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Autore: DamnedLuna    28/08/2012    0 recensioni
Luna,protagonista della storia, è una studentessa universitaria ventenne iscritta al corso di sartoria e moda. E' una tipa ordinaria fuori ma eccentrica dentro, priva di qualsiasi talento particolare, ambizioni, autostima e voglia di competere. Il suo unico sogno è trovare un lavoro piacevole e vivere finalmente da sola, conquistandosi la totale indipendenza. In facoltà, Luna incontra il vampiro Lestat, noto in università come uno studente straniero fuori corso.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte mi chiedo per quale assurdo motivo ho scelto di fare l'università dopo il liceo.
Frequento un’ università di arte, grafica e moda. E’ privata, anche se "economia" per essere tale.
Dopo aver frequentato il liceo artistico, non sapevo minimamente cosa fare dopo la maturità. Tra il rifiuto di andare avanti con gli studi, le risate di mio nonno che mi vede come una futura disoccupata, le solite storie del "senza laurea non trovi lavoro!" e il voler avere una vocazione, alla fine ho scelto di barcamenarmi in una cosa che non avrei mai pensato di fare prima: imparare a cucire per farne una professione.
Anche mia sorella ha avuto quest'idea prima che finissi il quinto anno, ma poi non ho mai capito se ha continuato o meno, ma io non intendo fermarmi: cucire non è male ed è un ottimo passatempo.
Nella mia scuola non siamo molti a fare questo corso, e quasi tutti sono più bravi di me. Non possiedo nulla di particolare.
In realtà non ho mai avuto nessun talento che spiccava tra gli altri. So disegnare, ma non benissimo. So cucinare, ma non sono ai livelli di mia nonna o di qualche cuoco professionista. So cantare, ma i miei polmoni perennemente intasati non mi aiutano, e so anche scrivere piuttosto bene, però non ho mai completato una storia lunga o un libro.
Posso dire di saper fare tutto e non saper fare niente. E la cosa non mi piace affatto.
Nel mio corso, noi ragazzi potremmo facilmente trovare lavoro; più bravi, i più fortunati e i raccomandati solitamente finiscono a lavorare per qualche marca famosa e costosa, mentre gli altri si offrono come apprendisti sarti. L'ultimo è anche il mio obiettivo, dal momento che la moda non mi attrae.
Ma oggi è un giorno diverso dagli altri: si vocifera che arriverà uno studente straniero, completamente fuori corso; non ho ancora capito se farà lezione con noi o è l'aiutante di qualche insegnante.
Mi chiedo da dove diavolo sbuchi, ma non importa. Sono molto indietro col mio progetto, quindi anche oggi sfacchinerò sulla macchina da cucire, disinteressandomi ai compagni, nel mio angolino illuminato vicino alla finestra.
Nonostante frequenti il corso da qualche mese, non ho stretto amicizia con nessuno in particolare, e siccome a casa non ho un posto spazioso per lavorare preferisco fare tutto in aula, dunque parlo poco e lavoro molto. Se la gente mi parla è solo perchè prendiamo gli stessi mezzi pubblici quando non uso l’auto o perchè hanno bisogno di qualcosa. Solo un paio di volte sono uscita coi miei compagni di corso.
 
Finalmente arriva lo studente straniero.  Almeno credo sia lui, tutti si sono fermati rumorosamente e stanno parlottando. Alzo lo sguardo oltre la macchina da cucire, dalla mia postazione in aula (nè davanti nè dietro) non riesco manco a vederlo.
Torno al lavoro tranquilla, finchè, qualche minuto dopo, intravedo un paio di gambe magre avvolte in un paio di pantaloni grigio fumo , e rialzo lo sguardo spegnendo la macchina.
Un bel ragazzo biondo, con i capelli lunghi fino alle spalle, snello e di bel'aspetto, mi sta osservando sfoggiando un ghigno malizioso.
D'istinto mi sistemo i capelli e gli occhiali, lo guardo dritto nei suoi occhi, azzurri, profondi e penetranti.
"Hai bisogno di qualcosa?" domando, senza scompormi troppo.
"No." mi risponde il ragazzo, atono, senza distogliere lo sguardo dal mio.
Non reggo il confronto e sbatto le palpebre, posando lo sguardo sul resto del suo viso. Non credo di aver mai visto un ragazzo tanto bello in vita mia al di fuori dei giornali o della televisione.
Oltre ad avere gli occhi di un azzurro così particolare e intenso, nessuna parte del suo viso è imperfetta. Dal naso e le labbra, sottili e regolari, agli zigomi, nè alti, nè marcati. E poi il mento, anch'esso levigato, regolare, senza fossette o che altro. Per non parlare della pelle: praticamente pallida e pulita, senza l'ombra di imperfezioni. Un viso tanto bello da sembrare finto. Se fosse immobile lo scambierei per un manichino o una statua di cera, anche un pò per com'è vestito. Va bene che è ottobre, però potrebbe anche togliersi quel cappotto dall'aria molto pesante. Ora che ci faccio caso è tutto coperto, praticamente bardato... Indossa pure i guanti.
"Qualcosa non va?" mi chiede all’improvviso, facendomi sobbalzare lievemente.
Devo averlo osservato un po’ troppo.
"No, scusami, è che non credo di averti mai visto da queste parti." rispondo, riuscendo finalmente a staccare i miei occhi incollati al suo bel viso.
"Sono lo studente straniero, credo che tu conosca così il mio nome." si presenta lui, chinandosi verso di me, sorridendomi, e mostrandomi così una dentatura smagliante, quasi anch'essa perfetta, se non fosse per i canini superiori sporgenti.
"Mi chiamo Lestat de Meunier, piacere." continua lui, pronunciando il suo nome piuttosto orgogliosamente, scrutandomi negli occhi.
Devo smetterla di osservarlo. Forse lo sto anche guardando male.
Lestat eccetera  eccetera. Non mi ricordo mai nomi complessi o pomposi. Di sicuro è francese o ha origini francofone.
"Luna, piacere."
"Luna. Che nome meraviglioso. La luna è a dir poco bellissima. E tu, devo dire che sei degna di questo nome."
"Grazie. Anche il tuo nome ti si addice." gli sorrido di ricambio., completamente ignara del suo significato. Ricevere un complimento da un tipo del genere non è roba da tutti i giorni. Sono imbarazzata, ma lusingata.
Lestat raddrizza la schiena, guardandomi dall'alto, come prima che si presentasse.
"Credo che ci vedremo spesso, Luna." dichiara sempre sorridendo, o meglio, ghignando.
Se vuole sedurmi, credo che prima o poi ci riuscirà.
"Si, lo credo anche io."
Scappo dalla conversazione abbassando lo sguardo su quello che dovrebbe diventare una camicia con maniche a tre quarti,, dopodichè faccio riposare gli occhi sbattendo le palpebre  almeno quattro volte.
Riaccendo la macchina e mi rimetto al lavoro.
Qualche secondo dopo le gambe di Lestat mi ripassano davanti, abbandonando la mia postazione, e smetto nuovamente di lavorare per osservarlo a mia volta.
Cammina lentamente, si guarda intorno di continuo, il suo sguardo magnetico attraversa il viso di ogni studente. Non posso fare a meno di sbirciare un altro po’.
La verità è che persone tanto belle e tanto particolari non mi rivolgono la parola. O forse è colpa mia, perchè parlarci mi imbarazza molto.
Ora capisco l'importanza dell'autostima, della disinvoltura… Cose che mi mancano da quando sono nata
  
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