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Autore: DamnedLuna    10/09/2012    0 recensioni
Luna,protagonista della storia, è una studentessa universitaria ventenne iscritta al corso di sartoria e moda. E' una tipa ordinaria fuori ma eccentrica dentro, priva di qualsiasi talento particolare, ambizioni, autostima e voglia di competere. Il suo unico sogno è trovare un lavoro piacevole e vivere finalmente da sola, conquistandosi la totale indipendenza. In facoltà, Luna incontra il vampiro Lestat, noto in università come uno studente straniero fuori corso.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho passato tutta la sera a ideare qualche ricamo particolare che potrebbe affiancare o sovrastare le cuciture della mia camicetta. Insomma, io adoro le cuciture colorate che si abbinano all'indumento. Forse perchè ho davvero tanti capi fatti in questa maniera, che evito di indossare in università.
Quelle che voglio creare sono delle finte cuciture, così attaccate a quelle vere da farle sembrare tali. Sono sicura che sarà un lavoraccio da fare a macchina.
Quando mi complico la vita mi sembra di essere tornata al liceo. Soprattutto quando mia madre mi implora di andare a dormire abbandonando il lavoro che sto facendo, progetto o esecuzione che sia.
Sono davvero a pezzi, non sono manco le nove del mattino e non ho nessuna voglia di stare china sul mio lavoro. Potrei addormentarmi sopra la stoffa che ho sul mio tavolo.
Sto pensando di saltare un'ora di progettazione per dormire qui al bar dell'università, poggiata su un tavolino solitario lontano dalla gente e dalla luce, dove mescolo il cappuccino così stancamente che non mi accorgo di non aver preso niente da mangiare. Da lontano potrei sembrare depressa o molto triste.
Odio questo posto, soprattutto perchè anche quello mi ricorda il liceo. Caffè annacquato, brioches posse, panini dall'aspetto poco invitante.
Evito sempre di mangiare qui, anche perchè da quasi dieci anni non mangio carne. Mi porto sempre il pranzo da casa, e raramente faccio colazione fuori.
Ma stamattina mi sono alzata tardissimo e ho anche rischiato di perdere il treno, quindi mi devo accontentare...
Dopo aver fatto lo scontrino, dò un occhiata alle brioches, scrutandole per cercare di accaparrarmi la meno floscia.  Non ho voglia di cibo pesante quando sono stanca, dunque agguanto una brioche vuota con la forza di un neonato che afferra il suo biberon e mi trascino al mio tavolo, a raggiungere la mia tazza di cappuccino annacquato ormai freddo. Il tavolino,però, non è solitario come lo avevo lasciato.
Un tipo snello dai capelli biondi legati in una semplice coda bassa è seduto di fronte alla mia tazza. Indossa un cappotto scuro e lungo.
Mi è bastata una sola volta per memorizzare quel figurino...
Lestat, chino sulla sua presunta colazione, ha occupato il tavolino solitario.
Sperando di non aver avuto una svista, mi avvicino fingendo di essere sicura di me, accelerando il passo per non sembrare una vecchietta raggrinzita.
Non faccio in tempo ad appoggiare la brioche che Lestat chiude di scatto un giornale, facendomi sussultare per lo spavento.
"Scusa Luna, ti ho spaventata?" mi domanda, sorridendo come se nulla fosse.
Che ragazzo perspicace.
"Un pò. Giusto per svegliarmi come si deve." replico, senza nemmeno guardarlo.
Mentre mi riapproprio di quel che resta del tavolino, mi accorgo che molti tavoli sono vuoti.
Che Lestat mi stia pedinando?
"Come mai ti sei messo proprio qui?" azzardo, tentando di non essere inquisitoria.
"Perchè è lontano dalla luce. E perchè non ho fatto caso alla tazza piena." risponde lui. Al contrario di me, che sembro rivolgermi al mio cappuccino quando parlo, Lestat non mi scolla gli occhi di dosso.
"No ti piace la luce?" domando incuriosita.
"Sono fotosensibile." replica.
Sorseggio il cappuccino ormai raffreddato. "Anche alla luce invernale?"
"Anche alla debole luce invernale, già." Sospira lui.
"Mi spiace." replico io, e poi sorseggio ancora.
"Mi fa male alla pelle, sai? E poi i bruciano gli occhi, e mi viene un gran mal di testa."
Poverino. Ecco il motivo degli occhi arrossati e del pallore. Anche io sono pallida, ma non ho tutti questi problemi e nemmeno so cosa comporti al corpo essere fotosensibile.
"Che peccato." concludo. "Immagino che inferno vivi in estate."
"Oh, non me ne parlare. Odio quella stagione."
Il suo tono vocale si fa leggermente cupo.
"Per quanto mi riguarda, è quella che preferisco." ribatto, alzando lo sguardo e poggiando la tazza vuota.
"Una ragazza candida come te non dovrebbe stare sotto al sole." replica lui. "Potresti perdere il tuo bel pallore, e le tue gote rosse... La pelle scura è così volgare..."
Anche mia nonna è convinta che l'abbronzatura faccia male e sia volgare...
Spontaneamente, mi tocco una guancia. Fin da piccola ho sempre avuto la pelle da bambola: pallida, liscia e con le gote arrossate.
"...o forse porti del trucco?" continua Lestat, preso dall'argomento.
Ma perchè stiamo parlando di queste cose?
"No, trucco solamente gli occhi." Lo rassicuro. "E' tutto vero, senza trucchi e senza inganni." tento di sdrammatizzare. Lestat è piuttosto serio.
"Mi fa piacere, nulla è meglio della bellezza naturale."
Mi sento avvampare. Mi conosce da un giorno e sin da quando mi ha vista mi riempie di complimenti.
"Grazie." balbetto. Non so più che cosa dire.
"Non mangi, Luna?" domanda Lestat, abbandonando l'argomento di punto in bianco.
Non ho toccato la brioche da quando mi ha parlato. E ad essere sincera mi è passata la fame.
"La vuoi tu?" gli propongo.
"No, grazie. Preferisco un altro tipo di cibo." ed ecco che ricompare il suo ghigno affascinante.
Forse dovrei essere più disinvolta, in fondo non è un interlocutore poi così difficile da gestire.
Sorrido, mi sistemo e mi alzo dal tavolo, arrotolo la brioche in un tovagliolo e la ficco in borsa. L'occhio mi cade sull'orologio digitale del bar: è tardissimo.
"Devo andare!" esclamo, sgusciando via dal tavolo. "Ci vediamo in aula, ma ti conviene sbrigarti." gli suggerisco prima di svignarmela.
"Oggi do un'occhiata al corso di moda, comunque grazie per l'invito."
Quale invito?
Non ribatto nemmeno, meglio che mi muova.  Non rifletto nemmeno più sulle sue stranezze, penso troppo.
Sento la stanchezza svanire e la fame avvicinarsi. Non sarà una bella giornata.
  
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