Quel
terribile fracasso faceva modo che Dakota non si addormentasse.
Urla,
canti, schianti, di tutto e di più.
Neppure
il cuscino sopra la testa poteva fare molto, se non soffocarla.
Erano le
tre del mattino, e lei oramai aveva perso ogni speranza di riuscire a prendere
sonno, né lì né da nessun altra parte in quel uogo.
E chissà
dove erano gli altri, e cosa stavano facendo.
Si
sedette sul letto, si strofinò gli occhi e per svegliarsi si battè stupidamente
la testa contro il muro di legno.
Si
diresse verso il bagno.
I suoi
capelli rossi, nonostante fossero corti fino alle spalle, erano abbastanza
lunghi per coprire i suoi occhi grigi iniettati di sonno.
Una volta
giunta in bagno, si lavò la faccia, poi si ammirò.
Le sue
gote erano poco più colorite del resto della faccia, che era di una carnagione
candida come il resto del corpo.
Le labbra
rosee, tipiche di una donna di classe, ospitavano in quel momento un lessico
poco adatto ad esse, pieno di imprecazioni.
L'acqua
era gelida, la passò sul volto tre volte, e si svegliò quel tanto che bastava
per prepararsi un caffè.
Si mosse
quindi verso il cucinotto, dove si preparò un caffè talmente forte da tenere
sveglio un ghiro per tredici giorni di fila.
Fu
abbastanza potente, e la ragazza si svegliò.
Non
sapeva cosa fare per evitare di cadere in un altro dormiveglia, tranne che
mettersi a studiare.
Ammirava
il mondo marino, le sue specie e tutto ciò che lo riguardava.
Si
riteneva abbastanza competente, e soprattutto pronta per dedicarsi allo studio
della sua specie preferita, i delfini.
I libri
di studio erano, a giudizio dei suoi amici, dei mattoni più noiosi del giorno
di Natale a Tortuga.
Lei non
li ascoltava, presa com'era dalla sua passione per quella materia.
Purtroppo
non tutti ospitavano gente sulle navi senza nessuna competenza utile.
Solamente
i pirati.
Ed era
proprio grazie a loro se lei poteva in parte coronare il suo sogno.
Nonostante
ciò quella notte le era impossibile aprire i libri.
Bevve
altro caffè, e ancora e ancora, finchè non giunse la nausea per quella bevanda
amara sua unica salvezza.
Decise
quindi di fare un bagno.
Riscaldò
l'acqua lentamente, prese i saponi orientali, e poi si lasciò cullare
dolcemente dal movimento dell'acqua dentor la vasca.
L'odore
del sapone era molto rilassante, e faceva svanire per quel peiodo tutti i
rumori che avvolgevano la stanza.
La mente
si aprì, e lei potè mettersi a confronto con se stessa per qualche istante.
Il bagno
era piccolo, ma accogliente, il muro fatto con assi di legno, come il resto, e
quella luce che illuminava parzialmente la stanza.
Dentro di
se pensava di essere molto fortunata, che tutti quei lamenti non erano altro
che un modo per richiamare l'attenzione.
Non era
per nulla frustrata dalla vita che conduceva, anzi, era talmente felice che non
l'avrebbe cambiata per nulla al mondo.
Neppure
per sposarsi con Jason.
La mente
le mostrò com'era veramente la situazione, e lei la accettò con un sorriso
stampato in bocca.
I suoni
erano scomparsi, rimaneva solo il suo respiro, regolare come al solito.
I muscoli
si distesero, e Dakota si lasciò dolcemente cullare dall'acqua della vasca
finchè il sonno non le fece chiudere gli occhi e aprire la porta dei sogni.
La
mattina, fu svegliata da un freddo pungente e dalle urla dei mendicanti fuori.
Ci
vollero dei minuti prima che lei si rendesse conto che si era adormentata in
una vasca piena d'acqua calda e si era risvegliata in un cubo di ghiaccio.
I muscoli
ora erano contratti, e si alzò di scatto dal freddo.
Simultaneamente
la porta del bagno si aprì.
Un uomo,
non molto alto e leggermente grasso stava inanzi a lei, gli occhi marroni
puntati sul suo corpi.
I suoi
capelli erano nascosti da una bandana, se non per una ciocca che scendeva
davanti dando la consapevolezza che era castano.
Dopo
qualche secondo l'uomo parlò.
"Scusa...
non volevo... ehm... io..."
"Mi
passi l'asciugamano King?"
"Oh... ehm... certo..."
L'uomo
prese l'asciugamano e lo diede alla ragazza, poi tornò davanti alla porta,
immobile, gli occhi puntati nella stessa direzione di prima.
"Scusa,
non è che potresti uscire?" chiese Dakota leggermente imbarazzata.
King uscì
chiedendo ancora scusa per l'irruzione.
Dakota
intanto si era già riscaldata grazie alla solare giornata che traspariva
dall'oblò.
Si vestì
velocemente, e poi uscì sul ponte.
"Buongiorno
Dakota! Non sei venuta con noi ieri, non sai cosa ti sei persa!!!" disse
Aaron Bowen, il capitano della nave su cui era ospite.
"Immagino..."
disse la ragazza.
"Abbiamo
trovato un uomo che voleva attaccare rissa.. l'abbiamo tramortito e rubato
questo" disse Absalon, amico di Aaron e vice capitano.
Porse
alla donna un uovo, grande quanto come uno di struzzo, ma rosso.
"Cos'è?"
chiese la donna incuriosita.
"Che
cazzo ne so, te dovresti saperlo, sei una biologa..."
"Non
esiste in nessun libri un uovo del genere... ragazzi, forse abbiamo scoperto
una nuova specie!!!"
"Si
si... ma lo possiamo mangiare?!" chiese Absalon, che mentre parlava faceva
delle magie con delle carte.
"Ma
sei sciemo?" disse Dakota prendendo l'uovo e portandoselo tra le braccia.
L'uomo
non rispose, si limitò a continuare a fare trucchi con le carte.
In
effetti era normale che Absalon si sentisse più attratto dalla magia che dalla
scienza.
Era una
sottospecie di illusionista europeo, ma lui preferiva essere chiamato mago.
Di magia
ne sapeva fare abbastanza, ma solo offensive.
Stava la
maggior parte del tempo seduto a perfezionare le sue 'magie', con il suo solito
impermeabile nero, seguito da pantaloni scuri e scarpe altrettanto nere.
Era
magro, molto, e alto, non sembrava umano a vederlo in effetti.
Ma era
nonostante ciò simpatico.
Una cosa
molto strana di lui era il fatto che portava sempre una bandana sul collo.
Neppure
Aaron sembrava essere interessato all'uovo.
Era
tornato e pulire la sua spada, sporca di sangue a causa di un combattimento
vinto.
Era uno
spadaccino, e perciò muscoloso e alto quanto basta.
Aveva i
capelli biondi, gli occhi azzurri e un collo largo quanto il volto che dava la
sensazione di uomo forte.
Indossava
i soliti vestiti di sempre, maglia bianca a maniche lunghe, pantaloni a
pinocchietto neri e sandali infradito.
Sul
braccio sinistro vi era un tatuaggio che mostrava una spada che trafiggeva due
cuori.
Il
significato non lo aveva mai voluto dire, ma pare ci tenesse molto.
Dakota si
ritrovava quindi con l'uovo tra le braccia, nessuno che lo ascoltava e la
possibilità di studiare una nuova specie.
Si mise
quindi fuori, sulla sdraio, a studiare tutte le caratteristiche di quella sfera
che custodiva al suo interno una vita a loro sconosciuta.
Si era
appena seduta quando vide di nuovo quell'uomo che passava davanti alla barca.
Era lì
tutte le mattine, e ogni volta che passava si voltava e guardava la ragazza.
"Probabilmente
non riesce a fare la prima mossa" pensava la ragazza dentro di se.
Dentro di
se si sentì felice di quella persona che lo ammirava.
Si mise
quindi a studiare il nuovo oggettino dei desideri.
Aveva una
circonferenza regolare, e per essere preso in mano bisognava richiedere
l'ausilio di entrambe le mani.
Ma non
era quella la vera stranezza.
Ciò che
veramente aveva attirato l'attenzione della ragazza erano delle venature,
sottilissime e quasi invisibili ad occhio nudo, che erano poste qua e la sulla
superficie dell'uovo.
Ma
neanche quello aveva destato la sua attenzione, la cosa che veramente l'aveva
sconvolta era che in quelle venature vi era qualcosa che scorreva, e che
pulsava, scossa da qualcosa come un cuore.
Rimase
stupita di ciò.
Provò a
tappare una di queste venature, e come risposta ebbe un movimento improvviso e
deciso della 'cosa'.
Infatti
non era neanche più sicura che fosse un uovo.
Non era
sinceramente più sicura di nulla.
I suoi
occhi erano, come la sua mente, pieni di dubbi, e chiedevano risposte.
Decise di
andare nell'unica biblioteca dell'intera Tortuga.
Mise
l'uovo dentro il suo zaino, riposto delicatamente tra dei cuscini che dovevano
proteggerlo da qualsiasi colpo che avrebbe mai potuto prendere.
Dopo di
ciò partì, non sapeva perfettamente che razza di posto si sarebbe trovata
davanti, a dir la verità non sapeva neppure dove doveva andare.
Chiese
informazione ad un vecchio pirata, e l'unica cosa utilizzabile che ne cavò
fuori da quello strano discorso con quello strano vecchietto fu che per trovare
la biblioteca doveva andare dove nessuno andava.
Semplice,
doveva andare verso la periferia, dove vi era la zona che una volta apparteneva
a nobili culturati.
Era una
zona veramente disabitata e deserta; le case semidistrutte, con crepe sui muri
e l'edera che era cresciuta sui muri.
La
ragazza camminava lentamente, guardandosi intorno.
Era
totalmente allo scoperto, ed era preda facile di qualunque malintenzionato
nella zona.
Si
trovava nel bel mezzo dello stradone che la conduceva nella periferia più
estrema della città.
Intorno
ad esso vi erano dei cespugli, piccoli, e delle palle di erba che rotolavano
qua e la.
Era uno
spettacolo desolante.
Mentre
all'interno di Tortuga vi era troppa vita, alla periferia ce ne era ben troppo
poca.
Un
cartello l'avvisava che mancava un chilometro all'arrivo della biblioteca.
Era stato
probabilmente scritto da dei pirati, lo si poteva notare da ben due motivi.
Uno di
questi era il fatto che da sfondo al cartello vi era un teschio e due ossa
incrociate.
L'altro
era che non vi era proprio scritto quello che lei aveva letto, ma bensì 10
km ala blioteca.
Era una
cosa abbastanza divertente, notare quanto fosse squilibrata la vita dei pirati.
Tanto
divertimento, e nessun dovere, neanche quello di imparare a studiare.
Si
divertì molto a pensare che probabilmente pirati si nasce, e che chi non vuole
studiare ha un destino segnato su una nave dalla bandiera nera.
Lei si
setiva fortunata e sentiva che i suoi compagni lo erano altrettanto.
Probabilmente
quella era una delle poche navi, se non l'unica, a possedere un equilibrio,
gente attaccata al dovere e gente attaccata al divertimento.
Le strade
si facevano ancora più desolate, si ra introdotta in una zona che non aveva
neanche delle case.
Il mare
non era più visibile, poichè nascosto da delle collinette.
Fortunatamente
il sole era alto.
La
ragazza pensò che forse sarebbe stato meglio rubarlo il libro, anzichè
consultarlo sul posto.
In fondo
chi mai poteva esserci in quel luogo.
Notò solo
in quel momento che aveva caldo.
Un caldo
torrido, umido, tipico per i Caraibi.
Dietro di
lei, nello zaino, vi era l'uovo ben nascosto.
In
lontananza ora riusciva a distinguere la figura di un palazzo.
Era un
palazzo decadente, e, da quanto poteva vedere, era anche abbastanza preso di
mira da atti vandalici.
Non
riusciva a immaginare chi avrebbe mai voluto farsi tutta quella strada solo per
scrivere sui muri.
Poi però,
avvicinandosi, si accorse che non erano state scritte da pirati, e molto
probabilmente chi le aveva scritte frequentava la biblioteca ed era anche
contro i pirati.
Perfetto,
ora dovrò stare attenta a non essere pestata.... cazzo proprio io dovevo
trovare una biblioteca del genere? Mi manca la mia città bella bella....
Si
avvicinò mezza tremante all'edificio.
Aprì il
grande portone di legno, e una volta che si trovò dentro alla biblioteca si
accorse che era del tutto differente da come se la aspettava.
Grande,
piena di libri, neanche un po' di polvere, e soprattutto piena di gente.
E tra
tutta quella gente lei riconobbe un uomo.
Un uomo
che vedeva tutte le mattine, un uomo che la guardava tutte le mattine ma che
aveva troppa paura per rivolgergli la parola.
Fu così
che lei, vogliosa di conoscere qualcuno che sapesse leggere nell'isola, si
sedette vicino a lui.
Era un
uomo abbastanza alto, muscoloso, capelli a spazzola del color del rame, occhi
azzurri come l'acqua cristallina del mare.
I vestiti
che portava erano tipici da intellettuale, ma anche da persona alla mano.
Maglietta
nera, pantaloni neri, e dei guanti neri per proteggere le mani o per proteggere
quello che toccava con esse.
"Ciao!"
disse Dakota.
L'uomo si
voltò.
Probabilmente
si sentiva molto a suo agio lì, e le rispose con tono altrettanto amichevole.
"Ciao!"
"Mi
chiamo Dakota..."
"...
io sono Jason, Jason Herbert..."
"..
Ehi, ma io ti conosco, tu sei quello che ogni mattina passa per il
porto!!"
"Si..
sai, devo passare di lì per poter raggiungere questo posto..."
Ci furono
degli attimi di silenzio, attimi in cui la ragazza pensò che forse si
sbagliava, che il ragazza non era veramente cotto di lei.
Cambiò
idea poco dopo, notando il ragazzo che era leggermente arrossito, ma che faceva
il possibile per non darlo a notare.
"..
posso sedermi?" chiese lei.
"..
finchè questo posto non diverrà dominio di qualunque uomo che ne sia capace...
allora sì, puoi sederti.."
E'
anche simpatico... che bello finalmente il mio principe azzurro!!!
E'
molto carina... cacchio è la prima volta che gli parlo...
Jason si
sentiva felice.
Talmente
felice da dimenticarsi del libro che leggeva per perdersi letteralmente negli
occhi della ragazza.
Lei aveva
notato i suoi occhi che la fissavano.
"Sai,
così mi fai arrossire..." disse lei.
Solo
allora lui comprese di essersi giocato l'unica possibilità di conoscierla per
bene.
"Scusa...
è che..."
"E'
che?" chiese lei curiosa.
"E'
che hai degli occhi molto belli..."
"Grazie,
ma non sono nulla confronto ai tuoi, uno splendido colore del mare..."
Rimasero
per qualche attimo in silenzio.
Il libro
che Jason stava consultando aveva perso tutto il suo fascino, ma destò
l'attenzione della ragazza.
"Oh
mio dio!! Ti interessi di biologia marina!!"
"Ah..
questa... sì, perchè?"
"Io
la adoro..."
Rimasero
di nuovo a guardarsi per molto tempo, sorridevano.
Una
sensazione di calore li avvolse, ma fu talmente veloce e impercettibile che non
se ne accorsero.
"Senti,
posso dirti un segreto?!" disse Dakota con un sorriso in bocca.
Lui
acconsentì.
Lei
poggiò la sua bocca vicino al suo orecchio.
Buon
profumo...
Buon
profumo...
"ho
trovato un uovo di una nuova specie.."
E così
dicendo prese l'uovo da dentro lo zaino.
Il
ragazzo rimase stupito, quello andava oltre le sue conoscienza, e probabilmente
oltre le conoscieze di chiunque al mondo.
"Nessun
libro ne ha mai parlato... penso che tu abbia scoperto una nuova
specie..."
Rimsero
ad osservare a lungo quella 'custodia' di una creatura che ancora non
conoscievano.
Dopodichè
lei disse.
"Senti..."
Prese la
sua mano.
Cazzo...
Cazzo...
Lasciò
cadere la mano sull'uovo.
Jason
potè sentire le pulsazioni di quelle piccole venature.
Rimase
molto affascinato dal fenomeno, e rimase con la mano sopra l'uovo a lungo.
Probabilmente
non solamente perchè era colpito dal fenomeno, ma anche perchè avrebbe dovuto
far passare del tempo prima di farsi passare i numerosi battiti del cuore.
La
ragazza guardava la mano di Jason appoggiata sull'uovo.
Era
leggermente arrossita anche lei.
Dopo
qualche minuto paragonabile a giornate intere, Dakota disse.
"Devo
cercare un libro che mi aiuti, aiutami a cercarne uno..."
Si misero
a cercare; la libreria era enorme, vi erano libri di ogni tipo, e probabilmente
cercare su biologia marina non era l'unica via per giungere ad una soluzione.
Vi erano
un sacco di libri vecchi, di libri nuovi e di fogli di carta che una volta
forse erano appartenute ad un unica copertina.
Era una
ricerca estenuante, cinquanta settori da consultare, e nessuno di questi
abbastanza soddisfaciente.
Le
quattro.
Era da un
sacco di tempo che si trovava lì, entro le sette sarebbe dovuta partire se non
voleva ritornare al buio lungo quella strada deserta per raggiungere la sua
camera e il suo letto.
Ora
stavano cercando nella sezione di mitologia.
"Potrebbe
trattarsi di un drago!!!!" disse Jason in tono ironico.
"Lasciamo
stare questo settore più che fiabe per bambini non potremmo trovare
nulla!!"
E
passarono direttamente nell'altra zona, Geografia.
Su
cinquanta settori, ne visitarono solamente quindici che potevano essere adatti.
Ma ognuno
di essi doveva essere prima trovato, poi esaminato libro per libro, pagina per
pagina nel caso di libri interessanti, e poi passare avanti.
Le sette.
"Penso
che sia ora che io vada, non vorrei imbattermi in gente di malavita durante il
ritorno..."
"Ah!
posso... posso accompagnarti?"
"Certo!"
disse Dakota felice di poter avere un accompagnatore del genere durante il
tragitto verso casa.
Si
diressero verso l'uscita, con un certo sorriso sulle labbra, felici di
lascirare quel luogo che, seppur utile, rimaneva lugubre e solitario.
Il sole
era quasi tramontato, vi era giusto un filo di luce.
Camminavano
in mezzo allo stradone deserto, accompagnati dalle palle di erba che oziose si
facevano cullare dolcemente dal vento.
Quel
vento che si alzava piano piano, diveniva piano piano gelido a causa dell'arrivo
della notte.
"Posso
farti una domada?" chiese Jason dopo minuti e minuti di discorsi.
"Spara!"
disse la ragazza.
"Tu...
tu... tu... tu.. tu.... tu..."
"Si
sono io se è questo quello che volevi chiedermi.."
"A
dir la verità non era quello... quello che volevo dirti era se... se... se....
insomma, se qualche altra volta volevi venire con me in biblioteca!!"
"E
ci voleva molto a formulare una frase del genere?" chiese al ragazzo,
conosciendo l'ovvio motivo di un tale ritardo.
"Ehmm...
perchè... conosci quella malattia... sai... perdita di memoria a breve
termine?"
"Si..."
"Ehmm...
io ne sono affetto, e qualche volta dimentico cosa voglio dire, mi
imprappino... e guarda che è tutto vero!!!"
"Certo
certo.. ti credo..." disse lei sorridendo.
Era così
dolce, e così puro.
Introvabile...
cacchio ed è qui davanti a me che mi da un appuntamento...
ora si
poteva intravedere Tortuga da lontano, i lumi accesi e le grida che
cominciavano a levarsi.
Il sole
era scomparso dietro la coltre blu chiamata mare.
Il buio
li circondava, e se non fosse stato grazie a quelle luci della città poco
distante si sarebbero persi di sicuro.
i passi
si fecero più veloci, poichè la situazione era abbastanza scomoda, e temevano
entrambi un agguato da chissà chi.
Ignari
che nessuno si sarebbe preoccupato di loro due, o almeno non un pirata, tutti
intenti a preoccuparsi dei loro rozzi divertimenti.
ma lui
non è rozzo... più ci penso più mi piace...
Camminarono
insieme per altri dieci minuti, parlando del più e del meno, delle loro
passioni e di ciò che veramente dava loro disgusto.
Una volta
raggiunta la nave di Dakota, i due si dovettero separare.
"Ciao
allora..."
"Ciao..."
disse lei, e rimase zitta.
Digli
che vuoi vederla un'altra volta....
Digli
che vuoi vederlo un'altra volta...
Cazzo
dillo!!!
Cazzo
dillo!!!
Si
voltarono entrambi.
E sempre
entrambi dissero insieme parole, parole buttate lì al momento e confuse a causa
dell'imbarazzo di ciò che probabilmente volevano chiedere.
"Scusa,
prima te..." disse Jason, rosso come l'uovo che studiavano poco fa.
"Ecco...
volevo chiederti.. se... senti, quella biblioteca è troppo lugubre no?"
chiese, lasciando il ragazzo un attimo perplesso.
"Ehmm...
si"
"Ecco,
allora volevo chiederti se... domani, invece che incontrarci lì, potevamo... potevamo
vederci... magari andare a cenare fuori... no?"
Il
ragazzo era perplesso.
In base a
quanto diceva sua madre, erano sempre i ragazzi ad invitare le ragazze, e non
il contrario.
Quella
situazione era alquanto strana.
"No..."
rispose dopo qualche minuto di riflessione.
Dakota
rimase impietrita, aveva rifiutato il suo invito.
Aveva
sudato sette camicie per riuscire a trovare le parole e soprattutto il
coraggio, e ora le veniva tolta la soddisfazione di una risposta positiva.
Perchè?
"Ah!
Scusa allora..." e si voltò.
Stupida
stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida stupida
stupida...
Jason
rimase a guardarla mentre si voltata.
"Scusa...
devo essermi spiegato male..." disse il ragazzo.
Dakota si
voltò, nel suo volto leggeva una inutile delusione.
"...
hai capito male, non volevo rifiutare l'invito..."
La rossa
cominciò seriamente a pensare di essere diventata pazza, poi però la
spiegazione giunse da sola.
"E'
che... che l'invito dovrei proporlo io..."
E' perfetto....
E'
perfetta...
Rimasero
per dei secondi immobili, a guardarsi, finchè lei sorridendo disse.
"E
dove vorresti condurmi?"
"Condurti?
cavolo è una domanda difficile... trovare un luogo tranquillo qui è
difficile...."
"Vieni
a cenare sulla mia nave.. sono sempre sola altrimenti..."
Altri
minuti inesorabilmente lunghi di silenzio.
Lui ci
pensò, era contro ciò che gli diceva sua madre, ma in fondo cominciava già a
fregarsene, e a far posto alla sua coscienza.
"...ok"
E si
lasciarono in questo modo.
Lui si
voltò e proseguì per la sua strada, lei si voltò e raggiunse camera sua.
Una volta
che si fu gettata sul letto, le fu spontaneao emettere un piccolo grido dalla
gioia.
Tirò
fuori l'uovo dallo zaino, e, come se già vivesse, disse.
"Hai
sentito? Un appuntamento con lui!!!"
E si mise
a ballare qua e la felice di quello che le stava accadendo.
Non era
sicura del suo futuro, ma di sicuro era certa che si sarebbe goduta fino alla
fine quello che le stava accadendo.
E mentre
Dakota pensava a tutto ciò Jason camminava nella fracassosa strada che lo
conduceva al suo appartamento a Turtuga.
Non che
si potesse chiamare suo...
Infatti
apparteneva a sua madre, che, morta, glielo aveva donato come unica eredità.
Era
piccolo per condurre una vita vistosa, ma abbastanza grande per condurre una
vita appartata e tranquilla, dove potersi gettare sullo studio, senza risentire
di presenze altrui.
Non era
arredato con quel grande stile, anzi, forse sarebbe meglio dire che non era
proprio arredato, a parte la camera da letto, con un grande letto a due piazze
e una vasta libreria.
Tutto il
suo mondo era concentrato lì, non aveva bisogno di altro.
Appena
ebbe aperto il possente portone d'ingresso gettò il suo borsone pieno di libri
ed adò a gettarsi sul suo letto, con la testa rivolta verso il cuscino.
Rimase
tutta la notte a pensare, non ebbe un solo attimo di tregua.
I suoi
pensieri erano rivolti a quella ragazza, era da parecchie settimane che ogni
giorno passava davanti alla sua nave, e oggi finalmente l'aveva incontrata
fuori da quell'ambito.
Era
felice, e immaginava come sarebbe stata la notte successiva, immaginava le
candele, il mare, la cena e lei.
Lei,
perfetta con quei suoi capelli, con quelle sue mani così delicate che al solo
tocco davano una sensazione così calorosa.
Un calore
che gli veniva trasmesso e che lo trasportava in un mondo fatto di sogni, di
sorrisi, lo trasportava nel mondo che avrebbe voluto per lui.
Il
cuscino su cui poggiava la testa era morbido, e lui, dopo qualche minuto in cui
aveva premuto la testa contro la morbida coltre, si girò e con il volto rivolto
verso il soffitto di legno, chiuse gli occhi, ma non si addormentò, voleva
sognare ad occhi aperti.
Perchè
sognare ad occhi aperti in fondo è un modo per sognare facendo uso della
propria coscenza.
Strana
la mente, nel sonno va per conto suo....
Sentiva
le mani di quella ragazza sul suo collo, e immaginava il suo sguardo, e infine
il tocco leggero delle sue labbra che si poggiavano sulle sue.
Rimase a
sognare forse la stessa cosa per più di otto ore.
Absalon e
Aaron erano tornati sulla nave, stanchi morti.
Si erano
divertiti anche troppo quella notte, e avevano esagerato a distruggere tre
locali.
Erano il
pericolo pubblico per la futura risorsa di Tortuga.
Il
turismo.
Milioni e
milioni di pirati ogni anno si dirigevano verso quel paradiso, pieno di belle
ragazze e di birra a volontà.
Cercando
di fare il minimo rumore, giunsero sottocoperta.
Non
sentivano nulla, questo voleva dire che Dakota dormiva e che King non era
ancora tornato.
un
sollievo in fondo.
Raggiunsero
le loro amache, e lì si distesero aspettando che il dolce richiamo del sonno li
cogliesse all'improvviso.
King non
era ancora tornato sulla nave, si muoveva furtivo nell'ombra di certi palazzi.
Faceva il
meno rumore possibile, inutilmente, anche delle urla sarebbero state attutite
da il fracasso degli altri pirati.
Con passi
felpati si diresse verso quell'edificio in fondo al viale.
Era poco
alto, fatto di mattoni, con u solo camino e tegole rovinate dal tempo.
Era una
costruzione di un solo piano.
Si mosse
poco più rapidamente.
Il suo
cuore batteva alla velocità della luce, il suo stomaco era rivoltato
all'interno della sua pelle.
Gli occhi
fissavano una finestra all'estrema sinistra.
Era
debolmente illuminata da una candela, e al suo interno si notava il profilo di
una persona.
Non
sembrava ci fossero persone in giro, e così, preso da una inutile fretta, corse
al portone di quel palazzo.
Bussò una
volta.
Non ebbe
alcuna risposta.
Provò di
nuovo.
Ancora
nessuno rispondeva.
Bussò di
nuovo.
Alla fine
il portone si aprì, e il ragazzo venne accolto da un ombra alta poco più di lui
ed esile.
Incominciarono
a parlare, ma il loro discorso fu molto breve, i due si abbracciarono e poi
King attraversò il portone di legno.