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Autore: l_cod    31/08/2012    1 recensioni
Tutto può cambiare. E tutto cambia. Così come un gatto, da randagio mal nutrito può diventare il più raffinato tra i felini d'appartamento, anche noi ci adattiamo ai cambiamenti, alle delusioni, alle novità e a volte anche alle soddisfazioni. Ci adattiamo diventando il cambiamento che vogliamo, ci adattiamo perchè dobbiamo farlo e , spesso, ci adattiamo sognando.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fast food “Eat’n’Run” era il più eccentrico dei locali di quella zona:  eleganti  lounge bar e piccole  boutique intervallavano un lungo viale di ciliegi in fiore che terminava davanti all’entrata principale di un grande parco pulsante di vita . Albenga era una tranquilla città in provincia di Savona, non era certo Milano o Firenze ma era il posto dove aveva trovato un lavoro ed una casa  più vicino all’Università di Genova , la migliore università che la sua famiglia potesse permettersi.
Per un attimo, mentre attraversava il lungo viale a piedi poiché l’unico posto trovato  -oltre un posto di diritto dallo sfasciacarrozze-   per il suo catorcio era distante cento metri dall’inizio del viale, si immaginò nuovamente tra le strade della grande Mela: la sua borsa di tela semi vuota si trasformò in una ventiquattrore in pelle di coccodrillo con un palmare permanentemente squillante all’interno, i suoi scialbi jeans e la sua maglietta monocromatica diventarono un elegante tailleur di seta  color crema, il viale si popolò d’un tratto e divenne una caotica strada di Manhattan e la becera bettola dove lavorava si innalzò di cinquantun piani e divenne il New York Times Building: ora Adele non serviva più menù scontati con un ridicolo cappello in testa, ora era tutto ciò che voleva essere: una scrittrice in carriera a New York. Il sogno svanì nuovamente , spazzato via dalla leggera brezza, quasi estiva, che si era levata facendo danzare le chiome rosate degli alberi che creavano mille giochi di ombre che si proiettavano sul marciapiede . Adele si fermò di botto. Si domandò se fossero state le troppe puntate di Sex & The City viste da ragazzina  o l’ambizione  cieca di Rachel Berry , personaggio di Glee  a cui si era sempre inspirata , a renderla incontentabile . Molte persone avrebbero ucciso per  un posto di lavoro , un appartamento di proprietà e un’automobile, ma lei no. Lei voleva di più.
Riprese a camminare sino ad arrivare all’entrata del fast food affiancata dalla sagoma di cartone di un uomo in giacca e cravatta che corre via con un pezzo di pizza tra i denti e lo sguardo rivolto all’orologio sul polso.
Se esistesse un posto più insignificante di questo, dovrei assolutamente mandare lì il mio curriculum  vitae , si disse Adele facendo una smorfia di disapprovo.
Erano le dieci del mattino,  ovviamente  il netto ritardo le sarebbe stato detratto dalla busta paga già fin  troppo leggera ,  ed il locale era vuoto. Le sedie erano ancora capovolte sui tavoli , gli espositori ancora vuoti, la sala ancora silenziosa , dalla cucina veniva il disgustoso odore e lo stressante rumore dell’olio di bassa qualità che si riscaldava nella grande friggitrice. Accennò un frettoloso saluto ai suoi colleghi e non fece in tempo a  prendere il suo tesserino dalla tasca che il petulante direttore le si posò davanti , togliendole la possibilità di arrivare al bramato dispositivo che timbrava i cartellini con l’orario d’entrata e quello di uscita.
L’uomo sulla quarantina con troppi brufoli per avere quell’età e un taglio di capelli decisamente “fai da te” , si posò faccia a faccia con Adele aggrottando le sopracciglia sin troppo folte per evidenziare il suo disapprovo.  La ragazza scrutò attentamente la statua che, imperterrita, non si muoveva di un millimetro. Ora inizierà con il solito sproloquio infinito sui ritardi sul posto di lavoro, poi passerà al discorso “ C’è crisi, tieniti stretto questo posto ” e concluderà con un irritante “ E ora mettiti subito al lavoro!” . Sempre la solita routine.  L’uomo tirò su col naso, aveva il raffreddore a causa dell’allergia primaverile, poi si aggiustò la camicia nei pantaloni tirati su con una cintura di cuoio troppo vecchia persino per lui ed iniziò ad urlare contro Adele, la quale più che rimprovero , sentì solo un rumorosi farfugli e un vomito di parole che si rovesciava sul pavimento.
Dalla cucina troppo piccola e troppo calda si iniziarono ad udire le urla che furono presto coperte dallo sfrigolio delle patatine che si doravano nell’olio bollente della friggitrice scadente.
<< Adele è  di nuovo nei guai, vero Marc? >> Elaborò in un italiano alquanto scadente Diego, l’aiuto cuoco brasiliano che lavorava con Adele e Marc.
<< Mi sa proprio di sì! Come se non avesse già abbastanza rogne quella ragazza! Cosa le costa arrivar in orario?! >>  Il tono di Marc suonò quasi come un rimprovero ma alla fine entrambi i ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata che spezzò la monotonia di quella triste mattina di marzo.  Marc si tolse il berretto blu che metteva ogni volta che il “Dittatore”  si affacciava in cucina e si asciugò la fronte. Le patatine ormai quasi pronte avevano surriscaldato tutta la cucina e Diego e Marc ricordarono tutto d’un tratto uno dei tanti motivi per cui odiavano quel lavoro.
<< Che inferno qui dentro, vero Diego?>>
. << E’ insopportabile ! E siamo solo in primavera! >> borbotto mentre si caricava un enorme sacco di farina sulle spalle . Non c’era un motivo preciso ma entrambi, sia Adele che Marc, volevano molto bene a Diego, lo consideravano come un fratello minore con cui passavano la maggior parte della giornata.  Un fratello a cui mancava la casa da cui si era allontanato troppo presto e a cui voleva far  ritorno il prima possibile anche se la misera paga che gli rifilava il Dittatore non gli permetteva di comprare un biglietto aereo.
Già la paga... Otto ore di lavoro, quindici minuti di pausa, ritardi e uscite anticipate detratte e igiene che lascia a desiderare: la fatica all’inferno era decisamente poco retribuita!  Diego se ripeteva di continuo,  borbottando, urlandolo nella sua lingua e persino digrignando i denti. Se lo diceva spesso anche Marc, sin da quando accettò questo lavoro solo per stare insieme ad Adele. Ma Adele, lei non si lamentava affatto , o meglio, non poteva. Semplicemente lei accettò, firmò il contratto e infilò la divisa da cameriera: aveva bisogno di soldi ed in fretta, il mutuo per la casa  , per quanto modesta essa fosse, le mandava  avvisi  più pressanti  e fastidiosi del suono della sveglia frantuma sogni. Adele accettò quel lavoro perché lesse  tra le righe di quel contratto non le parole “ lavoro spacca –schiena” e “ poco retribuito” , ma solo “indipendenza “ , “autorità” e “fuga da tutto e da tutti”. Adele lesse "male" tra le righe non perchè fosse stupida, Adele lesse tra le righe perché era accecata dalla voglia di scappare da quello in cui era vissuta fino all’età di diciotto anni. Non poteva lamentarsi, era una questione di orgoglio!  
Finita la ramanzina, strusciò il  cartellino e se lo ripose in tasca, afferrò il suo grembiule e il suo stupido cappellino e andò in cucina per salutare Marc e Diego e per rubare qualche patatina croccante e qualche pezzo di impasto per la pizza.
<< Cosa stavi facendo di tanto importante per non essere qui a guardarmi friggere schifezze?>> Sogghignò Marc mentre colpiva la mano di Adele che rubava una patatina dopo l’altra dal vassoio ricoperto di carta assorbente al suo fianco.
<< Ero impegnata a sorseggiare spumante con te a New York nel mio appartamento super chic!>> .
Adele per un attimo si illumino al solo sentir pronunciare il melodico nome di New York. Fece un vago sorriso che nascose subito per non farsi notare .  << Dede, dovresti smetterla di fantasticare su cose che non avverranno mai.. soprattutto se vieni licenziata per colpa dei ritardi . >>
<< Sai che detesto quando mi chiami in quel modo.>> La voce di Adele era diventata più fredda e severa . Non le piaceva quel nomignolo . Per quanto esso fosse dolce ed innocente le ricordava quando era una ragazzina ingenua senza desideri e ambizioni, la ragazzina che permise al posto dove era cresciuta di soffocarle qualsiasi sogno avesse.
<< Poi preferisco sognare in paradiso piuttosto che scendere all’inferno a vendere pietanze che causano il diabete solo a guardarle.>> Adele alzò la voce, voleva che il direttore la sentisse.
<< Shh!!>> sibilò Diego che ascoltava attentamente la conversazione << Il capo ti sentirà!>>
<< Senti Dede.. Emh.. Adele, mettiamola così : se arrivi in orario a lavoro , non avrai detrazioni sulla busta paga , avremmo prima i soldi per comprare il biglietto per New York , arriveremo lì e  ..  Succederà qualcosa che ti fara diventare ricchissima! >>
<< Così ricca da poter avere un bagno in camera da letto?>> Chiese Adele con gli occhi che risplendevano di speranza  come quelli di una bambina in giorno in cui il padre le promette di portarla al parco.
<< Amica mia, presentati in orario a lavoro e in bagno avrai un‘intera piscina!>>
Adele e Marc scoppiarono in una risata quasi rassicurante. Alla fine restarono in silenzio,  sorridendo ed aspettando la fine di quella giornata iniziata male.
  
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