I miei occhi
si aprirono pigramente, lasciando che il bianco della sala operatoria invadesse
le mie pupille.
Era la
seconda volta che mi svegliavo distesa sul pavimento, era diventata una brutta abitudine.
In effetti, lo spettacolo era più o meno lo stesso: pezzi di vetro, liquido
arancione misto a disinfettante, medicazioni e roba varia. Stavolta però il mio
corpo era umido, appiccicato da qualche sostanza cadutaci addosso durante la
notte.
Feci per
alzarmi e mi accorsi che le bende sul mio corpo erano sparite. Trafalgar Law
aveva fatto davvero un ottimo lavoro: le ferite, infatti, si erano
perfettamente rimarginate.
Sorrisi tra
me e me, dopotutto non era un dottorino saputello.
Notai con
piacere che questa volta i miei vestiti erano proprio dove li avevo lasciati la
sera precedente. Tirai un sospiro di sollievo: non avrei indossato di nuovo
lenzuola!
Cercai di
liberarmi degli ultimi residui di ansiolitico che erano rimasti sulle mie dita:
leccai piano i polpastrelli, curiosa di scoprire se anche quella minima dose
(ingerita per via orale e non endovenosa) avesse avuto effetti benefici sul mio
sistema nervoso.
Il mio gesto
era distratto, spontaneo, fatto senza pensarci. Ma ciò che scoprii, mi sconcertò
completamente...
ARANCIA.
L'ansiolitico aveva un misterioso sapore di arancia.
Mi leccai di
nuovo le dita, convinta di essermi sbagliata. STRA-ARANCIA.
Agrottai le sopracciglia. Cosa significava?
Probabilmente stavo sognando.
Raccolsi da
terra una fiala ancora intatta e feci la prova del nove: con un po' di
coraggio, la bevvi tutta d'un fiato...
Digrignai i
denti. Mi vestii in tutta furia e corsi nella camera del capitano, senza
perdermi in saluti mattutini ai pirati che incrociai in corridoio (i quali,
però, sembrarono piuttosto intimoriti al mio passaggio).
Attraversai
la biblioteca in un lampo, spostai lo scaffale ed entrai nella stanza dal letto
enorme e dal pavimento trasparente. Ero fuori di me.
Trafalgar
Law dormiva nel suo gigantesco lettone: era completamente nudo e il lenzuolo
gli copriva a malapena le parti intime. Quando feci il mio ingresso, i suoi
occhi si aprirono quel tanto che bastava per mettere a fuoco la mia immagine,
per poi richiudersi di nuovo.
"Che
c'è adesso?" chiese con tono stanco.
"SEI
DAVVERO UN PEZZO DI MERDA!" ringhiai.
Sbadigliò,
grattandosi l'erezione mattutina "Buongiorno anche a te"
"Come
hai potuto?! Mi hai ingannata fin dall'inizio!" continuai, al colmo della
rabbia "Sei un imbroglione! Un bugiardo!"
Si passò una
mano tra i capelli scompigliati, senza riaprire gli occhi "Chi ti ha dato
il permesso di entrare?"
Gli mostrai
la fiala sporca di liquido arancione, anche se non poteva vederla "SUCCO
D'ARANCIA!" urlai "E' così che sedi i tuoi pazienti?! Cosa sei, un esperimentologo del cavolo?"
Finalmente
volse lo sguardo nella mia direzione e mi scrutò da capo a piedi "No, lo
uso solo con te" confessò come se niente fosse.
Sgranai gli
occhi. Allora era tutto vero.
"Vuoi
dire che mi hai riempito le vene di...SUCCO D'ARANCIA?" lasciai cadere la
fiala "Mi hai...mi hai drogata di arancia?"
Non riuscivo
a crederci. Cos'era, una barzelletta? Io una cosa del genere non l'avevo mai
sentita.
Trafalgar si
decise infine a spiegare "Dovevo farti credere che fosse
tranquillante" scrollò le spalle "Altrimenti non ti saresti mai
calmata"
Strinsi i
pugni, incredula, cercando dannatamente di contenermi "E perchè non mi hai somministrato dei tranquillanti VERI,
accidenti?!"
"Bepo ti avrà detto che sono contrario a quella
robaccia" sorrise "E poi tu crollavi in un sonno profondo non appena
vedevi la fiala arancione. E' stato molto divertente" soffocò un ghigno
"E' tutta questione di psicologia, sai..."
"Non me
ne faccio niente della tua stupida psicologia!" non saprei dire se fossi
più scandalizzata o infuriata "Tutte le volte che..."
"Ti ho
sedata sul serio soltanto quando dovevo operarti" ammise.
Non ci vidi
più "IO TI AMMAZZO!" gli saltai addosso e cercai di colpirlo, ma le sue
mani furono più veloci delle mie e mi bloccarono i polsi con una forza che
avrebbe immobilizzato anche un orso inferocito.
"La
smetti di urlare? Mi sono appena svegliato" disse tranquillamente.
"Io
dovrei smetterla di...aah..." si portò una mia
mano umida alla bocca e la leccò.
Sorrise non
appena si accorse della mia reazione "E' più buono di quanto
ricordassi" mormorò in estasi, mentre le mie dita sporche di succo erano
ancora tra le sue labbra.
Dio, se lo
stavo odiando!
"Bene"
incalzò "Adesso che ho la tua attenzione..." ammiccò.
La mia
rabbia aveva ormai raggiunto le stelle "Sei proprio un..."
"Quando
ti ho curata eri agitatissima, Nami. Non riuscivi a
calmarti nemmeno nel sonno" smisi di guardarlo in modo severo e cominciai
ad osservare quegli occhi grigi con sguardo sorpreso. Il chirurgo continuò
"Non facevi altro che ripetere i nomi dei tuoi compagni e hai quasi
picchiato Bepo perchè
volevi un tranquillante" la sua voce era velluto e i suoi occhi erano
fuoco "Ho dovuto inventarmi qualcosa per farti riacquistare la calma.
Preferisci che ti racconti qualche frottola o vuoi la storia vera?"
Le sue
labbra erano il sesso e per un attimo tentennai: ero indecisa se saltargli
addosso e ucciderlo o saltargli addosso e baciarlo. Si accorse del mio
ammorbidimento e mi lasciò andare i polsi.
"Io
adoro le arance..." farfugliai in trance, senza sapere cosa dire.
Sorrise
"Lo so"
"Beh,
preferisco i mandarini!" ringhiai.
"So
anche questo" affermò in tono conquistatore.
Sbuffai
"Ebbene, cosa mi succederà adesso? Mi cresceranno le arance addosso o che
so io?"
Sghignazzò
"Tranquilla, non ci sono effetti collaterali, se non un leggero incremento
dell'urinazione...e nel tuo caso anche dell'isteria" aggiunse velenoso.
"Diventi
ogni giorno più stronzo!" ma i miei insulti non facevano altro che
divertirlo.
Poi,
improvvisamente, si alzò dal letto e cominciò a vestirsi. Con mio grande
rammarico.
"Ti
invidio molto" divenne serio, mentre si abbottonava i jeans.
Sgranai gli
occhi: cosa poteva mai avere da invidiarmi una Supernova potente e temuta come
lui?
"Sono
nato nel mare settentrionale, in un piccolo villaggio perennemente
innevato" s'infilò la felpa "Purtroppo non sempre riuscivamo a
procurarci frutta fresca. E così, dovevo accontentarmi delle granite" indossò
il cappello "Quella all'arancia era in assoluto la mia preferita"
Eccolo, il
bambino terribile che ripeteva le parolacce! Mi era mancato, anche se l'avevo
visto in pochissime occasioni. Se non altro, dimenticai per un istante il succo
nelle mie vene e la mia rabbia sbollì.
"Cosa
c'era nel tuo villaggio?" chiesi incuriosita, ricordandomi che lui mi
aveva posto la stessa domanda a proposito di Coconut Village.
Sorrise,
pensando probabilmente che fossi una ragazzina impertinente "Tanta
neve" fu la risposta.
"E
poi?" chiesi ancora, notando una scintilla nei suoi occhi che lo rendeva
insolitamente affabile.
"Non
ricordo altro"
"Eh?"
aggrottai le sopracciglia "Ma non è possibile. Ci dev'essere
qualcos'altro!"
Si rabbuiò.
Allora mi alzai dal letto e mi avvicinai a lui "Vivevi lì con i tuoi
genitori?" osai, ma sapevo benissimo che non mi avrebbe raccontato niente
del suo passato.
Il suo
sguardo era basso, ma si rialzò immediatamente quando gli presi la mano e lo
guardai con dolcezza "Non devi inventarti frottole" d'un tratto,
sentivo di non avercela più con lui "Puoi raccontarmi la storia vera"
Sgranò gli
occhi e cercò di reprimere un moto di sorpresa senza, però, riuscirci.
Perchè, Trafalgar, devi distruggere ogni momento
in cui i nostri cuori sono così tremendamente vicini?
Si liberò
bruscamente dalla mia mano e indietreggiò "Non c'è nessuna storia" il
suo tono si era fatto scontroso.
La delusione
m'invase: avvilente vedere che non si fidasse di me nemmeno dopo che gli avevo
parlato di Arlong.
"Law..."
cercai di dire "Ma la tua famiglia..."
Fu la goccia
che fece traboccare il vaso: i suoi occhi s'iniettarono improvvisamente di
odio.
"Non
esiste" gelido, il suo tono. Come la terra da cui proveniva.
Ripensai ai
volti dei suoi genitori che avevo visto nelle fotografie e alla lettera di suo
padre "Ma avranno pur fatto qualcosa di buono..." insistetti ancora.
Mi strinse
il polso e alzò la voce "Mio padre era un mentecatto! UN FOLLE!" mi
spaventai, mentre la stretta diventava sempre più potente "Tu hai letto
quella lettera, lo so" mi guardò negli occhi intensamente e la mia paura
si confuse con la sua rabbia "Non devi farne parola con nessuno, hai
capito? CON NESSUNO"
Non riuscivo
a parlare. Ero sconvolta. Non mi aspettavo una reazione del genere. Non l'avevo
mai visto così, non immaginavo neanche che un tipo freddo come lui potesse
provare tanto odio.
Trafalgar
Law osservò delle gocce di sangue scivolare a terra e, imbarazzato, mi liberò
il polso. Nessuno dei due riuscì a dire nulla per i successivi dieci secondi.
Poi il
chirurgo parlò "Dovresti andare a fare colazione"
Ma i miei
piedi non si muovevano. Dovetti compiere uno sforzo immenso per uscire dalla
stanza senza voltarmi indietro. ©
Ed
ecco svelato il mistero del titolo della storia! xD
Devo dire la verità: adesso, ripensandoci, mi sembra un po’ una cazzata…cioè,
tutta la storia dell’ansiolitico e del succo d’arancia…spero vivamente che non
vi abbia deluso D:
All’inzio volevo intitolarla “Succo di mandarino” per riagganciarmi
anche al passato di Nami, ma poi non mi piaceva come
suonava e ho optato per “Succo d’arancia”.
Se
ricordate bene, nel sesto capitolo si accenna qualcosa sul passato di Law (che
ora viene ripreso e approfondito) e si parla anche di questa famigerata granita
all’arancia xD Comunque sia, il chirurgo è molto
restio a parlare del suo passato, infatti mormora soltanto frasi brevi qua e
là, nonostante la navigatrice insista e cerchi di far aprire il suo cuore
ermetico.
Sono
felice di comunicarvi che finalmente ieri sera ho finito di scrivere questa
storia (era pure ora, sto da un mese! ò___ò)! Mancano
soltanto due capitoli e spero vi piaceranno! Alla prossima! ;)