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Autore: Alastor Bowen    12/03/2007    0 recensioni
I draghi hanno un grandissimo potere.... meglio non farli arrabbiare, e soprattutto importantissimo, dovete sapere che rubare nella loro casa è un po' come... beh, condannarsi a morte....Pubblico ora la mia prima ff originale, scartata come lavoro serioso, ma che voglio comunqe rendere pubblica, nella speranza di divertirvi.... insomma, the show must go on... ^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1

Quel terribile fracasso faceva modo che Dakota non si addormentasse.

Urla, canti, schianti, di tutto e di più.

Neppure il cuscino sopra la testa poteva fare molto, se non soffocarla.

Erano le tre del mattino, e lei oramai aveva perso ogni speranza di riuscire a prendere sonno, né lì né da nessun altra parte in quel uogo.

E chissà dove erano gli altri, e cosa stavano facendo.

Si sedette sul letto, si strofinò gli occhi e per svegliarsi si battè stupidamente la testa contro il muro di legno.

Si diresse verso il bagno.

I suoi capelli rossi, nonostante fossero corti fino alle spalle, erano abbastanza lunghi per coprire i suoi occhi grigi iniettati di sonno.

Una volta giunta in bagno, si lavò la faccia, poi si ammirò.

Le sue gote erano poco più colorite del resto della faccia, che era di una carnagione candida come il resto del corpo.

Le labbra rosee, tipiche di una donna di classe, ospitavano in quel momento un lessico poco adatto ad esse, pieno di imprecazioni.

L'acqua era gelida, la passò sul volto tre volte, e si svegliò quel tanto che bastava per prepararsi un caffè.

Si mosse quindi verso il cucinotto, dove si preparò un caffè talmente forte da tenere sveglio un ghiro per tredici giorni di fila.

Fu abbastanza potente, e la ragazza si svegliò.

Non sapeva cosa fare per evitare di cadere in un altro dormiveglia, tranne che mettersi a studiare.

Ammirava il mondo marino, le sue specie e tutto ciò che lo riguardava.

Si riteneva abbastanza competente, e soprattutto pronta per dedicarsi allo studio della sua specie preferita, i delfini.

I libri di studio erano, a giudizio dei suoi amici, dei mattoni più noiosi del giorno di Natale a Tortuga.

Lei non li ascoltava, presa com'era dalla sua passione per quella materia.

Purtroppo non tutti ospitavano gente sulle navi senza nessuna competenza utile.

Solamente i pirati.

Ed era proprio grazie a loro se lei poteva in parte coronare il suo sogno.

Nonostante ciò quella notte le era impossibile aprire i libri.

Bevve altro caffè, e ancora e ancora, finchè non giunse la nausea per quella bevanda amara sua unica salvezza.

Decise quindi di fare un bagno.

Riscaldò l'acqua lentamente, prese i saponi orientali, e poi si lasciò cullare dolcemente dal movimento dell'acqua dentor la vasca.

L'odore del sapone era molto rilassante, e faceva svanire per quel peiodo tutti i rumori che avvolgevano la stanza.

La mente si aprì, e lei potè mettersi a confronto con se stessa per qualche istante.

Il bagno era piccolo, ma accogliente, il muro fatto con assi di legno, come il resto, e quella luce che illuminava parzialmente la stanza.

Dentro di se pensava di essere molto fortunata, che tutti quei lamenti non erano altro che un modo per richiamare l'attenzione.

Non era per nulla frustrata dalla vita che conduceva, anzi, era talmente felice che non l'avrebbe cambiata per nulla al mondo.

Neppure per sposarsi con Jason.

La mente le mostrò com'era veramente la situazione, e lei la accettò con un sorriso stampato in bocca.

I suoni erano scomparsi, rimaneva solo il suo respiro, regolare come al solito.

I muscoli si distesero, e Dakota si lasciò dolcemente cullare dall'acqua della vasca finchè il sonno non le fece chiudere gli occhi e aprire la porta dei sogni.

 

La mattina, fu svegliata da un freddo pungente e dalle urla dei mendicanti fuori.

Ci vollero dei minuti prima che lei si rendesse conto che si era adormentata in una vasca piena d'acqua calda e si era risvegliata in un cubo di ghiaccio.

I muscoli ora erano contratti, e si alzò di scatto dal freddo.

Simultaneamente la porta del bagno si aprì.

Un uomo, non molto alto e leggermente grasso stava inanzi a lei, gli occhi marroni puntati sul suo corpi.

I suoi capelli erano nascosti da una bandana, se non per una ciocca che scendeva davanti dando la consapevolezza che era castano.

Dopo qualche secondo l'uomo parlò.

"Scusa... non volevo... ehm... io..."

"Mi passi l'asciugamano King?"
"Oh... ehm... certo..."

L'uomo prese l'asciugamano e lo diede alla ragazza, poi tornò davanti alla porta, immobile, gli occhi puntati nella stessa direzione di prima.

"Scusa, non è che potresti uscire?" chiese Dakota leggermente imbarazzata.

King uscì chiedendo ancora scusa per l'irruzione.

Dakota intanto si era già riscaldata grazie alla solare giornata che traspariva dall'oblò.

Si vestì velocemente, e poi uscì sul ponte.

"Buongiorno Dakota! Non sei venuta con noi ieri, non sai cosa ti sei persa!!!" disse Aaron Bowen, il capitano della nave su cui era ospite.

"Immagino..." disse la ragazza.

"Abbiamo trovato un uomo che voleva attaccare rissa.. l'abbiamo tramortito e rubato questo" disse Absalon, amico di Aaron e vice capitano.

Porse alla donna un uovo, grande quanto come uno di struzzo, ma rosso.

"Cos'è?" chiese la donna incuriosita.

"Che cazzo ne so, te dovresti saperlo, sei una biologa..."

"Non esiste in nessun libri un uovo del genere... ragazzi, forse abbiamo scoperto una nuova specie!!!"

"Si si... ma lo possiamo mangiare?!" chiese Absalon, che mentre parlava faceva delle magie con delle carte.

"Ma sei sciemo?" disse Dakota prendendo l'uovo e portandoselo tra le braccia.

L'uomo non rispose, si limitò a continuare a fare trucchi con le carte.

In effetti era normale che Absalon si sentisse più attratto dalla magia che dalla scienza.

Era una sottospecie di illusionista europeo, ma lui preferiva essere chiamato mago.

Di magia ne sapeva fare abbastanza, ma solo offensive.

Stava la maggior parte del tempo seduto a perfezionare le sue 'magie', con il suo solito impermeabile nero, seguito da pantaloni scuri e scarpe altrettanto nere.

Era magro, molto, e alto, non sembrava umano a vederlo in effetti.

Ma era nonostante ciò simpatico.

Una cosa molto strana di lui era il fatto che portava sempre una bandana sul collo.

Neppure Aaron sembrava essere interessato all'uovo.

Era tornato e pulire la sua spada, sporca di sangue a causa di un combattimento vinto.

Era uno spadaccino, e perciò muscoloso e alto quanto basta.

Aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri e un collo largo quanto il volto che dava la sensazione di uomo forte.

Indossava i soliti vestiti di sempre, maglia bianca a maniche lunghe, pantaloni a pinocchietto neri e sandali infradito.

Sul braccio sinistro vi era un tatuaggio che mostrava una spada che trafiggeva due cuori.

Il significato non lo aveva mai voluto dire, ma pare ci tenesse molto.

Dakota si ritrovava quindi con l'uovo tra le braccia, nessuno che lo ascoltava e la possibilità di studiare una nuova specie.

Si mise quindi fuori, sulla sdraio, a studiare tutte le caratteristiche di quella sfera che custodiva al suo interno una vita a loro sconosciuta.

Si era appena seduta quando vide di nuovo quell'uomo che passava davanti alla barca.

Era lì tutte le mattine, e ogni volta che passava si voltava e guardava la ragazza.

"Probabilmente non riesce a fare la prima mossa" pensava la ragazza dentro di se.

Dentro di se si sentì felice di quella persona che lo ammirava.

Si mise quindi a studiare il nuovo oggettino dei desideri.

Aveva una circonferenza regolare, e per essere preso in mano bisognava richiedere l'ausilio di entrambe le mani.

Ma non era quella la vera stranezza.

Ciò che veramente aveva attirato l'attenzione della ragazza erano delle venature, sottilissime e quasi invisibili ad occhio nudo, che erano poste qua e la sulla superficie dell'uovo.

Ma neanche quello aveva destato la sua attenzione, la cosa che veramente l'aveva sconvolta era che in quelle venature vi era qualcosa che scorreva, e che pulsava, scossa da qualcosa come un cuore.

Rimase stupita di ciò.

Provò a tappare una di queste venature, e come risposta ebbe un movimento improvviso e deciso della 'cosa'.

Infatti non era neanche più sicura che fosse un uovo.

Non era sinceramente più sicura di nulla.

I suoi occhi erano, come la sua mente, pieni di dubbi, e chiedevano risposte.

Decise di andare nell'unica biblioteca dell'intera Tortuga.

Mise l'uovo dentro il suo zaino, riposto delicatamente tra dei cuscini che dovevano proteggerlo da qualsiasi colpo che avrebbe mai potuto prendere.

Dopo di ciò partì, non sapeva perfettamente che razza di posto si sarebbe trovata davanti, a dir la verità non sapeva neppure dove doveva andare.

Chiese informazione ad un vecchio pirata, e l'unica cosa utilizzabile che ne cavò fuori da quello strano discorso con quello strano vecchietto fu che per trovare la biblioteca doveva andare dove nessuno andava.

Semplice, doveva andare verso la periferia, dove vi era la zona che una volta apparteneva a nobili culturati.

Era una zona veramente disabitata e deserta; le case semidistrutte, con crepe sui muri e l'edera che era cresciuta sui muri.

La ragazza camminava lentamente, guardandosi intorno.

Era totalmente allo scoperto, ed era preda facile di qualunque malintenzionato nella zona.

Si trovava nel bel mezzo dello stradone che la conduceva nella periferia più estrema della città.

Intorno ad esso vi erano dei cespugli, piccoli, e delle palle di erba che rotolavano qua e la.

Era uno spettacolo desolante.

Mentre all'interno di Tortuga vi era troppa vita, alla periferia ce ne era ben troppo poca.

Un cartello l'avvisava che mancava un chilometro all'arrivo della biblioteca.

Era stato probabilmente scritto da dei pirati, lo si poteva notare da ben due motivi.

Uno di questi era il fatto che da sfondo al cartello vi era un teschio e due ossa incrociate.

L'altro era che non vi era proprio scritto quello che lei aveva letto, ma bensì 10 km ala blioteca.

Era una cosa abbastanza divertente, notare quanto fosse squilibrata la vita dei pirati.

Tanto divertimento, e nessun dovere, neanche quello di imparare a studiare.

Si divertì molto a pensare che probabilmente pirati si nasce, e che chi non vuole studiare ha un destino segnato su una nave dalla bandiera nera.

Lei si setiva fortunata e sentiva che i suoi compagni lo erano altrettanto.

Probabilmente quella era una delle poche navi, se non l'unica, a possedere un equilibrio, gente attaccata al dovere e gente attaccata al divertimento.

Le strade si facevano ancora più desolate, si ra introdotta in una zona che non aveva neanche delle case.

Il mare non era più visibile, poichè nascosto da delle collinette.

Fortunatamente il sole era alto.

La ragazza pensò che forse sarebbe stato meglio rubarlo il libro, anzichè consultarlo sul posto.

In fondo chi mai poteva esserci in quel luogo.

Notò solo in quel momento che aveva caldo.

Un caldo torrido, umido, tipico per i Caraibi.

Dietro di lei, nello zaino, vi era l'uovo ben nascosto.

In lontananza ora riusciva a distinguere la figura di un palazzo.

Era un palazzo decadente, e, da quanto poteva vedere, era anche abbastanza preso di mira da atti vandalici.

Non riusciva a immaginare chi avrebbe mai voluto farsi tutta quella strada solo per scrivere sui muri.

Poi però, avvicinandosi, si accorse che non erano state scritte da pirati, e molto probabilmente chi le aveva scritte frequentava la biblioteca ed era anche contro i pirati.

Perfetto, ora dovrò stare attenta a non essere pestata.... cazzo proprio io dovevo trovare una biblioteca del genere? Mi manca la mia città bella bella....

Si avvicinò mezza tremante all'edificio.

Aprì il grande portone di legno, e una volta che si trovò dentro alla biblioteca si accorse che era del tutto differente da come se la aspettava.

Grande, piena di libri, neanche un po' di polvere, e soprattutto piena di gente.

E tra tutta quella gente lei riconobbe un uomo.

Un uomo che vedeva tutte le mattine, un uomo che la guardava tutte le mattine ma che aveva troppa paura per rivolgergli la parola.

Fu così che lei, vogliosa di conoscere qualcuno che sapesse leggere nell'isola, si sedette vicino a lui.

Era un uomo abbastanza alto, muscoloso, capelli a spazzola del color del rame, occhi azzurri come l'acqua cristallina del mare.

I vestiti che portava erano tipici da intellettuale, ma anche da persona alla mano.

Maglietta nera, pantaloni neri, e dei guanti neri per proteggere le mani o per proteggere quello che toccava con esse.

"Ciao!" disse Dakota.

L'uomo si voltò.

Probabilmente si sentiva molto a suo agio lì, e le rispose con tono altrettanto amichevole.

"Ciao!"

"Mi chiamo Dakota..."

"... io sono Jason, Jason Herbert..."

".. Ehi, ma io ti conosco, tu sei quello che ogni mattina passa per il porto!!"

"Si.. sai, devo passare di lì per poter raggiungere questo posto..."

Ci furono degli attimi di silenzio, attimi in cui la ragazza pensò che forse si sbagliava, che il ragazza non era veramente cotto di lei.

Cambiò idea poco dopo, notando il ragazzo che era leggermente arrossito, ma che faceva il possibile per non darlo a notare.

".. posso sedermi?" chiese lei.

".. finchè questo posto non diverrà dominio di qualunque uomo che ne sia capace... allora sì, puoi sederti.."

E' anche simpatico... che bello finalmente il mio principe azzurro!!!

 

E' molto carina... cacchio è la prima volta che gli parlo...

Jason si sentiva felice.

Talmente felice da dimenticarsi del libro che leggeva per perdersi letteralmente negli occhi della ragazza.

Lei aveva notato i suoi occhi che la fissavano.

"Sai, così mi fai arrossire..." disse lei.

Solo allora lui comprese di essersi giocato l'unica possibilità di conoscierla per bene.

"Scusa... è che..."

"E' che?" chiese lei curiosa.

"E' che hai degli occhi molto belli..."

"Grazie, ma non sono nulla confronto ai tuoi, uno splendido colore del mare..."

Rimasero per qualche attimo in silenzio.

Il libro che Jason stava consultando aveva perso tutto il suo fascino, ma destò l'attenzione della ragazza.

"Oh mio dio!! Ti interessi di biologia marina!!"

"Ah.. questa... sì, perchè?"

"Io la adoro..."

Rimasero di nuovo a guardarsi per molto tempo, sorridevano.

Una sensazione di calore li avvolse, ma fu talmente veloce e impercettibile che non se ne accorsero.

"Senti, posso dirti un segreto?!" disse Dakota con un sorriso in bocca.

Lui acconsentì.

Lei poggiò la sua bocca vicino al suo orecchio.

 

Buon profumo...

 

Buon profumo...

 

"ho trovato un uovo di una nuova specie.."

E così dicendo prese l'uovo da dentro lo zaino.

Il ragazzo rimase stupito, quello andava oltre le sue conoscienza, e probabilmente oltre le conoscieze di chiunque al mondo.

"Nessun libro ne ha mai parlato... penso che tu abbia scoperto una nuova specie..."

Rimsero ad osservare a lungo quella 'custodia' di una creatura che ancora non conoscievano.

Dopodichè lei disse.

"Senti..."

Prese la sua mano.

 

Cazzo...

 

Cazzo...

 

Lasciò cadere la mano sull'uovo.

Jason potè sentire le pulsazioni di quelle piccole venature.

Rimase molto affascinato dal fenomeno, e rimase con la mano sopra l'uovo a lungo.

Probabilmente non solamente perchè era colpito dal fenomeno, ma anche perchè avrebbe dovuto far passare del tempo prima di farsi passare i numerosi battiti del cuore.

La ragazza guardava la mano di Jason appoggiata sull'uovo.

Era leggermente arrossita anche lei.

Dopo qualche minuto paragonabile a giornate intere, Dakota disse.

"Devo cercare un libro che mi aiuti, aiutami a cercarne uno..."

Si misero a cercare; la libreria era enorme, vi erano libri di ogni tipo, e probabilmente cercare su biologia marina non era l'unica via per giungere ad una soluzione.

Vi erano un sacco di libri vecchi, di libri nuovi e di fogli di carta che una volta forse erano appartenute ad un unica copertina.

Era una ricerca estenuante, cinquanta settori da consultare, e nessuno di questi abbastanza soddisfaciente.

Le quattro.

Era da un sacco di tempo che si trovava lì, entro le sette sarebbe dovuta partire se non voleva ritornare al buio lungo quella strada deserta per raggiungere la sua camera e il suo letto.

Ora stavano cercando nella sezione di mitologia.

"Potrebbe trattarsi di un drago!!!!" disse Jason in tono ironico.

"Lasciamo stare questo settore più che fiabe per bambini non potremmo trovare nulla!!"

E passarono direttamente nell'altra zona, Geografia.

Su cinquanta settori, ne visitarono solamente quindici che potevano essere adatti.

Ma ognuno di essi doveva essere prima trovato, poi esaminato libro per libro, pagina per pagina nel caso di libri interessanti, e poi passare avanti.

Le sette.

"Penso che sia ora che io vada, non vorrei imbattermi in gente di malavita durante il ritorno..."

"Ah! posso... posso accompagnarti?"

"Certo!" disse Dakota felice di poter avere un accompagnatore del genere durante il tragitto verso casa.

Si diressero verso l'uscita, con un certo sorriso sulle labbra, felici di lascirare quel luogo che, seppur utile, rimaneva lugubre e solitario.

Il sole era quasi tramontato, vi era giusto un filo di luce.

Camminavano in mezzo allo stradone deserto, accompagnati dalle palle di erba che oziose si facevano cullare dolcemente dal vento.

Quel vento che si alzava piano piano, diveniva piano piano gelido a causa dell'arrivo della notte.

"Posso farti una domada?" chiese Jason dopo minuti e minuti di discorsi.

"Spara!" disse la ragazza.

"Tu... tu... tu... tu.. tu.... tu..."

"Si sono io se è questo quello che volevi chiedermi.."

"A dir la verità non era quello... quello che volevo dirti era se... se... se.... insomma, se qualche altra volta volevi venire con me in biblioteca!!"

"E ci voleva molto a formulare una frase del genere?" chiese al ragazzo, conosciendo l'ovvio motivo di un tale ritardo.

"Ehmm... perchè... conosci quella malattia... sai... perdita di memoria a breve termine?"

"Si..."

"Ehmm... io ne sono affetto, e qualche volta dimentico cosa voglio dire, mi imprappino... e guarda che è tutto vero!!!"

"Certo certo.. ti credo..." disse lei sorridendo.

Era così dolce, e così puro.

Introvabile... cacchio ed è qui davanti a me che mi da un appuntamento...

ora si poteva intravedere Tortuga da lontano, i lumi accesi e le grida che cominciavano a levarsi.

Il sole era scomparso dietro la coltre blu chiamata mare.

Il buio li circondava, e se non fosse stato grazie a quelle luci della città poco distante si sarebbero persi di sicuro.

i passi si fecero più veloci, poichè la situazione era abbastanza scomoda, e temevano entrambi un agguato da chissà chi.

Ignari che nessuno si sarebbe preoccupato di loro due, o almeno non un pirata, tutti intenti a preoccuparsi dei loro rozzi divertimenti.

ma lui non è rozzo... più ci penso più mi piace...

Camminarono insieme per altri dieci minuti, parlando del più e del meno, delle loro passioni e di ciò che veramente dava loro disgusto.

Una volta raggiunta la nave di Dakota, i due si dovettero separare.

"Ciao allora..."

"Ciao..." disse lei, e rimase zitta.

Digli che vuoi vederla un'altra volta....

 

Digli che vuoi vederlo un'altra volta...

 

Cazzo dillo!!!

 

Cazzo dillo!!!

 

Si voltarono entrambi.

E sempre entrambi dissero insieme parole, parole buttate lì al momento e confuse a causa dell'imbarazzo di ciò che probabilmente volevano chiedere.

"Scusa, prima te..." disse Jason, rosso come l'uovo che studiavano poco fa.

"Ecco... volevo chiederti.. se... senti, quella biblioteca è troppo lugubre no?" chiese, lasciando il ragazzo un attimo perplesso.

"Ehmm... si"

"Ecco, allora volevo chiederti se... domani, invece che incontrarci lì, potevamo... potevamo vederci... magari andare a cenare fuori... no?"

Il ragazzo era perplesso.

In base a quanto diceva sua madre, erano sempre i ragazzi ad invitare le ragazze, e non il contrario.

Quella situazione era alquanto strana.

"No..." rispose dopo qualche minuto di riflessione.

Dakota rimase impietrita, aveva rifiutato il suo invito.

Aveva sudato sette camicie per riuscire a trovare le parole e soprattutto il coraggio, e ora le veniva tolta la soddisfazione di una risposta positiva.

Perchè?

"Ah! Scusa allora..." e si voltò.

Stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida...

 

Jason rimase a guardarla mentre si voltata.

"Scusa... devo essermi spiegato male..." disse il ragazzo.

Dakota si voltò, nel suo volto leggeva una inutile delusione.

"... hai capito male, non volevo rifiutare l'invito..."

La rossa cominciò seriamente a pensare di essere diventata pazza, poi però la spiegazione giunse da sola.

"E' che... che l'invito dovrei proporlo io..."

 

E' perfetto....

 

E' perfetta...

 

Rimasero per dei secondi immobili, a guardarsi, finchè lei sorridendo disse.

"E dove vorresti condurmi?"

"Condurti? cavolo è una domanda difficile... trovare un luogo tranquillo qui è difficile...."

"Vieni a cenare sulla mia nave.. sono sempre sola altrimenti..."

Altri minuti inesorabilmente lunghi di silenzio.

Lui ci pensò, era contro ciò che gli diceva sua madre, ma in fondo cominciava già a fregarsene, e a far posto alla sua coscienza.

"...ok"

E si lasciarono in questo modo.

Lui si voltò e proseguì per la sua strada, lei si voltò e raggiunse camera sua.

Una volta che si fu gettata sul letto, le fu spontaneao emettere un piccolo grido dalla gioia.

Tirò fuori l'uovo dallo zaino, e, come se già vivesse, disse.

"Hai sentito? Un appuntamento con lui!!!"

E si mise a ballare qua e la felice di quello che le stava accadendo.

Non era sicura del suo futuro, ma di sicuro era certa che si sarebbe goduta fino alla fine quello che le stava accadendo.

E mentre Dakota pensava a tutto ciò Jason camminava nella fracassosa strada che lo conduceva al suo appartamento a Turtuga.

Non che si potesse chiamare suo...

Infatti apparteneva a sua madre, che, morta, glielo aveva donato come unica eredità.

Era piccolo per condurre una vita vistosa, ma abbastanza grande per condurre una vita appartata e tranquilla, dove potersi gettare sullo studio, senza risentire di presenze altrui.

Non era arredato con quel grande stile, anzi, forse sarebbe meglio dire che non era proprio arredato, a parte la camera da letto, con un grande letto a due piazze e una vasta libreria.

Tutto il suo mondo era concentrato lì, non aveva bisogno di altro.

Appena ebbe aperto il possente portone d'ingresso gettò il suo borsone pieno di libri ed adò a gettarsi sul suo letto, con la testa rivolta verso il cuscino.

Rimase tutta la notte a pensare, non ebbe un solo attimo di tregua.

I suoi pensieri erano rivolti a quella ragazza, era da parecchie settimane che ogni giorno passava davanti alla sua nave, e oggi finalmente l'aveva incontrata fuori da quell'ambito.

Era felice, e immaginava come sarebbe stata la notte successiva, immaginava le candele, il mare, la cena e lei.

Lei, perfetta con quei suoi capelli, con quelle sue mani così delicate che al solo tocco davano una sensazione così calorosa.

Un calore che gli veniva trasmesso e che lo trasportava in un mondo fatto di sogni, di sorrisi, lo trasportava nel mondo che avrebbe voluto per lui.

Il cuscino su cui poggiava la testa era morbido, e lui, dopo qualche minuto in cui aveva premuto la testa contro la morbida coltre, si girò e con il volto rivolto verso il soffitto di legno, chiuse gli occhi, ma non si addormentò, voleva sognare ad occhi aperti.

Perchè sognare ad occhi aperti in fondo è un modo per sognare facendo uso della propria coscenza.

Strana la mente, nel sonno va per conto suo....

Sentiva le mani di quella ragazza sul suo collo, e immaginava il suo sguardo, e infine il tocco leggero delle sue labbra che si poggiavano sulle sue.

Rimase a sognare forse la stessa cosa per più di otto ore.

 

Absalon e Aaron erano tornati sulla nave, stanchi morti.

Si erano divertiti anche troppo quella notte, e avevano esagerato a distruggere tre locali.

Erano il pericolo pubblico per la futura risorsa di Tortuga.

Il turismo.

Milioni e milioni di pirati ogni anno si dirigevano verso quel paradiso, pieno di belle ragazze e di birra a volontà.

Cercando di fare il minimo rumore, giunsero sottocoperta.

Non sentivano nulla, questo voleva dire che Dakota dormiva e che King non era ancora tornato.

un sollievo in fondo.

Raggiunsero le loro amache, e lì si distesero aspettando che il dolce richiamo del sonno li cogliesse all'improvviso.

 

King non era ancora tornato sulla nave, si muoveva furtivo nell'ombra di certi palazzi.

Faceva il meno rumore possibile, inutilmente, anche delle urla sarebbero state attutite da il fracasso degli altri pirati.

Con passi felpati si diresse verso quell'edificio in fondo al viale.

Era poco alto, fatto di mattoni, con u solo camino e tegole rovinate dal tempo.

Era una costruzione di un solo piano.

Si mosse poco più rapidamente.

Il suo cuore batteva alla velocità della luce, il suo stomaco era rivoltato all'interno della sua pelle.

Gli occhi fissavano una finestra all'estrema sinistra.

Era debolmente illuminata da una candela, e al suo interno si notava il profilo di una persona.

Non sembrava ci fossero persone in giro, e così, preso da una inutile fretta, corse al portone di quel palazzo.

Bussò una volta.

Non ebbe alcuna risposta.

Provò di nuovo.

Ancora nessuno rispondeva.

Bussò di nuovo.

Alla fine il portone si aprì, e il ragazzo venne accolto da un ombra alta poco più di lui ed esile.

Incominciarono a parlare, ma il loro discorso fu molto breve, i due si abbracciarono e poi King attraversò il portone di legno.

 

 

 

 

 

 

 

  
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