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Autore: Aya88    28/08/2012    2 recensioni
La vita può mettere di fronte a situazioni diverse, tristi, liete, inaspettate o a lungo attese, e questa raccolta ne racchiuderà qualche frammento.
10) Kakashi riaprì gli occhi tornando a fissare l’espressione di Sakura [...]. Non ricordava quando se ne fosse reso conto, ma osservarla impegnata nel suo lavoro si rivelava un utile diversivo per sfuggire ai postumi sia fisici che morali di una battaglia.
Paring KakashiSakura
Partecipante al "Sintetic contest" indetto da Nora_2000
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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"Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse"



Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

Questa fanfiction è ispirata al prompt ‘annusare i libri’, proposto da slice per il paring KakaSaku.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona
(Inferno V, vv 103)


Sakura Haruno non era nota per la sua capacità di pazientare.
Se qualcuno, in quel preciso istante, avesse notato le sue iridi serie e determinate, ne avrebbe avuto l’immediato sentore.
Attendere in buon ordine la conclusione di una situazione che andava per le lunghe, per giunta senza un motivo valido, rientrava alla perfezione tra le cose che la innervosivano. E, da quando era giunta davanti a quella porta chiusa, provava in modo ancora più nitido la sensazione di aver aspettato anche troppo. Era stanca di limitarsi ad incroci di sguardi, lunghe chiacchierate davanti a tazze di tè e momenti che avrebbero potuto concludersi con qualcosa in più di una carezza o di un abbraccio. Quel giorno avrebbe messo Kakashi alle strette una volta per tutte, pur di non rimanere intrappolata di nuovo dopo tanti anni in una sterile incertezza. Intendeva spazzare via con un’azione drastica l’ultima remora dell’uomo, quel rapporto insegnante-allieva che il tempo aveva ormai reso un ricordo lontano al punto da non poter più rappresentare un ostacolo. Tutte le volte che si incontravano per caso o che veniva a cercarla, il suo modo di guardarla non era affatto quello di un maestro e l’avrebbe costretto a fronteggiare in modo diretto quella inoppugnabile verità.
Un sorrisetto malizioso le increspò le labbra sottili, poi sparì sotto un’espressione tranquilla e professionale. La dottoressa abbassò con decisione la maniglia ed entrò.
La piccola stanza di ospedale era bianca e asettica come al solito, ma la luce solare che l’invadeva attraverso la finestra senza le tendine tirate e soprattutto il jonin che l’occupava le sembravano sufficienti a rendere l’atmosfera ben più che piacevole. Sdraiato sull’unico letto presente, con la schiena adagiata contro il materasso leggermente rialzato, l’Hatake stringeva tra le mani un romanzo di Jiraya. Non appena sentì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo, interruppe la lettura in corso, si tirò su a sedere e rivolse alla sua visitatrice un’occhiata in cui si mescolavano stanchezza e un pizzico di perplessità, almeno fino a quando il volto familiare della giovane donna non entrò nella sua visuale attribuendo un senso alla mancanza di preavviso. I suoi lineamenti si distesero allora in un’espressione serena e rilassata e il suo sguardo si addolcì appena, mentre si intrufolava nella sua mente la consapevolezza di quanto fosse prezioso poterla rivedere ancora dopo l’ennesima missione, bella e irruente come al solito. Quello stesso pensiero l’aveva sfiorato anche troppo spesso negli ultimi giorni; nel realizzarlo, si sentì quasi in un vicolo cieco.
“Se riesci a leggere, direi che stai decisamente meglio”. Commentò intanto la kunoichi, pacata nonostante l’entrata improvvisa, puntando subito il suo interesse verso il mezzo che le avrebbe permesso di raggiungere il suo fine.
Il giorno prima, quando si era recata a trovarlo in un buco di tempo libero, aveva incrociato Jiraya proprio nel preciso istante in cui gli porgeva il libro, presentandolo come una delle ultime novità e decantandone la capacità di coinvolgere il lettore fin dalle prime pagine. Dopo essersi annunciata con un sonoro colpo di tosse, era entrata nella camera e aveva lanciato una eloquente occhiataccia ad entrambi, contrariata dal fatto che l’Hatake dovesse immergersi in una lettura di dubbio gusto piuttosto di riposare e recuperare le forze. Poche ore più tardi, però, ripensando a quel frangente ancora leggermente infastidita, le era balenata l’idea di sfruttare proprio il volume per attuare il proposito che già da qualche settimana le ronzava per la testa.
In seguito al suo bonario rimprovero, vide l’uomo richiudere e adagiare sulle gambe coperte da un lenzuolo bianco quello che sarebbe stato a breve il suo pretesto cartaceo, per poi passarsi una mano dietro il capo con buona pace della capigliatura ribelle.
“Suppongo di sì”. Assentì colto da un lieve imbarazzo, memore dell’aria seccata che si era dipinta sul viso di Sakura poco più di ventiquattro ore prima.
“In ogni caso, anche il quadro clinico sembrerebbe d’accordo“. Proseguì lei con tono professionale, mentre si fermava ai piedi del letto. “Ho controllato gli ultimi esami e la situazione è migliorata molto. C’è ancora qualche parametro che deve stabilizzarsi, ma non possiamo lamentarci”.
Anche se l’argomento non era proprio dei migliori, Kakashi non poté fare a meno di ascoltarla con piacere; sentirla parlare con cognizione di causa e totale sicurezza rivelava in modo chiaro la donna determinata che era diventata, infondendogli un‘inaspettata calma. In quel momento, solo perché era lei a dirlo, anche il più piccolo dubbio che ancora poteva avere sullo stato reale delle proprie condizioni fisiche si era dissolto nel nulla. Lo sguardo che posò sull’espressione concentrata della dottoressa, intenta a scrutare con attenzione i fogli recuperati dalla cartella infermieristica, era illuminato dall’ammirazione.
“E anche per quanto riguarda la terapia è tutto apposto, non c’è da cambiare nulla”. Lo informò ancora Sakura a conclusione della sua lettura, tornando a guardarlo. “Insomma, al massimo per dopodomani, potrai uscire dall’ospedale”.
Chiuse l’ultima frase con un mezzo sorriso, poi si chinò leggermente e rimise al loro posto i documenti clinici, accantonando così la parte lavorativa della sua visita.
Ormai non le restava che passare a quella più amena.
Con passo sicuro, si avvicinò al lato destro del letto in modo da accorciare le distanze tra di loro.
“Comunque preferirei di gran lunga che le cattive abitudini morissero”. Disse con tono serio. “Per fortuna anche questa volta ti è andata bene, però…”
Non continuò subito, ma si sedette accanto a lui, appoggiando le braccia sulle gambe, un gesto che volontariamente o meno attirò l’attenzione del suo interlocutore sulla pelle chiara che la gonna lasciava intravedere. Nonostante il corpo leggero della kunoichi, all’Hatake sembrò che il materasso si abbassasse in modo pericoloso. Evitò di indugiare con lo sguardo dove non avrebbe dovuto e si concentrò solo sul suo viso, messo in risalto dai capelli raccolti in una coda alta, mentre si dava dello stupido per essersi lasciato trascinare da così poco verso pensieri in netto contrasto con la serietà della conversazione e che da un bel po’ si sforzava di scacciare via. Forse l’ultimo pericolo mortale a cui era scampato gli stava giocando un brutto scherzo, ma cercò di non soffermarsi su quell’eventualità.
“Però la prossima missione potrebbe essere diversa”.
Nell’esternare a parole l’idea che aveva rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso, la giovane donna sentì un grumo d’ansia salirle per la gola, al di là delle sue intenzioni, ma alla fine l’attimo di esitazione contribuì a rafforzare ancora di più la sua determinazione.
Kakashi notò la lieve alterazione nella sua voce e provò a rivolgerle l’espressione più rassicurante di cui era in grado.
“Farò tutto il possibile affinché non accada”. Le rispose con tono calmo e profondo.
Ascoltandolo, Sakura provò un caldo sollievo, che la spinse ad aggrapparsi con fiducia a quella promessa, nonostante fosse consapevole delle difficoltà della loro vita da ninja. Si rilassò e gli mostrò un nuovo sorriso, un sorriso che si colorò pian piano di una sfumatura maliziosa.
“Prova a mettere la stessa convinzione anche in qualcos’altro, però”. Lo esortò dopo qualche istante di silenzio, socchiudendo appena gli occhi, poi afferrò il libro abbandonato sulle sue gambe e lo sollevò tra di loro a mo’ di spiegazione.
“Per la precisione, smetti di leggere storie simili”. Chiarì ulteriormente. “Mi sono sempre domandata cosa avessero di interessante, ma non ho mai trovato una risposta convincente”.
Senza chiedere il permesso portò il romanzo verso di sé aprendolo.
Le sue dita che sfogliavano le prime pagine, occupate per il momento da pochi e innocui ideogrammi, procurarono al jonin seduto accanto a lei un brivido improvviso di ansia e imbarazzo; il coinvolgimento immediato a cui Jiraya aveva accennato il giorno prima equivaleva ad una iniziale scena di sesso tutt’altro che implicita e la possibilità che la dottoressa leggesse quelle colonne non lo rendeva affatto tranquillo. Scrutò a disagio il suo sguardo indagatore, cercando invano di escogitare un modo non troppo brusco con cui distoglierla dalla imminente lettura.
Consapevole di metterlo in difficoltà, la kunoichi sorrise interiormente; dalla sua angolazione non poteva guardarlo in volto senza svelare i suoi veri pensieri, ma non le era difficile sopperire con la fantasia immaginando l’espressione buffa che doveva avere. Girò un’altra pagina e arrivò all’incipit, fingendo a quel punto un interesse particolare. Curiosa di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione, incominciò a leggere. Arrivata quasi a metà del testo piegò, però, le labbra in una smorfia di disappunto. Conoscendo il genere e l’autore, aveva già previsto di trovarsi di fronte a descrizioni erotiche con totale mancanza di veli, ma non avrebbe creduto che sarebbe potuto accadere fin dall’inizio del libro. La constatazione la spinse a salutare per la seconda volta la sua quasi inesistente pazienza; se Kakashi aveva tempo per immergersi in simili storie con ben poco spazio per l’immaginazione del lettore, poteva anche trovarne dell’altro per sbarazzarsi di stupide remore e mettere in pratica ciò che i suoi occhi non erano più in grado di nascondere dietro un velo di apparente autocontrollo.
Ignaro dei suoi percorsi mentali, l’uomo interpretò il movimento della sua bocca come l’annuncio di una infastidita ramanzina, rimanendo così sorpreso dal modo posato con cui invece gli parlò.
“Bah, davvero, perché non cambi genere? La letteratura è così vasta che senza alcun dubbio ce ne sono altri molto più interessanti”. Disse lei, riportando la sua attenzione sul jonin e richiudendo il volume con un gesto secco, poi tirò in ballo l’argomento che aveva pianificato di sfruttare per i suoi scopi. “E poi, se una storia è davvero interessante, sono sicura che l’inconfondibile profumo dei libri risulterebbe ancora più piacevole”. Affermò, mentre nelle sue iridi smeraldine compariva uno strano intreccio di risolutezza e malizia, che disorientò il suo interlocutore.
Abbandonato in modo repentino il romanzo nella posizione iniziale, appoggiò una mano sul letto, la fece scivolare in avanti verso di lui e, puntellandosi su di essa, si chinò lentamene.
“Perché quando leggi riesci a sentirlo, vero, sensei?” Gli domandò con un sorriso indecifrabile.
Spiazzato ancora di più da quell’azione improvvisa di avvicinamento, Kakashi la fissò immobile. La sua parte razionale gli suggeriva di allontanarla da sé, quella irrazionale, invece, lo spingeva verso un punto di non ritorno. Nonostante lo ritenesse un madornale errore, la vicinanza eccessiva non gli permetteva di controllare i suoi istinti come poco prima; le sue labbra sottili e il suo corpo snello gli apparivano terribilmente morbidi ed invitanti, al punto da rendere tutt’altro che cattiva l’idea di accarezzarli ed esplorali con calma.
Riuscì a tirare fuori solo un ‘direi di sì’ ben poco convincente, con un’espressione lontana dalla consueta impassibilità, infondendo nella sua tentatrice il dolce gusto della vittoria.
“Sicuro?” Sussurrò Sakura più che soddisfatta. “Eppure ho sempre pensato che questa potesse essere un problema”.
Con le dita affusolate gli sfiorò con lentezza una guancia, salendo fino al bordo della maschera.
Anche se ancora attutiti dal tessuto che gli copriva metà viso, il confondersi dei loro respiri e il tocco leggero e caldo della sua mano peggiorarono ulteriormente lo stato delle capacità razionali del jonin, che non fu nemmeno in grado di pronunciare il suo nome in un seppur debole e vano tentativo di arrestare la catastrofe, come fino a pochi secondi prima una vocina lontana nella sua testa gli aveva proposto.
Quando venne abbattuto anche l’ultimo ostacolo materiale, la lentezza dei gesti della dottoressa non gli sembrò più utile, ma solo esasperante. Mandò al diavolo pregiudizi, dubbi e incertezze e, per una delle poche volte nella sua vita, ascoltò il proprio cuore; con una presa decisa ma delicata, fermò la mano che si stava riavvicinando al suo volto e la strinse nella sua, rivolgendo finalmente alla kunoichi uno sguardo in cui, oltre al desiderio, c’era determinazione. Lei ricambiò con un lieve sorriso, un sorriso che sancì il tacito accordo nei loro occhi; abolirono così anche gli ultimi centimetri che li separavano con il bacio tanto atteso. Sakura assaporò con piacere il caldo e irruente incontro delle loro lingue e il contatto rassicurante della mano immersa nei suoi capelli, mentre tentava di imprimere quegli istanti preziosi nella memoria. Si spinse poi contro il suo corpo alla ricerca di qualcosa di più. Kakashi non tardò ad assecondarla; fece scivolare la mano dalla nuca al collo sottile e si abbassò lentamente all’indietro, trascinandola sul letto insieme a lui. Quando poté avvertirne il dolce peso su di sé, scese ad accarezzarle la schiena, continuando a baciarla e intrecciando alla sua la piccola mano che non aveva smesso di stringere. Uniti in quell’abbraccio, il tempo parve fermarsi e si insediò nei loro animi la certezza di aver ceduto solo all’inevitabile.



Note dell’autrice

Ora devo solo inginocchiarmi sui ceci e chiedere venia a Dante in latino e nel volgare del Duecento. L’ho sfruttato impunemente come titolo e un po’ nella parte finale, sono una profana u-u
L’idea del profumo dei libri è presente tipo per due o tre battute, ma l’idea è scaturita tutto da quello. Il guaio è il paring che mi monopolizza e fa quello che vuole. Scusami, Ali, spero che ti piaccia lo stesso^^
Per i credits, il titolo corrisponde al verso 137 del Canto V, da cui è tratta anche la citazione iniziale.



  
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