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Autore: saramichy    29/08/2012    0 recensioni
Steven sfugge dal suo passato e dalle ombre che si è lasciato dietro ma, una telefonata nel cuore della notte fatta dal suo migliore amico, lo costringerà a tornare dove tutto ha avuto inizio. Nella cittadina di Hatford, ritroverà la sua vecchia fiamma, Karen Gibbs, e forse anche l'amore che un tempo provava per lei.
Chiedo pietà è la mia prima storia originale e spero che vi piaccia.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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inviti

INVITI A CENA

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La mattina del primo settembre, Steven si era svegliato in preda all'ansia, non che la notte precedente avesse realmente preso sonno dopo la telefonata di Justin. Aveva continuato a pensare alla loro adolescenza, rigirandosi nel letto che gli era sembrato ad un tratto enorme, e a quanto tempo avessero sprecato litigando per la stessa donna. Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando sentì suonare il campanello di casa. Doveva ammettere che, nonostante fosse malato, Justin continuava ad essere in perfetto orario, infatti, erano le sei in punto: l'ora della colazione.

Andò ad aprire e, quello che si ritrovò davanti, era un uomo pronto al trasloco. Ai piedi di justin si trovavano decine di bagagli, mentre in braccio teneva la piccola Maddie. Alla sua vista, Steven lo accolse con un abbraccio, sperando di infondergli un po' di coraggio e serenità e lo condusse in casa.

«Vieni avanti e accomodati. Facciamo colazione e poi partiamo, con calma.»

Justin era sorridente, forse l'idea di tornare a casa lo allietava nonostante la malattia, e cercava di essere sereno soprattutto per non turbare la tranquillità della piccola.

«Sai, non pensavo che l'avresti presa così bene. Credevo di dover combattere di più per riportarti a casa, anzi a dirla tutta, pensavo di dovertici trascinare. Grazie, mi hai risparmiato le forze, non sai quanto il tuo sacrificio sia importante per me.»

Steven scrollò le spalle, l'unica cosa che importava adesso era la salute del suo migliore amico e lui avrebbe combattuto per salvarlo, non importava dove fossero.

«Smettila di dire sciocchezze e di farti passare per un morto, io non ho ancora intenzione di rinunciare a salvarti e non lo farò finché tu sarai proprio giunto alla fine. Mettiti l'anima in pace, anche se torniamo a Hartford, tu andrai a farti curare lo stesso, sono stato abbastanza chiaro?»

Justin era lieto di poter contare su qualcuno così tanto, ma sperava di non dover lottare per poi morire lo stesso.

«Va bene, farò come vorrai. Adesso, però, lasciamo stare e pensiamo ad altre cose più felici. Che ne dici se stasera organizziamo una cena con i nostri vecchi amici ad Hartford?»

Steven era dubbioso, non credeva veramente che qualcuno sarebbe stato contento della loro ricomparsa in città, ma alla fine si era lasciato convincere da Justin e aveva telefonato a Colin per avvertirlo del loro imminente arrivo.

*****

A casa Wilson, le mattine erano la parte peggiore della giornata. Lisa si svegliava e preparava la colazione, poi andava ad alzare il figlio di tre anni e il marito; insieme si dirigevano in cucina e consumavano la colazione, poi accompagnavano il piccolo all'asilo o dai nonni e infine andavano a lavorare. Era, insomma, una corsa ogni mattina per poter completare i loro incarichi.

Colin era diventato vice-sceriffo quando Karen aveva assunto il grado di sceriffo e doveva lavorare sodo, soprattutto perché lei era un capo inflessibile ed intransigente. Lisa, invece, aveva una boutique di alta moda, un lavoro che le era costato sudore, fatica e tanti sforzi economici.

Quel primo settembre, mentre la famiglia era riunita a tavola, il telefono aveva squillato e Colin aveva alzato il ricevitore, salvo poi restare sbalordito per le notizie al di là della cornetta.

«Pronto, qui è casa Wilson, con chi parlo?»

Steven si era fatto una risata mentalmente. Ricordava perfettamente Colin, era persino stato geloso di lui e della sua amicizia con Karen un tempo poi, una volta conosciuto meglio, era diventato il suo confidente. Si preparò, quindi, ad affrontare un uragano.

«Ciao, Colin. Sono Steven, ti ho chiamato per annunciarti il mio ritorno in città. Io, Justin e la piccola Maddie torniamo ad abitare ad Hartford.»

Si era aspettato silenzio dall'altra parte, ma Colin sembrava entusiasta della cosa, invece.

«Davvero tornate ad Hartford? Quando? Per quanto tempo? Dobbiamo assolutamente vederci!»

Steven era rimasto paralizzato, la felicità nella voce di Colin si poteva udire fin da miglia di distanza, mentre si era convinto che i suoi amici fossero arrabbiati con lui.

«Partiamo subito dopo colazione, saremmo lì per le tre o le quattro del pomeriggio e pensavamo di dare una cena stasera per festeggiare il nostro ritorno, voi naturalmente siete invitati e dovresti farmi un piccolo piacere... Puoi invitare anche Karen? Ne saremmo tutti onorati, il vecchio gruppo al completo, che ne dici?»

Era sicuro che Colin si sarebbe messo a ridere, dicendo qualche fesseria o proclamando che Karen aveva altri impegni ma, con sua somma sorpresa, il ragazzo gli aveva risposto che ci pensava lui a Karen.

«Stai tranquillo, penso io ad avvisare Karen. Ci vediamo per le otto e mezza, allora? Immagino a casa tua, visto che i genitori di Justin hanno venduto la casa.»

Steven si era tranquillizzato ed almeno aveva evitato di dover parlare lui con Karen, personalmente. Certo, se fosse stata a cena il problema non si sarebbe risolto, ma aveva tempo fino alle otto per esorcizzare la sua enorme paura.

«Si, per le otto e mezza da me va benissimo. Ci vediamo presto Colin e non vediamo l'ora di rivedervi tutti.»

L'ultima parte della frase era la sacrosanta verità, lui non riusciva ad immaginare come si sarebbe comportato, ma voleva rivederli, o meglio, voleva rivedere lei.

Riagganciato il ricevitore, Colin si girò verso sua moglie e, con un sorriso a trentadue denti, annunciò la notizia.

«Steven, Justin e la piccola Maddie tornano a casa, ci hanno invitato stasera a cena e credo che intendano rimanere.»

Il viso di Lisa era una maschera mista di sorpresa, felicità e preoccupazione; Colin sembrò accorgersi che qualcosa non andava e parlò prima che lo facesse lei.

«Dobbiamo telefonare a Karen e dirglielo.»

Lisa annuì, sovrappensiero e decise di dire la sua.

«Credo di sì. Ma ci pensi? Il nostro gruppo che torna unito dopo tutti questi anni, anche se stento a credere che Steven sia cambiato. Telefona tu a Karen, dovrebbe essere già alzata.»

La telefonata ebbe dei risvolti imprevisti e, alla fine, il povero Colin si era pure dimenticato di dirle della cena.

«Karen mi sembrava davvero agitata, mi ha detto che non dobbiamo parlare di Doug per nessun motivo. Quando arrivo in ufficio non voglio nemmeno pensare a come prenderà l'invito a cena, a volte le sue reazioni mi fanno un po' paura.»

Lisa si avvicinò al marito e lo baciò, cercando di tranquilizzarlo.

«Vedrai che andrà tutto bene. Karen è cresciuta e con il tempo capirà che non può tenere i due separati. Adesso andiamo, il lavoro ci aspetta.»

Nessuno dei due si aspettava quello che sarebbe successo durante la cena.

*****

Dopo la telefonata di Colin, Karen si era messa all'erta. Sembrava fosse stata punta da una tarantola velenosa ed era arrivata al lavoro ben prima del previsto, rinchiudendosi nel suo ufficio.

Svariati minuti dopo, era apparaso Josh sulla porta e non aveva perso tempo nel cercare di farsi dare un appuntamento; erano anni che il poliziotto la perseguitava con inviti su inviti e lei aveva sempre declinato le offerte perché aveva Doug e quella mattina non era diversa dalle solite.

«Buongiorno, Karen. Come va stamattina?»

Karen gli aveva sorriso, incoraggiante come sempre.

«Tutto bene, grazie Josh. Vedo che stamattina ti sei alzato prima del previsto anche tu.»

Josh fece spallucce e decise che forse era il momento buono per tentare un altro approccio.

«Già, che cosa ne dici di uscire a cena con me stasera? Così, giusto per parlare di lavoro.»

Karen sogghignava, era sicura che ci avrebbe riprovato di nuovo e lei teneva duro, soprattutto perché non voleva far arrabbiare il suo uomo.

«Lo sai che non posso, Josh. Ho Doug e lui mi basta per adesso.»

Josh sorrise.

«Lo so, ma tentar non nuoce, giusto?»

All'improvviso, dietro Josh, apparve Colin che era appena entrato in ufficio e si era diretto dal suo superiore.

«Buongiorno ragazzi, siete di nuovo qui ad amoreggiare? Non credete che dovreste uscire insieme e sapere finalmente se le cose tra voi potrebbero funzionare?»

Karen scosse la testa e lo accolse con un caloroso saluto.

«Buongiorno Colin, sei in ritardo stamattina.»

Colin guardò l'orologio e rispose.

«Diciamo piuttosto che sei tu ad essere in anticipo, comunque dicevo sul serio, anche se voi due non mi rispondete mai.»

Karen decise allora di prendere in mano la situazione.

«Lo sai perché non voglio uscire con Josh e lo sa anche lui, comunque più in là si potrebbe anche vedere.»

Congedò il ragazzo con la mano e fece accomodare il suo amico in ufficio. Il ragazzo era terrificato, doveva dirle che Steven l'aveva invitata a cena, ma aveva paura della sua reazione.

«Devo dirti una cosa, ma ricordati che l'ambasciator non porta pena, quindi evita di fare delle scenate. Steven mi ha telefonato stamattina e questo lo sai già, ma non mi hai fatto finire prima al telefono e lui ha chiesto se stasera possiamo andare tutti a cena a casa sua.»

Sganciata la bomba, Colin attendeva solo la reazione di Karen, che non si fece pregare molto.

«Va bene, andiamo, ma credo che porterò alla cena con me Josh, così soddisfo la tua curiosità.»

Colin sorrise, non si era aspettato di avere una risposta così immediata e soprattutto tranquilla. Quello che Karen non voleva si sapesse, però, sarebbe stato l'argomento scottante della serata e gli imprevisti, si sa, a volte possono movimentare le riunioni tra vecchi amici.

  
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