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Autore: SparkingJester    11/08/2012    1 recensioni
Un re ambizioso, un criminale spaventoso o un cavaliere orgoglioso. Chi riuscirà a bloccare la temibile lancia del viandante coraggioso?
Seconda classificata al contest "Red&Black contest ; Rosso come il fuoco Nero come la notte"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I dadi caddero sulla cassetta di legno. Un risultato sfavorevole e la guardia grugnì:
<< Dannazione, possibile che la Dea Bendata mi odi cosi tanto? Lasciamo perdere. Ritornando al discorso di prima, ragazzi. Che ne pensate della decisione del re? >>
I tre commilitoni smisero per un secondo di giocare, bere e grattarsi. Si guardarono di sottecchi e qualcuno sbuffò, annoiato e preoccupato.
<< Lo sai che non possiamo opporci oltre. Hai visto che fine hanno fatto gli altri, no? >>
Le quattro guardie erano sedute l’una di fronte all’altra, al di fuori del piccolo casolare che fungeva da guarnigione e dogana al fiume Omaon.
<< Insomma – replicò un’altra – la guerra non è mai giusta, ma io ho soltanto questo lavoro e se mi oppongo ci lascio anche le penne! >>
Tra imprecazioni e lamentele, i quattro caddero in uno sconfortante silenzio, immersi nel pensiero di cosa stava accadendo nel loro piccolo ma ambizioso regno. Solo lo scorrere delle acque alle loro spalle spezzava quell’atmosfera imbarazzante.
<< Siamo fortunati a dover restare qui. Solo pellegrini, mercanti e i nostri colleghi di ricognizione. Niente battaglie per noi, niente esecuzioni. Mi dispiacerebbe giustiziare un mio collega. >>
D’un tratto qualcosa destò i loro torbidi pensieri: uno dei quattro cavalli legati alla staccionata iniziò a nitrire senza controllo.
<< Buono, Sam! Che ti prende? >>
Il legittimo proprietario si alzò e iniziò a carezzare affettuosamente la bestia sul muso, cercando di calmarla. Il baio sembrava spaventato e continuava a fissare un punto fisso nel bosco di fronte a sé. A breve sarebbe calata la notte e le ombre appena accennate impedivano ugualmente di vedere chi vi fosse all’interno della pineta.

Passi felpati e falcata rapida. Il viandante procedeva sicuro attraverso il bosco, non curante degli eventuali rami, sassi o fanghi in cui i suoi nudi piedi affondavano. Il bianco corpo, scarno e avvolto in neri stracci, sembrava pronto a contrarsi e ad agire da un momento all’altro. La testa rasata scrutava continuamente tra gli alberi di fronte a sé e finalmente intravide qualcosa: un posto di guardia. Le mani strinsero con forza la lancia di ferro che portava con sé. Si lanciò in uno scatto bestiale.

Quando la guardia, vicina al suo cavallo, si accorse di ciò che stava accadendo, fu troppo tardi:
<< Maro, attento! >>
Le due guardie con le spalle al fiume alzarono lo sguardo e sgranarono gli occhi. La guardia che dava spalle al bosco, invece, fu spacciata.
Un viandante, lo spettro di un guerriero forse, stava a mezz’aria: freddi occhi azzurri e muscoli tesi, con le braccia portate fin dietro le spalle nel caricare il colpo con la sua lancia. Sangue e denti volarono in terra quando l’estremità della lancia si abbatté sul cranio dell’ignara guardia. Se solo la lama fosse stata integra, al posto di sangue e denti, sarebbe stata una testa a volare. Girando su se stesso, il viandante piantò con forza l’estremità spezzata alla gola della seconda guardia, ancora seduta per lo shock subito. Questa cadde a terra con la mano stretta al collo; il terzo compagno sfoderò la spada ma fu troppo lento e la lancia ferrata frantumò l’omero e, con una seconda giravolta, anche il femore. L’unica guardia ancora in piedi era pietrificata dalla paura, ancora al fianco del suo cavallo. L’oscuro viandante si avvicinò, deciso. Fissò la guardia con occhi freddi e le puntò il bastone alla gola. La guardia, terrorizzata, alzò le mani e si allontanò dall’animale. Il viandante salì in groppa al cavallo e, spronandolo a nudi talloni, cavalcò oltre il ponte di legno che attraversava il fiume, scomparendo sul sentiero all’orizzonte.

Un messaggero piumato si appollaiò sul posatoio del bastione. Un servo dall’aria annoiata srotolò il messaggio dalla zampa e, finito di leggere, fuggì in direzione del suo padrone.
Il servo spalancò la porta quasi prendendola a calci e, incurante dello sguardo omicida del suo sovrano, arrivò ai suoi piedi e vi si inginocchiò, senza fiato, porgendo il messaggio appena recapitatogli.
Rac afferrò il biglietto, lo lesse e sbiancò. Si alzò dal suo trono e sbraitò alla servitù:
<< Come diavolo è possibile. Questa è la diciassettesima volta in una settimana! Chi è costui!? >>
<< Non lo sappiamo, mio signore. Nessuno l’ha riconosciuto.  >>
Il signore del castello era in preda all’esasperazione:
<< Non posso invadere i regni alleati se un dannato viaggiatore sconfigge tutte i miei soldati! Con cosa combatterò? Con le capre!? >>
<< Signore, il problema non è che sta abbattendo tutti i suoi soldati, ma che, a giudicare dai presidi di guardia che sono stati attaccati, ci si aspetta che sia il vostro castello la sua destinazione ultima. >>
Il sovrano rimase allibito:
<< Non ne posso più! E’ cominciato tutto da quando ho dato l’ordine di uccidere tutti i disertori. Che sia uno di loro in cerca di vendetta? >>
<< Non possiamo saperlo con certezza, mio signore. >>
Rac stracciò il foglietto di carta, lo gettò in terra, afferrò lo scettro d’oro e lo batté a terra con forza. Lo batté ancora e ancora una volta. Al terzo rintocco, una possente armatura bianca fece irruzione nel salone. La sua mole superava di gran lunga quelle delle altre guardie, lo sferragliare della sua corazza in movimento generava inquietudine e, quando fu vicino, si inginocchiò e si levò l’elmo: un volto degno di un dio si mostrò al suo signore Rac. Capelli lunghi e biondi, occhi verdi, mascella poderosa e mento prominente. Le schiave e le dame presenti arrossirono di fronte al suo sguardo giovane e fiero.
<< Zuria, mio fiero condottiero. Mi rammarica doverti disturbare per così poco, ma c’è una questione che devi assolutamente risolvere. >>
Il bianco cavaliere, senza proferire parola, fischiò. Al richiamo rispose un gracchiare stridulo: una grossa cornacchia, bianca anch’essa e più grande di un gufo, entrò da una delle finestre aperte e si appollaiò sulla spalla ferrata del possente guerriero.
<< Si. Cra! Signore! >>
La voce fastidiosa uscì dal becco del pennuto, mentre il muto colosso sogghignava, bramoso del sangue di un guerriero forse alla sua altezza.

  
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