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Autore: Francesca_c    03/09/2012    5 recensioni
Questa storia è ambientata in futuro lontano e tecnologico. La protagonista è una ragazza orfana che si prende cura della sorella minore da quando aveva 8 anni, età in cui i suoi genitori sono morti. Il padre è stato assassinato per una ragione sconosciuta e lei da tempo continua a fare degli incubi spaventosi che riguardano lui e la madre. Capirà, anche grazie all'aiuto dell'affascinante ragazzo legato in qualche modo al suo passato, che non tutto è come sembra, che potrebbe scoprire i segreti del suo mondo, e distruggerli...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

Mi svegliai di soprassalto.
Sudata e ansimante.
Come al solito.
Dopotutto non ricordavo nemmeno lontanamente quelle notti felici in cui la mia mente riposava davvero. La notte è creata per dormire, sognare, dimenticare.
Le mie notti invece, erano create per il contrario. Non sapevano cosa significasse dimenticare, andare avanti. Forse neppure io.
Accesi la piccola lampada sul comodino e fui contenta di trovare intorno a me il rassicurante disordine della mia camera avvolto dal bagliore tenue della luce.
Cercai la mia collanina d'oro in mezzo ai capelli arruffati. Di solito la trovavo lì: tra i nodi mattutini.
Anche quella, come tutto il resto del mio corpo, era bagnata di sudore.
Ammirai il metallo puro del ciondolo. Me lo avevano regalato i miei genitori il giorno del mio ottavo compleanno. L'ultimo a cui ebbero occasione di assistere.
Strinsi la collana nella mano destra e mi lasciai cadere sul letto umido. Contai, per la millesima volta forse, i sette raggi del piccolo sole d'oro che tenevo avidamente in mano, come se qualcuno tentasse di portarmelo via.
Mia sorella Shelby mi diceva che a volte urlavo nel sonno e quando veniva in camera nel tentativo di tranquillizzarmi, mi trovava con in mano la collanina. La stringevo cosi forte che i suoi raggi appuntiti mi perforavano la pelle lasciando qualche goccia di sangue sulle dita.
Ogni mattina mi ispezionavo le mani in cerca delle piccole ferite, sperando che Shelby non fosse dovuta venire la notte a calmarmi.
Le sorelle minori non devono prendersi cura delle sorelle maggiori.
Shelby era un'undicenne davvero imprevedibile, che amava i guai e l'avventura.
Ed era anche uno dei pochi membri viventi della mia famiglia di cui mi importasse ancora.
Quella mattina mi accorsi con piacere di non aver sangue sulle mani e quindi di non aver nemmeno strillato come una bambina svegliando mia sorella e tutto il vicinato. Questo non significava però, che non avevo avuto motivi per cui strillare.
Come ogni notte da anni, lo stesso identico incubo che mi perseguitava dal giorno della morte dei miei genitori, aveva occupato il mio sonno facendomi svegliare sudata e con il fiatone. Beh, quella notte non fece di certo eccezione.
Mi stropicciai gli occhi e guardai l'ora sulla sveglia. Le 6.35.
Infilai le ciabatte e aprii le finestre, assaporando il piacevole freddo invernale.
Mi avviai verso la doccia e mi liberai dei vestiti bagnati per sciogliermi sotto l'acqua bollente.
Fantasticavo sull'idea di rimanerci per giorni interi, quando un pensiero allarmante mi attraversò la mente.
<< Oggi. Oggi che giorno è? 1° ottobre. È 1° ottobre! Maledizione me ne sono dimenticata di nuovo! >>
Probabilmente era a causa del mio poco interesse per la scuola che mi ero dimenticata di aggiungere la sveglia scolastica nell'agenda virtuale, perché di solito avevo buona memoria, ma ogni anno era sempre la stessa storia. Mi dimenticavo che iniziasse. Nemmeno il primo giorno riuscivo a ricordare. Accidenti.
Il primo giorno delle Superiori. Non potevo credere di aver già 16 anni.
Non mi piaceva per niente la scuola. Imparare  mi piaceva, ero brava a studiare e ad apprendere velocemente. Non mi piaceva la gente. Per tutti e cinque gli anni delle medie ero stata l'attrazione della classe, anche dei professori. La ragazza orfana che viveva da sola con la sorella.
Fenomeno da baraccone. Ecco che pensavano di me.
Gli altri provavano pietà e se c'era una cosa che mi facesse arrabbiare era proprio quella.            
Non avevo mai desiderato la pietà delle persone. Meglio l'indifferenza.
Uscii dalla doccia più in fretta possibile ma mi rilassai non appena vidi l'ora sulla sveglia. Le 7.10.
C'era ancora tempo. Avvolsi il corpo e i capelli bagnati in due asciugamani e andai a svegliare Shelby.
Con delicatezza. Non le piaceva essere svegliata di colpo e per fortuna lei aveva la possibilità di sceglierlo.
Dopo poco, mi fece un cenno con la testa per dimostrarmi che aveva capito e che si sarebbe alzata.
Quando le dissi che doveva prepararsi per la scuola, mi sorrise ampiamente ma sempre tenendo gli occhi chiusi. A Shelby piaceva la scuola, piacevano le attenzioni in generale e le piaceva ancor di più essere ammirata per la sua forza d'animo.
Non vedeva l'ora di iniziare le Medie e lo sapevamo bene tutte e due, ma aveva sempre amato farsi svegliare da me.
Per prendersela comoda e farsi coccolare di tanto in tanto.
Quando ammise a se stessa di non poter più rimanere a letto, si decise ad aprire gli occhi.
Gli occhi di Shelby erano di un colore che somigliava al grigio perla, ma si potevano notare chiaramente dei riflessi verde chiaro. Glieli avevo sempre invidiati.
Erano uguali a quelli della mamma. Veramente spettacolari. I capelli invece erano uguali ai miei, castano-dorati come li aveva anche papà. I capelli della mamma erano di un biondo intenso.
Era una donna bellissima. Si chiamava Kate Blunt.
Sorrisi pensando a come gli occhi di Shel mi ricordassero lei.
<< Perché sorridi? >> mi chiese Shelby.
<< Sono solo... contenta di essermi accorta in tempo di che giorno è oggi. >>
<< Non vedo l'ora di arrivare in classe e conoscere tutti! >>
<< Bene. Meglio così. >>  Mi sentii sollevata al pensiero che almeno una di noi sarebbe stata felice di affrontare i propri coetanei.
 Sebbene fossi ancora riluttante all'idea della scuola, mi alzai dal letto di Shelby e impostai la mia agenda in modo che fosse aggiornata sul nuovo ordinamento.
Anche se in realtà non era per niente nuovo.
Tre anni fa, il Ministero dell'Istruzione aveva deciso che la scuola non sarebbe più cominciata a settembre, ma il 1° ottobre.
In ogni caso adesso lo sapeva anche la mia agenda. In realtà non avevo affatto bisogno che mi svegliasse: mi svegliavo presto tutte le mattine, con gli incubi.
Shel una volta mi disse che secondo lei ero veramente pazza quando ammisi che mi piaceva alzarmi anche verso le sei solo per guardare il panorama fuori dalla finestra. 
Io le avevo risposto nel mondo erano rimaste davvero poche cose naturali e il silenzio mattutino aiutava a farmele apprezzare ancor di più, se possibile.
Davanti casa nostra infatti, c'era un meraviglioso giardino (uno dei pochi spazi verdi rimasti) che secondo i calcoli degli storici risaliva al 2000.
Prima delle guerre, dell' Era d' Acciaio, della Rinascita. Mi sarebbe piaciuto vivere nel 2000.
Amavo quel giardino. Lo amavo davvero molto.
Una volta la mamma mi disse che un tempo era molto più grande, enorme, sconfinato.
Non avevo mai visto nulla di sconfinato. Se non nei documentari sulla natura.
In televisione avevo visto parecchie volte uno dei più spettacolari doni della natura. L' Oceano.
Avevo sempre desiderato di vederlo con i miei occhi. Veder affondare il Sole nell'acqua, durante il tramonto.
Shelby invece era un tipo più tecnologico, adatto a vivere in questo mondo tecnologico.
Ultimai le impostazioni sull'agenda e scelsi con disattenzione un pantalone e una maglietta.
Infilai le scarpe e selezionai una pettinatura. L' Apparecchio Parrucchiere mi intrecciò due piccole ciocche castane che partivano dalle tempie, fino a legarle insieme dietro la testa fissando i capelli dietro.
7.50. Mandai giù qualche boccone del panino che preparavo sempre per colazione e aspettai Shelby che ancora doveva scegliere cosa mettere.
Quando fummo entrambe pronte e con l'agenda al polso, prendemmo il teletrasporto per far presto. Per prima entrò Shelby.
<< Buona fortuna. >> augurò lei.
<< Già... buona fortuna. >>
E sparì sorridendo.
  
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