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Autore: Aya88    25/08/2012    2 recensioni
A volte il passato può essere doloroso, ma si cerca ugualmente di andare avanti e si può giungere a pensare di averlo superato. Quando però ritorna insieme alla sofferenza e ai sentimenti negativi che l'avevano caratterizzato, le certezze acquisite crollano e per non crollare con esse è indispensabile il sostegno di chi ci sta accanto.
E' questo quello che capiranno i protagonisti, chi in un modo, chi in un altro, tra indagini poliziesche e banchi di scuola.
Prima long-fic, spero possa piacere a qualcuno.
Paring: KakaSakuNaru, InoShika, TsunadeJiraiya, AsumaKurenai.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Capitolo X



Di ritorno dall’ospedale, Naruto e Sakura si erano fermati in commissariato giusto il tempo necessario per scoprire l’indirizzo della discoteca Alba, poi si erano diretti alla loro nuova meta. Consultandosi su come procedere nelle indagini, avevano deciso di recuperare una lista del personale ed effettuare una ricerca negli archivi digitali, dove speravano di trovare qualche precedente penale e, di conseguenza, foto da confrontare appena possibile con l’identikit. In caso contrario, sarebbe stato necessario trascorrere una o più serate da presunti clienti, un’alternativa che a Naruto non sarebbe affatto dispiaciuta, ma, che considerati i maggiori tempi di attuazione, avevano lasciato come piano di riserva.
Per arrivare al locale dovettero raggiungere una zona periferica, ben collegata però con le strade che mettevano in comunicazione la città con quelle limitrofe, una scelta di ubicazione che apparve all’ispettore ben studiata; ciò che invece lo spinse a storcere il naso, una volta giunti all’ingresso, fu una locandina che reclamizzava uno dei prossimi eventi, per la precisione una serata all’insegna dello streap tease e rivolta solo ad un pubblico femminile. Dal canto suo, non avrebbe mai e poi mai permesso a Sakura di assistere a qualcosa di simile; il solo pensiero che la collega potesse guardare in un certo modo un altro uomo, per giunta mezzo nudo, lo seccava incredibilmente.
“Qualcosa non va?” Gli chiese l’oggetto dei suoi pensieri, accortasi dell’espressione contrariata che era comparsa all’improvviso sul suo viso.
Come risposta il ragazzo le indicò con l’indice il manifesto e le rivolse un’occhiata seria.          
“Tu non ci andresti ad una serata simile, vero?”
Sakura lo scrutò perplessa, poi si voltò a guardare meglio il volantino pubblicitario cadendo in un silenzio imbarazzato, almeno fino a quando non sbottò infastidita con un lieve rossore ad imporporarle le guance.
“Che razza di domande sono, in questo momento poi?“
“Beh, legittima curiosità.”
“Eh, non mi sembra curiosità la tua… e comunque non vedo ormai che motivo avrei di andarci.” Replicò la poliziotta, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia al petto mentre pronunciava le ultime parole.
L’altro avrebbe volentieri approfondito l’ormai utilizzato dalla compagna, ma prima che potesse riaprire bocca un ragazzo che usciva dal locale e che aveva udito parte della loro conversazione li interruppe.
“C’è qualche problema, ragazzi?” Chiese con un mezzo sorrisetto sghembo, avendoli scambiati per una semplice coppia.
“Eh, no, è tutto apposto, i problemi più che altro li cerchiamo altrove.” Ribatté l’ispettore senza scomporsi, intenzionato a rimediare al disagio di Sakura per l’intromissione e il tono vagamente ironico del nuovo arrivato, sia per lei che per mettersi al riparo da un prevedibile rimprovero. 
Mostrò poi il distintivo come tacita presentazione.
“Lavori qui, giusto? Avremmo bisogno di parlare con un responsabile.” 
Il giovane mutò l’espressione scanzonata in una stupita e confusa; conscio di aver fatto una ben poco idilliaca figura, si scusò e annunciò che avrebbe chiamato subito qualcuno, poi si affrettò a rientrare nella discoteca. Quando ritornò dopo alcuni minuti, lì accompagnò da un uomo sulla trentina, dai corti capelli rossi che mettevano in risalto un intenso sguardo nocciola. Lo presentò come Sasori-san e tornò al suo lavoro dietro al bancone, dove riprese a sistemare alcolici, seccato di aver perso una pausa-sigaretta.
“Cosa porta la polizia da queste parti?” Esordì intanto l’altro membro dell’Alba con tono calmo.
“Per essere brevi, in seguito ad una denuncia stiamo indagando su un caso di stupro, che sembra essersi verificato proprio qui.” Spiegò Naruto con altrettanta tranquillità, fornendo le informazioni strettamente necessarie.
“Capisco, e come posso aiutarvi?” Annuì impassibile il suo interlocutore, conscio di non poter esimersi da una placida collaborazione, benché avesse tutti gli interessi di tenere i poliziotti il più lontano possibile dal locale.
Il suo autocontrollo non venne meno neanche alla richiesta successiva dell’ispettore, che gli domandò una lista completa del personale per raccogliere appena possibile qualche testimonianza. Creare le basi per un collegamento tra i membri dell’Alba e le forse dell’ordine non era indubbiamente la migliore delle prospettive; tuttavia, confidando sulle precauzioni prese e sulla protezione di cui godevano grazie a Madara Uchiha, assentì per la seconda volta senza battere ciglio. Chiese loro di attendere il tempo necessario, poi sparì in un ufficio.
Non appena furono soli, Sakura fece un passo verso il collega, avvicinandosi di più a lui.
“Speriamo sia davvero attendibile.” Gli sussurrò ad un orecchio.
Naruto si voltò leggermente con aria seria.
“Beh, un’omissione non andrebbe affatto a loro vantaggio.”
Nell’incrociare a distanza così ravvicinata il suo sguardo sicuro, la poliziotta si ritrovò ad arrossire e a sorridergli, poi però si ricordò di dove fossero e del ragazzo che li aveva interrotti fuori dalla discoteca, sempre fermo dietro al bancone, e si impose di riconquistare un contegno idoneo alla situazione.
“Hai ragione.” Disse sempre a voce bassa.
“Ma, in caso contrario, sarebbe divertente doverci venire da clienti.” Commentò l’altro con una chiara nota di entusiasmo nella voce.
“Uhm, certo, magari ad una serata con spogliarello, vero?” Replicò Sakura piegando le labbra in un’espressione maliziosa, decisa a vendicarsi della domanda imbarazzante che le aveva rivolto all’ingresso.
La concitata e goffa difesa del collega di fronte a quell’ipotesi la fece poi scoppiare in una sommessa risata, mandando all’aria il proposito di pochi istanti prima. Quella piacevole interruzione si spezzò però all’improvviso, quando notò un misto di stupore e turbamento comparire sul volto di Naruto. Preoccupata, gli chiese se ci fosse qualche problema e, come risposta, l’ispettore si voltò in direzione del barista, in quel momento intento a parlare con un uomo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda. Rimase subito colpita dai lineamenti familiari del nuovo arrivato; se non fosse stato per due profonde occhiaie che rimarcavano il taglio e il colore scuro degli occhi, sarebbe stato praticamente identico a Sasuke Uchiha. Benché confusa da quella  somiglianza e dalla reazione del compagno, capì che doveva essere stato il nome pronunciato poco prima dal ragazzo al bancone ad aver attirato l’attenzione dell’altro poliziotto, che assisteva alla conversazione immobile e con una percepibile tensione. Era consapevole che le mancassero gli elementi necessari per comprenderne il motivo, ma sentì di dover fare qualcosa per tranquillizzarlo. Gli mise allora una mano sulla spalla e lo chiamò con tono deciso, riuscendo così a sottrarlo a quello insolito momento di concentrazione, prima che l’uomo oggetto del loro interesse si accorgesse di essere osservato.  
“Qualunque sia il problema, calmati ora. Ne parliamo dopo, va bene?” Gli mormorò incoraggiante mentre si voltava di nuovo verso di lei.
Consapevole che la collega avesse ragione, Naruto annuì, accantonando momentaneamente i pensieri che l’avevano assalito. Pochi istanti dopo ritornò Sasori, che non ebbe alcun sospetto su quanto avvenuto, e consegnò loro la lista che avevano cercato. Quando furono finalmente in macchina, i due poliziotti ripresero il discorso interrotto.
“Lo conoscevi?” Esordì Sakura. “Hai avuto quella reazione prima che tu lo vedessi, quindi…”
“Itachi… questo è il nome del fratello di Sasuke. Non mi ha mai mostrato una sua foto, però la somiglianza è così lampante che non posso pensare sia solo una coincidenza di nome.” Le spiegò l’ispettore, accasciato sul sediolino e con lo sguardo fisso davanti a sé.
Lei lo guardò incerta per qualche istante; quella mattina, quando era uscita fuori l’esistenza di un fratello, non aveva voluto approfondire, ma ormai la situazione era diversa e forse avrebbe potuto domandare qualcosa senza risultare invadente.
“E Sasuke non sapeva che lavorasse a Konoha?” Si permise allora di chiedere, cercando una motivazione plausibile per la sorpresa dimostrata dal collega.
Calarono alcuni lunghi istanti di silenzio prima che quest’ultimo continuasse.
“No, dato che lo sta cercando da una vita solo per sbatterlo in galera.”
Del tutto spiazzata dalla risposta ricevuta, Sakura non riuscì a formulare alcun pensiero compiuto, né tanto meno ad aprire bocca per domandare qualcos’altro.

La proposta di Asuma era giunta del tutto inaspettata, proprio mentre si era affacciata nella sua mente l’idea che fosse il momento giusto per parlargli, l’ennesimo momento giusto di quella settimana. Avevano da poco finito di pranzare, quando l’aveva spiazzata comunicandole che voleva portarla in un certo posto. Presa dai suoi pensieri, era scivolata lentamente dalla confusione alla curiosità, finendo per acconsentire con un breve sorriso, tentando poi di scoprire in anticipo quale fosse la loro meta, ma con scarsi risultati. Un po’ per l’alone di mistero che aveva avvolto quell’invito, un po’ per il pensiero rassicurante che fosse stato lui per la seconda volta ad invitarla a fare qualcosa, si era lasciata quindi guidare con piacere nella seconda parte di quella giornata. Guardò di sottecchi i lineamenti marcati dell’uomo al suo fianco, affacciato al parapetto fumando la consueta sigaretta, mentre ripeteva a se stessa che era sciocco continuare a impantanarsi nell’incertezza; avrebbe dovuto semplicemente fidarsi di lui e delle sue parole, come aveva sempre fatto, anche perché la nuova vita che cresceva dentro di lei non era affatto un dubbio alla ricerca di conferma o una domanda alla ricerca di una risposta, ma una certezza che non voleva rinnegare e che soprattutto non poteva restare ancora nascosta.
Distolse lo sguardo prima che l’altro potesse accorgersi che qualcosa turbava i suoi pensieri e tornò a godersi il panorama che il punto più alto della città offriva loro.
Quando aveva capito che erano diretti proprio lì, al belvedere che aveva assistito da silenzioso testimone all’inizio ufficiale della loro relazione, aveva provato una innegabile sorpresa, e si ritrovò a chiedersi di nuovo se la scelta di quel posto avesse qualche motivo particolare o fosse una semplice coincidenza favorita dal ritorno timido del sole. Quel giorno al ristorante, Asuma le aveva detto chiaramente che voleva costruire la sua vita con lei, un’affermazione che l’aveva indubbiamente tranquillizzata e che in quel frangente la spingeva a scorgere qualcos’altro nel loro essere insieme ad osservare lo stesso quadro sfocato di cinque anni prima, le stesse abitazioni lontane allietate a tratti da schizzi di verde.
Sospirò con un pizzico di stanchezza.
Si sentiva un po’ una stupida a sperare in una classica scena da film romantico a lieto fine; dopotutto, sapeva bene che la vita non era una favola, che, per quanto lo si desiderasse, non rispecchiava quasi mai le aspettative, quindi era sciocco pretendere che seguisse quello che ai suoi occhi sarebbe stata la successione più logica degli eventi. Già il viso serio di Asuma e la stretta della sua mano calda, mentre pronunciava quelle semplici ma significative parole, erano in fondo qualcosa di prezioso, un segnale importante considerando l’insicurezza che lo aveva sempre perseguitato; volere che fosse lui ad avanzare la fatidica proposta rimaneva a quel punto solo un desiderio in qualche modo infantile.
Cercò di raccattare una volta per tutte il coraggio necessario per dirgli finalmente quello che doveva dirgli, ma proprio quando stava per aprire bocca fu l’uomo a parlare.       
“Qualcosa non va?” Le chiese quello con una nota di preoccupazione nella voce, scrutandola serio mentre allontanava la sigaretta dalle labbra.
Sorpresa per l’interruzione improvvisa dei propri pensieri, Kurenai si voltò verso di lui con un’espressione disorientata sul viso, incrociandone lo sguardo e trovandolo stranamente intenso.  “Eh, no, è tutto apposto.” Si affrettò però a tranquillizzarlo, abbozzando poi un sorriso; non voleva  fornirgli motivi di apprensione, perché sentiva che in realtà era tutto perfettamente chiaro tra di loro e che solo un ultimo passo sarebbe stato sufficiente per far emergere quella chiarezza anche alla luce del sole.
“Ero solo un po’ sovrappensiero perché, ecco, avrei qualcosa da dirti… ma non è un problema.” Spiegò abbassando leggermente il capo a metà frase, alla ricerca del modo giusto per metterlo al corrente di ciò che il loro futuro avrebbe incluso tra circa sette mesi.   
Spiazzato da quella affermazione, Asuma le gettò uno sguardo interrogativo; era convinto che si fossero già detti tutto la settimana prima, ma forse, così come lui aveva omesso il desiderio che nell’ultimo periodo aveva esacerbato la sua insicurezza, anche Kurenai celava ancora qualcosa. Valutò la situazione per qualche istante, giungendo alla conclusione che se si fosse dato una mossa, accantonando quel pizzico di nervosismo che lo avvolgeva, con alta probabilità anche per lei sarebbe stato più semplice parlargli.
“Avrei dovuto dirtelo da un pezzo, in realtà, ma mi sono lasciata prendere dai dubbi.” Proseguì la donna dopo una breve pausa, tornando a guardarlo negli occhi, ma prima che potesse aggiungere altro il compagno l’interruppe.
“Forse, proprio per questo, dovrei parlare prima io.” Disse con tono serio ma tranquillo.
Kurenai lo scrutò confusa, senza riuscire ad attribuire un significato preciso a quelle parole, poi lo vide spegnere la sigaretta, premendo quello che era quasi un mozzicone sul muretto, e gettarla nel cestino dietro di lui. Quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo, rimase in silenzio, in attesa. Stranamente, in quell’istate le sembrava che nella sua mente ci fosse solo il vuoto, un vuoto in grado di far sparire l’eventualità che poco prima aveva respinto, ma non di dissolverla per il suo cuore, che traduceva l’indeterminatezza di quella frase in un battito più accelerato e una sensazione di calore all’altezza del petto.
“Nell’ultimo periodo, chi ha perso tempo inutile credo di essere stato solo io.” Affermò Asuma, mentre allungava una mano verso di lei, accarezzandole una guancia e scostandole alcune ciocche scure dal viso.
Non sapeva se si trattasse di un’impressione legata al momento o un semplice dato di fatto, ma trovava che fosse più bella del solito e, per un attimo, si soffermò ad ammirare il colore insolito dei suoi occhi.
“Ho finito per rendere tutto più difficile e mi dispiace, ma voglio metterci un punto.” Continuò dopo un po’, senza che gli sfuggissero la perplessità e l’agitazione ben leggibili sul volto della donna.
Lasciò scivolare la mano sulla sua spalla, mentre infilava l’altra nella tasca della giacca per recuperare la scatolina che vi aveva nascosto la sera prima. Per quanto avesse immaginato più volte come si sarebbe comportato in quel preciso istante, provava un terribile imbarazzo; ingoiò un grumo di tensione e strinse il contenitore tra le dita prima di tirarlo fuori definitivamente.
“Certe situazioni non fanno proprio per me, mi mettono a disagio, però… so anche che voglio trascorrere il mio futuro con te.” Disse mostrandole l’anello con un lieve rossore sul viso.
Alla vista di quel piccolo simbolo, Kurenai ebbe la sensazione che qualcosa sparisse all’improvviso; la preoccupazione, l’angoscia, il tormento delle continue riflessioni, tutto ciò che aveva già deciso di lasciarsi alle spalle sembrò essere ancora più lontano di pochi minuti prima.     
“Asuma…” Biascicò, con nella voce un misto di stupore e felicità.
Forse, nonostante tutto, ogni tanto la vita poteva anche esaudire qualche desiderio, pensò tra sé e sé, poi fece scivolare un braccio intorno al collo dell’uomo e lo baciò con foga stringendosi contro il suo petto. Quando dopo un po’ si allontanarono, si scambiarono uno sguardo che valse per entrambi più di mille parole.
“Devo prenderlo come un sì?” Chiese Asuma piegando le labbra in un’espressione serena, ormai sicuro della risposta che avrebbe ricevuto.
“Direi di sì.” Replicò la donna con un sorriso, finalmente più rilassata. “Ora, però, credo che sia il mio turno.”       
“Già, che dovevi dirmi?” Si informò l’altro scrutandola curioso, del tutto ignaro della notizia che lo attendeva.
“Ecco, diciamo che il tuo futuro non dovrai trascorrerlo solo con me, ma anche con qualcun altro.”
Sulle prime l’uomo non capì a che cosa quelle parole alludessero, ma quando nella sua mente  acquistarono un senso compiuto, sgranò gli occhi per la sorpresa.  
“Con qualcun altro intendi che… cioè tu… noi… “
Kurenai sorrise di fronte alla sua dolce confusione, abbracciandolo di nuovo.
“Sì, più o meno tra sette mesi saremo noi e un bambino.” Confermò.
In quell’istante, Asuma pensò che era solo felice, che nonostante il carattere improvviso di quella scoperta, nonostante le responsabilità che essere marito e padre avrebbe comportato, non avrebbe voluto essere in nessun altro posto. Non tardò quindi a baciarla, un altro bacio che li unì di nuovo in un silenzio ricco di emozioni e speranze.

Sistemare la situazione con Kakashi, quell’obiettivo era ben chiaro nella sua mente, ma metterlo in pratica le appariva molto più complicato. Se solo avesse avuto a disposizione un buon motivo di lavoro, avrebbe potuto iniziare senza troppo imbarazzo una conversazione destinata a scivolare su questioni personali. La fortuna, però, continuava a non essere dalla sua parte.
Ferma davanti all’ingresso del commissariato, Shizune si lasciò andare ad un sospiro di auto incoraggiamento e ad una scrollata di spalle, perfettamente consapevole che tergiversare non le avrebbe garantito un atteggiamento disinvolto. Entrò quindi nell’edificio e domandò ad un agente se l’ispettore fosse nel suo ufficio, ottenendo una risposta affermativa. Quando giunse davanti alla porta, trovò l’uomo intento ad esaminare il contenuto di una cartellina rossa e soprattutto da solo, un dettaglio che le procurò un indubbio sollievo; non dover escogitare un modo per parlargli senza nessuno intorno toglieva un prima problema.
Con un pizzico di sicurezza in più, bussò per attirarne l’attenzione.
Lo sguardo che in risposta si posò su di lei passò da un’iniziale inespressività ad una luce di comprensione; il poliziotto mise da parte i documenti e si alzò.
“Scusami per il disturbo.” Esordì la dottoressa.
“Non preoccuparti, piuttosto immagino che tu sia qui per ieri sera.” Le disse lui conciso, arrivando dritto al punto.
Shizune annuì stirando le labbra in una mezza smorfia, poi si avvicinò a passo lento alla scrivania.
“Ecco, io… volevo chiarire che per me… ”
“No, prima che tu dica qualsiasi cosa, devo essere io a chiederti scusa per quanto successo.” L’interruppe Kakashi serio. “Ho finito per farti credere qualcosa che non può esserci.”
“Beh, suppongo che la colpa sia anche mia per aver forzato la situazione.” Replicò l’altra ormai ferma.
Nonostante il suo sguardo sfuggente, che imputò all’imbarazzo della situazione, il poliziotto si tranquillizzò davanti al tono calmo di mera costatazione; era infatti consapevole che era stata lei a racchiudere le maggiori speranze nel loro appuntamento e per quel motivo il ricordo della sua fuga concitata dalla macchina lo aveva fatto preoccupare ogni volta che il suo pensiero era scivolato verso il loro prossimo incontro.
“Nessuno mi ha costretto ad accettare, quindi non porti il problema.” Disse con l’intento di sollevarla da ogni tipo di responsabilità.
Shizune gli rivolse un debole sorriso condito da un pizzico di rassegnazione; se proprio glielo concedeva, non le dispiaceva ritenerlo l’unico colpevole per essere finita nelle grinfie di Kabuto.
“Eh, già.” Sospirò, poi, notando negli occhi dell’uomo la perplessità per la sua reazione, si affrettò a proseguire. “Ma davvero, ormai non ha importanza, cioè, diciamo che la serata mi è servita per capire determinate cose, per cui per quanto mi riguarda possiamo metterci una pietra sopra. Ero venuta soprattutto per dirti questo.”
Kakashi la scrutò a metà tra la curiosità e la sorpresa; a quanto sembrava, non era l’unico ad aver ottenuto qualche vantaggio dalla situazione spiacevole che si era venuta a creare, una consapevolezza che contribuì a rassicurarlo ulteriormente.
“Inoltre, se anche per te va bene, non mi dispiacerebbe avere almeno un rapporto di amicizia al di fuori del lavoro.” Propose intanto l’altra, il disagio inziale ormai alle spalle, finendo così per spiazzarlo una seconda volta.
“Beh, non mi sembra una cattiva idea.” Acconsentì lui dopo qualche istante di silenzio, considerando in fin dei conti quell’atteggiamento maturo.
“Eh, bene, allora in amicizia puoi levarmi una curiosità.” Sorrise di nuovo Shizune, quella volta con malizia. “Chi hai per la testa?”
La domanda inaspettata mise in difficoltà il poliziotto, che imbarazzato non rispose subito e si portò una mano dietro il capo scompigliando appena i già ribelli capelli argentati.
“È una storia lunga.” Disse poi nel tentativo di glissare la questione, con un’espressione di apparente indifferenza sul viso.
Sapeva di non poter negare dopo la figuraccia della sera prima, ma non aveva nemmeno la grande voglia di parlarne, tantomeno in ufficio.
Di fronte alla sua reazione la dottoressa provò un’innegabile soddisfazione, compiaciuta per l’affidabilità del proprio intuito.
“Beh, potremmo prenderci un caffè e parlarne con calma, se non sei impegnato.” Suggerì.
“Il tempo di un caffè credo di avercelo, ma magari parliamo d’altro.” Rispose l’ispettore accettando a metà l’invito.
Quel secondo tentativo di elusione spinse Shizune a desistere per non risultare petulante; si limitò ad approvare il compromesso rimandando il proposito di scoprire qualcosa ad un secondo momento. Lasciarono così l’ufficio e raggiunsero il distributore all’ingresso del commissariato, dove in attesa della bevanda calda chiacchierarono del più e del meno attirando la curiosità di alcune agenti.
“Hai visto? Forse allora è vero che sono usciti insieme…” Sussurrò una ragazza bionda alla collega che camminava al suo fianco, sollevando all’altezza del viso i documenti che portava con sé.
“Eh, probabile, evidentemente c’è chi può.” Sospirò l’altra tra l’invidia e la rassegnazione.
Sakura, appena giunta nell’atrio, incrociò le due poliziotte finendo con l’intercettare il loro breve scambio di commenti e nel volgere lo sguardo verso quella che era anche la sua meta non ebbe difficoltà a intuire di chi parlassero, così come non l’ebbe il suo stomaco che si contrasse all’improvviso. Vedere Kakashi conversare con una certa confidenza era qualcosa di insolito che rendeva realistica l’ipotesi formulata dalle colleghe e quel pensiero era stato elaborato molto più velocemente dal suo fisico che dalla sua mente. Si morse il labbro inferiore per ricacciare indietro quella sensazione, rifiutandosi di approfondirla, di porsi inutili domande. Abbandonò l’idea del caffè e decise di ritornare subito da Naruto.     

La riunione con il commissario non aveva avuto per Shikamaru l’esito sperato; benché si fosse  augurato che l’idea azzardata di Ino venisse respinta, Tsunade aveva finito con l’acconsentire, pur con la premessa di ricorrere alle giuste precauzioni. Dal canto suo, avrebbe preferito qualsiasi altra opzione, persino prolungare ancora la loro missione di copertura nella scuola, piuttosto che mandare la collega nella tana del lupo. Poco gli importava che andare a casa di Sai Shimura rientrasse perfettamente nell’opera di avvicinamento e rendesse più semplice il controllo del suo cellulare, la riteneva lo stesso una scelta poco prudente, senza contare che alcuni elementi restavano per lui sospetti, dalla porta dello spogliatoio socchiusa al ritratto presente nell’album dello spacciatore. Aveva anche provato a sollevare tali obiezioni, ricevendo però le risposte che temeva: quegli elementi erano solo deboli dettagli e nel caso ci fossero stati problemi niente gli avrebbe impedito di arrestare il ragazzo e forzarlo a collaborare. Era stato così costretto ad accettare le decisioni del commissario senza poter aggiungere altro. Se ci avesse provato, era sicuro che l’irritazione di Ino nei suoi confronti sarebbe solo aumentata, perché avrebbe interpretato la sua insistenza come un voler mettere ancora in dubbio le sue capacità.
Rafforzò la presa sul volante, scaricando con quel gesto parte dello stress che provava; lottare contro la testardaggine dell’amica era come sempre stancante e, in quel momento complicato per il loro rapporto, lo era ancora di più. Continuò a fissare serio la strada davanti a sé. Non vedeva l’ora di risolvere la fastidiosa questione in sospeso che c’era tra di loro, così da spazzare via tutta la tensione che rendeva più difficile comprendersi e tornare finalmente ad essere il destinatario di un suo sorriso. La situazione creatasi dopo la discussione nella sala professori era stata davvero dura da sopportare e il solo pensiero che una Ino silenziosa e desiderosa di stare lontano da lui potesse diventare la normalità gli chiudeva lo stomaco con una morsa dolorosa.
Premette di più il piede sull’acceleratore, ansioso di percorrere l’ultimo tratto di strada il più in fretta possibile. Non ricordava di aver mai sentito un così forte bisogno di vederla come in quegli istanti e, anche se incontrarla avrebbe significato affrontare la sua difficoltà nel gestire questioni sentimentali, per la prima volta quel problema gli appariva un ostacolo superabile.
Quando il palazzo dove vivevano apparve in lontananza, provò non solo un innegabile senso di sollievo, ma anche un inizio di agitazione, che lo spinse a intimare al proprio cuore di non fare brutti scherzi prima ancora di arrivare nell’appartamento dell’amica. Piuttosto di raggiungere la zona retrostante la palazzina, decise di parcheggiare nel primo posto libero disponibile. Si fermò accostando al marciapiede, scese dall’autovettura e la chiuse con un giro veloce di chiavi, poi lanciò uno sguardo alla finestra illuminata del terzo piano. Istintivamente, si chiese che cosa facesse Ino in quell’istante, se magari pensasse a lui o se invece dormisse per non pensare oltre a quella giornata, ma accantonò subito la domanda, conscio che l’avrebbe scoperto a breve. Sospirò per imporsi di mantenere la calma e si affrettò a raggiungere la sua meta finale.
Quando finalmente ebbe davanti a sé l’amica, assisté alla reazione che aveva previsto: prima due occhi azzurri sgranati per lo stupore, poi un’espressione seria e contrariata.
“Che ci fai qui?” Esordì lei con evidente disappunto.
Anche se non si aspettava di rincontrarlo prima dell’indomani, non aveva alcuna voglia di innervosirsi ancora e soprattutto di provare una nuova bruciante delusione.
“Se mi fai entrare, vorrei parlarti.”
“Non vedo che bisogno ci sia...”
“Il bisogno c’è. Posso entrare?” Insisté Shikamaru con tono fermo.
Ino lo scrutò incerta; non era ordinario per lui replicare in modo drastico e giunse quasi a credere che fosse lì per compiere un gesto decisivo per il loro rapporto. Nel giro di pochi istanti, però, rigettò lontano quella possibilità a suo avviso illusoria e ricondusse l’atteggiamento dell’uomo a motivi lavorati; essendo anche lei una polizotta, sapeva bene che tensioni personali potevano influire negativamente e che dissiparle era in ogni caso la scelta migliore. Con rassegnazione si morse l’interno della guancia e si spostò dal vano dalla porta, lasciandolo entrare.
“Comunque stavo preparando qualcosa per cenare. Andiamo di là.” Disse atona, quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo, poi, senza attendere nemmeno un piccolo cenno di assenso, lo superò e si recò in cucina.
Sollevato per aver raggiunto quel primo traguardo, Shikamaru la seguì più tranquillo di quanto avesse pensato pochi minuti prima e, varcando la soglia di un’altra stanza di quella casa che conosceva alla perfezione, immediatamente pensò che l’odore proveniente dai fornelli era come al solito invitante. Se i suoi sensi non lo ingannavano, una pentola bolliva a fuoco lento con al suo interno carne, spaghetti e un po’ di cipolla, ingredienti in attesa di essere raggiunti da qualche verdura. Vide, infatti, l’amica avvicinarsi ad un tagliere e riprendere ad affettare qualcosa di non identificato. Si sedette al suo posto abituale e rimase ad osservarla mentre eseguiva quella semplice e veloce operazione, con i lungi capelli biondi raccolti in una coda che ondeggiavano sulla schiena in corrispondenza dei movimenti delle braccia. Sarebbe potuta sembrare una serata come tante, se non fosse stato per il silenzio totale che li avvolgeva e il ricordo di una lunga settimana di cene solitarie alle spalle. Il desiderio pressante che tornasse tutto come prima lo indusse ad riaprire per primo la conversazione.
“Riguardo a stamattina, non era mia intenzione criticare la tua capacità di giudizio, volevo solo che fossi più prudente.” Affermò, partendo dalla questione per lui relativamente più semplice da affrontare.
Ino non rispose, ma sollevò il tagliere e con un movimento secco della lama del coltello fece cadere i pezzi di verdura nella pentola, un gesto che l’amico interpretò come un tacito segno di stizza. Incapace di capire cosa avesse detto di irritante non aggiunse altro, mentre la poliziotta pensava che aveva fatto bene a non tirare conclusioni affrettate dalla sua visita.
“Tsunade-sama ha già detto che in ogni caso non ci saranno problemi con le indagini, quindi è inutile parlarne ancora.” Gli disse apparentemente tranquilla, le mani ormai appoggiate al piano di marmo dopo aver rimesso giù gli utensili da cucina.
Di fronte al suo persistente atteggiamento di chiusura Shikamaru sospirò di stanchezza, poi si alzò deciso a mettere in chiaro una volta per tutte cosa lo preoccupasse davvero. Accortasi del suo spostamento, l’altra si voltò e gli indirizzò uno sguardo serio, in attesa di cosa avrebbe detto.
“Sì che è utile, invece, perché non è questo il punto.” Replicò il collega mentre faceva qualche passo verso di lei. “Ciò che mi interessa non sono le indagini, mi interessa piuttosto che non ti succeda niente.”
A quelle parole Ino si trovò involontariamente ad arrossire, sebbene non dovesse esserci nulla di strano nel sentirle pronunciare da un amico d’infanzia, considerando poi i rischi del loro mestiere. Non poté fare a meno di provare la stessa incertezza di quando l’altro aveva insistito per entrare, ma di nuovo si rifiutò di volare con la fantasia e cogliere nelle sue affermazioni sfumature inesistenti. Shikamaru notò il rossore improvviso comparso sulle sue guance e soprattutto il dubbio momentaneo nelle sue iridi azzurre, rimanendo un po’ amareggiato quando al loro posto comparve un’espressione disillusa, in netto contrasto con quanto avrebbe desiderato.
“Già, almeno questo da te posso averlo.” Disse lei con tono amaro dopo qualche istante di silenzio, a metà tra la delusione e la consapevolezza di non poter pretendere l’impossibile, mentre le attraversava la mente l’immagine del collega in compagnia della professoressa di francese.
Il suo sguardo malinconico e sfuggente fu per l’ispettore un pugno nello stomaco; in quell’istante una settimana di indecisione non gli sembrò semplicemente lunga, ma un abisso di tempo inaccettabile. Avanzò allora di un altro passo e allungò una mano verso il suo viso in un gesto impacciato, ribadendo a se stesso che non avrebbe mai più commesso l’errore di offuscare i suoi lineamenti con l’ombra della tristezza. Quando Ino avvertì il tocco inaspettato delle sue dita sulla pelle, sbarrò gli occhi per lo stupore e tornò lentamente a guardarlo, incapace quella volta di essere abbastanza razionale da incatenare in una visione pragmatica l’agitarsi inconsulto del suo cuore.    
“Non solo questo.” Sussurrò Shikamaru, poi si sforzò di lasciarsi guidare semplicemente dal battito accelerato che gli riscaldava il petto, così da soffocare l’imbarazzo che in simili situazioni il troppo pensare gli causava.
Fece scivolare la mano che sfiorava la guancia dell’amica dietro il suo capo, immergendola nei capelli morbidi, e le cinse un fianco con l’altra, attirandola a sé in un bacio che entrambi attendevano. Lo attendevano fin dall’uggiosa mattina in cui il filo del loro rapporto si era teso col rischio di spezzarsi e, in quel momento di stasi, giunse inevitabile ad avvolgerli una dolce sensazione di liberazione. Superato un primo istante di confusione, Ino approfondì con foga l’incontro dello loro lingue e lo abbracciò forte, salendo piano con le mani lungo la sua schiena per poi fermarsi a stringere tra le dita la maglia che indossava. Sentiva il bisogno pressante di accertarsi che quel contatto imprevisto tra i lori corpi non fosse più solo un sogno destino a rimanere tale. Dal canto suo, Shikamaru non si tirò indietro; averla così vicino da percepire la morbida consistenza delle sue forme e il suo profumo lo faceva sentire innegabilmente bene, oltre ad essere più piacevole di quanto immaginasse. Si diede dell’idiota per aver messo così tanto tempo a capire cosa provasse, rischiando di perdere tutto.
Fu solo il brontolio più intenso della pentola e un odore di bruciato che li indusse ad allontanarsi. Si fissarono negli occhi per un breve ma intenso istante, mentre i loro respiri si confondevano in un silenzio più significativo di mille parole, poi Ino si girò con un pizzico di fastidio verso la responsabile dell’interruzione e spense subito il gas. L’ispettore intuì senza problemi le possibili implicazioni della sua azione e non gli dispiacque affatto.
“Questa pentola ha un tempismo peggiore del tuo.” Lo punzecchiò la collega con un sospiro divertito, ancora volta di spalle.
Anche se la battuta ironica sottolineava il tempo sprecato, il tono leggero con cui era stata pronunciata non aveva più nessuna traccia dell’amarezza e dell’angoscia palpabili nella sua voce poco prima che si baciassero. Tale costatazione rilassò Shikamaru ancora di più, mentre si faceva strada nel suo animo quella piacevole sensazione di normalità e naturalezza che nell’ultima settimana era stata un ricordo lontano.
“Suppongo di sì.” Assentì, grattandosi leggermente il capo, con lo sguardo fermo sul suo profilo, impaziente di rivedere il suo viso finalmente sereno.
Dopo qualche istante Ino assecondò il suo desiderio; si voltò di nuovo verso di lui e gli mostrò il sorriso che le increspava le labbra sottili.
“Ma si può rimediare.” Disse maliziosa, riferendosi tanto al ritardo del collega nell’arrivare ad una decisone quanto all’intralcio causato dalla pentola.
Ricevuta così una conferma alla sua precedente congettura, l’ispettore non si lasciò sfuggire quell’invito indiretto; si appoggiò con le mani al piano della cucina, sfiorandole i fianchi con le braccia, e azzerò per la seconda volta la distanza tra i loro corpi con un nuovo bacio, augurandosi che non ci fosse nessun’altra interruzione.

Dopo aver trascorso l’intero pomeriggio a tormentarsi su quale fosse la scelta più giusta, Naruto era fermo davanti alla porta dell’appartamento di Sasuke già da qualche minuto, alla ricerca del modo più adatto per iniziare quella che sarebbe stata, non aveva alcuna difficoltà a prevederlo, una impegnativa e tesa conversazione. Sebbene anche Sakura gli avesse consigliato di dirgli quanto accaduto all’Alba, sapeva infatti che era mille volte più complicato del normale trattare con l’Uchiha quando l’argomento era suo fratello. Stanco di pensare, tirò un sospiro profondo e bussò, consapevole che eseguire qualcosa di prestabilito in situazioni spinose come quella non era affatto il suo forte. Quando venne ad aprirgli, l’amico lo accolse con un’espressione annoiata.
“Naruto…  perché sei qui a quest’ora?” Chiese con tono scocciato.
“Uhm, perché? Non mi dirai che stavi già dormendo, vero?”
“No, non dormivo, però…”
“Ecco, allora non c’è problema se ti faccio un po’ di compagnia.” Lo liquidò sbrigativo Naruto, entrando senza concedergli il tempo di opporsi.
Sasuke represse il fastidio per la sua invadenza sotto uno sbuffo di rassegnazione e richiuse la porta con la speranza di liberarsene tutto al più nel giro di un’ora, poi lo seguì mentre avanzava a passo sicuro nel suo appartamento, ostentando quella disinvoltura che dimostrava i lunghi anni di amicizia che li univano.
“Non avresti una ragazza con cui passare la serata piuttosto di venire a rompere me?” Gli domandò più come costatazione che come lamentela.
“Uff, che palle, Sasuke! Non lo sai che l’ospitalità è sacra?” Borbottò l’altro in risposta.
L’ispettore Uchiha aggrottò le sopracciglia e lo scrutò scettico; più che un ospite, in quel momento gli sembrava un invasore. Le sue azioni successive non gli fecero cambiare idea. Lo vide, infatti, addentrarsi in cucina e impossessarsi di stipi e fornelli, blaterando qualcosa sull’utilità di un buon tè caldo nel periodo invernale. Stufo di trovare una logica nel suo comportamento, Sasuke si sedette e gli lasciò campo libero, in attesa che la sua irruenza si placasse. Mentre recuperava tutto il necessario per preparare la bevanda, Naruto non smise di parlare, rimproverandolo per aver mangiato troppo tardi, come una padella ancora calda gli suggeriva, ed elargendogli consigli su che tipo di tè comprare in futuro. In un momenti diverso, l’Uchiha gli avrebbe volentieri fatto notare che gli orari della sua cena così come i suoi acquisti non erano un suo problema, ma per quella volta non disse nulla; preferiva che si concentrasse su questioni futili piuttosto che tornasse a chiedergli cosa lo tormentava negli ultimi giorni. Ciò che, invece, non comprese subito fu che averlo lì a riempire con la sua voce il proprio appartamento e ad allontanare le facili elucubrazioni notturne lo alleggeriva dal peso invisibile ma perfettamente percepibile che da lunghi anni gravava sul suo cuore. Se ne rese in parte conto solo quando all’improvviso tornò il silenzio e con esso una sgradevole sensazione di vuoto. Inarcò allora un sopracciglio posando uno sguardo serio e perplesso sulla schiena dell’amico, intento ad osservare le due tazze con le bustine di tè ormai in infusione. Attese qualche istante prima di domandargli che diavolo avesse e ridestarlo da quell’insolito mutismo. Naruto sospirò e chiuse i pugni per allontanare la tensione, poi decise di arrivare dritto al punto.
“Credo di aver visto tuo fratello Itachi.” Lo informò conciso.
Di fonte alla notizia improvvisa Sasuke sgranò gli occhi per lo stupore e aprì leggermente la bocca come per dire qualcosa, ma le parole gli si fermarono in gola, intrappolate tra l’incredulità e un principio di agitazione. Aveva trascorso tanti anni nell’attesa di ascoltare una frase simile, oscillando tra speranza e disillusione, e ora che quel momento era finalmente giunto aveva difficoltà a crederlo vero. Strinse con forza la superficie lignea sotto le proprie mani, sforzandosi di mantenere la calma.
“Dove l’avresti visto?” Disse con voce roca non appena ne fu in grado.
Pronto psicologicamente ad un seguito ben diverso da quella reazione pacata, l’altro poliziotto si voltò verso di lui e lo fissò dritto in volto.
“Stamattina alla discoteca Alba. Ci sono stato per delle indagini e ad un certo punto il barista ha chiamato Itachi un uomo dai lunghi capelli neri e con delle evidenti occhiaie. Tra la lista dei dipendenti compariva con un cognome diverso, però ti assomigliava davvero molto.” Gli spiegò, fornendo una descrizione che per l’ispettore Uchiha equivalse ad una conferma.
“Una discoteca? Qui a Konoha?” Domandò quello alla ricerca di un’ulteriore certezza dopo anni di lettere anonime, mentre il battito del suo cuore accelerava sotto effetto dell’adrenalina.  
Quando ricevette un cenno di assenso dal collega, incapace di rimanere seduto come se nulla fosse si alzò puntellandosi sul tavolo.
“E dove si trova?!” Esclamò impaziente.
Naruto non rispose subito, ma aggrottò le sopracciglia scrutandolo serio.
“Sasuke, vedi di non fare qualche cazzata.” Disse poi con tono grave, un tono così insolito per lui da intensificare il fastidio dell’amico per la risposta già di per sé brusca.
“E che cazzo vuoi saperne tu di cosa devo fare?!” Sbottò quello con rabbia, lanciandogli un’occhiata torva. “È impossibile che tu possa capire qualcosa!”
Il poliziotto biondo tirò un sospiro di rassegnazione e stanchezza; sin dall’inizio aveva previsto l’attacco affilato di quella non nuova recriminazione e, per quanto ogni volta lo ferisse l’impossibilità di comprendersi fin in fondo, era consapevole che ribattere sarebbe servito solo a peggiorare la situazione. Evitò quindi di appesantire la conversazione con altre questioni personali.
“Ti devo ricordare che stiamo indagando su un caso di droga da più di due mesi?” Gli fece notare sia per impedire che si mettesse nei guai sia per tutelare la fatica dell’ultimo periodo di lavoro. “Se tuo fratello è ancora coinvolto con lo spaccio, questa discoteca potrebbe anche essere legata con le nostre indagini e un’azzardata azione individuale rischierebbe di mandare tutto all’aria.”
Costretto ad incassare il suo sensato ammonimento, Sasuke abbassò lo sguardo e conficcò le unghie nei palmi delle mani; finalmente vicino all’obiettivo che perseguiva dal giorno lontano della morte di suo padre, il solo pensiero di dover ancora aspettare gli procurava frustrazione.
“Capisco che sia difficile, ma cerca di aspettare almeno un giorno. Per domani dovremmo riuscire a sapere se la droga che tu e Kakashi avete recuperato è compatibile e se può provenire dall’Alba. In tal caso i tuoi interessi e le indagini combacerebbero e potresti arrestare Itachi senza problemi per nessuno.” Proseguì Naruto nella speranza di calmarlo e farlo ragionare.
Immaginava cosa potesse provare in quegli istanti, non molti giorni prima anche il suo passato si era confuso con il caso di cui si stava occupando, ma come poliziotti avevano il dovere di anteporre a loro stessi l’interesse generale. Il consenso seccato che ricevette in risposta gli fece capire che il collega stava pensando la stessa cosa.



Note dell'autrice

Devo nascondermi da eventuali pantofole volanti, mi sa, ci ho messo di nuovo cinque mesi e passa, chiedo venia u_u
Putroppo per il possimo capitolo credo che sarà anche peggio, tra tirocinio e tesi perirò, quindi per ora godetevi quanto accaduto in questo capitolo  ^^' Finalmente due dei tanti nodi si sono sciolti e per quanto riguarda Asuma e Kurenai questa dovrebbe essere la loro ultima apparizione.
Non penso di dover dire altro, tranne che Sakura è un problema vivente e che nella scena finale non c'è traccia di  narusasu (lo specifico, non si sa mai^^')
Un grazie ad un Urdi e slice per le recensioni, alla beta che ha betato tutto in tempi veloci e a chi ha aggiunto la storia in preferiti o seguite.
  
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