Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Freccia_9    01/09/2012    4 recensioni
Questa storia (la mia prima :3) parla di un ragazzo, Franklin, per tutti (pochi, in realtà) Frank. Frank non si ritrova nella sua vita, non si ritrova nella sua generazione, non si ritrova nella sua cultura. Non si ritrova in sè stesso. Ma chissà che non si ritrovi in qualcosa, o in qualcuno.
Grazie dell'attenzione, e buona lettura **
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Guarda che potresti anche scendere dal frigo, ci sei da un'ora.»
Frank continuava a dondolare sul sedere con le ginocchia strette al petto. Silenzio.
«Se ti dico che sembri un bambino autistico rinchiuso in un centro psichiatrico in isolamento, scendi?»
«Un neonato piange e sgrotta ad ogni ora, capisci? Anche alle tre della notte. E poi richiede cose. E le cose costano soldi. Io non ho soldi. Non posso farcela, è matematico.»
«Beh, in effetti...»
«Dovresti tirarmi su il morale, secondo copione.» Continuava a fissare un punto sopra la testa di Nick, come se l'amico avesse l'aureola.
«Sei nella merda, ti ci sei messo tu, perchè dovrei tirarti fuori?»
«Con te, in carcere, io l'ho fatto.»
L'altro prese una manciata di pop corn dal sacchetto fumante caldo di microonde. «PORCA PUTTANA SCOTTANO!» urlò, poi prese a soffiarsi sulla mano.
«In ogni caso, hai ragione. Ti aiuterò. Peccato che non abbia mai tirato su un pargolo, sai com'è, non sarei utilissimo.»
«Invece si. Hai la faccia di uno che ci sa fare coi bambini. I bambini adorano i playboy, fighi, single.»
«Si, si, per gli autografi ci vediamo dopo!» ammiccò.
«Anche se quando fai così sei odioso.»
«E tu crescerai tuo figlio da solo. E ti vomiterà sulla maglia degli Arctic Monkeys. Si, quella col faccione di Matt.»

«A pensarci bene non sei proprio tanto odioso. No, affatto.»


«Guarda qui, Flo. Barista, appena fuori città, 4 sere ed 1 mattina a settimana, giorno libero Martedì e Giovedì, 1000 dollari mensili. Mica male.»
«Tu? BARISTA? Hahahahahahaha hai rotto due piatti e tre bicchieri solo da quando sei qui. Cerca ancora, va.» Continuò a ridere. Le vene pulsarono sulla fronte del ragazzo. Sguardo di odio puro.
«Eccolo. Aiuto elettricista, piccoli lavori, 5 giorni a settimana, week-end libero. 800 dollari mensili.»
«Questo sì!»
«Cioè, aspetta. Siamo d'accordo, finalmente? Non ci credo, ora scenderà ancora Gesù Cristo con tanto di stigmate. E si metterà a suonare highway to hell.»
«Highway to hell, sei matto? Al limite stairway to heaven.»
«Gesù è un tosto, un tipo ribelle, te lo dico io!» Cercò di convincere la ragazza facendo ampi cenni col capo.
«Tu sei tutto fuso.»
Ci fu un bacio di quelli duri, aggressivi. I due sembrarono voler strapparsi pezzi di labbra a vicenda.
«Ora telefona per questo fottuto lavoro.»


«Cosa vuol dire che devo avere un minimo di esperienza per lavorare, se per accumulare esperienza devo lavorare?! Capisce che è un giro inutile?»

«Ma io la capisco, solo le chiedo di darmi fiducia, ho una famiglia che sta per sbocciare.»

«Non cerco di farle compassione, assolutamente. Io.. No, non ha cap..»

«Se non mi assume le do fuoco al furgone.»

«Benissimo, allora ci vedremo lunedì per la prova, è stato un piacere, tante care cose!»
Un lieve “click” sbuffò nell'aria.
«Le frasi intimidatorie da gangster funzionano sempre, hai visto?» proclamò Frank allungando il pugno verso Nick, che ci sbattè con forza il suo.
«Sei un cazzo di genio.»
«Non c'è spazio per mammolette nel mondo del lavoro, ahah!»
«Ma sentiti, mi sembra un comizio elettorale. Magari al primo giorno mandi a fuoco una casa per un corto circuito e ti tocca pure pagare i danni.»
«Wow, tu si che mi dai botte di autostima!»
«Quando vuoi, fratello!»
«SMETTETELA DI AZZUFFARVI, VOI DUE!» Il tono da mamma severa di Florence rieccheggiò per l'appartamento; faceva già le prove.
Fece capolino dietro lo stipite della porta, cercando invano di nascondere il pancione di ormai 3 mesi.
«Allora, trovato questo cazzo di lavoro?» Magari le parolacce le avrebbe dovute abolire.
«Yeah, ho già fatto la prima minaccia di morte al mio datore di lavoro!»
L'espressione della TestaRossa (l'ultimo originalissimo soprannome di Nick) era tutto un programma. Sembrava dire “guarda tu se proprio io sono dovuta capitare con un tale idiota”. Abbassò la testa. Frank la rialzò dal mento, fissandola negli occhi. «Andrà tutto bene, ce la faremo. Ce la faremo, amore, promesso.»


Col tempo Florence stava cadendo nella trappola che aspetta tutte le donne in dolce attesa: la paranoia. Mangiava pochissimo, beveva solo acqua («Le bibite gassate fanno male al piccolo!») vomitava troppo spesso, e aveva voglie assurde ogni notte (che Frank era costretto a soddisfare correndo in lungo e in largo per Chicago. Dove cazzo lo trovi il mango che ha mangiato a dodici anni?!). Soprattutto era altamente irritabile. Non passava giorno senza una discussione col compagno. Ed erano ancora al sesto mese, Cristo!
In quel cupo pomeriggio di inizio settembre l'aria aveva odore di ruggine.
«Flo, dobbiamo parlare.» Frank la trascinò dal gomito, dalla cucina alla camera da letto. Si sedettero.
«Dimmi.»
«Cosa ti succede? Cioè, okay, quella incinta sei tu e io non posso capire, però sei cambiata, cazzo. Non sei la Florence che mi ha convinto a metterle un neonato in grembo.»
«A proposito, la prossima volta mantienila viva la tua scorta di profilattici, onde evitare “piccoli” inconvenienti.»
«Vedi?! Ora come dovrei rispondere? “Oh scusa, mi dispiace, comprerò altri preservativi, tu intanto abortisci con calma”?
E' successo, punto. Né io né tu possiamo farci niente, ci siamo dentro fino al collo. Dobbiamo restare uniti, e affrontare quest'avventura assieme. Assieme. A me sembra che tu stia facendo di tutto per allontanarti, come se ti divertisse. E' un incubo, capisci? Ti sento dimenarti, sfuggire dalle mie mani. Se c'è qualcosa che non va dimmelo, non chiuderti. Lasciami ancora essere parte della tua vita.»
Frank aveva parlato a lungo, guardando il terreno. Alzò la testa. Tante piccole lacrime stavano rigando le guance pallide accumulandosi sul mento. Florence era scossa dal pianto, un pianto duro, profondo, proveniente dalle parti tra il cuore e lo stomaco. La schiena rimbombava al ritmo dei singhiozzi. Si prese la testa tra le mani.
«Ehi, no! Flo, no, va tutto bene. Non fare così, mi sento una merda.»
«Hai ragione, cazzo, hai ragione! Sono stata.. un'idiota.. ma non mi controllo, sto totalmente perdendo il mio corpo.. lo sento sbagliato, fuori misura. Cosa mi sta succedendo? Non volevo essere scontrosa con te ma.. non so cosa..»
«Ehi, va tutto bene. Zitta. Dimentica tutto, svuota la mente, okay?» disse Frank cingendola con un braccio
Lei annuì.
«Ti amo, sai?»
Florence strinse l'abbraccio forte, davvero forte, fino a sentire tutte le ossa del compagno a contatto con le sue.
«Il sesso è proibito, se sono incinta?»
«Mannò, piccola, dovrò solo fare un po' di attenzione. E diciamo che... uhm... Avremo spettatori!» Frank spalancò un sorriso mentre dava un buffetto al futuro figlio.
«Prendimi, ora.»

«Al limite penserà che gli hanno offerto un, che ne so, Kinder Bueno al cioccolato bianco!»
Frank ormai stava rotolando sul tappeto in preda alle risate, la quarta bottiglia di birra che gli rotolava via dalle mani.
Per la cronaca, aveva appena espresso i suoi dubbi riguardo il sesso con Florence incinta. La risposta di Nick non si era fatta attendere. Certo che di birra ne girava tanta.
Flo era fuori con delle amiche, la avevano un po' costretta, da una parte perchè ormai era chiusa in casa da mesi, dall'altra per tentare di strapparle pettegolezzi e varie come al solito.
E così c'era terreno fertile per una serata playstation&birra tutta al maschile.
Al suo ritorno la donna di casa aveva trovato i due addormentati, abbracciati, sul tavolo. CAZZO, ERANO ABBRACCIATI SUL TAVOLO. Come in una super-diabetica scena di Glee. Li aveva scollati e a forza, lei, la principessa della casa, li aveva trascinati a letto, dovendosi accontentare di dormire vecchio divano mezzo rotto di mamma. “Dura vivere sola con un uomo più un altro bonus!” pensò, mentre il sonno la accoglieva di malavoglia. “E il prossimo è in dirittura d'arrivo, figuriamoci.”

Dall'altra parte della casa, un raggio di sole mattutino si posò sulle palpebre di Frank. Aprì gli occhi sentendo subito le meningi premere sul cranio.
«Dove mi trovo? Tedeschi di merda, non mi prenderete mai vivo!» E con questo grido si tuffò giù dal letto. Di testa.
Un tonfo esplose nell'appartamento.
«Oh, ok, amh.. non siamo in guerra. Coglioncello, ci siamo sbronzati ancora?» disse lanciando una bottiglietta d'acqua vuota sulla testa di Nick. «Uhm, si, no, cioè... CAZZO I TEDESCHI ARRIVANO COI BOMBARDIERI!» E anche lui si gettò da un lato, cadendo sulla schiena.
«Merda, sto per diventare padre, dovremmo smetterla.» disse l'altro mentre si chinava a raccogliere le sue cose. «Vado a cercare Florence.»

«Hei bellezza, che ci fai qui?» Frank corse verso la sua compagna nel piccolo giardino curato (Florence aveva deciso di impiegare il tempo libero in bricolage) proprio davanti casa.
«Ieri sera eravate ubriachi come spugne.»
«Mi sono accorto.»
Il bacio del buongiorno. L'abbraccio delle scuse. La bussata al piccolo.
«Cioè renditi conto, sono tornata ed eravate sdraiati sul tavolo, abbracciati.»
«Oh, cristo, che ansia..»
La presero sul ridere. Solo per poco, un'illusione futile. Florence spezzò letteralmente l'aria: «Hai intenzione di andare avanti così?»
«No, certo che no... Tra poco sarò padre, responsabilità, dare l'esempio, e tutti quei discorsi lì, no?»
«Meno male che lo sai..»
«Scusa, non capiterà più, promesso. Al limite mi troverai un po' brillo, ma nei prossimi anni almeno mai così ubriaco da svenire.»
«Giuralo. Giuralo sulla tua copia di Metal Gear Solid 4 edizione limitata.»
«Ma c'è anche il diario di sviluppo di Kojima, ti rendi conto di che valor...»
«Frank.»
«Okay, lo giuro.» Il pensiero di quella copia, quella vinta nel torneo alla fiera del videogioco, in fiamme, o comunque distrutta.. Beh, valeva tutte le promesse del mondo.
Florence assunse un'espressione da “ben fatto figliolo” e lo baciò.
Lui sospirò rumorosamente. «Ah, che fatica essere papà.»
Chiuse gli occhi e si lasciò andare al fresco prato alle sue spalle.

Il successivo mese e mezzo passò velocemente, molto. Tra i due girava una certa tensione nascosta da sorrisi e baci, ma la si poteva intravedere negli sguardi bassi, sotto la pelle, dove risaltano le vene. C'era l'inesperienza e la paura che qualcosa andasse storto. L'entusiasmo per l'essere prossimi ad una famiglia e l'ansia per i costi che questo comporta. La consapevolezza di dover donare parte della propria esistenza al nuovo nato.
Avevano deciso di tenersi allo scuro del sesso del nascituro. Volevano mantenere l'”effetto sorpresa”. Nick stava sempre più alla larga, capiva la situazione, la gravità, e si limitava a piccole comparsate che tuttavia rallegravano l'atmosfera.
Tutti sapevano che il momento si avvicinava progressivamente, presto ci si sarebbero trovati dentro. Dentro il problema. Dentro la vita.
Per tutti i mesi di attesa non li aveva neanche sfiorati una questione in realtà cruciale: il fottuto nome. Si erano decisi a chiamarlo col primo nome che avrebbero detto appena visto il nascituro. Frank aveva già immaginato il piccolo “CRISTODDIOE'MIOFIGLIO” Turner, cosa alquanto comica.
La maternità aveva fatto riscoprire ai due la tenerezza degli abbracci. Senza baci, senza sesso, semplicemente passare del tempo con la persona che si ama sotto le proprie braccia. Dare il segno del “ci sono, ti sono accanto e sono pronto” senza dover arrovellare mille discorsi.
Erano abbracciati, sul divano, anche nel momento in cui la fine ebbe inizio.

«Vado a predere un bicchiere d'acqua.» Florence si alzò dirigedosi al frigo. I passi lenti e cauti, la testa alta, lo sguardo stanco.
Improvvisamente iniziò a sudare, le pupille si dilatarono: cadde in ginocchio ancora prima di raggiugere la maniglia.
«Oddio, le acque. Oddio, oddio... FRANK!» Chiamò con tutta la voce che aveva in corpo, pur sapendo che il compagno si trovava a pochi metri. Difatti il giovane balzò in piedi, gettando gli occhi terrorizzati al dì là del divano, dall'altro lato della stanza. Sentì il gelo salire dalle estremità fino al centro del corpo. La vista era appannata. I muscoli contratti non avevano intenzione di muoversi.
«CAZZO FRANK VIENI!» La sua ragazza stava per partorire e lui non riusciva a fare un passo. Gran pezzo di idiota. “Dai, è in ginocchio, muoviti ad aiutarla.” pensò. Niente. Il corpo era scollegato dal cervello, i piedi troppo pesanti per muoversi. L'ossigeno pareva scomparso tutto in un tratto.
Tempestivo, Nick ribaltò la poltrona su cui era seduto e corse dall'amico. Uno schiaffo lo colpì sulla guancia, facendolo cadere su un fianco.
«Coglione le si sono rotte le acque, che cazzo hai intenzione di fare? Ora, Frank, caro.. ALZATI E PORTIAMOLA IMMEDIATAMENTE IN OSPEDALE! ORA!»
Il panico lentamente fu mangiato dalla voglia di riuscire. Per una volta doveva portare a termine qualcosa, arrivare in cima alla montagna.
Dare alla luce suo figlio. Doveva farlo.
In un attimo si trovarono nell'auto, Frank alla guida, che teneva la mano a Florence sdraiata sui 3 sedili posteriori, Nick al passeggero con un mucchio di fazzolettini bianchi sventolanti sul braccio appeso al finestrino.
Il percorso sembrava infinito, le macchine accostavano dovunque per fare loro spazio, ma comunque quei pochi minuti passarono come secoli. Nessuno disse una parola. Solo i gemiti di Florence a frantumare il silenzio.
Dal momento in cui arrivarono al Saint James Hospital tutto iniziò ad essere confuso per Frank, come un film mandato a velocità doppia, e nonostante corresse per stare dietro a tutto non riusciva ad avere un briciolo di controllo della situazione. Senza sapere come, venne catapultato in una scialba sala d'attesa bianco latte. Nessun'altro che aspettava nessun'altra donna. La sua, di donna, era stesa su una brandina in una delle tre sale operatorie del corridoio, probabilmente avevano già iniziato le procedure. Nick accanto a lui, come un fratello maggiore, a sorreggerlo. In effetti era pallido da far paura, letteralmente.
«Parto naturale. 5 dollari.»
«Per me fanno il cesareo, conoscendoti tuo figlio si metterà di culo per uscire.» Sdrammatizzava sempre Nick, era una sua grande abilità. Sdrammatizzava ma senza risultare sgradevole, senza dare fastidio, strappava solo sorrisi quando ce n'era bisogno.
“Per quanto andranno avanti?” Era il pensiero fisso di Frank, che ottenne risposta dopo una mezz'ora buona.
«Scusate, emh, chi è il padre?»
«Quello che sembra un cadavere, cioè lui, Frank.»
«Oh, perfetto.» L'infermiera nonostante le scarpe basse era slanciatissima, la silhouette perfetta si stagliava in controluce. «La sua compagna lo richiede, al più presto.»
«Dai, corri!» lo incoraggiò Nick con una pacca sulla spalla.
La sala operatoria aveva il classico aspetto di... una sala operatoria. Andiamo, avrete visto almeno una puntata di E.R., tutti, sono sicuro.
Pieno zeppo di medici e infermieri, tutti impeccabili. Tutto bianco, mobili e apparecchiature, tutto pulito e disinfettato. Le converse verdi lercie di fango rischiavano di autodistruggersi per i complessi di inferiorità.
Si avvicinò quasi gattonando al lettino. Florence era cadaverica come non mai, il viso sembrava arato, tanto erano profondi i solchi. Lo sguardo per una volta spento e cadente si poggiò sul compagno.
Frank si sedette. Le prese la mano. Tremava come una foglia in un uragano.
«Ci sono. Amore, ci sono.»
Dopo due ore di “signorina, spinga” “respiri forte” e varie Frank fu fatto uscire. Avevano deciso che non doveva vedere suo figlio nascere, per qualche arcaico motivo, e lui si limitava solo ad assecondarli. Voleva solo che tutto finisse al più presto. Voleva solo tornare a casa.
Cominciò a girare in lungo e in largo per sfogare i nervi. Zero effetto, restava teso come una corda di violino. Stavolta neanche parlare da solo lo calmò. Chissa cosa stava facendo suo padre mentre lui veniva messo alla luce.
Nick lo seguiva come un ombra. Frank avrebbe preferito restare solo ma alla fine era meglio così, avere qualcuno che lo controllasse. I minuti sembravano dieci volte rallentati, ora. Pensò seriamente che qualcuno stesse manomettendo lo spazio-tempo. Presto sarebbe sbucato Cronos da un portale sul muro bianco.
Invece no, il muro bianco rimase bianco, i minuti continuarono a scorrere in modalità lumaca. L'attesa diventava insostenibile. Frank stava per morire. L'idea che stessero armeggiando DENTRO la sua ragazza, dove solo lui si era spinto, non lo tranquillizzava decisamente.
Un rumore distrusse l'atmosfera.
Un infermiera.
Due infermiere.
Era finita.
Frank ebbe un attacco di vertigini.
«Signore, tutto bene? Suo figlio è nato, può entrare a vederlo. E' di sesso femminile, il parto è stato naturale.»
Gli si erano avvicinate, proprio come avessero paura di uno svenimento.
Nick era andato via, ma magari era solo dietro l'angolo, lo aveva lasciato solo proprio quando doveva lasciarlo solo.
Alzandosi sentì il cuore lottare con la gabbia toracica, e le gambe di pastafrolla. Inciampando entrò in stanza.
Alzò lo sguardo.
Due occhi verdi, stanchi ma felici come non mai.
Altri due occhi verdi. Piccoli. Piccoli e verdi.
Quattro occhi verdi.
«Benvenuta al mondo, Greenie.»


 


Ciao, ciao ciao ciao! Ragazzi, ci siamo, è finita. O almeno, il grosso della trama è finito. Sono sollevato, la storia nel complesso non è venuta come speravo ma sono all'inizio e devo fare tanta esperienza, migliorerò, quindi sono abbastanza soddisfatto di me stesso. Negli ultimi tempi la cosa è diventata quasi un peso, e mi dispiace da morire, spero di non avervi deluso proprio sul finale. Avevo promesso di scrivere un prologo ma penso di riposarmi per un periodo, per cui i tempi si dilateranno. Così, ho deciso di inserire qui i ringraziamenti, di seguito.

Grazie ad EFP perchè mi ha fatto scoprire la scrittura amatoriale.
Grazie a Fallin, o meglio Vale, perchè è stata la benzina del mio motore da scrittore, anche se come al solito mi coprirà di insulti.
Grazie a Nicola perchè questa storia è nata anche grazie a lui e non lo sa.
Grazie a Claudia perchè è stata la prima a leggermi.
Grazie a Claudia (l'altra) perchè c'è.
Grazie a Debbie perchè mi ha fatto scoprire che le parole possono mangiare centinaia di chilometri.
Grazie a Carla perchè è l'ultima lettrice e psicologa.
Grazie a tutti i recensori, dal primo all'ultimo, e anche a chi ha guardato anche solo un capitolo, per errore. Mi sento però in dovere di menzionare SamDBazinga perchè è stato davvero onnipresente.
Grazie a Veronica per avermi tradito.
Grazie alla musica perchè è qualcosa che va oltre.

Spero di non aver dimenticato nessuno, sbadato come sono e data l'ora tarda. 
Vi amo, ci risentiremo presto.
Stay tuned, Freccia_9



  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Freccia_9