ANGOLO DELL'AUTRICE
Buongiorno ;)
Ebbene sì, dopo aver spulciato per circa un mese tutte le fiction del fandom, finalmente ho partorito anche io una piccola bimba Farrelletiana.
Ordunque, in questa storia Jared è un supervegano. Uno di quelli con le palle di ferro. Dovete sapere che io stessa sono vegana, è la convinzione più forte della mia vita e passerò il resto dei miei giorni con questo meraviglioso ideale saldamente ancorato al cuore e all'anima.
Spero che questo racconto (a proposito, diventa sempre più lungo ogni giorno che passa! La mia testa è così piena di idee che ho dovuto appuntarle su un quaderno), oltre a soddisfare la voglia di Farrelleto che abbiamo tutte quante, vi aiuti a capire meglio (o a conoscere, in caso non ne aveste mai sentito parlare approfonditamente) il veganismo. E, naturalmente, i vegani in generale.
Se devo essere sincera questo inizio mi fa schifo, l'ho riletto tremila volte e continua a non piacermi: a mio parere, è dal secondo capitolo che la storia si fa più interessante. Questa è, come dice il titolo, “un'introduzione”.
Il POV è di Jared.
Ecco come immagino i ciccini: Cole
E per quanto riguarda la foto di Jared... Boh. Lui è sempre uguale da vent'anni a questa parte. Per cui non credo ci siano problemi. (ok, non sono riuscita a trovare una foto decente)
Buona lettura ;)
Disclaimer: Colin Farrell e Jared Leto non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro.
Volo per le strade di San Francisco in sella alla mia bicicletta.
Il calore prodotto dal sole che picchia sulla pelle è alleviato dal vento che sferza il mio viso.
Freno, sterzo, spingo le ruote sull'erba soffice delle aiuole per tagliare ulteriormente il percorso. Svolto ancora e mi accoglie un rettilineo interminabile che percorro a velocità folle: non vedo l'ora di gettarmi sul divano.
È con l'allettante pensiero di una bevanda ghiacciata che faccio l'ultimo sforzo. Spingo con più decisione sui pedali per arrivare in cima alla piccola salita dove si trova la mia (nostra) casa.
Ed eccola, finalmente.
Spicca tra i colori sobri del vicinato nelle sue assi di legno dipinte d'azzurro.
Mentre salgo sul marciapiede tiro fuori dalle tasche il telecomando del garage, dove, una volta aperto, mi infilo dentro assieme alla bicicletta (che appoggio alla parete) e apro la porta che da sulla sala da pranzo/cucina.
Con due rapide falcate raggiungo il frigo e mi verso più o meno mezzo litro di spremuta di arancia in un bicchiere, quando un movimento colto con la coda dell'occhio cattura la mia attenzione.
“Ehi!” una voce dal marcato accento irlandese. È Colin, il coinquilino “Non credevo tornassi per quest'ora.”
Scolo il contenuto del bicchiere “Mh, abbiamo finito prima del solito infatti.” e poi lo sciacquo “Tu invece? Non avevi qualche corso da seguire oggi pomeriggio? Tipo... 'essere-o-non-essere-è-questo-il-dilemma' o roba del genere?”
Alza le spalle “Beh... sì, ma praticamente no.”
Lo guardo interrogativo, mentre getto la giacca sulla prima sedia che mi capita a tiro.
“Avevo una lezione sui monologhi” spiega “Ma io sono già bravo.”
Un sorriso scettico si dipinge sul mio volto e mi appoggio al muro della cucina.
“Certo. Un giovane Amleto” lo schernisco divertito.
Mi guarda indignato e parte alla carica.
“Ehi signorino, non mi guardi in quel modo! Sembra proprio che lei non voglia riporre un becco di fiducia nelle mie doti artistiche. Si ricreda: la Farrell & Co. si occupa di produrre dialoghi in solitario dal lontano 800, è una tradizione millenaria.” parla con l'aria di un esperto venditore, le labbra incurvate in un sorriso che invoglierebbe chiunque a comprare la merce che sta presentando. “Monologhi come nostri non li fa nessuno! Ecco perché il sottoscritto non ha bisogno di seguire stupide lezioncine da quattro soldi per incrementare le proprie abilità. L'arte del parlare da soli è genetica. O ce l'hai o non ce l'hai. Modestamente, io me ne intendo... e non poco!”
Tutto il discorso mi strappa una piccola risata.
Il suo sorriso costruito lascia spazio ad uno più genuino “Comunque Jay, so che sei appena tornato, ma io avevo una mezza idea di andare a fare rifornimenti al market, visto che il frigo è praticamente vuoto. Se vuoi ti aspetto e andiamo insieme, oppure puoi rimanere qui a riposarti... come vuoi tu.”
“No Cole, vengo con te. Dammi cinque minuti.” In verità non è che ne abbia molta voglia, ma cosa farei chiuso da solo dentro casa? Assolutamente nulla. Anzi, peggio: mi annoierei. Quindi mi faccio forza, raccatto una maglietta decente, la borsa con cui esco e sono pronto per andare alla ventura.
Mentre usciamo di casa gli faccio un sorriso cattivo. “Ricordati che ogni tuo acquisto sarà monitorato dal Nazi-Vegan!”
Rotea gli occhi “Ah, già, che palle.” Scherza.
Io gli do una gomitata nelle costole “Ehi! Potrei partire in quarta con una filippica filosofica in qualsiasi momento, per cui modera i termini, Farrell!” mi metto le mani in tasca e comincio a camminare verso il mercato
“Dovrei preoccuparmi delle minacce di un erbivoro? Voglio dire, se ti fa piacere posso simulare un po' di paura...”
Io e Colin frequentiamo la stessa accademia (Academy of Arts University of San Francisco), ma seguiamo corsi separati: quello di cinematografia io, quello di recitazione lui. Ecco perché viviamo assieme. Abbiamo trovato questa casa che dall'accademia dista circa un quarto d'ora di macchina (tradotto a piedi: un'ora, tradotto in bici: mezz'ora) ad un prezzo ridicolmente basso e ne abbiamo subito approfittato, incitati dai nostri familiari.
Non sapevamo nemmeno se saremmo andati d'accordo: non è che avessimo mai avuto chissà quanti contatti in precedenza. Giusto qualche parola alle scuole superiori, nulla di più. Ma, fortunatamente, tutto è andato per il meglio.
Anche adesso che io ho cambiato radicalmente la mia vita attraverso il veganismo.
Sorrido quando le mie orecchie captano altre affettuose prese in giro da parte sua.
Se fosse stato un altro probabilmente lo avrei già preso a calci nei coglioni, ma Colin, a differenza di altri, mi rispetta.
Evita di mangiare determinate cose quando gli sto vicino, non decanta il sapore del bacon e non fa commenti odiosi sulla mia ideologia. Apprezzo il fatto che abbia deciso di rispettarmi.
Ha accettato tutto senza problemi.
Di solito invece alla gente non piacciono i vegani.
Perennemente incazzati col mondo: è questo il motivo più diffuso.
È difficile dover mantenere ogni giorno la calma di fronte alle prese per il culo, alle domande che ti vengono poste solo per infastidirti. È difficile ripetere in continuazione le stesse cose senza arrivare all'orlo dell'esaurimento nervoso, è difficile sorridere a chi ti sbafa un kebab sotto il naso. Chi prima era un santo si rivela un enorme pezzo di merda, le amicizie si sgretolano in poco tempo, il disgusto e la voglia di isolarsi a volte ti fanno desiderare che il mondo imploda in se stesso.
Ma soprattutto, vivere con la consapevolezza che milioni di esseri viventi vengono assassinati senza motivo ogni secondo che passa... Beh, questo è decisamente disarmante.
Perso nella mia mente, mi sono irrigidito. Colin lo nota.
“Jay” dice dolcemente, lo sguardo basso “Siamo arrivati” apre per me la porta del supermercato.
'Fresh and Easy Neighborhood', dice l'insegna.
“Grazie” cerco di scacciare quei pensieri. Cerco di crearne di più sereni e positivi.
La positività sta nel fatto che io sono umano.
L'ideologia vegana è seguita dagli umani, che in quanto tali, come qualsiasi essere vivente sulla faccia del pianeta, hanno giornate no.
Fortunatamente, queste scompaiono sempre. Tutto passa.
Se un giorno vogliamo spaccare la faccia a mezzo mondo, quello successivo ci svegliamo armati con i migliori buoni propositi. E così, alle domande stupide rispondiamo con metodo e calma, lasciando l'importunatore di stucco; alle domande omologate snoccioliamo le nostre migliori risposte tecniche; l'umanità riacquista punti di fronte alla certezza che chiunque un giorno possa cambiare; la consapevolezza che un giorno nessuno conoscerà più il significato della parola oppressione ci fa star meglio.
Sollevato, comincio a guardarmi intorno.
“Cosa vuoi mangiare stasera, Cole?” capisce che qualsiasi cosa avessi per la testa poco fa è andata via.
“Boh, pensaci tu.” si stringe nelle spalle “Vado a fare un giro, magari trovo qualcosa di interessante” e scompare tra gli scaffali.
A quanto pare anche stasera mangeremo entrambi gli stessi piatti, considerando il fatto che mi ha dato carta bianca... Esulto internamente.