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Autore: IamShe    13/08/2012    8 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Ottavo capitolo
Chi sei davvero?
* * * * * * * * * * * * * * * * *


 
“Carino.”
Mi limito a dire, dopo aver dato un fugace sguardo all’ambiente. Kemerl si gira verso di noi, sfoderando un ghigno soddisfatto. Il suo comportamento non mi convince più di tanto, e sembrano essersene accorti tutti, perfino sua moglie. Ci ha accettati fin da subito, senza pretese o premesse. Sembra essersi fidato di noi, come se sapesse davvero chi siamo. Storco le labbra, stranita. Più lo osservo, più mi convinco che sembra tutt’altra persona rispetto a quella che incontrai qualche giorno fa con Conan.
Vengo circondata da alcuni dei suoi uomini, che, come animali in calore, continuano ad osservarmi esterrefatti, quasi come se non avessero mai visto una donna in vita loro.
Ah, gli uomini.
“Mai quanto te bellezza.”
“Che ne dici se vieni da me stanotte?”
E tra le mille e più affermazioni di questo genere, trovo la forza di risponder loro per le righe, cominciando a recitare la mia parte.
“Mi piacerebbe ragazzi. Ma ho parecchio sonno, e sapete, per fare certe cose ci vuole forza.”
Gin, quello che conobbi qualche giorno fa, e che si presentò come amico di Shinichi, mi si avvicina, superando i suoi amici. Mi prende la mano, stringendola alla sua. Il suo tocco mi dona un senso di fastidio, ma cerco di resistere e di contenermi.
“Un corvo travestito da angelo. Eccitante.” dice, sussurrandomi all’orecchio. Sento dei brividi percorrermi la schiena, senza sapere bene se avere paura o incuriosirmi ancora di più.
Distolgo dolcemente il suo tocco, cercando di evitare movimenti troppi bruschi.
Alzo lo sguardo, evitando di pensare alle innumerevoli conseguenze che questa farsa potrà portare, puntando a concentrare l’attenzione sul mio obiettivo. Incontro gli occhi di Wunderwaffe, che mi osservano rattristati, quasi impauriti.
“Allora,” comincia la moglie di Kemerl, sedendosi su una delle sedie dell’appartamento. Il marito la imita, ma si allontana leggermente dalla nostra visuale, mostrandosi quasi indifferente all’argomento.
“Chi entra nel nostro gruppo non deve avere nessuna pietà verso il prossimo. Abbiamo bisogno di sapere se siete pronti a questo.”
Io ed Heiji annuiamo, fingendoci sorridenti.
Incomincio a chiedermi cosa succederà nel momento in cui mi ordineranno di uccidere qualcuno. Come riuscirò a cavarmela? Non potrei mai trasformarmi in un’assassina, non potrei mai farlo.
“Il nostro primo obiettivo è annientare i Kudo.”
A quel nome sobbalzo, mandando giù a fatica. Ma cos’altro vogliono da noi? Può mai essere così forte il loro odio nei nostri confronti? E perché il mio, non riesce ad essere altrettanto? Hanno ucciso mio marito, ma proprio non riesco a volerli morti.
Forse perché io sono diversa da loro, forse perché non potrei mai far provare a qualcun altro quello che sto provando io.
“Qual è il piano?” chiede Heiji, mantenendo un tono rude.
“La moglie e il figlio sembrano magicamente scomparsi nel nulla da un paio di giorni. Dovete trovarli, ed ucciderli.”
Ah, ecco. Ci stavano cercando.
Gin si allontana da me, mettendosi di fronte all’alter ego di Heiji.
“Io e Wunderwaffe abbiamo avuto il compito di avvicinarli, facendoceli amici.” Ci rivela, come se nulla fosse.
Tutto si chiarisce. Quella gentilezza, quei sorrisi, quei modi di fare.
Il nervosismo si alimenta nel mio corpo, portandomi a stringere le mani in pugni. Come ho potuto fidarmi di loro? Avrei dovuto stare ad ascoltare Conan e il suo intuito per una volta.
“E noi? Che ruolo avremo?” domanda mio cognato, rivolgendosi sempre alla donna. Il mio ex ‘fidanzato’ non si azzarda a partecipare alla conversazione, sebbene tutto ciò pare sia stato messo in scena da lui. Affianca Wunderwaffe, che continua a guardarci preoccupati.
 
Che ragazzo strano che è.
 
“Trovateli. Collaborerete con Gin ed Arthur, alla ricerca del figlio. Noi ci occuperemo della moglie.” Dice la donna, mentre Wunderwaffe si lascia andare ad un sospiro.
Io reprimo un sorrisetto che tenta di nascere sul mio volto. Nulla di meglio.
Loro non sanno dove sono, ma io so dov’è Conan.
Illuderli ed ingannarli sarà come bere un sorso d’acqua.
 
*
 
Il Sole sorge, un’altra notte va via.
La luce si espande lungo il cielo, risvegliando gli animi dei nipponici, che tranquilli riposano nelle loro case. Il freddo pungente si infiltra nei nostri muscoli, indurendoli.
Camminiamo velocemente, tentando di riscaldarci con il movimento dei nostri corpi. Affianco Heiji, che guarda fisso verso i due ragazzi che ci precedono.
Gin ed Arthur ci stanno accompagnando nel loro appartamento, in modo da definire i dettagli della nostra operazione. Come disse qualche giorno fa, la casa dei nostri nuovi complici è poco distante dalla mia. Probabilmente l’avranno affittata, in modo tale da controllarci quotidianamente e senza troppi problemi. E poi, avranno sistemato le cimici, così da poter ascoltare tranquilli anche le nostre conversazioni. Forse avranno voluto avere la prova che effettivamente Shinichi fosse morto, e che non lo stavamo nascondendo in qualche luogo buio e desolato della nostra villa.
Sospiro, continuando ad osservarli. Wunderwaffe è molto silenzioso, mentre Gin continua a mandarmi occhiate maliziose, alle quali per il momento non intendo rispondere.
Entriamo in casa velocemente, sbattendo dietro la porta.
“Questa è casa mia. Gin abita nell’appartamento a fianco.” Ci rivela Arthur, mostrandoci la grande apparecchiatura che nasconde il suo nido. E’ un intreccio infinito di macchine e computer, che si illuminano alternando varie luci e video. Da quello che posso capire, hanno piazzato delle telecamere ovunque. Una è addirittura all’ingresso di casa mia, completamente deserta in questo momento.
“Oh, quanti computer.”
“Sono un hacker informatico. Mi occupo della gestione informatica dell’organizzazione.” Ci racconta, continuando a guardarmi. I suoi occhi sono fissi su di me, ma trapelano emozioni strane, represse. Non riesco a decifrarlo, sebbene cominci a guardarlo con attenzione anch’io.
Heiji tossicchia, invitandomi a riconcentrarmi sul nostro obiettivo.
“Bellezza, se vuoi ti mostro casa mia. E’ molto più confortevole di questa.”
E’ Gin, nuovamente, a parlare. Si avvicina a me, afferrando il mio polso. Sento la sua forza attanagliarmi il braccio, quasi come se non volesse lasciarmi andare.
 
Sono una femme fatale, sono una femme fatale!
 
Ripeto nella mia mente, cercando di reprimere la mia vera natura, fin troppo ostile a quel tocco violento.
“Mi ci fai mettere il pensiero, poi” cerco di ostentare un tono sicuro, mentre sotto la maschera arrossisco per la situazione.
“Puoi mettercelo volentieri.”
Gli sorrido con determinazione, mentre Wunderwaffe continua a fissarmi. Sento il suo sguardo addosso, che pesa come un macigno di piombo.
Che pesa come se volesse dirmi qualcosa che non può dire.
Mi distolgo ancora da Gin, che lascia sfiorare le sue dita sul mio braccio, e mi volto a guardare Arthur.
E adesso mi sento più serena, più sicura, più determinata.
Una strana atmosfera mi si crea attorno.
 
Perché ho una sensazione.
 
“Abbiamo tempo poi. Verrai qui ogni giorno, dalle dieci di mattina.” Continua a riferirmi Gin, cercando con sensualità di attirare la mia attenzione.
 
Arthur, Gin. Gin, Arthur.
I loro volti si susseguono nella mia mente, come mille istantanee di una vecchia macchina fotografica.
 
Perché mi ricordano qualcuno, e non dovrebbero.
 
“Certo. Sarò puntuale.”
Annuisco, osservandoli con curiosità.
Un tonfo al cuore mi blocca per qualche istante il respiro.
 
Perché mi ricordano Te.
 
*
 
Se solo qualche tempo fa qualcuno mi avesse detto che nella vita sarei finita col’infiltrarmi in una nascente organizzazione criminale, fingendomi una femme fatale, con il solo scopo di annientarla e di vendicare tutto ciò che mi era stato privato, sarei scoppiata a ridergli in faccia. 
E sebbene la situazione mi appaia tutt’altro che realistica anche in questo momento, non posso fare a meno di pensare che, infondo, nella vita c’è sempre da sorprendersi.
Quando tutto sembra scritto, quando i giochi sembrano fatti, quando il destino scorre  seguendo quel copione ingiallito che puzza di vecchio, ecco che tutto cambia e si stravolge. Senza spiegazione e senza motivazione, gli equilibri si frantumano e lasciano spazio a nuove avventure, a nuove emozioni, a nuovi pensieri.
E mentre affrontiamo questo vortice di novità, ci ancoriamo ad un passato che lentamente ed inesorabilmente si allontana.
Ma è così sbagliato voler trattenere il nostro passato?
Il mio passato?
Shinichi, spensieratezza, Shinichi, sorrisi, Shinichi, pianti, Shinichi, gioie.
Sorrido, riflettendoci un attimo sul serio. La mia vita, a prescindere dal giorno, dall’umore, dal tempo o dal luogo, è stata segnata da Shinichi. E lo è tutt’ora. Ovunque mi giri lo vedo, sento la sua presenza, il suo profumo, i suoi movimenti. Anche ora, anche in questi attimi così lugubri e densi di nervosismo, riesco ad avvertirlo.
E mi ritorna in mente quel volto che vidi qualche giorno fa, in quelle strade periferiche di Tokyo. Non era un sogno, e nemmeno un’allucinazione.
Mio marito era lì.
E non solo lì.
E’ da quando non sono più Ran Mouri che ho la sensazione che uno Shinichi Kudo mi sia vicino. Sarà che mi sono fatta fin troppo influenzare dal piano di Heiji, ma, adesso, credere che lui sia ancora vivo non mi pare più un’eresia. E così, più che raccogliere informazioni sulla morte di mio marito, perdo tempo a scovare segnali concreti e decisivi sulla sua ‘resurrezione’.
“Heiji?” lo chiamo, invitandolo a voltarsi. Ci siamo ritirati nel nostro appartamento, quello che il mio amico ha affittato vicino alla base, come copertura. E’ abbastanza spoglio, ma per quel che serve abbiamo rinunciato ad arredarlo al meglio.
“Dimmi” mi risponde, abbandonando il corpo sul divano. Mi avvicino a lui, facendomi spazio sui cuscini, sedendomi a mia volta.
“Ho una strana sensazione.” Gli confido, lasciandomi andare ad un sospiro. Ho riflettuto un po’ prima di parlagliene, ma sono giunta alla conclusione che avvertirlo sia la cosa più giusta. Probabilmente mi prenderà per pazza, ma l’intuito e l’istinto femminile non sono mai da sottovalutare.
“Cioè?” mi chiede, incuriosendosi.
“Penso che non siano tutti cattivi gli scagnozzi di Kemerl.” Gli dico, cercando almeno per il momento di rimanere sul vago. Mio cognato si leva la maschera, portando alla luce il suo vero volto. Lo imito, gettando il mio alter ego sul tappeto, e sistemandomi leggermente i capelli scompigliati.
“Mmm?” mugugna lui, invitandomi a chiarirmi.
“Forse, potremmo fidarci di qualcuno, no?”
“Perché non riesco a seguirti?” mi domanda, con un leggero accento ironico.
“Perché sto per dire una stupidaggine, forse.” Sorrido, passandomi una mano sul viso.
Sarà che sto impazzendo, che la nostalgia mi sta uccidendo, che la sua mancanza si fa sentire, ma è così sbagliato seguire ciò che dice il nostro istinto?
Razionalmente parlando, mi prenderebbero per matta.
Credere che sia ancora vivo, che sia scampato all’incendio, che si nasconda sotto altre spoglie tra i complici di Kemerl, che non abbia detto nulla e che sia pronto a sbucare da un momento all’altro è tanto incredibile quanto rassicurante.
Ma anche se tutto questo fosse frutto della mia fantasia, per il momento, voglio lasciarla viaggiare, e cullarmi dell’illusione che lui, in qualche modo, sia ancora con me.
“Credo che...” comincio, leggermente in imbarazzo. “Uno tra Gin ed Arthur sia Shinichi.”
Mio cognato sbatte più volte le palpebre, serrate dalla sorpresa. Lancia lo sguardo un po’ ovunque, come se si sentisse smarrito.
“Ti avevo avvertito che era una stupidaggine” faccio quasi per scusarmi, mentre lo osservo ritornare nelle sue piene facoltà mentali.
“No, frena frena!” mi intima, parandomi le mani avanti. “Perché lo credi?!”
“Semplice intuito femminile” gli dico, rimettendomi a sedere freneticamente. Passo le mani tra le ciocche dei miei capelli, mantenendomi la testa alta. Poi mi rialzo, presa da uno strano raptus nevrotico. Non riesco a stare ferma, e il pensiero che mio marito possa essere ancora vivo mi sfinisce.
“Cioè... non so! Quando siamo andati a casa loro... ho avvertito una strana sensazione, come se Shinichi fosse lì! E poi... e poi io l’ho visto davvero in quella strada! Non era un sogno!”
Guardo Heiji e scoppio a ridere, sebbene la situazione non sia delle più comiche. La sua faccia è buffissima, un misto tra ‘ma cosa sta dicendo’ e ‘è impazzita’ e ‘però potrebbe essere’.
“Tu mi stai dicendo che Shinichi è vivo?!” mi urla contro, alzandosi dal salotto.
“No! Cioè... sì. Cioè.. boh!”
Il suo viso si stranisce ancora di più, le sue labbra rimangono per un po’ dischiuse.
“Sì, lo so, è folle. Ma è per questo che mi piace.”
Gli dico, mentre lo osservo rimanere per qualche secondo a meditare. Si strofina il mento con decisione, sbattendo lo sguardo a terra.
“Ok, ragioniamo” parla improvvisamente, tornando a guardarmi.
“Uno di quei due è Shinichi?”
Annuisco semplicemente, con le mani strette in pugni.
“E come avrebbe fatto a salvarsi?” mi chiede, come se io ne sapessi più di lui. Vorrei ricordargli – tanto per – che lui ha visto il corpo abbrustolito, ed è tornato a casa come un fantasma dall’anima rotta.
“Non ne ho idea.”
“Però, c’è da dire una cosa.” Rimbecca lui, portandosi nuovamente le dita sotto il mento.
Sospiro, afflitta.
“Cosa?”
“Quello Gin Kitsune.. il suo nome, beh, mi ricorda Shinichi.”
Ci rifletto un attimo su, navigando tra i neuroni del mio cervello. Gin è il nome di un alcolico potentissimo, ma in giapponese ha un significato completamente diverso, vuol dire argento. E Kitsune... Kitsune vuol dire volpe.
Una volpe d’argento.
“Volpe d’argento!” esclamo, mentre la mia pazza idea diviene sempre più realistica.
Sempre più possibile.
Sempre più vicina.
“Ovvero una persona arguta, capace di imbrogliare chiunque. Una specie di sinonimo di proiettile d’argento. Ma più diretto, stando lui prendendo palesemente in giro tutti. Compresi noi.”
“Shinichi è Gin?” domando, quasi felice.
“Non so. Kemerl non avrebbe fatto il nostro stesso ragionamento?” mi chiede, demolendomi.
Appunto, Kemerl.
Sbarro gli occhi, mentre un’altra, folle, idea, si fa spazio nella mia mente.
Comincio a farmi paura da sola, lo ammetto.
“Kemerl!” urlo, spaventando il mio amico, che sobbalza dal divano.
“Kemerl?”
“Sì! Lui potrebbe essere Shinichi!”
Sbatte più volte le palpebre, allibito.
“Kemerl è Shinichi?!”
“Pensaci. Ci ha accettati fin da subito, perché sapeva che eravamo noi! Sennò perché prenderci così?” gli dico, convinta di ciò che sta uscendo dalla mia bocca.
E’ un po’ contorto, ma ci può stare.
“E dov’è il vero Kemerl?”
“Non so. Da qualche altra parte, forse.”
Heiji sembra rifletterci un po’, ma la sua espressione non è delle migliori.
“Ma non ha senso!” sbotta dopo qualche istante, incredulo.
“Invece sì! Il Kemerl che vidi io, che voleva ucciderci, è quello vero! Infatti è diverso da questo qui!”
“E’ diverso?” mi domanda, con tono sorpreso.
“Sì! Shinichi avrà azzardato un travestimento.”
“Ma tu hai detto che la sensazione l’hai avuta in casa di Wunderwaffe!” dice, ricordandomi un particolare che con queste elucubrazioni ho completamente ignorato.
“Beh, Arthur non credo sia lui. Cioè... è troppo diverso!” ragiono, pensando al nostro amico hacker informatico.
“Non ho detto che Arthur è Shinichi!”
“Però...” lo blocco nuovamente, prendendogli le mani. “Però ha un atteggiamento strano sai quel ragazzo!”
“In che senso?”
“Non so. E’ l’unico che non ha fatto apprezzamenti su di me.”
Mio cognato riduce gli occhi a delle fessure.
“Beh, non lo vedo un tipo che ci sa fare con le donne.”
Abbasso il viso, annuendo. “Sì, effettivamente non lo sembra.”
“Anche se quel nome... dannazione, mi è sempre più familiare, ma non riesco a capire dove l’ho sentito.” Riflette ad alta voce, cominciando a grattarsi il capo.
Sir Wunderwaffe, Wunderwaffe... anche a me fa il medesimo effetto.
Medito, ma non riesco ad arrivare a nulla.
E dal nulla, un brivido mi percorre la schiena. Mi volto a guardare oltre la porta del nostro appartamento, che ha la parte superiore vetrata, leggermente opaca.
Spalanco gli occhi, strattonando il braccio del mio amico.
Una sagoma scurisce la luce che proviene dalla strada. I bordi, per niente nitidi, sono ben visibili grazie alla luminosità di un lampione che si erge a fianco del nostro portone.
Porta una maglia rossa, le braccia sono sottili, ma abbastanza muscolose. I capelli sbarazzini.
Vorrei corrergli contro, ma ricordo in tempo di non avere la maschera.
E il tempo di mettermela, quella sagoma è sparita. Esco fuori rapidamente, aprendo la porta con non curanza. Heiji mi segue, prendendo le sembianze del suo alter ego.
Ma a nulla servono i nostri occhi, quando l’oscurità ci avvolge.
Faccio forza sulle mie gambe e scendo in strada velocemente, trovandomi nel bel mezzo del notte nipponica. Nonostante l’orario, incontro molte persone, alcune delle quali dal viso truce e stanco, forse rovinato dalla cocaina. Le evito, corro, mi affanno, ma tento il tutto per raggiungere quell’individuo.
E quando sto per girare l’angolo, per entrare in un vicolo buio e stretto, sbatto contro qualcuno, che mi si piazza davanti.
Alzo gli occhi ed ho un tuffo al cuore.
Ha i suoi occhi, ha i suoi lineamenti... ma è diverso, non è lui.
Un uomo incredibilmente somigliante a mio marito, si mantiene il labbro, contro il quale sono andata a sbattere poco fa.
“Potrebbe guardare dove va signorina!” mi dice, con la voce rovinata dalle mani.
“Mi scusi.” Riesco a dire semplicemente, ancora presa dal suo viso.
Finalmente si libera le labbra dalle dita, e si mostra integralmente al mio cospetto. Sbatto più volte le palpebre, incredula. Gli assomiglia. Tanto, troppo.
“Ad una bella donna come lei, le si perdona tutto.”
Mi prende la mano gentilmente, e ne bacia il dorso.
Arrossisco sotto la mia maschera, nel tentativo di ritirare il tocco.
Ma nel guardare la mia mano, mi torna in mente il mistero di quel braccialetto, che un uomo fin troppo somigliante a Shinichi, donò a Conan. E il sentirsi osservata, seguita, controllata.
Che sia lui l’ombra che si nascondeva al chiarore della luna?
“Oh, grazie, lei è troppo gentile.”
“E’ qui da sola? Questa zona è pericolosa.” Mi dice, con un tono fin troppo protettivo.  
“Oh, sì. Mi accompagnerebbe a casa mia? E’ ad un centinaio di metri da qui.” Lo invito, nella speranza che accetti. Forse riuscirò a cavarne qualcosa di utile.
“Ma certo.” Mi assicura, sfoderando un grande sorriso.
“Ah, a proposito il mio nome è...” comincia, ma si ferma nell’osservare Nishi, o meglio Heiji, intervenire. Probabilmente, preoccupato per me, si sarà fiondato in strada, e ricercandomi, mi avrà vista in compagnia di quest’uomo. All’oscuro di tutto, avrà pensato bene di raggiungermi, nel tentativo di proteggermi. Ma non è propriamente quello che volevo.
“Vanille, su vieni, andiamo.” Mi trascina via, lasciando il sosia di mio marito sul bordo della strada, con una strana espressione sul viso. Continuo a guardarlo, mentre vengo portata via da mio cognato, che velocemente torna alla nostra base.
“Ma cosa ti viene in mente?! Non puoi metterti a parlare con gli sconosciuti!” mi sgrida inconsciamente.
“Guarda che non stavo facendo amicizia! Era importante! Hai visto che era identico a Shinichi?!” lo rimbecco, mentre rientriamo in appartamento.
“Adesso è quello Shinichi?” mi chiede, con un tono ironico.
“No, ma...” vorrei controbattere, ma mi blocco, infilando la mano nella mia tasca. Lì trovo un foglietto bianco e rettangolare, non molto duro. Lo estraggo e nel frattempo penso a come ci sia finito nei miei pantaloni. Ci sono alcune parole sopra, scritte con una penna nera.
Sbianco, mentre le mie mani vacillano.
 
Il mio nome è Kaito Kuroba, Ran.
Vieni alla torre di Touto, domani alle 21.
Ho delle cose da dirti.
 

“Kaito... Kuroba?!" Sbatto le palpebre ripetutamente. "E chi è?!"






Angolino autrice:
*
Oddio! E' tardissimo!
Domani devo prendere l'aereo per Londra, e sono ancora qui, all'1.40, a pubblicare il capitolo!
Ho pensato di farvi, ancora, un altro regalino, prima di partire!
Sono brava eh? :P
Allora!!! Piaciuto il capitoletto?!
Sorpresi, dispiaciuti, contenti, strafelici?
Chi incontriamo? Ma chi, chi, chi?
Per la gioia di tutte le sue fan... eccolo, è lui!! Kaito Kid!!!
E non è che appare dal nulla, ma c'era già negli altri capitoli!
Solo che non si vedeva, o meglio, non lo vedevate :P
E cosa avrà da dire a Ran? E come farà a sapere che quella è Ran?!
Ovviamente il titolo fa riferimento sia a lui che... ai pensieri di Ran!
Ma poi... è vero che Shinichi è ancora vivo?
Tutti risponderanno sì... Già me lo sento XD 
Beh, io non ci conterei.
Il dubbio vi rimarrà! Almeno per adesso ù_______ù
Scusatemi se non ringrazio ognuno, ma ho davvero sonno, e dovrei essere già a dormire!
In compenso, proprio perché vi ho fatto vedere tutti, potete ammirare la bellezza bruttezza di Wunderwaffe, in tutta la sua goffaggine!
http://i49.tinypic.com/33f6fsn.jpg
E' lui, sì ù.ù

Va beh, adesso vi lascio!
Giuro, la prossima volta ringrazierò tutti!
Un abbraccio, e buone vacanze!
Tonia

P.s. Come avrete notato, sto litigando io e il codice HTML. Sopportatemi, non riesco a trovarne uno che mi piaccia.
*
   
 
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