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Autore: phoenix_esmeralda    18/08/2012    3 recensioni
“ - “Bella mascherata” – mi dice lui, ricambiando la mia occhiata con un’altra occhiata ironica rivolta al mio aspetto. Il suo sorriso sarcastico sembra sottolineare la sobrietà del mio abbigliamento e la severità della crocchia in cui ho racchiuso i miei riccioli dorati. – “Suppongo che la tua padrona si sia fatta trarre in inganno!”
Stringo le palpebre e mi mordo un labbro per trattenere la rabbia. Mi sta insultando come se non fosse lui quello colto in fallo e incatenato a un muro.
- “Ti consiglio di moderare la lingua Terence! Io e te abbiamo un conto in sospeso!”
Quarta classificata al contest "Un giorno lo incontrerai" di Medusa Noir.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2

 

Sorpresa sorpresa! Non sono una bambinaia! O non la sono sempre stata, comunque.

Ero una ladra e anche piuttosto brava. Vivevo di piccoli furti portati a segno nelle ville di ricchi signori, ero in grado di scavalcare cancellate e arrampicarmi sui muri con un’agilità che pochi sapevano imitare.

Fui sfortunata una sola volta nella mia vita, quando il ferro arrugginito di un cancello cedette solo al mio peso e io, sovraccaricata dal bottino appena trafugato, caddi pesantemente a terra triturandomi le ossa.

Fu il giardiniere della villa a raccogliermi. I gioielli che avevo addosso non lasciavano dubbio a ciò che ero, ma lui non mi denunciò ai suoi signori. Mi portò nel casottino in fondo al giardino in cui dimorava, restituì i gioielli ai padroni dicendo di aver trovato in terra solo la sacca che li conteneva e si prese cura di me.

Il giardiniere era Terence naturalmente. E se questo racconto può avervelo dipinto come un giovane di buon cuore... beh, conoscerlo dal vero mi fece un’impressione completamente diversa.

 

- Non dovreste tenermi qui – gli dissi, la prima volta che ripresi conoscenza nel suo rifugio.

- Concordo. Non ho nessuna intenzione di prendermi cura di voi. -  I suoi occhi azzurri si posarono su di me a malapena.

- Meglio così, perché non avrei nulla da offrirvi in cambio.

Lui mi guardò un po’ più attentamente, facendo passare lo sguardo sul mio corpo coperto da una camicia che mi aveva prestato.

- Già. Nulla che vorrei comunque – disse, facendomi infuriare.

Avevo diciotto anni allora ed ero decisamente permalosa.

La cosa singolare fu che nonostante tutto mi tenne lì per più di un mese. Era il ragazzo più incoerente che avessi mai incontrato. Non intendeva prendersi cura di me, ma lo faceva. Non gli piacevo e non mi voleva. Eppure mi prese.

 

Lui parlava il meno possibile di sé,  io cercavo di non espormi. Così i nostri momenti insieme erano permeati di silenzi e lunghi sguardi. I miei occhi verdi nei suoi azzurri.

Mi incuriosiva quel suo strano modo di essere, ma evitavo di fargli domande. Man mano che le mie condizioni miglioravano, avevo preso a fare piccoli lavori in casa, a fargli trovare qualcosa di caldo da mangiare quando rientrava. Lui non mi ringraziava mai.

“Perché hai spostato il mio rastrello?”  e  “Cos’è questo odore di bruciato?”, erano il massimo delle sue espressioni. Però lasciava le cose come le avevo messe e mangiava tutto quello che cucinavo.

Ero io quella con il piede nella fossa, impotente se lui avesse voluto denunciarmi. Eppure lui si muoveva cauto e circospetto come se io rappresentassi un pericolo per lui.

Certo, non potevo sapere che fosse un Alych.

Poi qualcuno si accorse di me, fece la spia ai padroni che mandarono il maggiordomo e il cocchiere a controllare la casa. I signori della villa mantenevano il giardiniere, ma gli era vietato portare altre persone nel casottino. Quando mi trovarono stavo apparecchiando la tavola, le mie fratture si erano ormai ricomposte e stavo riprendendo pian piano la mobilità.

- Venite entrambi dai padroni! – ci ordinarono e noi non potemmo far altro che seguirli.

- Non intendo finire nei guai a causa tua – mi sussurrò Terence uscendo dal casottino e a quel punto pensai che fosse finita. Mi avrebbe denunciato, confessando la verità sulla mia presenza alla villa. Mi avrebbero buttata a marcire in galera e lì avrei trascorso il resto dei miei giorni!

Ma quando ci trovammo davanti ai padroni, Terence rimase in silenzio.

- Hai portato una donna a vivere con te a nostre spese, pur sapendo che era severamente vietato! Puoi forse dire che non eri stato avvisato del regolamento?

Terence rimase quieto, immobile.

- No. Sapevo che mi era vietato.

- Chi è questa ragazza? Da quanto tempo vive qui?

Lui mi lanciò un’occhiata di traverso, un muto ammonimento a non aprire bocca.

- Da poco più di un mese. È... la mia fidanzata.

- Che sia la tua fidanzata non ti giustifica! Ti verranno decurtati gli stipendi dei prossimi due mesi e subirai la punizione corporale prevista. In quanto alla ragazza, domattina tornerà da dove è venuta!

Mi lasciarono libera di rientrare al casottino, mentre lui venne portato via dal cocchiere e dal maggiordomo. Lo rividi solo un paio d’ore più tardi, con la schiena a brandelli.

Lo medicai in silenzio pensando al sangue che aveva sparso per proteggermi e, peggio ancora, ai due mesi di stipendio che non avrebbe riscosso. Non sapevo che ripercussioni questo avrebbe avuto sulla sua vita.

- Terence... grazie.

- Non l’ho fatto per aiutarti!

- Davvero? Beh, grazie per non aver avuto intenzione di aiutarmi allora!

Era persino ridicolo nella sua ostinazione.

Gli accarezzai la porzione scarsa di pelle rimasta sana sulla schiena, poi salii fino al collo e ridiscesi lungo i fianchi. Lui sospirò e sentii che per un istante si sarebbe lasciato andare.

- Non hai nessuna intenzione di baciarmi, vero? – gli dissi, con un sorriso divertito.

- No, certo che no.

Lo baciai io allora e quando gli infilai la lingua fra i denti, lui sussultò e rispose. Nonostante la sua schiena, in qualche modo facemmo l’amore. Non semplice sesso, perché in quel nostro rapporto di silenzi e contraddizioni, si erano insinuate tenerezza e delicatezza, un desiderio misto a un timido imbarazzo.

L’ho detto che non sono una sgualdrinella. Sono passati tre anni da allora e lui è stato il mio ultimo uomo.

 

Perché ci siamo ridotti ai ferri corti quindi?

Lo scoprii il mattino dopo a parlare con il cocchiere. Mi stava denunciando a lui, per consegnarmi. Gli stava dicendo che ero una ladra sorpresa con i gioielli della padrona in borsa.

Mi stava vendendo per riavere i suoi stipendi.

Così rientrai nel casottino, rubai tutto ciò che di prezioso aveva in casa, soldi, utensili e anche cibo, e dopo averlo completamente ripulito uscii dalla finestrella sul retro e scappai.

Non lo rividi più per tre anni. Poi misi la testa a posto e mi feci assumere come bambinaia, falsificando le referenze. E ci ritrovammo a prestare servizio nella stessa villa.

 

  
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