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Autore: I n o r i    20/08/2012    1 recensioni
"Non capì cosa la portò a fidarsi di lui, a quel tempo. Quella persona avrebbe veramente potuto essere un assassino satanico desideroso di farla a pezzettini, eppure lo seguì con decisione fino a che non raggiunsero le fine del bosco. In mezzo a tutto quel buio, le bastò continuare a sentire il calore di quella mano, per sentirsi più tranquilla."
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Judith ha solamente sedici anni quando si trasferisce a casa del padre, a Buldwick: un paesino estraniato dal resto del mondo, piccolo, dove tutti conoscono tutti. Per quanto possa pensare il contrario, è un'adolescente come tutte le altre: crede di sapere tutto di sé, di conoscere perfettamente se stessa. Ed è convinta di potercela fare benissimo con le sue sole forze in qualsiasi situazione: perché Judith è forte e non si lascia trasportare dai sentimenti come tutte le ragazzine della sua età.
Ma, come in ogni altra banale storia d'amore, tutte le sue convinzioni vengono abbattute nel momento in cui incontra lui, Nathan.
Un lago ad accomunarli, una strana luce che spingerà Judith ad avvicinarsi sempre di più a quel ragazzino così strano e misterioso...ed una leggenda, la leggenda della Divinità del lago di Buldwick.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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La mattina dopo, Judith si svegliò inaspettatamente di buon'umore: tanto che, non appena la sveglia suonò precisa alle otto in punto, la spense con un gesto tranquillo e non la scaraventò a terra come faceva solitamente.

Si mise a sedere sul suo letto e si stiracchiò, sbadigliando, per poi alzarsi e dirigersi verso il bagno.

Ma non fu in grado di raggiungere la sua meta, dato che, non appena aprì la porta della sua stanza, si ritrovò suo padre ancora in pigiama davanti agli occhi, il quale le sorrise amorevolmente.

Prima che Judith potesse pensare di dire qualcosa, Mark le mostrò quella che sarebbe stata la sua divisa scolastica.

<< Carina, vero? Ti starà benissimo! >> Esclamò gioioso, poggiandogliela fra le mani e sgattaiolando in direzione del bagno.

Judith, ancora assonnata, fece retro-front e stese gli indumenti sul letto, osservandoli dubbiosa: davvero, ma dove diavolo era capitata? Non pensava che a Buldwick utilizzassero ancora le divise scolastiche. Alla scuola pubblica che aveva frequentato a Bristol -la città in cui aveva sempre vissuto- le divise erano ormai passate di moda e non era mai stato obbligatorio indossarle, per quel che ne sapeva lei. Se le sue amiche l'avessero vista con indosso quella roba l'avrebbero presa in giro fino allo sfinimento!

Ma di questo non doveva di certo preoccuparsi: dopotutto, le sue amiche non c'erano. Non c'era nessuno, nessuno che lei conoscesse davvero, a Buldwick.

 

Dopo essersi fatta una bella doccia fredda ed essersi sistemata i capelli nel miglior modo possibile -una coda alta era già troppo, per i suoi canoni-, andò difronte allo specchio vicino all'armadio e si mise la divisa: calzettoni bianchi, gonna grigia e svolazzante, camicia bianca e cravatta nera. E in più un maglioncino bordeaux da indossare sopra la camicia nel caso facesse più freddo.

Judith pensò che non poteva di certo lamentarsi di tutto quello che c'era in quel cavolo di paese...ma dai, quella divisa faceva schifo.

Sospirò, sconsolata, ed uscì dalla stanza con lo zaino in spalla ed il suo buon'umore ormai da un'altra parte.

 


 

Mark parcheggiò la macchina proprio davanti all'entrata della scuola, così che Judith potesse avere modo di osservarla bene dal finestrino: non era molto grande, ma non era neanche un buco come si era immaginata. Certo, niente in confronto a quella che aveva frequentato a Bristol, ma in fondo della scuola non gliene era mai importato molto, nonostante fosse sempre stata una studentessa nella media e non avesse mai dovuto ripetere un anno scolastico.

L'edificio era contornato da un cortile abbastanza grande, mentre le mura erano di un colore giallognolo, spento. Dava l'idea di essere una scuola molto vecchia, e questo spiegava l'abbigliamento “tradizionale” degli studenti.

<< Esci da scuola alle 15.30, giusto? >> Suo padre la riportò alla realtà e lei annuì, presa alla sprovvista.

<< Bene, sarò qui per quell'ora. >>

Judith gli sorrise, intenerita dalla premura che Mark le stava dimostrando in quei giorni, e gli schioccò un bacio sulla guancia, per poi scivolare fuori dall'auto alla velocità della luce, rossa in viso.

Non avrebbe potuto dire di essere la persona più affettuosa del mondo, ma un cuore ce l'aveva persino lei. Un cuore un po' malconcio, ferito, ma che sapeva dare e ricevere amore, nonostante tutto.

E lui restò così, immobile, quasi shockato dal gesto affettuoso di Judith: un affetto che non sentiva più da molto tempo, sulla sua pelle. Ma la colpa, alla fine, era in gran parte sua.

Mise in moto, non prima di aver lanciato un'ultima occhiata a sua figlia -la quale stava già entrando dentro la scuola- e partì in direzione del negozio di fiori in cui lavorava, con un sorriso sulla faccia che, ne era sicuro, non sarebbe riuscito a far scomparire per tutto il giorno.

 


 

Judith, dopo aver ritirato l'orario delle lezioni, uscì dalla segreteria e s'immerse nel corridoio del primo piano della scuola, che, in quel preciso momento, straripava di persone intente a dirigersi verso le aule in cui avrebbero avuto la prima lezione della giornata.

Non l'avrebbe mai ammesso, ma era dannatamente nervosa. Per lei era tutto così nuovo, diverso. Tutte quelle facce che le passavano accanto...lei non ne riconosceva neanche una.

Sospirò e strinse forte il foglio che aveva in mano: alla prima ora aveva Letteratura inglese con la professoressa Collins. Una delle poche materie che non la disgustavano totalmente, almeno.

Arrivò all'aula 5 in qualche minuto e deglutì, prima di aprire silenziosamente la porta. E, fortunatamente, constatò di essere stata una delle prime persone ad arrivare. All'interno della stanza vide soltanto tre persone: un ragazzo grande e grosso che sonnecchiava spudoratamente su uno degli ultimi banchi, una biondina seduta al primo banco intenta ad armeggiare col cellulare, ed un altro ragazzo, un tipetto magro e occhialuto, seduto accanto alla finestra.

Fece un grande sospiro ed entrò, sperando di non attirare troppo l'attenzione su di sé.

Dov'è finita tutta la tua sicurezza, Judith?!, si rimproverò, sentendo la campanella che segnava l'inizio delle lezioni suonare.

<< B-buongiorno. >> Esclamò, forse a voce un po' troppo alta.

Le reazioni conseguenti al suo saluto non furono delle migliori: la ragazza sbuffò, irritata per essere stata interrotta nel suo complicato lavoro col cellulare, il grassone continuò a dormire beatamente senza scomporsi, e l'occhialuto agitò la mano con fare maniacale, come se Judith fosse stata la prima persona a rivolgergli un saluto in tutta la sua vita.

Sconsolata, si diresse verso l'ultimo banco dell'ultima fila: si, era decisamente convinta del fatto che meno si sarebbe fatta notare, più la sua vita da liceale sarebbe stata priva di problemi.

Chiedeva solo questo: un po' di tranquillità -cosa che, negli ultimi tempi, non aveva visto nemmeno da lontano.

Entro pochi secondi la classe si era già riempita di ragazzi e ragazze della sua stessa età: c'era chi parlottava fra loro sulla presenza di una tipa mai vista e conosciuta, lì a Buldwick, dove tutti conoscevano tutti, e chi solamente -e Judith li ringraziava dal profondo del suo cuore, per questo- si faceva i fatti suoi, non guardandola neanche.

Ma non appena entrò una donna alta e snella, che doveva avere si e no una quarantina d'anni, ogni persona presente si zittì e il silenzio regnò sovrano per qualche minuto, finché quella che doveva essere la professoressa Collins non cominciò a fare l'appello.

<< ...Nichols? >> Quando chiamò il suo cognome Judith alzò la mano, sussurrando un “presente” con un tono che più insicuro di così non avrebbe potuto essere.

La professoressa la guardò stupita qualche attimo, per poi riprendersi e sorriderle. << Sei la figlia di Mark Nichols, allora. >> Continuò.

Judith inarcò un sopracciglio: suo padre doveva essere davvero un tipo conosciuto, in quel piccolo paese.

Annuì, cercando di risultare il più simpatica possibile, e si risedette al suo posto.

Se la mattinata fosse trascorsa così, senza alcun intoppo, si sarebbe sentita serena e soddisfatta di se stessa per non aver creato qualche casino il primo giorno di scuola -anche se era solamente il suo primo giorno di scuola a Buldwick, dato che erano già a metà Ottobre e quindi l'anno scolastico era iniziato da più di un mese.

Questo fu ciò che si disse, prima che si sentisse poggiare una mano sulla spalla, quando uscì dall'aula una volta finita la lezione.

Si voltò sorpresa e si ritrovò davanti una ragazzina che a prima vista avrebbe potuto benissimo sembrare una dodicenne.

<< Ciao, io sono Norah! >> Esclamò pimpante, con un sorriso smagliante sul volto alla vista del quale Judith per poco non rimase accecata.

<< C-ciao. >> Rispose, con un sopracciglio alzato e una domanda fissa in testa: che voleva quella ragazzina da lei?

Norah sembrò restare delusa dalla risposta fredda e distaccata di Judith, per cui la guardò in attesa di qualcos'altro.

<< Allora? >> Chiese poi, spazientita.

<< Allora cosa? >> La voce di Judith apparve leggermente stupita: ma che diavolo di situazione era quella?!

<< Me lo vuoi dire il tuo nome o preferisci che ti chiami Nichols per il resto della tua vita? >>

Judith spalancò gli occhi. Le opzioni erano due: o quella era pazza...o era pazza, basta, eliminò la seconda opzione. Capì dal fatto che già conosceva il suo cognome, che Norah era stata alla lezione di Letteratura inglese insieme a lei. Ma poi: 1-perché sembrava così impaziente di conoscerla? E, 2-...resto della sua vita? Eh?!

<< Mi chiamo Judith. >> Rispose tutto d'un fiato, guardando il viso imbronciato di quella strana ragazza. Il quale, pochi istanti dopo aver sentito ciò che voleva sapere, si tramutò nel sorriso caloroso di poco prima.

<< Nichols mi piace di più. Ti chiamerò così ugualmente. >>

E Judith, a quel punto, per poco non cadde a terra preda di una crisi di nervi.

<< Tu però chiamami Norah, il mio cognome fa schifo. >> La ammonì l'altra, toccandosi i capelli lisci e mori. Judith, quindi, sospirò alla conclusione ovvia che avrebbe dovuto riparlare un'altra volta con quella ragazzina, in un futuro prossimo.

<< Beh...io devo andare alla lezione di Filosofia, Norah. >> Calcò il tono sul suo nome, come si parla ad uno scemo, e l'altra sorrise.

<< Allora ci vediamo a pranzo, Nichols! >> E così quel piccolo uragano volò via così com'era venuto, dal nulla. Sparì fra la folla di persone all'interno del corridoio senza che Judith potesse ribattere dicendole che avrebbe preferito mangiare per conto suo, invece che con una ragazzina petulante.

Sbuffò e camminò il più velocemente possibile per non far tardi alla lezione.

Tanto, Norah non sarebbe neanche riuscita a trovarla, all'ora di pranzo.

 

E invece, suo malgrado, Norah riuscì a trovarla eccome.

Judith si diresse alla mensa e, preso quel poco di cibo che aveva voglia d'ingurgitare, si sedette in un tavolo un po' in disparte, da sola. C'erano tantissime persone dentro quella mensa, eppure a lei sembrava che fosse vuota, visto il silenzio che regnava nell'angolino in cui si era posizionata.

Finché la cara e dolce Norah non le si mise a sedere di fianco, ovviamente.

Judith restò con una patatina fritta a mezz'aria e la bocca mezza aperta, nel vederla correre nella sua direzione: cercò di escogitare un piano per fuggire o qualcosa di simile, ma Norah l'aveva già vista e in meno di due secondi l'aveva raggiunta.

<< Mi stavi aspettando? >> Le chiese, con la sua simpatica vocina squillante.

Judith avrebbe solamente voluto risponderle un semplice “no”, ma la mora la interruppe prima ancora che potesse proferire parola.

<< Sei nuova qui, vero? >>

<< Si. >> Rispose lei, decidendo quindi di non essere polemica, per una volta nella sua vita, e di parlare con quella ragazza finché non l'avesse lasciata in pace.

Voleva solamente starsene da sola. Non era come le ragazzine dei film che aveva visto, le quali il primo giorno di scuola erano soltanto desiderose di farsi tanti amici e di trovare il principe azzurro.

Lei gli amici ce li aveva già, ed erano a Bristol. E il principe azzurro, beh, quello se ne sarebbe potuto restare lì dov'era.

<< E da dove vieni? >> Le chiese, quasi fosse un alieno proveniente da un'altra galassia.

<< Da Bristol. >>

Alle parole di Judith, Norah spalancò la bocca e si portò le mani a coprirsi le guance.

<< Wooow! >>

E Judith si stranì, per l'ennesima volta: quella ragazzina era un concentrato di eccitazione e euforia! << È lontanissimo! >> Commentò la piccoletta, fregandole una patatina dal vassoio.

Judith le pizzicò una mano e non poté fare a meno di trattenere una risatina, ma poi si maledisse immediatamente: se le avesse dato spago non l'avrebbe più lasciata andare.

<< Abbastanza... >> Rispose con finta indifferenza.

<< Quanto ci hai messo ad arrivare fin qui? E com'è Bristol? >>

<< Beh, circa due ore andando in macchina, ma...perché mi fai queste domande? >> Insomma, lei non ci trovava niente di eccezionale in Bristol, anche se non era sicuramente paragonabile a quel buco di paese che era Buldwick.

Norah si piegò sul tavolo e poggiò la testa fra le mani incrociate, con sguardo sognante.

<< Devi sapere che non sono mai uscita da Buldwick in tutta la mia vita, Nichols. >> Disse, e Judith, se il suo orgoglio non avesse preso il sopravvento come sempre, le avrebbe poggiato una mano sulla testa in segno di conforto e comprensione. << E odio questo posto. >> Continuò poi con amarezza, e l'altra annuì con vigore. << Anch'io! >> Esclamò senza riuscirsi a controllare, facendo scoppiare Norah in una dolce risata.

Anche lei, quindi, sorrise, cercando di nascondersi il viso con i capelli biondi e lunghi.

Doveva ammettere che quella ragazzina, forse, non era poi così male. Almeno avevano qualcosa in comune: l'odio -quello di Judith, però, incondizionato- nei confronti di Buldwick.

E quindi, spinta da un qualcosa che non avrebbe saputo riconoscere neanche lei stessa, iniziò un dibattito acceso elencando, insieme a Norah, tutte le cose negative di quello schifo di paese in cui si era ritrovata a vivere: a partire dal fatto che non c'era mai campo per il cellulare da nessuna parte, fino ad arrivare alla questione spinosa della gente che lo popolava: se tu facevi qualcosa, a Buldwick, entro pochi giorni, eri già conosciuta da tutti.

Tutto merito dei ragazzini maleducati e delle vecchiette pettegole.

<< E poi d'estate è un vero mortorio, non c'è neanche un posto in cui farsi un bel bagno e ci rifugiamo tutti nella piccola villetta della signora Harvey, che possiede una piscina grandissima! Ma tu forse ne avrai viste di più grandi e di più belle, dato che vieni da Bristol, e poi... >> Norah continuò a sproloquiare senza sosta, sembrava non sentisse neanche il bisogno di respirare.

Ma Judith si era già persa alle parole “posto in cui farsi il bagno”, che le avevano ricordato il discorso fatto la sera prima insieme a suo padre.

Anche lui le aveva già detto che mai nessuno andava a nuotare nel lago che si vedeva da casa sua, eppure lei ancora non era riuscita a capirne il motivo.

<< Ehi, Norah. >> La interruppe così nel suo parlottare fra sé e sé e l'altra la osservò sorridendo. << C'è un lago, proprio vicino a casa mia. Tu sai perché non ci va mai nessuno? >> Le chiese, inspiegabilmente curiosa.

Norah assunse un'espressione divertita e Judith deglutì, in attesa di una risposta: si sentì stranamente a disagio, in quel momento.

<< C'è una leggenda riguardante quel lago, Nichols. >> Affermò sussurrando, quasi non volesse farsi sentire dalle altre persone presenti all'interno della mensa.

Judith alzò un sopracciglio e si avvicinò al suo viso, facendogli segno di continuare.

<< Si dice che, in un tempo lontano, una persona si sia annegata nelle acque del lago di Buldwick. Era un principe, o un conte, o... >> Ci pensò su qualche attimo, interrompendo così l'atmosfera lugubre che si era creata. << Insomma, qualcuno di importante. >> Squittì, irritata dal fatto che non riuscisse a ricordarsi bene chi fosse questo tale.

Judith ridacchiò e si zittì all'improvviso, quando Norah le poggiò l'indice sulle labbra. << E sai perché si è ucciso? >> Le chiese, e la bionda non poté far altro che rimanere in silenzio.

<< Per amore! Si dice che si fosse innamorato di una Divinità che vigeva sul lago, ma che il loro amore fosse già destinato a non essere vissuto. Per questo si uccise. Ma non è finita qui! La Divinità, dopo essersi resa conto di ciò che aveva provocato rifiutando il ragazzo, gli donò il suo cuore, e quindi la sua vita. >> Spiegò brevemente e con occhi sognanti.

Judith, ormai completamente incantata dalle parole di Norah, aprì leggermente la bocca.

<< Lui diventò la Divinità del lago di Buldwick. E le Divinità non devono essere disturbate, per questo nessuno si azzarda ad andare al lago: per paura di risvegliarla. Anche se siamo nel XXI secolo, cavolo! Non la trovi una cosa stupida? >>

Judith poggiò la schiena alla sedia e la campanella suonò improvvisamente, facendola sussultare.

<< Oh, adesso ho lezione di Chimica. Quella zitella della professoressa Cornery mi uccide se arrivo qualche secondo in ritardo! >> Affermò Norah, alzandosi e rimettendosi il maglioncino della divisa in fretta e furia. << Ci vediamo domani, Nichols! >>

Alle parole della ragazza Judith si destò dai suoi pensieri e voltò lo sguardo verso di lei, che come un fulmine era già corsa fuori dalla porta senza neanche aspettare una risposta. Ma dove trovava tutte quelle energie?!

Sospirò e, prima di alzarsi a sua volta, si poggiò una mano sul petto.

Perché il suo cuore stava battendo così forte e veloce?

 


 

Judith si tuffò sul suo letto e chiuse gli occhi, sfinita. Per tutto il viaggio da scuola a casa Mark le aveva fatto domande su domande riguardanti il suo primo giorno di scuola, e lei non aveva potuto far altro che rispondere a monosillabi, dato che, da quanto era stanca, le mancavano perfino le forze per parlare.

Suo padre poi era dovuto tornare a lavoro e l'aveva lasciata a casa da sola, e Judith l'aveva presa come un'opportunità per farsi una bella dormita.

A malincuore, quindi, si alzò dal suo letto con l'intenzione di mettersi qualcosa di comodo per non stropicciare la divisa scolastica durante il sonno e chiuse la finestra, avvertendo l'aria farsi sempre più fredda. Nel mentre, dette un'occhiata fugace all'orizzonte.

Sapeva cosa stava cercando, ma non la trovò. La luce che aveva visto la sera prima non c'era.

E...e se quella luce fosse stata...

Ma quel pensiero non ebbe neanche il tempo di concepirlo, dato che il suo cellulare squillò all'improvviso, facendola sussultare.

Lo prese e se lo portò all'orecchio destro, avvertendo la voce di suo padre dall'altra parte.

<< Tornerò per l'ora di cena, va bene? Se dovessi tardare, ti ho lasciato un po' di pasta nel microonde, devi solo riscaldarla. Prima mi sono dimenticato di dirtelo. >>

<< Ah, va bene...a dopo allora. >>

<< A dopo tesoro. >>

La telefonata s'interruppe e Judith si sedette nuovamente sul letto, continuando a guardare la finestra.

La Divinità...

Ma poi scosse la testa, indignata dai suoi stessi pensieri: cos'è, era tornata all'asilo? Credeva ad una stupida storiella del genere? Che idiozia!

Si alzò sospirando e fece per togliersi la divisa, cercando di non prestare attenzione alla forza sconosciuta che le stava ordinando di spostare lo sguardo sulla finestra e a cui lei, poi, non poté che obbedire, troppo giovane e immatura per cercare di comportarsi da adulta.

E la vide.

Si portò le mani alla bocca e per poco non gridò, non appena rivide quel puntino di luce debole e bianco oscillare nelle acque del lago.

Il cielo era chiaro, il sole splendeva in tutta la sua bellezza.

Ma lei non riuscì a vedere altro che quel puntino luminoso, e prima che se ne accorgesse, si era già catapultata fuori di casa e aveva cominciato a correre fra gli alberi del piccolo bosco che doveva attraversare per arrivare al lago. Ovviamente in quel momento ci vedeva, al contrario della sera prima, dato che era ancora pieno giorno.

E, senza che se lo potesse spiegare, avvertì quella sensazione: era impaziente, non riusciva a controllare neanche le proprie gambe, mentre saltava i cespugli e spostava i rami degli alberi che le intralciavano il percorso.

Correva a più non posso, neanche fosse una questione di vita o di morte, soltanto per uno stupido presentimento, o sensazione, o quel che era.

Non si era mai sentiva più stupida in tutta la sua vita.

E dopo meno di una decina di minuti di corsa sfrenata, finalmente in mezzo agli alberi cominciò ad intravedere qualcosa: una distesa d'acqua chiara, pulita, quasi trasparente.

Salì su una piccola roccia e la scavalcò, per poi cadere prepotentemente a terra nel vano tentativo di saltare e restare in piedi, presa dall'eccitazione del momento.

La caduta provocò un forte tonfo -tralasciando le imprecazioni provenienti dalla povera malcapitata, che si lamentò per il dolore per una buona manciata di secondi-, e quando Judith si rialzò, il suo sguardo incontrò due occhi conosciuti, che si stavano pian piano avvicinando: gli occhi del colore degli alberi in cui era sprofondata la sera prima.

<< Guarda chi si rivede! >> Quella voce la fece indietreggiare di qualche passo, quando ormai lui fu vicino.

Era del tutto incapace di parlare, in quel momento. Qualunque cosa avesse potuto dire non sarebbe stata adeguata, le sarebbe sembrata stupida o priva di senso.

 

Perché fu in quel preciso istante, che Judith si accorse che la luce magnetica di cui era stata succube proveniva da quel ragazzo.

Ma non era una vera e propria luce, lo sapeva perfettamente anche lei. Nessun essere umano emana luce dal proprio corpo.

Era solo una specie di forza, era come se il suo corpo le stesse chiedendo di avvicinarsi sempre di più, ancora di più. E fu quello che fece: lentamente, con una mano sul cuore, si avvicinò a quel ragazzo e gli toccò il petto nudo e bagnato dall'acqua del lago.

<< Sei tu... >>

Lui la guardò stupito, non capendo dove quella ragazzina volesse andare a parare, e poggiò la sua mano su quella di Judith, che stava proprio nel punto in cui batteva il suo cuore.

<< Cosa? >>

Judith alzò lo sguardo e di nuovo incontrò quegli occhi, che per poco non le mozzarono le parole in gola.

<< La Divinità. >> Sussurrò tutto d'un fiato, prima che il ragazzo scoppiasse in una fragorosa risata.

La quale destò Judith dal suo stato di trance e la riportò alla realtà, facendola arrossire spudoratamente rendendosi conto di ciò che era appena uscito dalla sua bocca.

Ma era forse andata completamente fuori di testa?! Che diavolo si era messa a farneticare?

Si portò le mani a coprirsi la bocca e fece per correre via, prima che si sentisse tirare per la camicia della divisa scolastica.

Non voleva girarsi, non voleva proprio voltarsi verso colui che le aveva riso in faccia spudoratamente solo per prenderla in giro. Ma non poteva di certo biasimarlo, dopo le stupidaggini che si era messa a dire.

<< Aspetta. >> La fermò, parandosi davanti a lei. Le tolse le mani dalla faccia e Judith poté guardarlo meglio, accorgendosi finalmente che indossava solamente un costume da bagno.

<< Mi dispiace deluderti, ma non sono io la Divinità del lago. >> Ammise lui, tentando di non scoppiare a riderle in faccia per la seconda volta.

Judith si maledisse con ogni parolaccia conosciuta su questo mondo e deglutì, voltandosi di nuovo.

<< Lo so, cosa credi? Stavo solo scherzando! >> Ma il tentativo di rimediare a ciò che aveva fatto fu vano, dato che lo sentì ridacchiare di nuovo alle sue spalle.

Quello stupido. Divinità? Tsk, quell'idiota era solo un ragazzino immaturo cresciuto in campagna.

Ma lei non era di certo da meno.

Sospirò, sconsolata, e si sedette sulla riva del lago, stando ben attenta a coprirsi per bene con quella gonna fin troppo corta per una che era sempre stata abituata a portare jeans su jeans.

<< Hai finito? >> Esclamò poco dopo, quando lui le si sedette accanto e la guardò sogghignando.

<< Di far cosa? >> Chiese, con l'aria più innocente che avesse mai potuto avere.

<< Di prendermi in giro! Non sai neanche come mi chiamo e già ridi di me. >>

Il ragazzo sorrise e spostò lo sguardo verso il lago.

<< Io sono Nathan. E tu come ti chiami? >>

A quelle parole Judith lo guardò sorpresa e strinse le mani poggiate a terra in due pugni.

Nathan. Un nome così stava bene insieme a quel viso così bello.

<< Judith. >>

Nathan sogghignò e le poggiò una mano sulla spalla, alzandosi in piedi.

<< Bene, Jud. Adesso so il tuo nome e potrò prenderti in giro quanto voglio, no? >>

Lei lo guardò malamente e si alzò, confermando l'idea che si era fatta di lui, ma che avrebbe quasi fatto passare in secondo luogo, se non fosse stato per quella domanda stupida.

Una domanda stupida detta da una persona stupida, cosa c'era di più semplice?

E poi, come diavolo l'aveva chiamata?!

<< Ci vediamo domani a scuola. Adesso che so che ci sei anche tu, credo proprio che verrò... >> Esclamò, indicando la divisa indossata dalla ragazza. << ...ho il presentimento che mi farai divertire. >>

Dopo queste parole, s'infilò la maglietta e le diede un buffetto sulla fronte, al che lei sbuffò rassegnata.

<< Fai come ti pare, idiota. >> Gli rispose, voltandosi ed iniziando a camminare in direzione del bosco, desiderosa di lasciarsi alle spalle la stupida idea che aveva avuto di andare al lago, quel giorno.

Lui ridacchiò. << Anche io ti trovo simpatica, Jud! >>

E Judith, come risposta, gli mostrò il suo bellissimo dito medio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Angolo autrice-

Buonasera gente -sera ormai inoltrata, ma vabbé :D

Allora...boh, non so mai cosa dire in questo piccolo angolo, per cui alla fine finisco sempre per scrivere cavolate, ma stavolta cercherò di contenermi.

Bene, e siamo al secondo capitolo: è entrata in scena Norah e finalmente abbiamo scoperto che quel ragazzo non era, ahimé, il caro Johnny Depp -ma va?

Nathan è un ragazzo particolare, ma anche la nostra Judith lo è, indi per cui non aspettatevi cuoricini, fiorellini e sbrilluccichii, in questa storia.

Insomma, tornando a noi. Grazie come sempre a tutti quelli che hanno letto i capitoli precedenti, spero che anche questo vi sia piaciuto!

Un bacio e buonanotte <3

  
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