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Autore: Steam    02/09/2012    3 recensioni
La storia è ambientata in una Londra steampunk (se non sapete che significa, informatevi!). Emily è una ladra ricercata in tutta la città; il Generale delle guardie, esausto dalle catture fallite, chiede aiuto ad un sensitivo di nome Reaver che spesso lavora come sicario. Ma quando Emily e Reaver si incontrano, un evento imprevedibile li costringe ad allearsi insieme ad altre persone sconosciute per affrontare le sfide accuratamente progettate da un uomo mascherato.
Dal prologo:
Il vapore schizza fuori dagli ingranaggi della mia piccola nave alata, io mi giro e guardo sorridente come si scontra sui volti di quei coglioni. Stupide guardie londinesi, mai niente di meglio da fare che darmi la caccia tutti i giorni. Forse è anche colpa mia, cento sterline non mi sono finite nella borsa da sole. Poco importa, per adesso l'importante è seminare questi ritardati.
*
Il racconto è un po' strano, in ogni capitolo ci sono paragrafi che portano il nome di uno dei personaggi: il personaggio da cui prende il nome il paragrafo è il protagonista di quella parte di testo :) ok, siccome non so spiegarmi, entrate se vi ho incuriosito :)
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I

Le regole del gioco

 

 

Robert

Passo attraverso un muro e un altro, accanto alle persone ignare della mia presenza. Eccetto Reaver, certo. Ma lui è diverso. Lui vede. Passeggia tranquillamente nella strada, con la sua schiena dritta e la sua tuba altezzosa da vero gentiluomo inglese. Non si direbbe che in passato ha già ucciso persone senza tentennamenti.

«Reaver...» ovviamente non mi risponde. Quando non siamo soli preferisce non parlarmi. La mia scia nebbiosa serpeggia tra la gente. Alcuni hanno a malapena un brivido nel passarci attraverso, e ovviamente non vedono né la scia, né me. Tutte le strade sono intasate da veicoli e persone che camminano a passi rapidi, come se non volessero far ritardo per andare a casa o a lavoro. Ai miei tempi, Londra non era così popolata e avanzata come oggi. Il cielo era riservato solo a volatili e nuvole, le strade solo a cavalli e abitanti e non c'era tutta questa tecnologia. Bei tempi.

Guardo nuovamente Reaver.

«Tanto per informarti. So dove è il covo di Emily.» Aspetto. Niente. Se doveva proprio richiamarmi dal mondo degli spiriti per poi non parlarmi, tanto valeva che mi lasciasse lì. Dannato sia quel giorno in cui mi ha richiamato. Reaver si sposta dalla folla e procede in una strada secondaria, un vicolo buio talmente stretto che dentro non c'è nemmeno un barbone.

«Dove si trova il covo?» mi chiede guardandomi.

«Hai ritrovato la lingua?» incrocio le braccia, o quel che ne resta di esse.

Sorride, «Non sia permaloso, Robert.»

«Seguimi» gli dico sbuffando. Volo via dal vicolo, oltre le persone e la strada. Lui mi segue con innata discrezione. Forse anche troppo lenta. Lo conduco presso un edificio abbandonato, circondato da tubature sbuffanti gas e costituito da pareti colme di crepe. Ci entro e attendo che arrivi pure lui. I muri, il soffitto e il pavimento sono in legno e ricoperti di polvere e ragnatele. Alcune pareti in particolare hanno dei grandi ingranaggi esterni. Quelli in moto ruotano tra di loro attivando un meccanismo che accende le lampade ancora in buone condizioni.

«Costei vive in una baracca?» chiede Reaver.

«No, ovviamente. Nel piano di sopra è tutto molto più arredato e pulito. L'ho visto.»

Reaver si guarda attorno accigliandosi.

«Non ci sono scale, Robert.» Già. Effettivamente è vero. Quando l'ho pedinata ero passato attraverso il soffitto. Accidenti.

Mi massaggio il mento aguzzo con una mano scheletrica. «Ehm, non ho idea di come abbia fatto allora.»

Reaver sospira rumorosamente. Lo conosco bene: lo fa sempre quando pensa che qualcuno sia un idiota. Che razza di bastardo. Comincia a toccare le pareti alla ricerca di un indizio che lo aiuti. Nel mentre, io volo oltre il soffitto, al piano superiore. Ogni sorta di marchingegno mi dà il benvenuto, dai piccoli oggetti sferici dorati ad alcune candele meccaniche che rimangono continuamente accese. Per terra ci sono ingranaggi, rottami, chiavi inglesi e attrezzi che mi sono tutt'ora sconosciuti. Più avanti in una stanza, Emily dorme come un sasso con gli occhi chiusi rivolti verso l'alto, comodamente distesa tra coperte attorcigliate al suo corpo.

«Robert! Ho scoperto qualcosa!» grida Reaver. La giovane ragazza dai capelli rossi si muove. Pigramente si capovolge a pancia in giù e abbraccia il cuscino bianco su cui poggiava la testa. Per fortuna. Mi tuffo dentro il pavimento e vado dal sensitivo con sguardo torvo.

«Sei impazzito? Lei è di sopra che dorme, se la svegli ti uccide come ha fatto con tutte quelle guardie. Non che la cosa mi importi.» solo dopo averlo detto mi accorgo di star bisbigliando. Il che non ha senso dato che non potrebbe udire la mia voce nemmeno se urlassi.

«Oltre la parete c'è una scala. La parete è una sorta di porta scorrevole che permette l'accesso ad essa.» Afferma entrandoci dentro.

«Probabilmente ci sono trappole, stai attento. E rispondimi quando ti parlo.» ammonisco.

«Se queste scale portano verso il piano di sopra ce l'ho in pugno.»

A volte non so se ad ignorarmi di più è chi non può sentirmi o chi può farlo.

 

 

 

 

Reaver

Procedo su per le scale in legno. Sono ripide, ma questo non mi complica la salita. Filtra della luce dall'alto, forse da una fessura. C'è una botola in cima, la spingo con una mano ed entro nel piano superiore. Mi metto in piedi, da sotto la giacca nera afferro la pistola nascosta in una tasca interna. Emily deve proprio essere una grande inventrice, risulta ovvio da tutte i marchingegni presenti nei dintorni. Forse, non sarà così facile come pensavo, ma sono più curioso che preoccupato. Procedo nel corridoio, facendo attenzione a non calpestare gli strani arnesi poggiati a terra.

«Robert, mi può dire dove è la camera da letto?» bisbiglio. Non lo vedo. Probabilmente si è infilato tra una parete e un'altra, offeso per qualcosa che ho fatto.

C'è una porta aperta poco più avanti, con passi lenti mi avvicino, tenendo alta l'arma da fuoco. Dentro la stanza c'è un letto disfatto e alcuni indumenti sono sparsi su sedie e tavoli. Sento Robert ridacchiare. La porta dietro di me cigola: mi volto ed Emily mi guarda. Indossa un corpetto nero decorato da ingranaggi dorati, sotto vi è una camicetta bianca. La punta del suo stocco mi punge la gola.

«Chi sei?» Mi chiede. Dietro di lei Robert volteggia ridendo, poi si ferma sospeso in aria a testa in giù e dice: «ben ti sta!» Dannato spirito, la sua incoerenza è più lampante del sole.

«Perdonatemi signorina,» affermo, «non era mia intenzione entrare nell'abitazione di qualcuno, e a giudicare dallo stato del primo piano non mi aspettavo di trovarla qui.»

«E allora che cercavi?» chiede avanzando e costringendomi a indietreggiare.

«La mia era una semplice passeggiata. Poi ho notato questa abitazione desolata e ho valutato l'idea di darci un'occhiata»

Emily sorride con una piccola smorfia, «ah, sì? con una pistola?» Guardo le mie mani, impugno ancora l'arma.

Robert ride di gusto. Diamine, ma da che parte sta?

«E va bene. Forse non sono proprio l'usuale sfortunato che finisce in situazioni disastrose senza che ne abbia colpa, ma posso spiegare.»

«Saluta i miei genitori all'inferno» esclama seccamente.

Indietreggio con uno scatto, il mio braccio sfreccia verso lo stocco evitando il filo della lama, la stoccata di Emily viene deviata andando praticamente a vuoto. Con l'altra mano aperta le metto il palmo in piena faccia spingendolo con forza. La ragazza inciampa e cade sul pavimento in legno, lasciando rotolare la spada lontana; si riprende subito e schizza verso l'arma.

«Io non lo farei se fossi in lei.» Si volta, la mia pistola è puntata sulla sua testa. Robert volteggia intorno a me con una smorfia su quel viso raccapricciante, Probabilmente è divertito dalla scena.

«Chiedo venia,» dico sorridendo, «ma non sono mai stato un bravo seduttore.»

«Credi di essere più veloce di me?» Alza il braccio: impugna nella mano un oggetto sferico dorato. Forse una sorta di esplosivo. Ma non è mia intenzione scoprirlo.

Una specie di pulsante sporge dall'oggetto, il suo pollice lo preme solo in parte. Ho sempre trovato curioso come la semplice pressione di un dito possa cambiare le sorti delle persone.

Tic. Tic. Tic. Il ticchettio dell'orologio da taschino è angosciante. Cosa devo fare? Questa è una di quelle situazioni in cui non so come reagire. Il mio respiro si fa più rumoroso secondo dopo secondo. La mano della ragazza sta tremando, forse non sono l'unico a temere la situazione. Robert, che fino a quel momento volava intorno a me, si aggrappa con un braccio alla mia spalla. Sento il suo fiato freddo, un brivido mi scorre lungo la schiena.

«Qualcosa non va.» Si scosta e si tuffa dentro il pavimento in legno.

Sento un altro ticchettio a un tratto, più casuale e impreciso. No. Questo rumore non è del mio orologio. Abbasso lo sguardo, una cornacchia cammina con le sue zampette taglienti sul pavimento, intorno alle mie gambe. Poi un altro volatile compare vicino a Emily, un terzo svolazza dalla scrivania fino al letto. Abbasso la pistola mentre la rossa lascia a terra l'oggetto sferico e si mette seduta fissando gli uccelli che spuntano dal nulla. Poi un quarto, un quinto e un sesto. Emily si alza in piedi senza parlare. Non ne avevo vista entrare nemmeno una dalla finestra.

«Quanta tensione» dice una voce rauca in un angolo della stanza. Ha indosso una maschera di metallo nero che gli copre gli occhi e il naso, in modo integrale.

«Scusate se non sono arrivato prima, ma volevo verificare se vi avevo giudicato bene.» Giudicato per cosa? Alzo la pistola, e miro al petto. Lui mi guarda e sorride.

«Provaci. La mia è solo un'immagine. Un semplice riflesso: io ora non mi trovo in questa stanza» risponde. Effettivamente, non ha alcuna ombra.

«Sei un ologramma?» chiede Emily.

«No.» Si gira verso di lei. «Questa è magia.» Alza il braccio destro verso di me, quello sinistro verso di lei. Le cornacchie sbattono con furia le ali circondandomi. Le mie braccia si dimenano contro i pennuti che gracchiano a poca distanza dal mio volto. Una fitta mi si inoltra nella pelle del palmo sinistro. Mi stringo con la mano destra la sinistra cercando di far alleviare il dolore. Sposto le mani e le premo sulle orecchie, sento un fischio lancinante mentre il cuore mi rimbomba in testa come un martello che batte su un'incudine. Chiudo gli occhi, e tutto il caos ha fine.

Li riapro. La stanza è animata solo dal mio respiro, da quello della ragazza piegata su sé stessa per terra, e dal mio battito nel cervello. Emily ha le braccia intorno alla testa. Ho paura nel guardare il palmo. Ma la curiosità è più forte. Sul mio palmo è inciso qualcosa di innaturale, di nero e affilato. Dopo che la vista si è messa a fuoco, scruto attentamente i simboli: lungo le sette linee della mano ci sono disegnate piume nere, soprapposte l'una sull'altra. Per terra ci sono due fogli di carta uguali.

Barcollando mi avvicino e ne afferro uno. Sopra c'è scritto:

 

Congratulazioni.

Mi congratulo con lei, che è stato attentamente scelto per partecipare a tale competizione, per una o più doti in suo possesso. Lei, insieme ad altri eletti, verrete sottoposti a una serie di prove che vi costringeranno a collaborare, che lo vogliate o meno. Di seguito elencate le prime quattro regole del gioco:

 

1: Un partecipante non può uccidere un altro partecipante. La pena è la propria morte, e quella di tre persone care al partecipante ucciso in precedenza.

2: Un partecipante non può far sapere a nessuno dell'esistenza di questa competizione. La pena è la morte di chi lo rivela, e di chi lo sente.

3: Un partecipante non può suicidarsi di propria volontà. Deve fare tutto il possibile per restare in vita. La pena è la morte delle tre persone più care a egli.

4: Un partecipante non può non presentarsi a una sfida. La pena, è la morte del partecipante.

 

Queste sono, quindi, le prime quattro regole con le proprie rispettive punizioni.

La prima sfida vi verrà annunciata in futuro. Grazie per la lettura.

 

Piego il foglio in quattro parti e lo metto in tasca. Emily è ancora piegata per terra. Forse è svenuta. Abbandono la stanza, a differenza dei dubbi e delle domande che si infiltrano nei miei pensieri, senza abbandonarmi neanche per un secondo.

 

 

 

 

 

Angolo autore.

Sì, questo capitolo è sicuramente più lungo del prologo :) Mi scuso subito per eventuali errori di scrittura, e ringrazio chi è riuscito a leggere tutto :) Questo lo ritengo il primo capitolo, perché il prologo era solo una sbirciata sul carattere dei due personaggi principali e su come è lo stile narrativo; qui parte la vera e propria trama che grosso modo girerà molto sulle regole e su come sfruttarle a proprio vantaggio :) spero di avervi incuriositi, recensite se vi sta piacendo o anche se la trovate illeggibile! Grazie ancora, al prossimo capitolo!

  
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