LOVE THAT TRANSCENDS TIME
Cap. 1. Una vita normale
-Yasha! Yasha! Ma che diavolo combini?! Sono
le
dieci e non ti sei ancora alzato! Ma te ne rendi conto?! Tra qualche mese ti
laurei e sei ancora ad un punto morto, ed oggi tocca anche a te pulire!
Ringrazia i Kami che oggi è domenica e non
devi lavorare!
Il ragazzo in questione afferrò il
cuscino e se lo mise sulla testa mugolando, per ripararsi dal sole che
penetrava attraverso le tende appena aperte dall’amico, non degnandosi
nemmeno di ricoprirsi con le lenzuola che, causa l’afa notturna, erano
finite raggomitolate ai piedi del letto.
-Ma non rompere, imbecille!
Bofonchiò poco gentilmente nel guanciale,
affondandovi nervoso le dita dalle unghie solitamente troppo lunghe per un
ragazzo.
Il compagno sbuffò incrociando le braccia
sul petto, mentre una lunga ciocca di capelli neri come quelli del compare
gli
ricadeva ribelle sulla spalla.
-È sempre la solita storia! Eppure ieri
quando sono tornato stavi già dormendo!
Yasha scostò leggermente il cuscino,
squadrandolo con noia evidente nelle iridi violacee.
-Posso anche dormire ventiquattro ore su
ventiquattro, ma ogni volta faccio quel sogno ed è come se non avessi
chiuso occhio per tutta la notte...
L’amico gli si sedette accanto, con la
fronte leggermente corrugata: non lo avrebbe mai ammesso, ma era preoccupato.
-Ancora? Ma è già da una settimana
che vai avanti così! Diamine, ma perché non provi a rivolgerti ad
un esorcista?!
Yasha, di tutta risposta, si alzò di
scatto, inorridito.
-E togliti, mi sembri un frocio
se ti avvicini così! E comunque no! Non è niente di grave, non ho
alcun bisogno di uno stupido bonzo! Basta una rinfrescata ed il sonno se ne
andrà...
Distese le braccia verso l’alto, smentendo
clamorosamente le sue parole con un largo sbadiglio, poi si voltò e si
diresse scalzo verso il bagno, passandosi le dita nei lunghi capelli ormai
ridotti ad una massa informe, simile ad un nido per uccelli.
-Primo, scusa tanto se mi sono preoccupato...
tesoruccio!
Lo canzonò camuffando la voce, tanto per
farlo arrabbiare ancora di più.
-…Secondo, penso che quelle orribili
occhiaie non se ne andrebbero nemmeno con un intervento! Che cosa ne
dirà miss Cubetto di ghiaccio 2022?!
Yasha
si fermò un attimo, con le spalle che gli tremavano dalla rabbia: non
poteva dargli torto, la sua ragazza non era quel che si dice una persona
estroversa ed espansiva, ma nessuno gli dava l’autorizzazione di
prenderla in giro in quel modo... oltretutto, quando la guardava, il suo
sguardo era proprio quello che avrebbe indirizzato ad un ghiacciolo... se si
fosse trovato in mezzo al deserto! Uno dei motivi per il quale preferiva che
lei non andasse a trovarlo nel suo appartamento... a parte il mare di marciume
che cresceva a dismisura giorno dopo giorno...
Scaricò la tensione sbattendo uno dei
piedi per terra, voltandosi brevemente solo per lanciare un’occhiataccia
all’amico che gli sghignazzava alle spalle, poi riprese a camminare senza
fiatare, aprì la porta del bagno e sparì dietro di essa con un mugolio
stizzito sibilato tra i denti.
Il suo coinquilino scosse la testa, rassegnato
ma soddisfatto, prima di tornare in cucina dove una pila di libri ed appunti lo
attendevano.
Frequentavano insieme l’ultimo anno della
facoltà di lettere antiche di Tokyo, era lì che si erano conosciuti,
durante uno dei corsi, e visti i bisogni comuni avevano affittato un
appartamento insieme; erano diventati buoni amici ma, a causa del carattere
burbero, scontroso ed irascibile di Yasha litigavano spesso... ma spesso era
persino troppo riassuntivo nel loro caso...
Gli screzi erano all’ordine del giorno, e
non era raro che venissero anche alle mani (entrambi erano d’indole
piuttosto violenta) ma, sempre ed irrimediabilmente, tutto finiva proprio
com’era cominciato: senza valido motivo. In fondo (molto in fondo) erano
grandi amici!
Il ragazzo uscì finalmente dal bagno con
la vita avvolta da un corto asciugamano bianco ed i capelli sgocciolanti sul
pavimento.
Raggiunse il compagno in cucina e, afferrata
una
caraffa di veto trasparente, versò il caffé in essa contenuto
in
una tazza.
Mentre si faceva la doccia il liquido si era
raffreddato, ma non ci diede tanto peso, quella era l’estate più
calda che avesse mai visto in venticinque anni di vita!
-Kouji?!
Chiamò l’amico, mentre portava
tranquillamente la tazza alla bocca, ed egli mugolò senza scollare gli
occhi dagli appunti che stava ripassando.
-Non ti sembra di esagerare? Siamo in estate, fa
un caldo boia e la tesi è tra sei mesi! Prenditi almeno qualche
settimana di pausa, no?!
Si alterò, agitando la tazza innanzi a
sé.
-Guarda che se fai cadere il caffé lo
pulisci tu, è già tanto che l’ho preparato anche per te...
Kouji continuò a studiare, imperterrito.
Lui, al contrario di Yasha, non era uno scriteriato... o, almeno, non quanto lo
era lui!
-Non hai risposto...
Ribadì Yasha annoiato, con le palpebre
quasi serrate, e Kouji sollevò finalmente i limpidi occhi azzurri,
squadrandolo con intolleranza.
-Perché, mi hai fatto qualche domanda?
Yasha, ormai perse le staffe, sbatté
la
tazza sul tavolo, facendo volare delle gocce di caffé sul quaderno del
compagno, poi si sbilanciò in avanti, afferrandolo per il collo della
maglietta.
-Brutto stronzo
strafottente!
Kouji ghignò.
-Sembri un cane rabbioso quando ti incazzi, Yasha! Però, ora, la figura del cane non ti
si addice! Sei nudo come un verme!
Il ragazzo abbassò lo sguardo ed
arrossì di colpo, accorgendosi solo allora che, nell’impeto
dell’assalto, l’asciugamano gli era caduto per terra.
Si chinò per raccogliere
l’articolo, sempre più impacciato: non si faceva scrupoli a girare
per la casa in mutande, ma nudo era tutto un altro conto... così, lo
scontro, per l’ennesima volta, fu rimandato.
§§§
-AAAAAAAARRRRGGGGGGGHHHHHHH!!!!! CHE PALLE!!!
Erano
le tre del pomeriggio e, se avesse cacciato un altro urlo del genere, in breve
la polizia avrebbe bussato alla porta del loro appartamento.
Kouji
era andato a riposare un po’, prima di ricominciare a studiare, ma si
svegliò di colpo, quasi cadendo dal letto.
Si
recò di corsa in bagno, da dove era provenuto l’urlo: se Yasha non
avesse avuto almeno una decina di buoni motivi per gridare, gli avrebbe fatto
sputare tutti i denti! Anche se un bel riposino eterno a suon di cazzotti
sarebbe stato proprio l’ideale... era da quando lo conosceva che vi erano
momenti in cui lo assaliva un’invincibile voglia di squartarlo...
-Che diavolo ti prende?! Cos’è,
non... Ahahahahahah!!!!
Non
riuscì a trattenere le lacrime dalle risa nel vedere Yasha con indosso
un costume da bagno celeste con sopra disegnati alcuni pesci tropicali rossi.
Era
davvero bizzarro e la sua faccia paonazza faceva da cornice perfetta a quel
quadretto al limite dell’assurdo.
-Ma
che ti sei messo? Sei ridicolo!
-Non
infierire, bastardo!
Con
ogni parola dell’amico l’ira e la vergogna crescevano a dismisura.
-Me
l’ha regalato Kagome... l’altro che avevo l’ho lavato e si
è ristretto...
Il
colore del suo volto era pericolosamente uguale a quello dei pesci del costume.
Kouji
scoppiò ancora a ridere.
-Certo
che sei davvero unico! Ma come l’hai lavato il costume, con l’acido
muriatico?! È la prima volta che sento una cosa del genere! E miss
Cubetto, poi! Sapevo che i suoi gusti erano discutibili, visto che si è
messa con te, ma un costume del genere! Dai! Non lo metterebbe nemmeno un poppante!
Yasha
cominciò a ribollire dalla rabbia come una pentola a pressione.
-Tuuuu!! Vuoi morire?!
Di
tutta risposta, Kouji continuò a ridere.
-Bene,
ho deciso! Non ci vado più in piscina! Anzi, oggi me ne resto a casa!
Ora la chiamo e disdico l’appuntamento!
Prese
nervoso un elastico e si legò i capelli in una coda bassa, poi
andò a telefonare, sbattendo i piedi (sempre rigorosamente scalzi) come
un bambino viziato.
Kouji
scosse la testa, alzando simultaneamente le braccia e facendole ricadere sulle
cosce, poi s’incamminò anch’egli, passando per il corridoio
dove Yasha stava telefonando, per tornare a riposare in camera sua.
Prima
di lasciarlo alle sue cose, però, non resistette alla tentazione di
prenderlo in giro un’altra volta.
-Però
ti donava...
Lo
canzonò camuffando la voce con finta delusione, mentre lo guardava negli
occhi facendo il broncio e sbattendo le palpebre come una donnicciola.
Prenderlo
in giro era il suo passatempo preferito.
Yasha
gli scagliò contro la rubrica telefonica –che lui scansò
appena in tempo, o l’avrebbe preso proprio in mezzo agli occhi- mentre
con l’altra mano componeva il numero della ragazza, sostenendo la
cornetta tra l’orecchio e la spalla.
-Pronto?
Rispose
una distaccata voce femminile dall’altro capo del telefono.
Riusciva
sempre a spiazzarlo quando parlavano per mezzo dell’apparecchio, non
riusciva mai ad identificare il suo stato d’animo dal tono della sua
voce: almeno quando l’aveva di fronte, sebbene il suo volto fosse
così stoico, riusciva a percepire cosa le passava per la testa!
Con
lui faceva sfoggio di molte più emozioni di quante ne mostrasse di
fronte a qualsiasi altra persona.
-Ehm...
pronto, Kagome? Sono Yasha!
Rispose
incerto lui, evitando miracolosamente di balbettare.
Lei
lo spiazzò ancora.
-Dimmi.
Sembrava
quasi non apprezzasse per niente le comodità offerte
dall’apparecchio telefonico.
-Bhé... cioè... ecco, riguardo il
nostro appuntamento di oggi... dovevamo andare in piscina, ma preferisco
rimandare... mi capisci, vero?
Ci
fu un attimo di silenzio dall’altra parte poi la solita voce rispose,
senza fare una piega.
-D’accordo. Ci vediamo da
qualche altra parte o preferisci che venga da te?
Yasha
cominciò a sudare freddo: non capiva se era arrabbiata o se
semplicemente non le importava, anche se quella piccola pausa lo faceva
propendere più per la prima ipotesi... in tal caso, ciò che stava
per dire avrebbe solo peggiorato la situazione.
-Ve...
veramente pensavo di rimanere qui ed andare a letto presto... Kouji mi ha fatto
incazzare, e stanotte ho dormito di nuovo male.
..
quindi...
-Allora
è deciso.
Lo
interruppe lei.
-Vengo
da te e ti porto qualche sedativo per stanotte. Con quelli non dovresti avere
problemi.
Una
piccola sfumatura... ma non sapeva se gioire o strapparsi i capelli: la sua
voce non ammetteva rifiuti.
Sospirò
sconfitto. Con lei non riusciva mai ad essere se stesso: se fosse stato qualcun
altro, gliene avrebbe dette di tutti i colori...
-Ok...
ti aspetto qui, allora... a dopo...
Senza
nemmeno rispondere la ragazza riattaccò, lasciandolo solo con
un’indicibile voglia di sbattere la testa contro il muro.
Non
riusciva mai a contraddirla, qualsiasi cosa dicesse.
Cominciava
a chiedersi seriamente se si sarebbe anche buttato da un ponte, se lei
gliel’avesse chiesto... ‘Forse è meglio che mi vesta...’
Pensò,
notando che aveva ancora indosso i ridicoli calzoncini. Si
precipitò in camera sua e si denudò, prima di indossare un paio
di boxer puliti ed uno di jeans neri che aveva strappato per renderli corti
come dei pantaloncini. Non
si preoccupò di indossare anche una maglietta, faceva troppo caldo... e
poi, non gli dispiaceva farsi trovare in quello stato da Kagome, magari sarebbe
riuscito anche a farla sciogliere un po’!
Erano
pochi mesi che stavano insieme, anche se si conoscevano più o meno da
quando erano nati: fin da quando erano piccoli lei aveva mantenuto sempre lo
stesso modo di fare, non era cambiata di una virgola, e ciò a lui non
era mai piaciuto molto... avrebbe preferito fosse stata un po’ più
vitale... ciononostante, si sentiva enormemente attratto da lei, e la
loro unione era risultata inevitabile. Da
allora, però, il loro rapporto, sebbene entrambi avessero ben
venticinque anni, non si era mai spinto oltre il semplice bacio. Le
dava tutto il rispetto che voleva, tutta la comprensione di cui era capace...
ma doveva anche capire che lui era un uomo! Aveva
provato ad avvicinarsi, ma lei non aveva battuto ciglio.
Chissà,
forse se si fosse venuta a creare qualche situazione compromettente, sarebbe
stata lei stessa a sbilanciarsi... Sperare
non faceva mai male! Sospirò,
gettandosi sul letto (che non si degnava di rifare da almeno una settimana)
di
schiena, usando le braccia come cuscino, visto che quello vero era finito per
terra e non aveva nessuna voglia di raccoglierlo. Avrebbe
dovuto almeno lavare i piatti e pulire il pavimento, ma ne aveva ancora meno
voglia... ed era anche troppo stanco! E poi, quello con lo spiccato senso
familiare era Kouji, non lui... L’unica
alternativa era riposare fino all’arrivo di Kagome, ma non sarebbe
servito a niente, ogni volta che ci provava otteneva sempre lo stesso
risultato. Era
sempre stato una persona attiva, fin troppo... eppure, ora era ridotto ad una
larva; non si riconosceva nemmeno più. Spalancò
la bocca in un largo sbadiglio, mentre una lacrima di stanchezza gli si formava
al lato dell’occhio destro e gli scivolava lungo la tempia, lasciando
un’invisibile scia umida. Gli
occhi gli si chiusero ermeticamente e sprofondò nel mondo dei sogni.
Dormì
tranquillo, finalmente ristorando lo spirito ed il corpo: chiunque fosse che
disturbava il suo sonno ogni notte aveva avuto pietà di lui ed aveva
deciso di rimandare il suo tormento a quella notte... Non
passarono nemmeno tre ore che il campanello trillò: Kagome era arrivata. Il
ragazzo si mise le mani sugli occhi impastati dal sonno, spostandovi i ciuffi della
frangia che li ricoprivano solleticandogli le ciglia. Finalmente,
dopo un’intera settimana, era riuscito a riposare decentemente, senza che
quella scocciatrice interferisse con i suoi sogni, ma doveva alzarsi... non era affatto giusto... Ed
ora era anche più di malumore di prima! Si
alzò sbuffando ed andò con snervante lentezza ad aprire la porta,
grattandosi la schiena solcata dai segni rossastri che il contatto prolungato
con le lenzuola spiegazzate aveva causato, mentre sbadigliava rumorosamente con
la bocca spalancata. Arrivò
davanti all’uscio e lo spalancò, ritrovandosi davanti il volto
impassibile di una ragazza dai lunghi e torbidi capelli intrecciati
ordinatamente dietro la schiena. Era
la sua Kagome. Le
iridi nocciola della giovane si posarono sulla figura del ragazzo, squadrandolo
dalla testa ai piedi senza fare una piega, nonostante le sue penose (ed a suo
dire indecenti) condizioni: era lì, poggiato con un braccio alla porta,
a torso nudo, con indosso solo un paio di jeans corti e strappati, di cui, per
giunta, aveva lasciato sbottonato il primo bottone. Aveva
i capelli legati ma molte delle ciocche erano sfuggite all’elastico e gli
percorrevano liberamente il petto e le spalle, per non parlare della frangia
che ormai sembrava aver intrapreso una scalata verso il cielo. Gli
occhi, poi, davano al tutto un bel colpo di grazia, quasi serrati e persi nel
vuoto, come se in realtà lui non si fosse mai svegliato e stesse ancora
dormendo beato nel suo letto. Non
si sarebbe meravigliata se da un momento all’altro le fosse caduto
addormentato con la testa su una spalla... ciononostante, il suo volto non
mostrava alcuna meraviglia, o sdegno, o divertimento. Yasha,
ormai abituato alla sua inespressività, si scostò di lato per
permetterle di entrare, senza proferire parola, poi richiuse la porta alle loro
spalle e la seguì nella sua stanza. -Scusa
il disordine... Finalmente
si decise a parlare, di colpo imbarazzato per aver lasciato in mezzo un tale
scompiglio. Kagome,
in quel disastro che era la sua stanza, non sapeva nemmeno dove sedersi...
Si
precipitò a ricoprire il letto, rimboccando le lenzuola con maestria,
poi le fece cenno di sedersi e la ragazza obbedì, ma non accennava a voler instaurare una conversazione, così Yasha riprese. -Ahem... mettiti comoda, vengo subito... vado un
attimo a lavarmi la faccia e torno... Kagome
annuì semplicemente e lui si allontanò; quando ritornò, il
suo volto ed i suoi capelli erano ritornati alla normalità, ma non aveva
minimamente curato l’indecenza dei suoi vestiti. La
ragazza ne dedusse che non gli importava affatto... se non fosse stata dotata
di un autocontrollo inespugnabile, in quel momento avrebbe avuto il volto
completamente rosso. Preoccupato
per lo strano silenzio che si stava prolungando più del solito, Yasha le
si sedette fulmineo accanto, facendo sobbalzare il letto, tanto che il sussulto
contemporaneo della ragazza passò inosservato. Probabilmente,
data la sua debolezza, non sarebbe stato avvertito comunque. Si
voltò a guardarlo negli occhi, con fare interrogativo. -Senti,
parliamoci chiaro! Non ne posso più di questo silenzio! Ti ho fatto
qualcosa? Sei incazzata perché non siamo
più usciti?! Le
mise entrambe le mani sulle spalle e la ragazza si distrasse, fissando con
astio un punto indefinito alle sue spalle. Yasha la squadrò ancora
più perplesso, poi la scosse leggermente e la ragazza tornò a
degnarlo della sua attenzione. Contro
ogni aspettativa parlò. -Posso
avere un bicchiere d’acqua? Chiese
semplicemente e Yasha la guardò come se innanzi a lui ci fosse stata
una
bestia rara. -U...
un bicchiere d’acqua? Ripeté
intontito e lei annuì, con il volto il più naturale possibile. Si
alzò, scuotendo la testa ed alzando le spalle, con una confusione tale
in testa che aveva persino dimenticato le parole poco prima pronunciate: era
troppo concentrato sul suo comportamento anomalo. Non
appena fu uscito dalla porta della sua stanza per recarsi in cucina, Kagome
tornò a fissare il punto di prima, con lo sguardo duro e freddo come il
marmo; la sua espressione non prometteva nulla di buono. -Maledetta,
non ti sei ancora rassegnata... ma sta tranquilla, non potrai fare niente nelle
tue condizioni... ritirati e sparisci, ogni tuo tentativo sarà inutile.
La tua presenza qui è solo un disturbo. Nulla
si mosse né reagì alle sue parole. Sembrava
stesse parlando da sola. -Mi
hai chiamato? Ho sentito la tua voce... Si
voltò verso la porta, Yasha era già tornato dalla cucina ed aveva
tra le mani un bicchiere d’acqua ghiacciata. -No...
sarà stata la tua impressione... Rispose
lei tranquilla, prendendo il bicchiere dalle mani del ragazzo che, nel
frattempo, le si era avvicinato. Anch’egli
cominciò a fissare il fatidico punto, che coincideva con la spalliera
del suo letto, cercando di trovarvi qualsiasi possibile oggetto su cui riporre
la sua attenzione. Nulla. -Ritornando
al discorso di prima... è per il costume che ti ho regalato, vero? Yasha
dovette lasciar perdere quel punto, Kagome gli aveva finalmente posto una
domanda. -Ah...
eh... bhè... anche... non per mettere in
discussione i tuoi gusti, quel costume non era tanto male... ‘È
orrendo invece!’ Pronunciò
nella sua mente le parole che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle in
faccia. -In
poche parole, era proprio per quello... Aggiunse
enigmatica lei. -No...
è che... insomma... Cominciò
a sudare. -Ho
venticinque anni, non mi ci vedo con un costume con i pesciolini... e poi Kouji
si è messo a prendermi per il culo... e non ho
altri costumi, l’ultimo si è ristretto... Kagome
annuì. -Se
non lo volevi potevi rifiutarlo. Ma
perché riusciva sempre a metterlo in difficoltà con ogni frase
che pronunciava? Un discorso con lei era una continua tensione... forse aveva
solo paura di farla alterare, proprio a causa della sua scarsa
emotività. Chissà, un suo scatto d’ira avrebbe potuto
essere terribile, contando che anche quando era arrabbiata non lo dava a
vedere... Continuò
ad osservarla boccheggiando, non sapendo cosa risponderle, così lei
continuò. -Non
fa nulla, la prossima volta lo lascerò scegliere a te. Yasha
annuì, cercando di tranquillizzarsi. La
tensione stava ancora salendo, era ormai divenuta quasi palpabile. Ed ancora
maggiore era il disagio che solo lui, però, provava. -Ok...
ahem... cosa ti va di fare? Vuoi rimanere qui o
preferisci uscire...? Le
chiese incerto, sperando si sbilanciasse un po’ nella risposta. Speranza
vana. -Fai
tu. Non
dava l’impressione di essere una persona cui piace divertirsi, vivere la
vita con spensieratezza. Sembrava che sulle sue spalle gravasse il destino del
mondo per come agiva, come se, in realtà, avesse molto più di
quei miseri venticinque anni di vita. Yasha
si limitò ad annuire pensieroso, riflettendo molto seriamente su cosa
proporre. La
scelta gravava sempre su di lui e, prima o poi, avrebbe esaurito le risorse,
anche perché non riusciva mai a capire se ciò che lui proponeva a
lei andava davvero bene. -Se
non ti dispiace preferirei rimanere qui... a meno che non venga Kouji a
rompere... sai, è strano, ma oggi pomeriggio, mentre ti aspettavo, mi
sono appisolato senza problemi... comunque, non è bastato a farmi
recuperare totalmente le forze... La
ragazza annuì. -In
ogni caso, stanotte prendi queste prima di andare a dormire. Estrasse
dalla piccola borsetta di stoffa celeste una scatoletta di tranquillanti. Yasha
prese le compresse e le poggiò sul comodino. -Grazie...
e speriamo in bene... ehm... ora, non so... ti va un dvd?
-Quale?
Chiese
lei. Non dava mai una risposta esauriente. Il
ragazzo, però, non si arrese. -Non
so, decidi tu. I dvd sono in camera di Kouji, che
fortunatamente sta dormendo... andiamo a vedere... Si
diressero cauti nella stanza, senza fare rumore e, come previsto, il ragazzo
stava ancora russando. Scelto
un film, tornarono in camera di Yasha e si stesero sul letto per guardare il
televisore che vi era ai piedi, in posizione strategica per poter fare un
po’ di zapping prima di andare a dormire, in mancanza di qualcosa di
meglio da fare... Con
il braccio tremante, Yasha circondò ricolmo d’incertezza le spalle
della ragazza, temendo che lei rifiutasse il suo abbraccio, visto lo stato in
cui si trovava. Inoltre,
faceva un caldo non indifferente ed il suo corpo era a dir poco incandescente:
non si sarebbe meravigliato se, a distanza di pochi minuti, Kagome si fosse
ritratta esordendo con un semplice «fa caldo». Ciò,
però, non avvenne ed i due continuarono a guardare il film che Kagome
aveva scelto; per sua fortuna, la ragazza aveva dovuto scegliere tra i dvd di Kouji, ed il giovane aveva i suoi stessi gusti (horror,
fantasy, d’azione) in tal modo, lei non aveva
potuto costringerlo a sorbirsi qualche filmetto lacrimoso da femminucce... gli
avrebbe certamente fatto lo stesso effetto dei tranquillanti! Però
doveva ammettere che, sebbene il film fosse interessante ed avesse tra le
braccia la donna che amava, faceva molta fatica a tenere gli occhi aperti. In
breve le sue palpebre si serrarono ed il suo respiro divenne regolare: si era
profondamente addormentato. Kagome
non disse nulla, si imitò solo a toglierselo letteralmente di dosso,
perché con il sonno il suo corpo si era fatto molle e le era caduto di
peso sul petto, e ad adagiarlo al meglio su uno dei due cuscini del suo letto. Si
rilassò poi sull’altro e continuò a guardare il film. §§§ Il
giovane si rigirò nel suo letto, menando scompostamente una mano sul
comodino per afferrare l’orologio e controllare l’orario. Lo
avvicinò agli occhi e ne aprì debolmente uno, ancora mezzo
addormentato ma, non appena vide l’orario, anche l’altro si
spalancò di rimando. Aveva
dormito ben quattro ore, altro che riposarsi un po’ prima di riprendere a
studiare! Erano
ormai le venti e trenta ed aveva meno di un’ora per prepararsi ed uscire. Si
infilò un paio di jeans e si diresse spedito verso il bagno, poi
notò che la porta della camera accanto alla sua, la stanza di Yasha, era
aperta; all’interno vi era Kagome, probabilmente era andata a trovare il
suo ragazzo, ma lui poltriva come un bambino sul suo letto, mentre lei
raccoglieva le sue cose, in procinto di andarsene. Dio
com’era bella. Gli
occhi di un dolce castano tendente al miele, i lunghi e folti capelli neri, i
tratti del viso perfetti ed un corpo tale che sarebbe stato meglio non avesse
fatto apprezzamenti, se non voleva trascendere nel volgare. Fin
dal primo momento che l’aveva vista aveva sentito un tuffo al cuore, ed
avrebbe certo fatto di tutto per portarla via a Yasha (che era un vero imbranato,
a quanto poteva vedere) se lei avesse avuto un carattere diverso. Non
se ne faceva nulla di un corpo come il suo, quando sembrava essere inanimato. Pareva
un involucro senz’anima, mentre dal suo viso indifferente talvolta
sembrava trasparire del profondo rancore. Non
possedeva alcuna dolcezza e si chiedeva come Yasha facesse ad amarla... A
lui faceva quasi paura... Scosse
la testa e procedette verso il bagno. Dopotutto,
non erano affari che lo riguardavano. §§§ -Yasha...
Yasha... La
ragazza cominciò a scuoterlo leggermente per le spalle, cercando di
svegliarlo, e lui aprì gli occhi e fissò per un attimo il vuoto,
smarrito, prima di rendersi conto di ciò che era accaduto. Si
alzò a sedere con un sospiro e si coprì il volto con una mano. -Che
razza di figura... perdonami, io... Kagome
annuì. -Non
fa nulla. Hai dormito bene almeno? Il
ragazzo le sorrise. -Bhè, almeno... deve essere stata la tua
presenza a proteggermi... Disse
in tono scherzoso. -Può
darsi... Rispose
lei enigmatica e lui, non capendo la sfumatura, le sorrise ancora. -Anche
domani, fammi sapere se stanotte sei riuscito a dormire... Yasha
annuì, poi notò la borsetta che teneva sotto il braccio destro. -Stai
già andando via? Le
chiese con una punta di rammarico per essersi addormentato quando, invece,
sarebbe dovuto stare con lei. -Si,
se non vado adesso perderò il metro... Yasha
annuì ancora. -A
quest’ora, però, è pericoloso, ti
accompagno... Kagome
abbozzò un sorriso. -Non
ce n’è bisogno, non mi accadrà nulla. -Insisto!
Non è sicuro per una ragazza sola prendere la metropolitana a quest’ora! Le
fece pressione, poco convinto delle sue parole e lei fece spallucce in segno di
rassegnazione. Sogghignando
vittorioso, indossò una maglietta pulita, poi afferrò il suo
mazzo di chiavi che riposava sul comodino, proprio accanto alle compresse che
gli aveva portato Kagome, e si diresse verso la porta. Lì
entrambi indossarono le rispettive scarpe, poi uscirono insieme dalla porta
d’ingresso. §§§ La
porta si riaprì e Yasha rientrò nell’appartamento con
l’aria di chi ha appena raggiunto il Nirvana. Lui
e Kagome avevano così raramente dei contatti fisici che quando si
baciavano, anche solo per salutarsi, a lui sembrava addirittura di toccare il
cielo con un dito. Erano
ormai le nove passate e la casa era completamente deserta. Kouji
era già uscito, probabilmente con due dei suoi amici più fidati (negli
ultimi tempi era con loro che usciva più di frequente) e lui era rimasto
completamente solo e non sapeva cosa fare. Passare
ciò che rimaneva della serata a guardare la tv? Patetico. Dormire? Ancora
più patetico... anche se il corpo gli richiedeva proprio
quell’opzione... Uscire? Era
troppo stanco, non ne aveva la forza. Si
tolse le scarpe e, mentre si dirigeva verso il bagno, si passò una mano
sulla fronte: grondava di sudore; era bastato il tragitto casa-metropolitana e
viceversa a ridurlo in quello stato pietoso e, nonostante si fosse già
fatto la doccia quella stessa mattina (constatò annusandosi sotto un’ascella)
stava cominciando a puzzare... un’altra doccia non gli avrebbe fatto di
certo male... poi, per perdere tempo, si sarebbe fatto, con tutta la calma
possibile, anche la barba ormai incolta e pungente, ed infine si sarebbe
accomodato sul suo letto, avrebbe preso le famose pillole, acceso la tv e si
sarebbe addormentato mentre la guardava, proprio come era successo poco prima
con Kagome... e Kouji, al suo ritorno, l’avrebbe spenta... Si,
avrebbe fatto proprio così! Si
denudò e gettò i suoi abiti nel cesto delle robe sporche, poi si
sciolse i capelli ed entrò nella doccia, sorridendo compiaciuto nel
sentire le miti gocce d’acqua picchiettargli sulla pelle, tonificandola e
rinfrescandola. Si
sentiva davvero bene. Peccato
che certi momenti durassero relativamente poco. Si
fece anche la barba, proprio come aveva pianificato, ma non tutto andò
secondo i suoi priani: al ritorno nella sua stanza, scoprì con
sorpresa che i tranquillanti che Kagome gli aveva gentilmente portato erano
spariti. Senza
ragione. Volatilizzati. Eppure,
li aveva lasciati lì... e Kouji non poteva essere stato: a parte il
fatto che non era ancora rientrato, lui stesso si era preoccupato per gli
spiacevoli eventi notturni; ad ogni modo, rimuginarci sopra non gli sarebbe
servito proprio a nulla. Passatogli
persino la voglia di guardare la televisione, si stese immediatamente nel suo
letto; non appena chiuse gli occhi, stremato com’era, il sonno lo avvolse
trascinandolo nel suo mondo incantato. Ma
in quel mondo non vi era solo lui: qualcun altro lo stava attendendo. Yasha
sgranò gli occhi, mentre una ragazza tale e quale alla sua Kagome, solo
un po’ più giovane e con indosso una divisa scolastica, gli si
catapultava contro, con gli occhi fiammeggianti di preoccupazione, e cominciava
a strattonarlo per le braccia. La
sua voce gli era molto familiare... fin troppo. -Stammi
bene a sentire, non ti permetterò ancora di ignorarmi in questo modo! Ho
bisogno del tuo aiuto! Il
ragazzo la guardò annoiato. Era
la prima volta che gli si mostrava come entità fisica, fino ad allora gli
aveva sempre e solo parlato (o meglio, rotto le scatole) senza mostrarglisi... -E
così è questo il tuo aspetto... senti, non so chi tu sia, e
onestamente non mi importa... sei uno spirito maligno? Uno spettro? Se non la
smetti di torturarmi mi rivolgerò ad un esorcista, come mi ha
consigliato Kouji... mi stai rovinando la vita, per colpa tua sembro una
larva... sono un essere umano, ho bisogno di dormire... La
ragazza portò l’indice contro il mento, con fare pensoso. -Già,
è vero... sei rinato come umano, non ci avevo pensato, scusa...
però, ho lo stesso bisogno del tuo aiuto, quindi se mi farai perdere
tempo non volendomi ascoltare sarà colpa tua se non potrai dormire! Ah!
E non osare più ricorrere a mezzucci come i tranquillanti! Tu sei la mia
unica speranza! Yasha
sembrò sbranarla con gli occhi. -Maledetta!
Sei stata tu a farli sparire?! La
ragazza annuì. -Già,
ma non mi chiamo maledetta... il mio nome è Kagome... la VERA
Kagome... Continua...