca ed esci!”

Tra un singhiozzo e l’altro, la bionda trovò le forze per alzarsi e spinta dalla stanchezza rispose a testa alta:                                                                                                                                                             
“Come puoi tu accusare me? Non avrei mai pensato che mia madre potesse compiere un gesto simile! Tu stai buttando fango sulla nostra storia, invece di prendermi per mano, baciarmi e dirmi che si risolverà tutto (proprio come avrei bisogno che facessi), tu stai qui a lamentarti, urlandomi addosso addirittura!, e non cerchi neanche un modo per uscire da questa situazione!”

Ma lui, implacabile come una bestia assetata di sangue e carica di rabbia, replicò:                                              
“Ah, quindi vorresti uscire da questa situazione? E, sentiamo, credi anche che sia tutta colpa mia, non è vero?”

Eccola richiudersi nelle proprie spalle, la piccola Jasmine, che raccolse ogni briciolo di dignità rimasto per dire, a denti serrati,:                                                                                                                         
“La colpa non è solo tua; io ero cosciente quando mi sono donata a te, e ammetto di aver fatto uno sbaglio non curandomi del mio cellulare. Però c’è da dire che tu non mi stai affatto aiutando!”

Marcelo perse il controllo di sé. Cominciò ad urlare veramente, come se un demone si fosse impossessato del suo corpo:                                                                                                                                     
“Sai che ti dico? Il mio aiuto non lo avrai, non voglio avere responsabilità, non è affar mio quel che succederà, da ora in poi, a te. Sono stufo di sentire le tue lamentele su qualsiasi cosa io faccia. Cavatela da sola! Fammi vedere che sei una donna! Una donna senza uomo però!”

E così se ne andò sbattendo porte a gogò.

Inutile dire che la dignità di cui si è parlato era passata a miglior vita. Jasmine era rimasta sola. Anche l’unica persona su cui sperava di poter contare in ogni momento, se ne era andata. Si sedette sul letto, come se fosse caduta, dopo che le forze l’avevano abbandonata.

Fissò per qualche istante un punto impreciso del tappeto che ricopriva il pavimento, poi il sapore che poco prima era sparito tornò a farsi sentire sulle guance della fanciulla, gonfiandole gli occhi, già rossi.
   
 
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