Capitolo5: Rabbia… e saggezza.
Una
vecchia casa, logora e macilenta, accolse Piton e il suo fardello in seguito
alla smaterializzazione. Era solo una catapecchia puzzolente, ma in quel momento
si trattava del migliore rifugio che Severus potesse offrire al ragazzo. In
fondo sarebbe stata solo una sistemazione temporanea, possibilmente della durata
di poche ore, il tempo necessario per permettere al giovane Potter di rimettersi
in forze e riconsegnarlo all’ordine. Piton attendeva con impazienza il momento
in cui avrebbe potuto sbarazzarsi del ragazzino, ma il pensiero di ciò che prima
avrebbe dovuto fare gli faceva quasi desiderare che Potter, che aveva perso i
sensi, non si risvegliasse più. Pur sapendo che prima o poi quel momento sarebbe
arrivato, e che soltanto il buon cuore e la sensibilità di Silente gli avevano
permesso di rimandarlo così a lungo, Severus era convinto che non si sarebbe mai
sentito davvero pronto. Andava contro la sua natura, quella natura che gli
permetteva di essere uno dei più abili occlumanti mai esistiti, aprirsi e
mostrare la verità, mettere a nudo la parte più intima e profonda della propria
anima, rievocare quell’unico ricordo che riusciva contemporaneamente ad
addolorarlo e consolarlo, ogniqualvolta riaffiorava nella sua mente. E tra
tutti, doveva farlo proprio per Harry Potter, quel ragazzo arrogante,
presuntuoso e insopportabile che tanto detestava. Quel ragazzo che fece
scivolare dalla propria spalla ed afferrò per le braccia, pronto a lasciarlo
cadere con poca grazia sul pavimento. Severus si fermò appena in tempo e rimase
per qualche secondo immobile a sorreggere Harry e osservare il suo viso pallido
e le sue labbra contratte, pur nell’incoscienza, in una smorfia di dolore.
Sembrava così fragile ed indifeso, ed era così giovane, così dannatamente ed
ingiustamente giovane perché la vita si accanisse in questo modo contro di lui
-è il figlio di James Potter, non puoi
provare compassione per lui, non la merita. Non merita niente.- Ma era
davvero così? Quel ragazzino indifeso non meritava di vivere? Perché certamente non gli era
stato concesso di vivere, finora. Esistere, piuttosto, ed andare avanti
cercando di non deludere le aspettative degli altri, le speranze di un intero
popolo sulle proprie spalle… -a lui piace
essere al centro dell’attenzione, sentirsi speciale, esattamente come James.
Eppure, dopo aver visto l’angoscia, il dolore, la disperazione negli occhi
del ragazzo, anche per Piton era arduo rimanere impassibile. Aveva sempre
pensato che Potter godesse e si approfittasse della situazione in cui si
trovava, ma i suoi occhi, quella sera, avevano detto tutt’altro.
Piton scosse la testa e si avvicinò ad un vecchio divano
dalla fodera strappata in più punti, e vi adagiò il ragazzo. Prima Potter si
fosse ripreso, prima avrebbe potuto liberarsi di lui, e di certo sarebbe stato
meglio su quel giaciglio che non sul freddo e duro pavimento. Piton si disse che
era solo per questo motivo che aveva cercato di essere delicato verso il
ragazzino, non certo perché sentisse il dovere di essere gentile verso qualcuno
che proprio non lo meritava -qualcuno che
ha sofferto così tanto, proprio come me-. Dopo aver disteso il ragazzo,
l’uomo agitò la bacchetta in direzione del camino facendo comparire un bel
fuoco, quindi si dedicò alle ferite di Potter. Se doveva fare in fretta non era
soltanto perché voleva sbarazzarsi di lui, dopotutto. Spinner’s End, nonostante gli
incantesimi che Piton aveva lanciato sulla casa prima di condurvi Harry, non
sarebbe stato a lungo un luogo sicuro. Presto Voldemort avrebbe trovato Malfoy
svenuto, e Lucius, una volta risvegliatosi, gli avrebbe raccontato ciò che era
successo, ormai la sua copertura nei confronti del Signore Oscuro era saltata…
improvvisamente gli occhi di Piton si illuminarono, e il mago capì che aveva
ancora una possibilità di cavarsela. Soltanto Malfoy era al corrente di quanto
accaduto, oltre a se stesso e Potter. Tiger e Goyle non avevano visto chi li
aveva schiantati. Inoltre era passato solo qualche minuto da quando aveva
portato via il ragazzo, Malfoy doveva essere ancora privo di sensi. Severus
strinse con rinnovata energia la bacchetta e si smaterializzò per comparire
nuovamente nei pressi del castello di Malfoy, con l’intenzione di modificare la
memoria di Lucius.
…
Il
crepitìo delle fiamme fu l’unico rumore avvertito da Harry, che lentamente
ritrovava coscienza di sé. Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare un soffitto
sporco e rovinato, con l’intonaco annerito che cadeva a pezzi. Harry si sollevò
e si guardò attorno, confuso. Si sentiva ancora debole, ma il dolore era svanito
quasi completamente e tutte le sue ferite erano in via di guarigione. Si schiarì
la mente e si ricordò della fuga dal castello di Malfoy, dello scontro, di
Piton… possibile che quell’uomo che tanto lo odiava gli avesse davvero salvato
la vita? Harry si strofinò gli occhi e si mise seduto, cercando il suo
ex-professore con lo sguardo. Tirò un sospiro di sollievo notando la sua
assenza, perlomeno avrebbe potuto riflettere indisturbato per un po’. Non si
fidava affatto di Piton, questo era certo. E, del resto, come avrebbe potuto?
Certamente il fatto di non risvegliarsi incatenato e rinchiuso in un’altra cella
era un buon segno, ma quell’uomo era imprevedibile, ed Harry non aveva ancora
capito a che gioco stesse giocando. Sull’odio di Piton nei suoi confronti non
c’erano dubbi, nonostante ciò che aveva appena fatto per lui. L’odio e il
disprezzo erano sempre incisi sul volto pallido dell’uomo, quando i suoi occhi
neri ed impenetrabili erano puntati su di lui. Persino quando lo aveva trovato
incatenato e mezzo morto per il dolore. Dalla sua esperienza nel pensatoio Harry
conosceva la ragione di quell’odio. Il comportamento di suo padre nei confronti
di Piton lo aveva ferito profondamente, più di quanto Harry avrebbe osato
ammettere perfino a se stesso. Perché si sentiva quasi in colpa nei confronti
dell’uomo che lo aveva messo al mondo a simpatizzare per Piton. Aveva
idealizzato il padre così tanto che era inaccettabile anche solo il pensiero che
il suo eroe avesse potuto, pur se durante l’adolescenza, comportarsi in maniera
tanto meschina. Era stato un duro colpo davvero, ed aveva fatto traballare le
sue già pericolanti certezze su quella famiglia di cui non serbava alcun
ricordo. E adesso, Piton avrebbe dovuto rivelargli qualcosa che riguardava
addirittura sua madre. Sospirando, Harry si chiese quanto ancora avrebbe dovuto
scoprire sui suoi genitori, quanto ancora gli era stato taciuto, come se non
avesse il diritto di sapere… Era talmente immerso nei propri pensieri che non si
accorse del ritorno di Piton finché quest’ultimo non gli rivolse la parola,
facendolo sobbalzare:
“Vedo che ti sei svegliato,
Potter”.
Harry si voltò di scatto verso l’uomo, tentando di
focalizzare lo sguardo, e scattò in piedi, tesissimo. Piton
riprese:
“E’
meglio procurarti un nuovo paio di occhiali, quello sguardo miope ti fa sembrare
ancora più stupido di quanto tu già non sia, e questo è tutto dire”. Agitò la
bacchetta in direzione del volto di Harry con fare beffardo per un paio di volte
e gli occhiali nuovi, perfettamente graduati e identici ai precedenti,
comparvero sul naso del ragazzo. Ora che le immagini erano di nuovo limpide,
Harry si rilassò leggermente, almeno finché non si rese conto con orrore di non
avere più con sé la propria bacchetta. Piton, che lo osservava dritto negli
occhi, non gli lasciò il tempo di formulare la domanda:
“La
tua bacchetta è nelle mie mani. Te la restituirò prima di riconsegnarti
all’Ordine della Fenice, tra poche ore. Per questa notte non ti serve, devi solo
riposarti per recuperare le forze e…”
“E
cos’altro?” chiese Harry sospettoso. Piton sospirò prima di riprendere, ma
stavolta distolse lo sguardo: “E lasciare che io termini la spiegazione che
avevo cominciato quando eri rinchiuso in cella. Ora siediti,
Potter”.
Harry non aveva alcuna intenzione di obbedire a
quell’uomo, né di starsene di fronte a lui indifeso, privo della propria
bacchetta. Cercò di assumere un tono intimidatorio, ma era profondamente scosso
e la sua voce suonò più tremante di quanto non desiderasse: “Mi renda la mia
bacchetta, prima”.
Piton rispose sprezzante: “Mi credi davvero così
sciocco, Potter? Conoscendoti, chissà che guai potresti combinare, nello stato
di agitazione in cui ti trovi, con una bacchetta tra le dita!”. Piton gli si
avvicinò, ed Harry, istintivamente, mosse qualche passo indietro, pur cercando
il più possibile di non mostrarsi intimorito.
“Mi
dica quello che deve, ma faccia in fretta”.
“Ti
ho appena salvato la pelle, Potter, potresti almeno mostrare un briciolo di
rispetto. Ma forse è chiedere troppo al figlio di James Potter…”. A quelle
parole, Harry non riuscì a trattenere oltre la propria rabbia e la propria
frustrazione, e le lasciò esplodere, non rendendosi nemmeno conto che si era
messo ad urlare e che le unghie si erano conficcate nei palmi delle mani: “La
smetta! Lasci fuori mio padre da questa storia! Non è perché sono suo figlio che
non ho rispetto per lei! Io non potrò mai, mai rispettare l’uomo che ha ucciso
Silente, e soprattutto che ha causato la morte dei miei
genitori!”.
A
quelle parole, Piton avvertì un profondo dolore squarciargli il petto, anche se
il suo volto rimase impassibile come sempre. Tutt’altro si poteva dire invece
del volto del più giovane dei due, contratto e paonazzo. L’ex-professore notò
che gli occhi del ragazzo erano lucidi e arrossati. Quel moccioso sciocco si
stava sforzando di non piangere… Per un istante, per la prima volta nella sua
vita, Severus cercò di mettersi nei panni di Harry, di immedesimarsi in lui per
comprenderne lo stato d’animo. Il ragazzo era appena scampato ad una certa
quanto orribile fine, e si trovava adesso, debole e disarmato, insieme ad un
uomo che negli anni passati non gli aveva mostrato altro che disprezzo, e non
aveva mai esitato a rendere la sua vita ancora più difficile di quanto già non
fosse. Onestamente, poteva pretendere rispetto da parte sua? Piton cercò di
mantenere con lui un tono, se non proprio gentile, perlomeno non ostile, ma con
Potter era sempre così arduo trattenere la rabbia! E il fatto che il ragazzo non
facesse il minimo sforzo con la propria rabbia certo non migliorava le cose! Ma
dopotutto nominare il padre era stata una provocazione bella e buona, nonché un
colpo basso decisamente scorretto, e Piton sapeva che doveva avergli fatto molto
male. Se voleva che Potter, almeno per quella sera, gli mostrasse un briciolo di
fiducia, non era saggio riportargli alla mente il motivo principale di odio nei
suoi confronti. Ma Piton non era certo il tipo adatto per scusarsi, così questa
fu la sua unica replica:
“Controllati, Potter, sei ancora debole per
infuriarti”.
“E’
lei che mi fa infuriare!” la voce del ragazzo si spezzò quasi alla fine
dell’affermazione. Gli eventi di quella sera lo avevano portato al limite della
sopportazione, ed improvvisamente Piton capì che tutto ciò di cui Harry aveva
bisogno in quel momento era sfogarsi. Finché non lo avesse fatto, non avrebbe
potuto parlargli. L’uomo era riluttante anche solo all’idea di ritrovarsi da
solo con uno stressato diciassettenne in lacrime, ma era essenziale che la mente
di Potter fosse sgombra da qualsiasi altro pensiero per poter accettare ciò che
Severus gli avrebbe rivelato quella notte. Immerso in questi pensieri poco
piacevoli, Piton si sorprese notevolmente al successivo gesto di Harry. Il
ragazzo si sedette improvvisamente sul divano, e sospirò profondamente, tentando
di rasserenarsi, di avere la meglio sulla propria rabbia. Quindi rivolse
all’uomo uno sguardo penetrante: “Sono pronto. La
ascolto”.
Piton replicò, stupito: “Ne sei certo, Potter? Fino ad
un attimo fa sembravi sul punto di esplodere e adesso sei pronto?”. L’espressione del ragazzo
non era più infuriata, ed in fondo ai suoi occhi la collera aveva ceduto il
posto alla tristezza, e ad una luce che Piton si stupì di riscontrare in quello
sguardo. Saggezza?
Harry rispose semplicemente: “Voglio sapere di… mia
madre. Nient’altro è più importante per me, in questo momento. Spero solo che
lei non stia cercando di ingannarmi”.
Qualche secondo di silenzio fece seguito alle parole del
Prescelto. Perché dietro quella breve frase si celava, Piton lo sapeva bene, un
intero mondo di emozioni represse, di dolore, di solitudine. Harry non sapeva
quasi nulla dei suoi genitori, e ciò doveva essere davvero molto doloroso per
lui, se lo spingeva addirittura a dare ascolto alle parole di un uomo che
detestava, pur di carpire qualche preziosa informazione. Piton si schiarì la
gola, ma si rese conto che cominciare quel discorso era ancora più difficile di
quanto si era aspettato. Distolse gli occhi da quelli di Harry, ma anche questo
gesto non fu di alcun aiuto. Tradurre in parole ciò che doveva comunicare al
ragazzo era impossibile, e così Piton decise di ricorrere ad un altro mezzo.
Sapeva che successivamente se ne sarebbe pentito, ma non poteva fare altrimenti.
Si avvicinò ad uno scaffale e trasse un basso e vecchio bacile che poggiò sul
tavolo al centro della stanza. Un vecchio pensatoio che non veniva utilizzato da
tempo, ricoperto di polvere. Harry osservò stupito l’ex-professore che,
guardandolo nuovamente negli occhi, sfilò uno scintillante ricordo argenteo
dalla propria mente e lo lasciò cadere nel pensatoio. Il ragazzo si alzò e si
avvicinò al tavolo.
“Dopo di te, Potter” disse Piton indicando il
pensatoio.
continua...
Nota dell'autrice: mille grazie a Piccola Vero, Lake, Piccola Prongs e Kagome-chan per aver recensito il capitolo precedente. Non vi garantisco l'aggiornamento per la prossima settimana perché non so se avrò la possibilità di connettermi al sito (sono una studentessa universitaria fuori sede e non sempre torno a casa nel fine settimana), comunque sappiate che siamo quasi alla conclusione della fic! Nel frattempo, mi farebbe piacere che leggeste anche le altre mie storie. Ciao e alla prossima!Sonsimo