Capitolo3: Dubbi
Harry era attonito. Fissava l’uomo di fronte a sé ad
occhi sgranati. Per un attimo, data l’assurdità di quella situazione, pensò che
fosse tutto soltanto un sogno, ma non poteva essere così. Il dolore che
percorreva le sue membra era troppo reale, da mozzare il fiato. Tentò di dare
un’altra scossa alle catene, ma era tutto inutile. Era lì, alla mercè di due
folli mangiamorte, ad attendere l’arrivo dell’assassino dei suoi genitori, e
come se non bastasse Piton tentava di confondere la sua mente già terribilmente
offuscata dalla debolezza. Non poteva lasciarlo fare, doveva rimanere lucido
almeno fino all’arrivo di Voldemort. Sapeva che sarebbe stato impossibile
fuggire, ma se doveva, voleva soccombere a testa alta. Probabilmente Voldemort
lo avrebbe sfidato nuovamente come aveva fatto in quel cimitero alla fine del
Torneo Tremaghi, gli avrebbe reso la bacchetta e lo avrebbe costretto a
combattere contro di lui, ed Harry non si sarebbe tirato indietro. Sapeva di non
avere alcuna possibilità, non si era ancora messo alla ricerca degli Horcrux
mancanti, aveva progettato di farlo dopo la visita a Godric’s
Hollow.
Avrebbe combattuto con tutte le sue forze, questo era
certo. Se doveva morire, lo avrebbe fatto -come aveva detto allora Voldemort?-
dritto e fiero, come suo padre. Quel
padre tanto odiato dall’uomo che ora stava di fronte a
lui.
“Vattene, Piton. Non ti sono bastati sei anni di scuola
per tormentarmi? Non credo ad una sola parola di quello che hai detto. Hai
ucciso Silente davanti ai miei occhi, dannazione! Come fai a parlare di
fedeltà?”.
“Te
l’ho detto Potter, proprio averlo ucciso è stata la massima prova della mia
fedeltà. Ho eseguito gli ordini. Io non sono mai tornato dal Signore Oscuro,
sono tuttora dalla parte dell’Ordine della Fenice. Il vero problema è che
l’Ordine non lo sa, e continua a darmi la caccia. Adesso fai silenzio e lasciami
parlare, se ci tieni alla tua vita”.
Harry alzò nuovamente la voce: “Tu non mi fai nessuna
paura, è inutile che mi minacci. Inoltre so bene che non puoi uccidermi,
Voldemort te la farebbe pagare cara per avergli tolto questo
piacere!”.
Piton, che aveva ormai perso la pazienza, si chinò verso
il ragazzo incatenato e lo afferrò per la maglia, sollevandolo leggermente dal
pavimento. La sua voce era di nuovo molto bassa, e di tanto in tanto gettava
occhiate sospettose verso la porta: “Non intendevo questo. Devi farmi finire di
parlare, perché poi dovrò portarti via di qui. Sono qui per salvarti, ma tu stai
notevolmente complicando le cose con il tuo atteggiamento”.
Harry guardò negli occhi di quell’uomo con rabbia. Come
quando erano ancora a scuola, Piton si stava approfittando della sua posizione
di superiorità per fargli del male, perfettamente consapevole del proprio
vantaggio sul ragazzo che non poteva difendersi. Ma che insano piacere poteva
mai trarre dal raccontargli quelle assurdità? Harry cercò di controllare con
tutte le sue forze la voce tremante:
“Perché ti prendi gioco di me in questo modo? Sei la
persona più vile e meschina che abbia mai conosciuto”. Piton continuò a tenere
Harry sollevato, guardandolo impassibile, avvertendo il tremito del corpo del
ragazzo. Sentiva la collera divampare nei confronti dell’arroganza del moccioso,
ma si sforzò di continuare: “Hai mai sentito parlare del Voto
Infrangibile?”.
“So
tutto del voto che hai stretto con la madre di Malfoy. Ho origliato quando hai
parlato con lui l’anno scorso, la sera della festa di
Lumacorno”.
Piton lo trafisse con un’occhiata
penetrante e un’espressione incollerita, e lo lasciò
ricadere sul pavimento. Il suo solito, arrogante e totale disprezzo per le
regole. Quel ragazzo si meritava davvero una bella lezione, ma purtroppo in quel
momento l’insegnante sapeva di non potersi permettere questo piacere. Doveva
spiegare le sue ragioni al ragazzo, doveva portarlo via di lì prima dell’arrivo
di Voldemort.
“Adesso basta, Potter. Ti scaglierò di nuovo il silencio e ti spiegherò esattamente
quello che è successo. Ti conviene ascoltare attentamente, non mi piace ripetere
le cose. Se non vuoi farlo, peggio per te, agirò con o senza la tua
collaborazione”.
Harry fissò l’uomo negli occhi in silenzio, per qualche
secondo. Si sentiva molto combattuto. Non era pronto a credere alle parole di un
uomo che lo aveva tormentato per tanti anni, ma il dubbio cominciava ad
insinuarsi nella sua mente. Sembrava che Piton stesse facendo davvero un
incredibile sforzo su se stesso per controllarsi.
“Va
bene, ascolterò. Il silencio non è
necessario. Mi basta solo che tutto questo finisca
presto”.
Piton percepì distintamente il tono amaro del ragazzo,
ed avvertì una strana sensazione, come una leggera stretta al petto. Era forse…
compassione? -No, tu lo odi come odiavi
suo padre, non ha importanza quello che hai dovuto fare per lui in questi anni,
avevi i tuoi buoni motivi -si disse Piton.
“Molto bene, perché dobbiamo fare in fretta. Silente…
lui sapeva del Voto Infrangibile, sapeva che il Signore Oscuro aveva chiesto a Draco di
ucciderlo, probabilmente per vendicarsi del fallimento di Lucius al Ministero
-Piton notò il leggero velo di tristezza che passò davanti agli occhi del
giovane Potter nel ripensare agli avvenimenti di quella notte di circa due anni
prima, che avevano condotto alla morte del suo padrino- Silente mi ha detto che
avrei dovuto rispettare il mio Voto, in qualsiasi circostanza. La mia copertura
non doveva saltare, perché era fondamentale avere una spia tra i mangiamorte. Mi
disse che avrei dovuto ucciderlo, se fosse stato necessario, perché il mio
compito non era ancora concluso, sia come spia sia…” Piton si bloccò, incapace
di continuare, e fissò gli occhi adirati e colmi di scetticismo di
Harry.
“Sia? Continua!” lo incitò il ragazzo. Piton sembrò
riflettere per qualche istante, e stava quasi per riprendere il discorso, quando
un distinto rumore di passi in avvicinamento lo bloccò. Lucius stava
tornando.
“Quello che ti ho detto deve bastarti per adesso,
Potter. Ascoltami attentamente: il Signore Oscuro non sarà qui che per l’alba.
Prima di allora, tornerò a prenderti e ti porterò via di qui. So come eludere la
sorveglianza di Lucius”.
Harry sembrava esterrefatto: “Portarmi via? Cosa… io
non… perché dovrei fidarmi?”.
“Perché non hai altre possibilità! -ringhiò Piton-
Saprai tutto il resto una volta che saremo andati via di qui. Ora -Piton puntò
di nuovo la bacchetta verso il ragazzo- sappi che non sto facendo questo per
piacere personale, ma è fondamentale che Lucius continui a fidarsi di me, e
sarei poco credibile se me ne andassi senza torcerti un capello”. Piton agitò la
bacchetta verso la guancia di Harry, sulla quale comparve una brutta scottatura.
Harry continuava a fissarlo ad occhi sgranati, quando la porta della cella si
aprì e Malfoy fece il suo ingresso. Lucius guardò prima Piton e poi il suo
prigioniero, che ricambiò sprezzante lo sguardo, e sembrò alquanto compiaciuto
alla vista della nuova bruciatura sul suo volto. Poi i suoi occhi si posarono
sul fianco del ragazzo, che aveva smesso di sanguinare, e si volse interrogativo
verso Piton.
“E’
necessario che rimanga vivo fino all’arrivo del Signore Oscuro. Si stava
dissanguando” rispose Piton. Lucius sembrava contrariato, ma non obiettò e si
limitò ad annuire. Poi, senza alcun preavviso, allungò una gamba e sferrò un
potente calcio al volto di Harry, che gemette. Lucius rise mentre il ragazzo
inclinava la testa verso il proprio braccio per asciugare il sangue che adesso
colava dal labbro spaccato. Harry lanciò un’occhiata a Piton, e quello che vide
lo stupì. L’uomo stringeva i pugni e osservava Malfoy con quella che sembrava
rabbia trattenuta. Ma che cosa stava succedendo? Poteva Harry davvero… fidarsi
di lui? Lui ha ucciso Silente e ti odia,
odia il figlio di James Potter. Ma che cosa aveva voluto dire l’insegnante
quando aveva nominato sua madre?
La
voce di Malfoy lo distolse dai suoi pensieri: “Povero piccolo Potter. Non riesci
nemmeno a ripulirti il volto dal sangue. Vuoi che ti aiuti?” Lucius si chinò
verso Harry, afferrò il suo volto e lo sfregò rudemente con la sua mano, mentre
il ragazzo cercava invano di ritrarsi e le catene si stringevano sempre di più.
Harry odiava quel senso di impotenza, odiava non poter reagire in nessun modo a
quel mostro!
“Non toccarmi”. Per tutta risposta, Malfoy rise ancora,
beffardo, ma si raddrizzò quando Piton parlò:
“Andiamo Lucius, sono stanco della sua voce petulante e
del freddo di questa cella” Piton si avviò verso la porta e Lucius, pur
sembrando riluttante, lo seguì. Una volta sulla soglia, l’uomo puntò per l’ultima
volta i suoi occhi grigi su Harry: “A più tardi, Potter” spense le torce e
sbattè la porta alle sue spalle.
Solo e immerso nell’oscurità, Harry ripensò a quello che
era appena successo, a tutto quello che Piton gli aveva detto. Si sentiva ancora
più confuso di quando si era risvegliato e si era ritrovato incatenato, e quasi
provava senso di colpa per questo. Non avrebbe dovuto avere dubbi su Piton, dopo
quello che gli aveva visto fare, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare,
lui era un mangiamorte a tutti gli effetti.
-Silente si è sempre fidato di lui, e tu ti sei sempre fidato della saggezza di Silente. Può essersi sbagliato così clamorosamente su Piton?- Era tutto così assurdo, Silente che diceva a Piton che non avrebbe dovuto esitare ad ucciderlo, Piton che diceva che sarebbe tornato a prenderlo per salvarlo. Harry non poteva crederci, ma d’altro canto, riflettendo lucidamente, si chiedeva perché Piton avrebbe dovuto raccontargli quelle menzogne, proprio quella notte in cui ormai lo avevano in pugno. Forse voleva semplicemente sottrarlo a Malfoy e consegnarlo a Voldemort personalmente, per prendersi tutto il merito e l’onore che ne conseguiva agli occhi del suo tanto adorato Oscuro Signore? Dopotutto non aveva esitato a colpirlo alla guancia -ma sembrava arrabbiato quando Malfoy ti ha colpito, e l’anno scorso non ha permesso ai mangiamorte di torturarti-. Ma ciò che più impensieriva Harry era il fatto che Piton avesse nominato sua madre. Il ragazzo ripensò a quel poco che sapeva sul rapporto tra sua madre e il giovane Severus: nel pensatoio aveva visto Lily difenderlo dalle angherie di suo padre James, e come ringraziamento Piton l’aveva insultata per le sue origini babbane. Decisamente, non dovevano essere amici. Harry sospirò per la frustrazione. Se le catene glielo avessero permesso, avrebbe affondato la testa tra le braccia. Invece, immobilizzato in quella scomoda posizione, chiuse gli occhi e, vinto dalla spossatezza, si lasciò andare a un leggero e agitato sonno, carico di incubi su Malfoy, Piton e Voldemort.
continua...
Nota dell'autrice: grazie mille a Lake, IdraelenV e zizela per le loro recensioni... siate state gentilissime, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo. Per Lake: inizialmente mi sono spaventata leggendo la tua recensione... Al prossimo capitolo! Sonsimo
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