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Autore: rossellina    25/08/2012    6 recensioni
Salve a tutte! Questa è la mia prima ff e ci provo ... speriamo! Bella e Edward si incontrano in un'aula di tribunale. Lui è sotto accusa, lei l'avvocato dell'accusa. Dal secondo capitolo:
-Obbiezione!- saltò dalla sua sedia Jasper -Non ho ancora capito dove vuole arrivare l'avvocato dell'accusa. E poi il signor Culler non era in sé in quel momento-
-Ed è proprio qui che voglio arrivare!- rispose Isabella rivolgendosi al giudice – Se mi permette di continuare su questa linea avrà fra poco chiaro del perchè-
Il giudice guardò prima Jasper e poi Isabella. -Respinta- sentenziò. -Prosegua avvocato ma arrivi al dunque velocemente-
-Grazie.- e poi rivolgendosi ad Edward – Signor Cullen, si ricorda di quando era al liceo?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ciao a tutte!

Vorrei scusarmi con tutte per non aver mantenuto le promesse fatte. Ma proprio non ce l'ho fatta: troppo caldo per mettersi al pc e scrivere. E' più forte di me.

Però non sono stata con le mani in mano. In teoria la storia è quasi finita; devo solo trascrivere in word tutto quello che è su fogli sparsi e fare le dovute correzioni.

Abbiate un po' di pazienza e se proprio dovete tirarmi qualcosa, che sia acqua gelata e anche neve se ci riuscite!

Ma tornando al motivo per cui sono qui oggi: NUOVO CAPITOLO!!!

Aspetto le vostre opinioni se vi va.

Baci, Rossellina

 

CAPILOTO 28

 

Domenica. Seattle.


 

Isabella parcheggiò la sua auto davanti al cancello della villetta di Alice e Jasper.

Quando scese, notò che in giardino c’erano Jasper, Emmett e Carlisle che giocavano con il piccolo Alec.

-Ben arrivati!- fu il giubilo di Carlisle quando vide Isabella ed Edward.

Questi ultimi due erano un po’ frastornati da tutta quell’allegria. In fin dei conti erano le prime persone che vedevano da ventiquattro ore. Infatti da quando erano partiti dalla clinica, non avevano più avuto nessun tipo di contatto con nessuno che non fossero loro stessi. Da sabato sera a domenica sera, avevano pensato solo a loro due, a stare insieme nei modi più dolci e rudi, piacevoli e lussuriosi, silenziosi e rumorosi che conoscessero o avessero mai sperimentato.

-Salve a tutti!- rispose Isabella riscuotendosi.

-Ciao!- salutò Edward.

Carlisle aprì loro il cancello.

-Le ragazze?- chiese Isabella già sentendosi fuori posto in mezzo a soli uomini.

-In cucina.- rispose Jasper.

-Vado a salutarle.- propose.

-A sinistra.- le indicò Jasper.

-Grazie.- e si avviò. Mentre entrava in casa pensò che era una bella cosa arrivare a casa dei parenti del compagno e recarsi poi in cucina a fare comunella con le altre donne di casa. Un po’ sessista come discorso, ma romantico concluse.

Non mi hai mai guardato come guardi lui” gli vennero in mente le parole di Chris, l’altro grande amore della sua vita. Non aveva mai immaginato una scena del genere con lui. Ma con Edward sì.

Mentre entrava in cucina realizzò che si sentiva a casa. Come se non si fosse mai allontanata per dieci anni da quelle persone.

-Ciao!- esordì mettendo piede nella grande cucina.

-Ciao Isabella!- la salutarono Alice e Rosalie.

-Salve cara!- disse invece Esme andandole incontro e baciandole una guancia.

-Posso aiutarvi?- disse posando la borsa su uno degli sgabelli della penisola.

-Potresti tagliare le fragole per la macedonia.- le suggerì Esme.

-Mi metto subito al lavoro.-


 

La cena fu tranquilla. Gustarono tutto con voracità. Ci fu anche un piccola simpatica gara fra gli uomini a chi si ingozzava di più di carne alla griglia; naturalmente vinse Emmett.

La quiete prima della tempesta.

-Jasper?- chiese Isabella. -Pensavo di accompagnare Edward da te la mattina di martedì. Ti va bene verso le 8?-

-Perché?- chiese l’interessato.

-Ho un’udienza alle 9 in un’altra sezione del tribunale.-

-Alle 8 va bene. Però domani vorrei rivedere con lui la sua deposizione. Nel pomeriggio ti va bene? O vengo a prenderlo io dal tuo studio?- intervenne Jasper.

-Magari ci vediamo nella pausa pranzo e poi resta con te.-

-Perfetto. Poi ci vediamo con calma verso sera.-

-Io sarei qui che vi ascolto?!?!- tentò di intrufolarsi Edward per dire anche lui la sua.

-Potreste venire sia a pranzo che a cena da noi.- propose Esme non ascoltandolo.

-Non vorrei disturbare.- si scusò Isabella.

-Nessun disturbo cara.- la rabbonì dolcemente Esme. -Pensavo di fare le lasagne.-

-Io ci sono!- disse Alice.

-Anch’io!- le fece eco Rosalie. -Non posso resistere alle tue lasagne!-

-Se la metti così Esme, non posso fare altro che dire di si anch’io!- sorrise Isabella.

-Papà?-

-Si Edward?-

-Perché parlano come se non fossimo presenti?-

-Perché siamo uomini e le donne decidono per noi.-

-Ed è sempre così.- disse Emmett.

Rosalie lo incenerì con lo sguardo e lui la guardò mortificato.


 

Erano ancora seduti a tavola che si stavano gustando il caffè.

-Sai Isabella.- esordì Alice. -Jasper è curioso di sapere da quanto ci conosciamo.-

-Ti fidi a svelare i nostri segreti con lui?- chiese ironicamente l'altra.

-Uhm … - finse di riflettere la prima. -Non saprei … -

-Ma … amore?!- disse Jasper scioccato mentre gli altri sogghignavano. A parte Edward che si sentiva un pesce fuor d'acqua in quella situazione.

-Alice, lo sai che ci sono dei fati che non devono arrivare alle orecchie dei nostri genitori!- disse con fare cospiratorio Isabella.

-Vero! Direi che se parla, poi va in bianco per … qualche mese!- e così dicendo Alice guardò il marito di sottecchi.

-Non voglio sapere nulla!- e Jasper si tappò le orecchie.

Tutti risero ed Emmett gli diede una sonora pacca sulla spalla.

-Ah Jaz!- lo rimproverò questi. -Da quanto conosci Alice? 8? 9anni? E ancora non hai capito quando di prende in giro?!- e scoppiò a ridere.

-Cosa?- chiese incredulo Jasper.

-Vedi caro.- intervenne Esme. -Alice ed Isabella non hanno mai avuto segreti fra loro. E prima o poi li abbiamo saputi anche noi. Il loro modo di metterci a parte delle loro cose era quello di parlarci a tavola come se fossimo dei coetanei a cui raccontavano dei segreti di stato.-

-Ed Emmett era quello che sanciva il patto di segretezza decretando che la riunione era solo per pochi eletti.- terminò Carlisle.


 

Ascoltando quelle parole, Edward realizzò che non conosceva Isabella così come ignorava molte cose della sua famiglia. Non aveva mai passato del tempo con loro seduto a tavola ascoltando le loro vicissitudini.

Si sentiva un estraneo in quel quadretto.

Ma quello che gli faceva più male, era il non sapere nulla di Isabella e della sua vita di adolescente. Lui non c'era. Non sapeva a chi aveva dato il primo bacio, non sapeva chi era il suo cantante preferito o la materia in cui eccelleva a scuola e quella in cui no.

Sapeva di essere stato il primo con cui aveva fatto l'amore, ma non se aveva avuto un ragazzo prima di lui.

Conosceva suo padre; ma sua madre? Di lei sapeva solo quello che gli aveva raccontato qualche settimana prima a villa Cullen.

Non sapeva che lei ed Alice erano così amiche, e che Emmett fosse parte integrante di quell'amicizia.


 

-Hei!- Edward si ridestò dai suoi pensieri quando sentì un calore sulla guancia. Era la mano di Isabella che gliela accarezzava.

Incrociando i suoi occhi, vide solo amore.

-Scusate.- disse alzandosi.


 

Appena Edward si alzò e uscì dalla sala da pranzo, calò il silenzio fra i commensali rimasti.

Carlisle riempì il suo calice e fece lo stesso con quello del figlio e poi uscì anche lui dalla stanza senza proferire parola.

-Che succede?- chiese Emmett con la sua innocenza disarmante.

-Non lo so.- rispose Isabella turbata dal cambiamento repentino dell'umore di Edward.

-Credo si senta di troppo.- rifletté Rosalie.

-Cioè?- chiese Jasper.

-Non ha mai fatto parte di questa famiglia.- spiegò Rosalie.

-Come no?!- protestò Esme. -E' mio figlio!-

-Mi sono espressa male. Lui non ha voluto farne parte tant'è che quando poteva fuggiva dalle vostre cene, dai vostri incontri.- chiarì Rosalie in tono professionale, era pur sempre una psicologa. -Ora è costretto a stare con voi e sta facendo i conti con le sue azioni del passato.-

-Ma gli vogliamo bene!- mediò Alice.

-Ciò probabilmente aumenta il suo senso di inadeguatezza che già prova. Non mi stupirei se si chiedesse perchè, nonostante tutto, voi gli state accanto come se non fosse successo nulla.-

-Cosa potremmo fare?- chiese la madre.

-Parlarvi. Prima o poi dovrete farlo. Anche con l'aiuto di un esterno se può esservi d'aiuto.-

-Alla clinica è seguito da uno psicologo. Vero Isabella?- chiese Jasper.

-Sì, lo stesso che segue anche gli ospiti.-

-Se ha già iniziato un percorso di comprensione di sé, bene. Ma presto o tardi deve fare la stessa cosa anche con voi.-

-Ma se … martedì … - titubò Esme.

-Dipende dal carcere. Molti non hanno fondi per pagare un psicologo interno. Per fortuna ci sono dei ministri di culto di varie religioni che volontariamente si offrono di parlare con i detenuti. In questo caso è tutta questione di fortuna e trovarne uno che ti ascolti realmente e non che ti minacci con le fiamme dell'inferno.-

Stettero nuovamente zitti tutti.

-Noi andiamo dagli altri.- disse Jasper guardando Emmett. Ed insieme uscirono dalla sala da pranzo.


 

Calò il silenzio. Dopo un paio di minuti Jasper si alzò, seguito a ruota da Emmett. E senza dire nulla, uscirono anche loro dalla stanza. Qualche secondo dopo e chi era rimasto in sala da pranzo avvertì la porta d'ingresso chiudersi.

Nella stanza tutte guardavano in basso ed in silenzio, perse nei loro pensieri.-

-Esme … scusami ...- sussurrò Rosalie.

-Non preoccuparti cara. Ho bisogno di sapere cosa aspettarmi. Preferisco essere preparata al peggio.-

-Comprendo il tuo atteggiamento; ma potevo usare più tatto.- si scusò.

-Ti conosco e so che non l'hai fatto con cattiveria.-

-Vado a vedere Alec.- e Rosalie senza aggiungere altro uscì.

-Non è cattiva.- disse Esme a giustificazione della nuora e a beneficio di Isabella.

-Anche se lo sembra.- spiegò Alice. -Ha a che fare con il dipartimento dei minori. E' la psicologa che valuta i genitori. Deve essere “spietata” per garantire la sicurezza dei bambini.-

-Capisco.- rispose Isabella.

Esme si alzò cominciando ad impilare i piatti. In silenzio, Alice ed Isabella la aiutarono.


 

Seattle. Sera. Esterno della casa di Alice e Jasper.


 

-Scusate.- disse Edward alzandosi e guardando a terra. Si diresse alla porta principale ed uscì in giardino. Si toccò le tasche dei jeans in cerca delle sigarette. Non ne aveva; non fumava da quando era stato arrestato. Ma in quel momento ne avrebbe tanto voluta una.

La luce dell'ingresso si accese e poi si aprì la porta. Lui non si voltò per vedere chi si era affacciato ma poco dopo gli si affiancò suo padre e gli porse un bicchiere di vino.

-Mi piace questo barolo.- e Carlisle ne sorseggiò un sorso. -Che ne pensi?-

-Sono uno stronzo … uno stupido stronzo.- gli rispose Edward dopo un paio di minuti a guardar nel vuoto.

-Sì. Su questo siamo in molti ad essere d'accordo con te.-

-Mi sono perso molte cose di voi e di lei.- disse dando voce ai suoi pensieri.

-Eri … impegnato.-

-Vorrei poter tornare indietro.-

-Lo sai che non si può. Puoi solo andare avanti pensando al presente e al futuro e decidendo di viverli diversamente.-

-Ora rischio di non avere più un presente e un futuro. Rischio di perdermi ancora molto di voi e di lei.-

-Qualunque cosa accada, noi saremo con te.-

La porta si riaprì ed uscirono Jasper ed Emmett.

-Le donne stanno sistemando dentro.- disse il primo.

-Ci date una mano a sistemare in veranda?- chiese il secondo.

-Arriviamo.- rispose Carlisle anche per Edward.


 

Gli uomini sistemarono celermente la zona dove avevano cucinato alla griglia. Non parlarono di quello che era stato detto e di ciò che era successo a tavola.

Jasper ed Emmett non menzionarono nemmeno le conclusioni di Rosalie.

Parlarono invece della sera successiva, quando si sarebbero ritrovati all'appartamento di Esme e Carlisle.

Ad un certo punto Jasper e Carlisle si allontanarono per ricoverare il barbeque.

-A mamma piacerebbe averti a casa.-

-Non posso Emmett. Devo scontare una pena e rischio di tornare in carcere tra poco più di un giorno.-

-Però domani potresti dormire da loro.-

-Dipende da Isabella.-

-Ho la sensazione che le piacerebbe augurarti la buonanotte e poi salutarti martedì.-

-Chiederò.-

-Potreste dormire entrambi là. Non sarà come a Forks perché hanno meno camere per gli ospiti. Ma una sistemazione mamma la troverà per tutti.-

-Emm?-

-Sì?-

-Stagli vicino anche per me.-

-Lo farò.-

-Ok. E anche questa e fatta!- disse Carlisle sopraggiungendo con Jasper.

Entrarono in casa e andarono direttamente in salotto dove trovarono le altre che si erano già accomodate a sedere sui divani.

Edward si accomodò di fianco ad Isabella ed ognuno degli altri si sedette accanto alla propria consorte.

-Allora ci vediamo domani a che ora?- chiese Esme sorridendo.

-Verso le 13 dovrei liberarmi.- disse Jasper.

-Più o meno saremmo liberi anche noi a quell'ora.- disse Isabella.

-Ottimo! Vi aspetto per le 13.30.

-Non so dove state!- fece presente Isabella.

-Ti farò da navigatore.- le propose Edward. -E cercherò di fare la voce di Johnny Depp.-

-Wow!- e gli si avvicinò. -Grazie!- e gli strinse una mano.

Lui le circondò le spalle con un braccio e le diede un bacio in fronte.


 

Ancora qualche chiacchiera leggera comodamente seduti in salotto, e venne anche l'ora di salutarsi.

Esme rinnovò l'appuntamento per l'indomani ed ognuno, dopo l'ennesimo saluto, proseguì per la propria strada.


 

Seattle. Domenica sera. Casa di Isabella.


 

In poco tempo raggiunsero l'appartamento di Isabella. C'era poco traffico per le strade e nessuno dei due parlò durante il tragitto.

Fu tutto tranquillo fino a quando si richiusero la porta di casa alle spalle.

Isabella non ebbe neanche il tempo di accendere la luce che Edward la prese di peso e l'appoggiò alla porta avventandosi sulle sue labbra.

Senza obiezioni, lei gli si strinse addosso e ricambiò il bacio con passione e tanta lingua. Le sue braccia andarono a circondargli il collo e si mise in punta di piedi per raggiungerlo meglio. Lui le facilitò l'intenzione tenendola saldamente per i fianchi e dopo un piccolo balzo, gli allacciò le gambe dietro la schiena.

Al bacio, molto approfondito e molto umido, si unirono anche dei gemiti poco velati; se qualche vicino fosse passato proprio in quel momento accanto alla porta dell'appartamento, li avrebbe di sicuro sentiti. “Speriamo non quella dell'appartamento in fondo al corridoio” pensò Isabella, “o domani mi chiamerà l'amministratore.”

Edward si staccò dalla sua bocca per dirigersi all'orecchio sinistro; con solo il respiro le fece venire la pelle d'oca e un gemito più forte le sfuggì dalla bocca.

Le girava la testa in modo molto eccitante e non aveva molta voglia di chiedere ad Edward di andare in camera. Non aveva nessuna intenzione di staccarsi da lui.

Ma non aveva messo in conto la volontà del suo partner.

Infatti si ritrovò sdraiata con lui addosso e lei che continuava a cingergli i fianchi con le gambe. Non si capacitava come fossero giunti sul suo letto, ma ne era contenta, eccitatamente contenta.

Come gli era già capitato, si dovettero fermare per riprendere fiato e per fare il punto della situazione: trovavano terribilmente difficile spogliarsi senza doversi minimamente scostare l'uno dall'altra.

-Sembriamo due adolescenti che hanno fretta per paura di essere scoperti.- disse Isabella.

-Io ho solo fretta di averti per tutta la notte … - precisò roco Edward.

-Maniaco!-

-Colpa tua che sei così eccitante … -

-... e non mi hai ancora vista in guepiere, tacchi a spillo e frusta!-

-Uhm … ti preferisco nuda … - e si rifiondò sulle sue labbra.


 

Gemito.

-Edward?-

Gemito.

-Dopo … - e continuò a baciarle il collo.

Gemito.

-Edward?-

Gemito.

-Shhh … - proseguendo verso l'orecchio.

Gemito.

-Edward … ahhh … wooow … - dopo averle alzato la maglia e intrappolato un capezzolo fra le labbra e averle dato un leggero morso.

Gemito forte.

-Edward … - altra scia di baci dal collo all'altro orecchio

Gemito incontrollato.

-Oddiooo! … - lui che gioca con l'ombelico.

Gemito molto incontrollato.

Con tutta la forza che trovò, Isabella riuscì ad invertire le posizioni.

-Uhm … - disse stavolta Edward.

-Zitto Cullen e ricomponiti!- tentò con voce vagamente autoritaria Isabella.

-Perchè?- chiese lui ricollegando il cervello.

-Perchè … il mio cellulare ha squillato già tre volte … e il tuo mi vibra sulla coscia.- e così dicendo si scostò dalla posizione a cavallo che aveva assunto per riprendere il controllo della situazione. Facendo così, permise ad Edward di sfilare il suo cellulare dalla tasca.

-E' Emmett.- le disse mentre lei gli si sdraiava vicino.

-Che succede?- rispose prontamente Edward.

-E' la terza volta che ti chiamo.-

-Ho lasciato il cellulare in silenzioso.- si giustificò Edward cercando di mantenere il controllo mentre Isabella gli leccava il lobo dell'orecchio.

-Alice sta cercando di parlare con Isabella, anche lei ha il cellulare silenzioso?-

-Non lo so … - Edward cercò di contenere un gemito quando lei gli succhiò il lobo.

-Ti ho chiamato per dirti di domani sera. Hai già chiesto ad Isabella se dormite da mamma e papà?-

-Non ancora.- e si lasciò guidare a stendersi sul materasso spinto dalle mani di Isabella.

-Glielo puoi chiedere ora?-

-Adesso è impegnata … - e guardò lei che gli slacciava i jeans.

-Ok. Comunque ti accenno l'idea di Alice.-

-Certo, dimmi così … riferisco … - e gli fece scivolare jeans e boxer a mezza coscia. Lui la guardava stralunato.

-Fare una specie di pigiama party. Ma i maschietti in salotto con i sacchi a pelo, e le ragazze nella camera degli ospiti con i sacchi a pelo. Che te ne pare?-

Edward era molto concentrato a non farsi scappare nulla dalla bocca. Isabella era impegnata a leccargli tutto il membro dalla base alla punta e a succhiarlo con maestria. Cercò di allargare le gambe per quanto gli fu possibile.

Un suono fastidioso in sottofondo li disturbò appena.

-Ma state facendo sesso!!!- fu l'urlo che provenì dal telefono che teneva ancora fra le mani.

-Cazzo Emmett! Che ti urli!-

-Edward? Sono tua sorella! Passami la pervertita.- si intromise Alice al telefono di Emmett.

-Un … attimo … - e passò il suo cellulare ad Isabella che era ancora impegnata con il migliore amico di Edward.

Lei si alzò e si sdraiò sul letto e posò il telefono all'orecchio.

-Pronto?-

-State cercando di recuperare dieci anni in pochi mesi?-

-Uhm … credo che si e no abbiamo recuperato sei mesi fino ad ora … - ed intrufolò una mano fra i capelli di Edward che le aveva alzato la maglia e le stava baciando la pancia.

-Comunque stiamo organizzando per domani sera una sorta di pigiama party a casa dei miei.-

-Direi che non ci sono dei problemi.- e guardò Edward che le slacciava i pantaloni e li stava facendo scendere per le gambe.

-Hai dei sacchi a pelo?-

-Non lo so … - e le dita di lui stavano risalendo le sue gambe in una carezza lieve. -Ci devo guardare.-

-Ok. Comunque qualche coperta pesante e dei cuscini basteranno.-

-Direi che … - troppo distratta per rispondere. Edward le stava baciando il pube facendo scivolare le mutandine lungo le gambe.

-Dio mio! Non potete proprio aspettare!-

Edward riprese il suo cellulare. -Ci sentiamo domattina- e chiuse la conversazione.

E si avventò a ricambiare il sesso orale di prima.


 

Edward era sveglio e teneva fra le braccia Isabella che invece dormiva profondamente; erano nudi dopo aver fatto l'amore.

Si sentiva inquieto per l'indomani. La mancanza di tempo per fare tutto, stare con tutti per salutarli, era un'esperienza che già aveva sentito. Ma ora più di prima perchè non sapeva da dove cominciare. La sua era anche scaramanzia: salutarli era come essere sicuro che non sarebbe più tornato a casa.

-Sei sveglio?- sussurrò Isabella.

-Si.-

-Qualcosa non va?-

-Sono preoccupato per martedì.- Isabella si agitò fra le lenzuola.

-Edward? Potrai mai perdonarmi?-

-Per cosa?-

-Per averti fatto rinchiudere in carcere?-

-Non ho nulla da perdonarti e tu nulla da recriminarti. Hai fatto solo il tuo lavoro.-

-Ma se non ti avessi interrogato … -

-… sarei lo stesso finito in carcere. Eravamo colpevoli.-

-Ma se non ti avessi interrogato … -

Edward accese la luce sul comodino, si girò e prese il viso di Isabella fra le mani. Era rigato di lacrime e gli occhi erano rossi.

-Ascoltami bene. Ho sbagliato tante volte e mi è sempre andata bene. Poi ho fatto un errore in più e mi hanno beccato. Anche se non ci fossi stata tu quel giorno in aula ad interrogarmi, credi che le cose sarebbero andate diversamente? Dimmi la verità da avvocato.-

-No. Sarebbero andate così.-

-Quindi non pensare che sia colpa tua. Ok?-

-Ma anch'io sono preoccupata per martedì.-

-Lo so amore, lo so.-

-Come mi hai chiamata?-

-Amore. Perchè sei il mio amore.-

-Edward … io … -

-Shhh … ho bisogno di dire cosa provo. Accettalo e basta.-

Lei non fece altro che inclinare la testa e appoggiala al petto di lui e lasciarsi cullare dalle sue braccia.

Edward spense la luce e rimasero ancora così, al buio, persi ognuno nei propri pensieri.

-Quanti testimoni avevate?-

-Come?-

-Al processo Dwyne disse che avevate dei testimoni oltre ad Angela. Quanti ce n'erano?-

-Sei.- disse dopo poco Isabella.

-E quanti anni sono previsti per ogni … -

-Il massimo della pena sono cinque anni.-

-Avreste chiesto trent'anni in tre?-

-No, trenta a testa.- 

  
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