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Autore: Carlos Olivera    05/09/2012    2 recensioni
"Mi chiamo Eric Flyer.
Sono nato il dodici gennaio 1945 a Tokyo, in Giappone.
Io odio i vampiri.
Perché li odio? Perché sono dei mostri. Si ritengono un gradino al di sopra della catena evolutiva, ma per come la vedo io sono solo un vicolo ceco dell’evoluzione che prima sparirà, e meglio sarà per tutti.
Ma non è solo per questo.
Io odio i vampiri perché… anch’io sono come loro. Sono anch’io una creatura della notte."
Il cacciatore di vampiri Eric Flyer, vamprio egli stesso, arriva in Europa per indagare su alcuni efferati omicidi che convolgerebbero altri suoi simili.
Ma la verità è molto più complessa e spaventosa, e legata ad un'antica leggenda dimenticata: quella del leggendario vampiro Valopingius.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaien Cross, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Seiren
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

 

 

Serena, la madre di Eric, era una donna molto forte.

Sapeva farsi rispettare, era testarda e determinata, tutte qualità che aveva trasmesso a suo figlio.

Fisicamente lei ed Eric si somigliavano molto; stesso viso ovale, leggermente appuntito, stesso sguardo gentile ma fermo, stessi capelli neri, nel suo casto leggermente lunghi, e raccolti in una coda poco sopra l’estremità.

Solo il colore degli occhi l’aveva preso dal padre naturale, il tenente colonnello Theodor Flyer, membro del 103mo plotone paracadutisti dell’esercito americano.

Lui e Serena si erano conosciuti quando gli americani, durante la guerra, avevano requisito una dependance di Villa Lorenzi per farne il loro quartier generale, e subito era nato qualcosa tra di loro.

La morte di Theodor le aveva spezzato il cuore, ma da donna forte quale era si era subito rimessa in piedi, anche per il bene del figlio che si era resa conto di portare in grembo.

Approfittando del clima di caos che regnava con la guerra, si era sottratta alla vendetta della sua famiglia ed era fuggita in Giappone, anche con l’aiuto di Hiroki, un vampiro della classe media che faceva da attendente a suo nonno.

Anche quando Eric, una volta cresciuto, le era stato portato via, lei non si era mai persa d’animo.

L’unica cosa che era stata capace di sconfortarla, per non dire di spezzarle il cuore, erano stati gli occhi con cui si era vista guardare da suo figlio dopo il suo rientro in Giappone, dove lei si era nel frattempo accasata con Hiroki.

Sapere la verità, e sapere che quelli che credeva essere entrambi i suoi veri genitori gliel’avevano sempre tenuta nascosta, aveva tramutato un sentimento velato di disprezzo nei confronti dei vampiri in vero e proprio odio, persino nei suoi confronti.

L’ultima volta che si erano visti risaliva ormai a più di dieci anni prima, quando Eric se ne era definitivamente andato di casa per unirsi all’Associazione.

Da allora non si erano più visti, anche se di quando in quando il ragazzo era talvolta passato per la loro villetta di Tokyo, che nonostante tutto Serena lasciava a sua disposizione.

Forse era proprio merito della forte personalità della giovane donna se il Consiglio degli Anziani, passata la tempesta che era seguita alla scoperta dei piani golpisti del conte Lorenzi, aveva concesso e conferito proprio a lei il permesso di restaurare nuovamente il proprio casato, cosa che negli ultimi aveva portato spesso lei ed il suo compagno a viaggiare ininterrottamente tra il Giappone e l’Italia, dove probabilmente si sarebbero presto trasferiti.

Nel mentre, Serena cercava di affievolire il dolore per i pessimi rapporti con quel figlio che comunque amava alla follia con l’affetto che Hiroki non le faceva mai mancare.

Essendo lei una nobile e lui un popolano, per legge non potevano sposarsi, ma questo non toglieva che si amassero alla follia.

Volendo vivere il più possibile come esseri umani, avevano persino invertito il loro orologio biologico, dormendo di notte e lavorando di giorno; mentre lei si dedicava alla casa, lui era impiegato presso una rispettabile azienda di videogiochi: era sufficiente un po’ di filtro solare, qualche accorgimento e poteva lavorare alla luce del sole come una persona qualsiasi.

Avevano provato molte volte ad avere un bambino, una nuova luce che illuminasse quella casa che a volte appariva così deserta, Ma in qualche modo Serena all’ultimo si era sempre tirata indietro, forse nella silenziosa speranza di riuscire, un domani, a ricucire il rapporto con il suo primo figlio, che nonostante il pessimismo di Hiroki non voleva saperne di considerare perduto.

Era una mattina come tante altre.

Un normale giorno di primavera.

Le scuole stavano per riaprire, i ciliegi di Tokyo erano in fiore, e c’era tanta voglia di godersi la vita.

Serena era a casa, intenta a sbrigare le solite faccende domestiche, e Hiroki al lavoro.

Suonò il campanello.

Chi poteva essere a quell’ora?

Era metà mattina, e Hiroki era già al lavoro da un pezzo.

Inoltre, non era il campanello che dava sulla strada, ma quello della porta d’ingresso, fatto strano visto che il cancello d’ingresso era sempre chiuso.

Asciugatasi le mani, la giovane donna andò alla porta.

«Chi è?» domandò aprendo l’uscio.

Il suo sguardo si pietrificò in un’espressione di incredulità e stupore.

Eric era lì, davanti a lei, e la guardava con occhi strani, incredibilmente gentili, ma anche quasi mortificati e sommessi, proprio come un figlio dispiaciuto e pentito che viene a render conto dell’ennesima marachella.

«Eric…».

Per lunghi secondi il giovane non seppe cosa fare, né cosa dire, troppo confuso e combattuto da sentimenti contrastanti.

Ma aveva preso la sua decisione, e doveva portarla avanti; per questo, fattosi forza, alzò gli occhi, incrociando quelli di Serena, alla quale rivolse un sorriso gentile.

«Sono a casa».

Serena sentì lacrime calde scenderle dagli occhi; a quel punto, ci fu spazio solo per la gioia.

 

Il nuovo anno scolastico cominciava sotto i migliori auspici alla Toyama.

Molti nuovi iscritti, medie alte, e tanta voglia di ricominciare tra gli studenti più anziani.

Alla cerimonia di apertura, tutte le nuove matricole avevano immediatamente catalizzato l’attenzione, ma una in particolare si era guadagnata più sguardi di altri, soprattutto da parte dei ragazzi, una ragazzina bionda dalla pelle candida e dallo sguardo mite, sommesso, degno di una bambolina.

Purtroppo, i più si ritrovarono spiazzati quando, il primo vero giorno di scuola, videro proprio quella bambolina varcare il cancello d’ingresso al seguito dell’odiatissimo Eric Flyer, che come al solito al suo passaggio faceva sospirare tutte le ragazze che incontrava, e che in poco tempo aveva mandato tutti i suoi compagni di scuola in crisi d’astinenza da attenzioni femminili.

Gli studenti maschi erano saltati di gioia quando Flyer era sparito nel nulla dopo appena un giorno di lezione l’anno appresso, ma la doccia fredda per tutti era arrivata come si era sparsa la notizia che quel maledetto adone straniero non solo aveva rinnovato la sua iscrizione, ma avrebbe addirittura parcheggiato alla Toyama fino al conseguimento del diploma.

Come se ciò non fosse sufficiente, il primo giorno di scuola, mentre lui e quella ragazza bionda percorrevano il cortile diretti a lezione, tra due ali di ragazze sospiranti, una di queste uscì dal gruppo, avvicinandosi ai due con tutta la naturalezza del mondo.

«A… Asakura-Sempai!?» esclamò qualcuno.

Quello che era troppo era troppo!

Persino la presidente del comitato studentesco, la moralità e la purezza fatte a persona, era caduta ai piedi di quell’attore mancato!?

E non solo, sembrava andarci pure d’accordissimo, a differenza delle altre ragazze, che invece dovevano accontentarsi di ammirarlo da lontano.

Tra i ragazzi prese a serpeggiare un vistoso malumore, e il cortile si riempì quasi subito di un’aura fortemente negativa, legata soprattutto al senso di impotenza da parte di chi avrebbe voluto dare a quel bellimbusto una lezione coi fiocchi, ma che d’altra parte aveva saputo quanto fosse bravo a menare le mani.

Quasi indifferente alla bolgia che gli si stava scatenando intorno, il giovane Flyer raggiunse l’atrio d’ingresso seguito dalle sue due carissime amiche, l’una sorridente ed allegra l’altra, la nuova arrivata, con quella sua aria cupa e sommessa.

Come al solito, all’atto di aprire l’armadietto delle scarpe, Eric lo trovò traboccante di lettere, pensierini e altre cose di questo genere, ma anche di messaggi di malasorte.

«Siamo alle solite.» disse sospirando

«Essere popolari è dura.» osservò Izumi

«Se questo è ciò che mi aspetta durante il corso dell’anno, forse mi conviene andarmene subito.»

«Impossibile.» disse sommessamente ma fermamente Nagisa dietro di lui, come una solerte e pignola segretaria «Parte dell’ordine di sospensione emesso nei vostri confronti, mio signore, vi obbliga a frequentare questa scuola per tutti i dodici mesi a venire.»

«Grazie di avermelo ricordato, Nagisa. E per favore, non farlo più.»

«Piuttosto, Nagisa, come riesci a stare alla luce del sole?» le chiese Izumi «Credevo che per te fosse difficile.»

«Niente di impossibile.» rispose Eric quasi scocciato «Basta del filtro solare applicato regolarmente sulla pelle. L’ordine in verità non obbliga anche a lei a frequentare questa scuola, ma è stata inamovibile.

Mi domando perché, poi».

Le due ragazze a quell’affermazione si guardarono un momento, scambiandosi un cenno come d’intesa, poi la campanella obbligò tutti e tre a separarsi.

Eric e Izumi raggiunsero la loro classe giusto in tempo, accomodandosi ai rispettivi banchi, e dopo qualche secondo entrò in aula il professor Negi per la prima ora di lezione; erano già alcuni mesi che aveva fasciature e incerottamenti in varie parti del corpo, che tuttavia si erano comunque diradati nel corso del tempo, ma bene o male era rimasto lo scanzonato estroverso di sempre.

«Bene, ragazzi.

Spero che vi siate goduti le vacanze.

Allora, cominciamo?».

 

Un anno dopo

 

Il direttore Cross era preso come non mai.

Il suo grande progetto, per il quale aveva tanto lavorato, era ormai prossimo alla realizzazione.

Le richieste di ammissione piovevano da ogni parte del mondo, e starci dietro era di una difficoltà apocalittica.

Meno male che c’era la sua nuova, fidatissima segretaria a dargli manforte.

Grazie alla sua testimonianza, e alla benevolenza della commissione giudicatrice, Shezka era stata graziata dall’Associazione, e affidata alle cure dello stesso direttore che si era offerto di farle da supervisore per tutta la durata della condizionale che le era stata concessa.

Sfortunatamente, Kaien si era accorto troppo tardi di chi si era realmente messo in casa, e ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

Un pomeriggio di metà inverno, quando la scuola non era ancora stata spogliata delle decorazioni natalizie, il direttore ricevette una visita per certi versi inattesa, ma che in qualche modo era nell’aria già da diverso tempo.

Mentre era intento a destreggiarsi nel mare di carte bollate, lungaggini burocratiche e messaggi da spedire che intasavano la sua scrivania, qualcuno bussò alla porta del suo ufficio, una bussata impossibile da confondere.

«Avanti.» disse tirando un sospiro di sollievo, felice di potersi concedere una pausa.

La porta si aprì, e nella stanza entrarono Shezka ed una giovane donna, molto bella e dai tratti gentili.

«C’è un ospite per voi, direttore.»

«Serena!» esclamò Kaien riconoscendola e correndole incontro «Quanto tempo è passato dall’ultima volta!»

«Troppo, amico mio, troppo. Ma a quanto pare, non sei cambiato per niente».

L’affermazione, espressa con perfidia mascherata da candore, riguardava il posto dove il direttore aveva “casualmente” messo la mano dopo aver stretto per un attimo quella della sua ospite.

Per fortuna c’era Shezka a rimediare ai vizietti del suo capo, e per sfortuna di quest’ultimo i suoi metodi erano decisamente poco ortodossi.

«Si controlli, direttore.» disse mestamente ma fermamente la ragazza mettendo in bella mostra il frustino che aveva sempre con sé

«D’accordo, d’accordo!» si affrettò a dire il direttore «Come non detto!».

Poi, come al solito, il direttore si fece improvvisamente serio, sistemandosi gli occhiali e mettendosi apposto lo scialle che gli copriva le spalle.

«Per favore Shezka, lasciaci soli».

Questa volta, contrariamente al solito, Shezka obbedì immediatamente, e fatto un lieve inchino se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

«Hai un bel soggetto come segretaria.» commentò Serena appena furono soli

«Guarda, non me ne parlare.» rispose Kaien facendola accomodare alla sedia di fronte alla scrivania per poi accomodarsi a sua volta «Maledetto il momento che ho voluto prenderla con me.»

«Per quanto tempo dovrai farle da garante?»

«Quarantanove anni, un mese e due giorni, partendo da oggi. Ma di questo passo, è probabile che morirò prima».

Poi, il discorso verté inevitabilmente su Eric.

«E come sta il nostro cacciatore in erba?»

«Abbastanza bene. Anche se purtroppo non ho avuto molte occasioni di vederlo, negli ultimi mesi.»

«Immagino. Ho saputo che vi hanno restituito gli stemmi della nobiltà, e che il castello in Italia è ormai pronto.»

«Infatti. Io ed Hiroki vi ci andremo ad abitare all’inizio della primavera.»

«Certo però, che non immaginavo sarebbero stati tanto severi nei confronti di Eric. Due anni di sospensione.

Immagino vogliano fargli passare per sempre il vizio di fare di testa sua».

Poi, il direttore guardò un momento fuori dalla finestra; aveva ripreso a nevicare, e un delicato manto bianco copriva come un lenzuolo i cortili dell’accademia, dove alcuni studenti si stavano divertendo a giocare bersagliandosi di palle.

«Se ci penso, mi sembra incredibile.

È già trascorso un anno.» disse tra sé e sé «In tutto questo tempo, l’Associazione non ha mai smesso di dare la caccia al conte Lorenzi. Fino ad ora non sono riusciti a trovarlo, ma se lo conosco bene posso dare per certo che si stia già preparando alla sua prossima mossa.»

«È ciò che temo anch’io.» disse Serena.

Il direttore sapeva fin troppo bene per quale motivo Serena fosse venuta fin lì, e girarci ulteriormente attorno era inutile.

A quel punto, Serena decise di mettere le carte in tavola, anche perché ormai si era spinta troppo oltre per rimangiarsi tutto e tirarsi indietro.

«Tu lo sai perché sono qui, vero?» domandò quasi con severità, oltre che con la massima serietà.

Il direttore non rispose, ma assunse il medesimo sguardo: aveva capito fin troppo bene.

«Fino ad oggi Eric ha avuto gli arresti domiciliari, con il divieto di allontanarsi da Tokyo per più di ventiquattro ore.

Ma ho parlato con l’Associazione, e sono riuscita ad ottenere un compromesso. Eric otterrà la condizionale, e la sospensione gli sarà revocata. Potrà riprendere parte alle missioni e muoversi liberamente, ma sarà sottoposto a regime di sorveglianza continua, e dovrà sempre essere tenuto d’occhio da un altro Hunter».

Kaien, di nuovo, stette in silenzio, e per interminabili secondi i due stettero ad osservarsi senza proferire parola, poi il direttore si alzò, andando ad affacciarsi alla solita finestra.

«Per troppo tempo ho lasciato che mio figlio andasse alla deriva.» disse Serena continuando a guardare il direttore «In quanto sua madre, per la prima volta da che l’ho partorito voglio fare ciò che sento sia meglio per lui. In questi ultimi dodici mesi la presenza di quella ragazza ha acceso qualcosa di nuovo nel suo animo, ma dentro di sé prova ancora un grande odio per la sua specie.

Temo non abbia ancora rinunciato all’idea di ridiventare un essere umano.»

«E sei un’ingenua se pensi che lo farà.

Sono d’accordo anch’io che Eric sia un po’ cambiato da quando la sua strada si è incrociata con quella di Asakura, ma è proprio per i sentimenti che quella ragazza sta risvegliando dentro di lui che la sua volontà di diventare un essere umano, invece che affievolirsi, si è rafforzata.»

«Se è questo il suo desiderio, non sarò io a contrastarlo.

Eric ha il diritto di decidere come meglio crede della sua vita.

Tuttavia, in quanto sua madre vorrei cercare, nei limiti del possibile, di fargli aprire gli occhi su di un mondo del quale ancora non si fida.

Il suo cuore non si è ancora liberato delle catene dell’odio che mio padre ha finito per costruirgli attorno. Vorrei che capisse, che si lasciasse alle spalle la diffidenza e il risentimento verso la sua razza».

Il direttore esitò, portandosi le mani dietro la schiena e stringendole forte.

«Ho investito molto in questo progetto.

In esso, sono riposte tutte le mie speranze. Tutti i miei sogni su di un futuro in cui umani e vampiri potranno coesistere e vivere in pace.»

«È anche il mio sogno, Kaien. Anche io voglio vedere un mondo libero dalle guerra tra le nostre due razze. E sono sicuro che, in cuor suo, anche Eric lo vuole. Ma perché ciò accada, è necessario che quelle catene si spezzino.»

«Lo sai, vero? Lo sai che anche Kaname Kuran frequenterà questa scuola.

E se devo essere sincero, la prospettiva di avere qui nella mia accademia i due più potenti giovani vampiri sulla faccia della Terra, che oltretutto mal si sopportano, non è che mi faccia saltare di gioia.

Se capisci cosa intendo.»

«Ti prometto che non accadrà niente. Eric non è più quello di un anno fa. Ora è una persona molto diversa.

Ti prego».

Kaien strinse i denti, titubante, mentre Serena lo guardava piena di speranza.

Comunque fosse andata, quella scelta avrebbe sicuramente influenzato il destino di molte persone.

 

La palestra dell’istituto Toyama, tramutata per l’occasione in un teatro, era piena in ogni ordine di posto.

Come ciliegina sulla torta del festival della cultura che salutava la fine imminente dell’anno scolastico, il Club di Teatro aveva organizzato una romantica e spettacolare rappresentazione teatrale.

Il titolo dell’opera era Il Vampiro di Kyoto, e per l’occasione la stessa sempai Asakura, che oltre ad essere la presidentessa del comitato lo era anche del club in questione, aveva assunto il ruolo della protagonista.

La storia era stata scritta dalla sua amica Anko Shosaki, una specie di otaku del cinema che sognava una carriera come regista e sceneggiatrice, e ricalcava quelle storie di vampiri tanto care alle ragazze. Era stata proprio lei a proporre, o per meglio dire a costringere, Izumi come protagonista, così come aveva scelto anche la maggior parte degli altri attori.

Era una storia a metà tra il dramma storico e il racconto fantasy, ambientato nel Giappone del Periodo Meiji, durante la Guerra Boshin, con una ragazza di buona famiglia che si innamorava di un occidentale, che poi si scopriva essere un vampiro.

Ad un cenno dalla cabina di regia le luci si abbassarono, il sipario si alzò e l’opera ebbe inizio.

Seduti tra il pubblico, anche Serena ed Hiroki.

La commedia procedette bene, con commenti positivi da parte del pubblico e dei dirigenti scolastici, poi fu il momento di una delle due scene clou, ambientata su di un ponte.

Hideko, ovvero il personaggio interpretato da Izumi, era inseguita da alcuni membri deviati della shinsengumi, che ora l’avevano buttata a terra e minacciavano di ucciderla.

«Fermatevi!» urlò una voce fuori campo.

La luce andò via per un istante, e quando si riaccese sul palco era comparso un giovane in abiti occidentali, ma armato di katana.

Non ci fu bisogno di riconoscerlo; nessuno in tutta la scuola poteva reggergli il confronto.

Vedendolo apparire così, fiero e prestante, le ragazze tra il pubblico, tra cui molte madri di famiglia, sospirarono come locomotive, mentre tra i ragazzi il malumore crebbe a livelli spaventosi; avrebbero lanciato fischi a ripetizione, se non fosse che nel corso di quell’anno avevano imparato a temere le reazioni violente delle loro compagne ogni qualvolta si lasciavano sfuggire commenti inappropriati sul loro idolo.

Come il più classico degli eroi, il giovane fece scempio degli assalitori costringendoli alla fuga, quindi porse la mano alla giovane per aiutarla a rialzarsi.

«Vi siete fatta male?»

«No… grazie…» rispose lei, chiaramente colpita dal fascino del suo cavaliere.

«In finzione come nella realtà.» commentò divertito Hiroki «Eric fa sempre la sua bella figura, non trovi?».

Serena rispose con una risatina.

La commedia andò avanti per un’altra oretta, poi verso la fine arrivò l’altra scena clou, quella che avrebbe concluso la rappresentazione.

I due giovani si erano sposati, ed avevano avuto una figlia, interpretata dalla fu matricola Nagisa Hidemasa, che tra le altre cose dava proprio l’idea di un pesce fuor d’acqua, poi una grave malattia aveva minacciato di uccidere Hideko, ed il suo sposo William, per non perderla, aveva accettato di trasformarla in vampiro.

Il palcoscenico era stato completamente oscurato, fatta eccezione per un faro che illuminava i due protagonisti.

Himeko era seduta in terra, parzialmente coperta dal futon, sofferente e speranzosa, e William inginocchiato accanto a lei, a sorreggerla tra le braccia guardandola con dolcezza.

In quel momento, quasi tutte le spettatrici non riuscirono a non pensare peste e corna della loro presidente, che tra l’altro era quella che tra tutte aveva sempre trascorso più tempo accanto al loro idolo.

«Unisciti a me nella vita eterna.» le disse William, e come finse di morderla sul collo venne giù il tetto per gli applausi e le esclamazioni forsennate delle ragazze

«Ehi, cerca di non fare sul serio.» sussurrò Izumi nel cuore del momento

«Falla finita. È già abbastanza umiliante così».

Terminata la commedia fu un coro di consensi, ma molti degli attori, e soprattutto i due protagonisti, riuscirono a defilarsi dalla ressa dei fan e di chi voleva complimentarsi con loro, così da potersi godere almeno un po’ i festeggiamenti.

Eric si sentiva davvero cambiato.

Durante quegli ultimi dodici mesi erano successe molte cose, alcune belle altre meno, ma se all’inizio pensava che sarebbe stato impossibile riuscire a restare tutto quel tempo senza fare niente, ora si rendeva conto che quel primo anno era passato forse anche troppo in fretta.

Quando era entrato in quella scuola per la prima volta non lo credeva possibile, ma si era fatto degli amici, amici sinceri, la maggior parte dei quali non aveva la minima idea di chi lui fosse realmente, e con i quali aveva speso molti momenti indimenticabili.

Ma, soprattutto, era rimasto al fianco di Izumi, che di giorno in giorno sentiva sempre più come una parte di lui; anche il rapporto con Nagisa era cambiato, evolvendosi, al punto che ormai, almeno dal suo punto di vista, aveva iniziato a vederla come un’amica, per non dire una sorellina, che non come la propria succube.

La giornata si concluse con i fuochi d’artificio ed il grande fuoco nel campo sportivo.

Eric e Izumi erano intenti a contemplarlo, mentre un’ombra furtiva vegliava su di loro nascosta nel buio, quando i due ragazzi furono avvicinati dai genitori di Eric.

«Complimenti, ragazzo.» gli disse Hiroki «Grande interpretazione. Potresti farlo come mestiere.»

«Figuriamoci, non ci penso proprio».

Serena sorrise, poi guardò un momento Izumi.

«Ti dispiace? Dovrei dire una cosa in privato a mio figlio.»

«No, certamente.» rispose lei, che rivolto un ultimo sguardo ad Eric lì lasciò da soli.

Eric stette ad osservarla per un po’ mentre si allontanava, poi tornò a guardare i genitori.

«Allora, cosa c’è?»

«Beh, ecco.» disse il suo patrigno «Io e tua madre abbiamo parlato molto, di te e del tuo futuro, e… beh, come posso dire…»

«Dunque?» domandò il ragazzo sempre più curioso

«A partire dal prossimo anno.» disse Serena senza ulteriori giri di parole «Frequenterai l’Accademia Cross».

Eric rispose col suo silenzio, e uno sguardo inebetito.

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

E così, siamo giunti alla fine di questa breve avventura.

Non è decisamente da me arrivare alla fine di una fan fiction, visto che ogni volta, nel mezzo del lavoro, finisco sempre per interromperla per mancanza di ispirazione o per dedicarmi ad altro, quindi ogni volta che lo faccio è una grossa soddisfazione.

Che dire, spero che sia piaciuta a tutti coloro che l’hanno letta, e ci tengo a ringraziare i miei recensori, a cominciare da Flea e Kula, che dall’inizio non hanno mai saltato un capitolo facendomi sempre sapere cosa pensassero.

Un grazie và però anche a tutti gli altri, da Chrysantemum a Marx, e in particolare a Ly, che ha indirettamente permesso la nascita di questa fiction con la sua Round Robin.

Cosa accadrà adesso?

È difficile dirlo.

Una cosa è sicura. Mi sono affezionato molto al personaggio di Eric Flyer, quindi non me la sento di abbandonarlo così. Per ora credo che lo lascerò un po’ in naftalina, ma certamente, oltre che in Threats, avrà modo di tornare a far parlare di sé.

Certamente ci sarà un sequel, anche se ciò accadrà probabilmente solo dopo che Ly avrà concluso la sua storia, o quando essa avrà iniziato a dipanarsi in modo chiaro e solido, ma per ora avrei in mente una sorta di commedia scolastica ad episodi ambientata in questi dodici mesi di stop forzato da parte di Eric, una sorta di versione vampiresca di FMP Fumoffu!

Staremo a vedere.

Intanto, saluto e ringrazio tutti!

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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