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Autore: _Ems_    08/08/2012    0 recensioni
Mi guardò in cagnesco, sospirò e poi mi disse: -Harry, io non voglio essere l'ennesima ragazza che porti a letto e poi lasci. Non voglio essere la puttenella di turno.-
-Non voglio solo sesso stavolta. Kim tu sei speciale,davvero.-
-Harry, vaffanculo, ok? Io non me la bevo. E non voglio sentire più le tue assurde storie. Sei un bambino, Harry, cresci.-
Si girò e se ne andò non dandomi nemmeno il tempo di parlare e lasciandomi lì, da solo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KIM

“Sei fortunata baby, sarai la nostra stylist, milioni e milioni di ragazze sognano di esserlo! Quindi vedi di trattarci bene, noi siamo persone importanti.”

BEE-BEEP BEE-BEEP BEE-BEEP!
Il rumore assordante di quella maledetta sveglia mi svegliò anche quel giorno. Allungai il braccio e la spensi, poi misi la testa sotto il cuscino premendolo contro le mie orecchie. La mia voglia di alzarmi era pari a zero. Ma dovevo farlo, era il giorno che probabilmente avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Così mi alzai di malavoglia e mi infilai nella doccia. Proprio lì i pensieri iniziarono ad affollarsi nella mia testa. Tra poche ore sarebbe iniziato il mio lavoro: avevo solo 18 anni ma studiavo per diventare una stilista da tempo, e finalmente ero riuscita ad ottenere una parte di ciò che desideravo, mi avevano infatti offerto un lavoro da stylist per dei cantanti, solo che non avevo idea di chi essi fossero, mi era solo stato detto che erano membri di una band famosissima in tutto il mondo e che quella mattina li avrei conosciuti. Mai ero stata più curiosa di allora! Solo che il sogno che avevo fatto quella stessa notte continuava a preoccuparmi. Non ricordo di preciso cosa avevo sognato, ricordo solo quella voce e quella frase: “Sei fortunata baby, sarai la nostra stylist, milioni e milioni di ragazze sognano di esserlo! Quindi vedi di trattarci bene, noi siamo persone importanti.” Mio dio, no. Odiavo la gente che la pensava così e avevo una paura tremenda che mi potessero capitare dei ragazzetti così, con un cervello così ridotto. Ma chi? Chi potevano essere?
I'M AT A PAYPHONE TRYING TO CALL HOME ALL OF MY CHANGE I SPENT ON YOU.. Uscì in fretta dalla doccia, presi il cellulare e lessi il nome che compariva sullo schermo: Cher. Era la mia migliore amica da ormai un secolo e quel giorno sarebbe dovuta venire con me alla scoperta dei nostri nuovi lavori, lei infatti sarebbe stata la hair stylist della stessa band di cui io sarei stata la stylist.

-Brutta cazzona, dove cavolo seiii?- mi urlò dall'altra parte del telefono. D'istinto mi girai verso l'orologio da parete della mia camera per vedere l'orario. Le 11:30! Non poteva essere! Avevamo appuntamento alle 12:00! Dovevo essermi talmente distratta dai miei pensieri da non essermi accorta dello scorrere del tempo.

-Dio Cher, scusami! Mi sono lasciata trasportare dai pensieri, scusami! Tra un quarto d'ora sono da te.-

-Si si, ok ti perdono, però ora muovi il tuo bel culo e vieni qua, è tardi!- La “finezza” di Cher era il motivo per cui la amavo.
Chiusi la chiamata e aprii l'armadio. Dio ora mancava solo il problema del 'cosa diavolo mi metto?'. Alla fine optai per il semplice: Jeans stressi strappati, una camicetta un po' larga e le mie amate vans.

Prima di uscire mi guardai allo specchio: i miei capelli lisci ricadevano dolcemente sul mio petto, fino ad arrivare sotto al seno; i miei occhi color nocciola erano ancora stanchi a causa del sonno tormentato, così decisi di truccarli un po', giusto per nascondere la stanchezza. Poi presi le ultime cose, mi misi sul motorino e corsi da Cher.

Arrivata sotto casa sua, la trovai lì, piuttosto irritata dal mio solito ritardo. Era bellissima. I suoi capelli ricci color rame erano leggermente fuori posto, ma il resto era completamente apposto: indossava un paio di pantaloncini di jeans e una canottiera blu coperta da un cardigan, ai piedi infine aveva delle decoltè blu. Era bellissima, ma la cosa che più le invidiavo erano gli occhi: erano di quel verde chiaro, piuttosto raro, che mi faceva impazzire.

-Ce l'hai fatta finalmente! Ma brava, signorina Kimberly Rachael Cox! Ora che ne dice di mettere in moto il motorino e dirigersi all'appuntamento? Sa, un ritardo le potrebbe costare il lavoro!- mi disse sedendosi dietro di me.

-Ma certo, signorina Cher Madelaine Owen, agli ordini!- risi.

Arrivammo all'appuntamento giusto in tempo. Il signore, che avevamo incontrato giorni fa e che ci aveva parlato del lavoro, ci aspettava all'uscita di un alto palazzo.

-Buongiorno, ragazze! Prego, da questa parte, i ragazzi sono già nel salone e direi anche piuttosto curiosi di conoscervi.-

Gli rispondemmo con un enorme sorriso e lo seguimmo. Quell'edificio era enorme, anche se non ero ancora riuscita a capire cosa fosse: una casa o cos'altro? Lungo il piccolo corridoio che ci conduceva al salone erano appesi numerosi quadri, direi anche costosi.

Ci ritrovammo davanti una porta e bussammo.

-Sono arrivate, ragazzi. Trattatele bene, mi raccomando!- disse l'uomo che ci aveva condotto lì, subito prima di spostarsi per farci entrare.

Anche quella stanza era enorme, c'erano divanetti sparsi qua e là e uno più grande al centro, di fronte al quale c'era un'enorme televisione. A un lato c'era una batteria accompagnata da chitarre e strumenti vari, dall'altro invece c'era un balcone che illuminava la stanza in tutta la sua bellezza. In quella stanza c'erano quattro ragazzi dall'aria strafottente. Due erano seduti sul divano intenti a giocare alla play: il primo aveva i capelli castani, leggermente fissati con un po' di gel, indossava dei pantaloni rossi piuttosto stretti retti da delle buffe bretelle e una maglia blu con delle righe bianche, ai piedi aveva dei mocassini. L'altro invece aveva i capelli neri tirati su in una cresta dal gel, indossava dei semplici pantaloni beige e una maglietta bianca, con delle blazer rosse. Altri due ragazzi erano nella “zona musica” vicino alla batteria: uno era intento a suonare la chitarra, aveva i capelli biondi leggermente scompigliati ed indossava una polo bianca, dei jeans e un paio di nike bianche. L'altro lo stava ascoltando seduto su un divanetto, aveva i capelli castani mossi e indossava una camicia a quadri sul blu, dei jeans e delle semplici converse bianche.

Appena ci videro entrare i due misero il gioco in pausa e si girarono verso di noi sorridendoci, gli altri due fecero lo stesso venendoci incontro.

-Ma guarda che belle ragazze che ci sono toccate!- disse il tizio con le bretelle facendoci l'occhiolino. L'odiavo, era sicuro. Il ragazzo con la camicia a quadri gli diede uno schiaffetto dietro la nuca e gli disse: -Smettila Louis!- Louis, perfetto, si chiamava così quel tizio, mi sembrava un cascamorto, o un clown, beh non lo sopportavo ugualmente.

Il tipo con la camicia a quadri ci porse la mano sorridendoci: -Piacere, io sono Liam.-

Accennai un finto sorriso: -Kimberly, piacere. Ma potete chiamarmi Kim.-

-E io sono Tomlinson, Louis Tomlinson, baby!- disse l'altro sorridendoci.

Solo allora mi accorsi che Cher era rimasta tutto il tempo immobile, a fissare i quattro, con gli occhi che brillavano. Lei, che era sempre stata aperta con tutti, anche con chi non aveva mai visto in vita sua, in quel momento non riuscì a spiccicare parola. Feci per smuoverla, volevo evitare che la prendessero per una cretina, ma fui interrotta dal biondino che mi si avvicinò sorridendomi e porgendomi anche lui la mano: -Io sono Niall.- Contraccambiai il sorriso e la stretta di mano. Subito mi ritrovai davanti un'altra mano: il tizio con i capelli a cresta. -Io sono Zayn.- mi disse sorridendomi, poi si girò spaesato -Un momento ragazzi, ma Harry?-

Harry? No, ce n'era un altro! Non bastavano quei quattro so-tutto-io!

Proprio in quel momento un tizio dai capelli ricci entrò nel salone dal balcone. Indossava dei jeans piuttosto a vita bassa, lasciando intravedere i boxer della calvin klein, una maglia bianca con il collo a 'v' e delle converse bianche. Gli altri avevano un'aria da ricreduti, ma lui..lui lo era più di tutti! Si atteggiava con un fare da diva, credendosi il più figo del mondo. No, non lo sopportavo.

  
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