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Autore: kiara_star    12/09/2012    5 recensioni
Agosto 2012 | Norvegia | Set di Thor 2
Chris Hemsworth e Tom Hiddleston sono impegnati nelle riprese del loro nuovo film. Tutto nella norma, se non fosse che il dio interpretato dall’attore inglese, si materializza nel loro mondo.
Follia? Magia?
Forse è tutto reale. Forse, è solo un inganno.
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“Nel momento esatto in cui aprì gli occhi, Loki capì di trovarsi in un luogo diverso da Asgard. Solo qualche istante dopo si accorse di non avere più il bavaglio meccanico né le mani legate.
...
Seguì silente i due umani per qualche minuto in cui si sentì rivolgere domande a cui non poté che dare risposte vaghe, considerando che non sapeva davvero di cosa stessero parlando.
Una cosa però era chiara, quei due continuavano a chiamarlo Tom.
...
«La tua roulotte non è ancora pronta, comunque puoi usare quella di Chris» "

---
[Storia Completa]
Genere: Commedia, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Chris Hemsworth, Tom Hiddleston
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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1

Loki: The Bright World




Ciak 1. "Mr. Hiddleston, non l’aspettavamo oggi"



Era già a quota venti, ed era atterrato da meno di un’ ora.
Tom, sorrise alla ragazza di fronte a lui mentre si accingeva a regalarle il suo ventesimo autografo della mattinata. La giovane ammiratrice gli porse imbarazzata una lunga serie di complimenti mentre si contorceva agitata le dita delle mani. I lunghi capelli biondi le ricadevano perfettamente lisci ai lati del viso e lei pareva volersi nascondere dietro di loro, per non mostrargli la sua assolutamente incontrollabile emozione. L’attore la ringraziò con gentilezza, come era d’abitudine, come era sua natura fare, e le lasciò anche il tempo per fare una foto assieme.
Tutta la popolarità che lo aveva avvolto in quell’ultimo anno lo faceva sentire quasi un bambino. Stare fra la gente lo rendeva felice, e spesse volte i suoi colleghi gli avevano chiesto se non fosse solo una ben congeniata scena, tutta quella sua ostentata gentilezza. Assolutamente no.
Lui amava i suoi fans tanto, se non più, di quanto questi ultimi amassero lui.
Nel suo cuore, in modo ben poco modesto forse, sentiva di esserselo meritato tutto quel profondo affetto. Il suo lavoro lo faceva con passione, e se la gente riusciva a percepirlo, per lui era di certo la soddisfazione più grande.
Fossero opere di Shakespeare o megaproduzioni hollywoodiane, non faceva differenza. In ogni battuta che recitava, sul teatro o dietro la telecamera, Tom Hiddleston ci metteva sé stesso, ed il calore delle persone era il guadagno che più lo arricchiva. Oh, beh, onestà per onestà, aveva arricchito notevolmente anche il suo conto in banca, ma ciò non cambiava il fondamento. Aveva lavorato per piccole produzioni sempre con gioia e serietà, se avesse dovuto rifarlo, non si sarebbe assolutamente tirato indietro. Se quella dorata popolarità lo avesse lasciato da un momento all’altro, lui non avrebbe di certo avuto rimpianti.
Regalò un ultimo saluto alla ragazza, prima che quest’ultima sparisse nel gruppo di persone che affollavano l’aeroporto di Gardermoen[1]. Afferrò il trolley blu e si avviò verso l’uscita. Non si sorprese di non trovare alcuna macchina ad attenderlo.
Sarebbe dovuto arrivare il giorno seguente, ma di certo la crew del film non poteva stare dietro ai suoi ripensamenti dell’ultimo minuto. Quindi pensò bene di non avvisare nessuno, in fondo non ci sarebbe stata alcuna differenza se fosse atterrato quel giorno o il successivo. Prima di lunedì, non aveva alcuna scena da girare.
Prese un taxi e si fece portare al suo Hotel.
Durante il tragitto rimase silente nel mirare lo spettacolo della città norvegese. Aveva sempre amato l’atmosfera che si respirava nel nord Europa, da quando poi si era ritrovato ad avere a che fare con i suoi miti e leggende, più o meno fantasiose, non riusciva a non provare un profondo fascino per quelle terre.
Erano quasi le undici. Avrebbe avuto il tempo di una doccia prima di andare a pranzo, e non vedeva l’ora di poter assaporare il cibo tipico del posto.
Si passò distrattamente le dita sul mento, per accarezzare la leggera barba che lo ricopriva, ben consapevole che sarebbe stato l’ultimo giorno per poterlo fare. Presto i suoi capelli sarebbero tornati temporaneamente neri, e il viso liscio come il suo ruolo richiedeva.
Per i prossimi mesi, avrebbe rinfilato di nuovo gli abiti divini del caro vecchio amico Loki.


- - -


Che Tom quel giorno fosse strano, Chris lo aveva avvertito subito, da quando era entrato nella sua roulotte e lui gli si era rivolto in modo così insolito. Che poi si fosse presentato sul set il giorno sbagliato, era la cosa più assurda di tutte. Tom era un professionista, e una dimenticanza del genere da lui, era del tutto inaspettata.
Si lanciò uno sguardo alle spalle per vedere il moro che gli andava dietro silente, con lo sguardo fisso che pareva poter trafiggere un muro di cemento.
Lo conosceva abbastanza per sapere che era molto riservato, fin troppo, e che quindi forzarlo a parlare di ciò che lo impensieriva era di certo la mossa più sbagliata. Tutto sommato però, non poteva restare indifferente a quel suo inusuale comportamento.
Arrivato alla macchina, aprì la portiera sorridendogli.
«Andiamo a farci un giro, ti va?» Per la centesima volta da quel pomeriggio, Tom gli rispose brevemente con un freddo monosillabo. L'australiano sospirò appena e salì in auto sforzandosi di sorridere ancora.
Trascorsi pochi minuti di assordante silenzio, Chris pensò di spezzarlo con una domanda vaga:
«Anche tu alloggi al Losby[2], giusto?»
Se non fosse stato per il bene che provava per lui, avrebbe volentieri aperto la portiera e gettato Tom per la strada con un calcio a quell’ennesima espressione acida che gli sentì sospirare come risposta.
«Alloggiare?... Sì, credo... Chris.» Il perché poi continuasse ad enfatizzare il suo nome in quel modo, era la cosa che più di tutte lo innervosiva.
Si infilò gli occhiali da sole ed accese la radio. A quell’odioso scambio di parole, sarebbe stato meglio il silenzio. Ma siccome Tom era incapace di essere silenzioso, o almeno di solito era così, l’unica risorsa che restava all’attore australiano era limitare al minimo le loro conversazioni, magari proprio con l’aiuto di una canzone suonata a tutto volume. Almeno finché non fossero giunti in albergo. Dopo qualche bicchiere di vino, probabilmente Tom si sarebbe addolcito e magari, gli avrebbe anche svelato il misterioso segreto che celava dietro quei suoi modi tanto insoliti.
La sua tattica parve funzionare per soli dieci minuti, prima che l’inspiegabile acidità che aveva infettato Hiddleston, tornasse ad inquinare l’abitacolo.
«Qualunque sia il tuo piano, sappi che non funzionerà.»
Guardò il suo viso attraverso le lenti nere masticando stancamente una gomma alla menta.
«Scusa?» chieste abbassando poco il volume della musica. Tom di tutta risposta si limitò a sorridere serafico sbattendo le palpebre un paio di volte, prima di tornare con gli occhi sulla strada. «No Tom, davvero, non ti ho sentito» mentì sperando che magari quella volta l’attore si degnasse di rivolgersi a lui con un minimo di cortesia.
«Oh, hai capito benissimo!» Purtroppo non ottenne nulla di tutto ciò.
Le iridi chiare dell’amico lo colpirono ancora, e Chris sperò seriamente che avesse preso una qualche botta in testa, altrimenti non ci sarebbe stata spiegazione plausibile per quel suo assurdo comportamento.
Tornò con gli occhi sul volante e rialzò la musica.
Di tanto in tanto gli gettava qualche occhiata, e di tanto in tanto, poteva sentire il suo sguardo pungere sul suo profilo. Prese a masticare sempre più nervosamente la gomma, mentre si apprestava a svoltare nella strada principale.
«Merda» ringhiò ritrovandosi intrappolato in quello che aveva tutta l’aria di essere un dannatissimo ingorgo. «Abbiamo beccato il rientro» sospirò poi guardando l’orologio d’acciaio al polso. L’orario era quello della chiusura degli uffici, non c’era da sorprendersi di tutto quel caos. Pensò che forse Alan aveva ragione quando gli aveva sconsigliato di noleggiare un auto. Ma Chris mal sopportava gli autisti. Amava essere indipendente ed inoltre, la sua insospettata timidezza, gli impediva di chiedere a qualcuno di portarlo in giro a far stupide compere, come ad esempio, fermarsi ad un bar per prendere le sue gomme da masticare preferite. Andiamo, era imbarazzante oltre che virilmente avvilente. Neanche i mezzi pubblici facevano per lui. Non che lo infastidisse essere preso di mira dai fans, anzi, solo che l’ultima volta, sulla metro, era stato ignobilmente palpato per tutta la durata del tragitto, e che la metà di quelli che lo aveva fatto erano uomini, non aiutava di certo.
«Ci toccherà rimane un po’ qui.» Si rivolse a Tom con fare gentile.
«Che peccato, speravo di liberarmi di te in fretta.» Forse era una battuta, eppure Hemsworth non l’avvertì in quel modo. Il sorriso dell’attore inglese contrastava fin troppo con la serietà del suo sguardo.
Che diavolo gli era successo nell’ultimo periodo?
Va bene che non si erano visti né sentiti per qualche mese, però non credeva che Tom potesse cambiare così in breve tempo. Ma magari c’era qualche questione personale di cui non era a conoscenza, probabilmente si trattava di una donna o chissà che altro.
Decise di fare lo gnorri anche quella volta e si limitò a sollevare gli occhiali poggiandoli sui capelli biondi. Si accasciò stancamente spalle al sedile potendo avvertire perfettamente gli occhi di Tom su di sé.
«Mi spieghi che hai oggi?» La sua lingua però non seguì i consigli di prudenza del suo cervello. Voltò di poco il capo per trovarsi faccia a faccia con l’uomo seduto accanto.
«Io? Nulla.» Lo vide voltasi quel tanto che bastava per poggiare appena la guancia sinistra sul sedile.
«Non ti credo» affermò serio, specchiandosi nei suoi occhi chiari. L’altro sorrise e ridacchiò appena.
«Vuol dire che hai imparato la lezione...» Chris poté avvertire perfettamente la vena di tristezza che aveva attraversato quelle parole.
Forse aveva fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, ma cosa?
Di certo il comportamento di Tom era il risultato di una sua mancanza. L’inglese era un tipo fin troppo gentile, anzi, molte volte era stato lo stesso Chris a dirgli di usare un po’ più di malizia nella vita, altrimenti qualcuno ne avrebbe potuto approfittare. Ma Hiddleston gli rispondeva che lui era fatto così, che pur volendo, non poteva cambiare né fingere di essere un altro.
«Senti Tom, lo so che ultimamente sono stato poco presente,» iniziò guardandolo dritto «con India e tutto il resto, ma tu puoi sempre contare su di me... Lo sai, io ci sarò sempre per te!» Il viso di Tom non pareva tradire alcuna emozione. Chris si passò appena la lingua sulle labbra come per trovare le parole giuste. «Se per caso ho fatto qualcosa che ti ha ferito o... Non so... Qualunque cosa ti abbia fatto, non volevo. E ti chiedo scusa.» Accennò ad un sorriso che però l’attore inglese non ricambiò, restando a fissarlo silente, neanche fosse una statua di marmo. I suoi occhi brillavano di una luce opaca, il suo respiro calmo era appena tradito dal leggero alzarsi delle magre spalle.
«Questa frase l'ho già sentita una volta, e ricordo bene come andò a finire.» Chris aggrottò le sopracciglia senza capire, mentre Tom riprese a parlare, «Non sei mai stato troppo abile con le parole, ma scusarti... Oh, ti riesce immensamente bene.» Questa volta la sua voce vibrò appena, come fosse sorretta da una sottile... rabbia?
Chris non riuscì a capirne la natura né la sua ragione, ché un clacson alle sue spalle lo obbligò a rimettersi alla guida.
La musica risuonava bassa nell’auto e non c’era nessun altro suono a farle compagnia se non il meccanico rumore delle marce che si intervallavano, ed il tintinnio dei bracciali di Chris che urtavano fra da loro.
Un’aria pesante scese fra i due e Hemsworth non riusciva a trovare una sola parola per spezzare quel soffocante silenzio. Ormai era palese che c’era una forte inquietudine che affliggeva Tom, e lui non si sarebbe dato di certo pace finché non fosse riuscito a scoprirne la causa.


- - -


Per qualche breve attimo, Loki aveva sperato che Thor celasse nuovamente il suo sguardo dietro quelle lenti scure. Ma fu solo un piccolo ed insignificante attimo. Il dio non poteva permettere che gli occhi dell’altro lo destabilizzassero. Lo aveva già fatto un tempo, e ciò che ne aveva ricavato era stata una sofferenza indicibile.
Ma ormai erano memorie lontane. Tante erano le albe che si erano succedute da allora, tanti i tramonti che avevano segnato il suo esilio. Lontano da quel trono, da quella casa, che gli spettava di diritto.
Si fece forza con il silenzio che li avvolgeva, regalandosi la soddisfazione di leggere il nervosismo che attraversava il corpo dell’ odiato compagno di viaggio. Poteva sentire le sue dita stritolare la pelle del volante, i suoi denti tranciare più e più volte quella specie di caramella che continuava a rigirarsi in bocca. Le sopracciglia aggrottate che rendevano il suo sguardo una lama azzurra.
Si concesse un sorriso, Loki, mentre voltava il capo al vetro che lo separava dell’esterno, riuscendo a intravedere debolmente il suo riflesso.
Il suo nuovo soggiorno su Midgard, sarebbe stato di certo diverso dall’ultimo. Non perché era senza poteri, non perché Odino o chi per lui, aveva messo in scena quella patetica commedia, ma perché dentro sentiva che qualcosa in lui era cambiato. Non la sua rabbia, però. Non la sua sete di vendetta.
Nel mentre dei suoi pensieri, udì un rumore nuovo che non apparteneva alla musica che risuonava nell’auto. Si voltò appena per intravedere il profilo di Thor.
«Ohi amore... Sì, ho finito adesso.» Stava parlando al cellulare. Lo vide abbassare appena il volume della musica con un‘espressione fastidiosamente felice sul viso.
Amore... Glielo aveva sentito pronunciare perfettamente.
Era quella mortale? Quella donna che era la causa della sua penosa fragilità?
A
ssottigliò lo sguardo mentre fissava il sorriso dipingersi sul viso del biondo. Avrebbe voluto cancellarlo all’istante. Avrebbe voluto affondare le dita nella sua carne e strapparglielo con forza, senza esitazioni. Quel sorriso lo feriva ancora, e per questo si sentiva dannatamente debole. Non doveva permetterglielo più.
Il suo sorriso mentiva. Sempre.
Paradossalmente, il sorriso di Thor era più mendace dei suoi inganni divini.
Le parole che sentiva uscire dalle sue labbra non le udiva realmente. Era lontano da quell’auto, Loki, era perso nel suo dolore e nella sua rabbia. Era tornato ad Asgard, al giorno della sua incoronazione, del suo tradimento. Alla scoperta della sua vera natura, a quella verità che gli era stata negata, che lo aveva reso sempre un figlio di seconda categoria.
Mentre guardava quei capelli biondi chiusi in una coda, non poté che pensare che era la cosa di lui che ricordava meglio, perché gli era sempre stato un passo indietro. Dietro le sue battaglie, dietro le sue vittorie. Relegato ad essere solo la controparte della sua luce dorata, la sua eterna ombra.
«No, ti chiamo io. Se lo fai tu come minimo mi telefoni alle 3 di notte. Il fuso orario, tesoro, non dimenticarlo!» La sua risata risuonò nell’abitacolo e Loki sentì il bisogno di fuggire da lì, di infrangere quel vetro con una mano e buttarsi fuori dall’auto in corsa. Si sarebbe volentieri ricoperto di tagli e lividi, se questo avesse significato non dover più vedere né udire quella sua opprimente risata. Ma la rabbia aveva la stessa forza di una corda di diamanti, gli teneva bloccate mani e piedi, lo rendeva incapace della più semplice azione. Perché solo il dolore può farti impazzire o paralizzare all’istante. Lui tristemente, poteva dire di averle provare entrambe sulla sua stessa pelle.
«Elsa ti saluta.» Lo guardò apatico per poi girare la testa dall’altra parte, alle luci della città, al vetro, a quel pianto asciutto che poteva vedere risplendere nel suo blando riflesso.
Nessuno poteva capire ciò che provava, ciò che aveva provato per secoli.
Asgard, Midgard, l’intero universo.
In nessun luogo esisteva un essere in grado di comprendere ciò che sentiva, di intravedere anche solo per un istante, le mille pene che teneva conficcate come spilli nel suo cuore immortale. I sentimenti che lo avevano portato a compiere quelle azioni, quegli stessi sentimenti che erano divenuti una feroce arma a doppio taglio.
Nessuno poteva davvero capire chi fosse Loki. Di questo, ne era assolutamente certo.


- - -


Quando arrivò al Losby Gods, Tom rimase incantato dal paesaggio etereo in cui era immerso l’hotel. Prati verdi che parevano creati con il pennello, l’azzurro splendente dei laghi, il canto allegro e rilassante degli uccelli che svolazzavano sugli alberi vicini. Quel nome che sovrastava la struttura, era decisamente indicato.
Gli venne naturale sorridere con il naso all’insù, mentre il taxista gli porgeva le valigie. Prontamente un ragazzo gli si presentò di fronte occupandosi celermente di portare all’interno i suoi bagagli.
«Mr. Hiddleston, non l’aspettavamo oggi. Comunque la sua camera è già pronta. È un onore ed un piacere averla nostro ospite!» Si sentì un po’ in colpa per il suo cambio di programma. Aveva temuto che l’albergo non fosse preparato, come gli era concesso di essere, ed in quel caso sarebbe stato davvero un duro colpo per il suo buon senso ed il rispetto che provava per chi faceva impeccabile il suo lavoro.
«Grazie e scusate l’improvvisata.» Ci tenne comunque a scusarsi, in fondo non era stato molto professionale presentarsi così senza preavviso. Non aveva ancora avvertito nessuno del suo arrivo, ma di certo nell’albergo avrebbe beccato qualcuno, se non della truppe, di sicuro del cast. Molto probabilmente anche Chris era lì.
Salì in camera e quando il ragazzo che gli aveva portato le valige uscì dalla porta, ne approfittò per infilarsi sotto la doccia. Mentre il getto d’acqua lo rigenerava, gli venne alla mente di non aver ancora riacceso il cellulare da quando era atterrato. Ma onestamente, non aveva voglia di abbandonare quella deliziosa quiete che pareva innaffiare il posto, l'albergo, Oslo in generale.
Era pur vero però, che doveva comunicare a qualcuno del suo arrivo, ma in quel periodo sentiva la necessità di un po’ di solitudine. Ne avvertiva proprio un bisogno fisico. Quei giorni prima delle riprese, sarebbero stati di certo un’ottima opportunità per acquistarne un po’. Non conosceva il perché di quella necessità, sostanzialmente, non ne cercava neanche uno.
Chiuse l’acqua e si coprì con un accappatoio. Si frizionò i capelli mossi mentre chiamava il servizio in camera; il suo stomaco stava già brontolando.

«Buon appetito signore.»
Quel piatto era delizioso. La carne cotta a puntino e la salsa speziata una vera goduria. Mangiò appagato ogni portata con la sua tanto invidiata grazia, nonostante indossasse ancora il bianco accappatoio. All’ultimo sorso di vino, si decise a riaccendere il telefono.
Come calcolato, c’era un'infinita lista di sms più o meno importanti, ed un altrettanto infinita lista di messaggi lasciati in segreteria. Poco professionalmente ignorò tutto, dedicandosi giusto il tempo di un tweet[3] su quanto la solitudine fosse, alle volte, la più dolce delle compagnie. Lasciò poi il cellulare sul tavolo della camera.
Avrebbe dovuto rivestirsi, avrebbe dovuto radersi, avrebbe dovuto chiamare la truppe e dir loro del suo arrivo. Avrebbe dovuto fare tante altre cose, ma la stanchezza del viaggio, benché breve, stava iniziando a farsi sentire. Organizzò mentalmente ciò che gli restava da fare mentre buttava uno sguardo al bel panorama che copriva la vista dal balcone della sua suite.
Primo passo: una bella dormita. Non capiva il perché, ma aveva una forte sonnolenza da quella mattina. Magari aveva dormito poco i giorni indietro, ma non era quella la vera ragione. Fece giusto in tempo a poggiarsi sul morbido letto, che le palpebre gli si chiusero sfinite.
Quando si svegliò era ormai pomeriggio inoltrato. L’orario della sveglia segnava le 17.09. L'ora del tè.
Si ritrovò a sorridere del suo essere sostanzialmente un inguaribile inglese, mentre con uno sbadiglio si sollevava dalle lenzuola.
«Avanti Tom, forza e coraggio» si autoincitò dirigendosi in bagno.

In breve riuscì a spuntare tutti i “To do” segnati sulla sua agenda mentale, tranne uno: al suo pizzetto, ancora non riusciva a dire addio. L’avrebbe fatto l’indomani.
Decise di approfittare della rilassante atmosfera preserale, per fare una passeggiata fra i verdi prati che attorniavano l’hotel. Sarebbe stato un peccato non approfittarne. Visto poi che aveva dormito come un sasso per ore, anche i suoi muscoli gliene sarebbero stati grati.
Scese alla reception ma prima di uscire, una curiosità gli attraversò la mente.
«Mi perdoni, posso sapere in quale camera alloggia Mr. Hemsworth?» Molto probabilmente Chris stava ancora lavorando, ma aveva intenzione di "disturbarlo" al suo rientro.
La risposta del receptionist lo fece sorridere.
«Camera 63, signore.»
«La ringrazio.»
Una volta uscito all’aria aperta si sentì subito rinfrancato. Infilò gli occhiali da sole per affrontare il bagliore caldo del tramonto, e prese a giocherellare sorridente con la chiave della sua camera. Sul piccolo cerchio di plastica, brillava il numero 65.












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[1]. L'Aeroporto di Oslo-Gardermoen è il principale aeroporto norvegese.

[2]. L'Hotel Losby Gods esiste realmente e si trova a 20 minuti da Oslo. [Purtroppo non ci sono stata di persona, ma ho trovato qualche info e me ne sono innamorata. Mi è piaciuta l’idea di far alloggiare i nostri in questo splendido posto e così, detto fatto ^^]

[3]. Per chi non lo sapesse, Tom è un tweettomane incallito.



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Note saltabili dell'autrice indegna di tale nome
Grazie per aver gradito la storia, onestamente non ci speravo molto. Come sempre, autostima sottozero... Ma purtroppo anche io come Loki soffro di un insano senso di inferiorità che mi porta a mettere sempre in dubbio ciò che scrivo. Magari un giorno andremo insieme in analisi...
Sbarellamenti a parte, grazie a chi ha inserito la storia fra le seguite, preferite e ricordate. Un Grazie speciale alle amiche che hanno anche avuto la gentilezza di lasciare un commento. Sono felice di sapere che la mia idea bacata alla fine non era poi così bacata... o sì?
Mi auguro che il metodo scelto per la narrazione non sia disturbante: so che cambio spesso soggettiva del racconto, però ho tentato di mantenere comunque la narrazione fluida. Se doveste riscontrare qualche difficoltà, ditemelo. Al massimo limiterò ogni capitolo ad un singolo punto di vista. Mi rimetto al vostro giudizio ^^
Piccolo avviso:il prossimo aggiornamento non sarà molto celere. Vado fuori città per un po’ e non mi sarà possibile aggiornare. Vi chiedo scusa per questo, ma vi prometto che appena posso lo pubblico. La storia è appena iniziata e quindi c’è ancora tanta strada da fare, ma le idee che ho in testa sono già ben delineate ed il prossimo capitolo è già stato abbozzato.
Spero di non deludere nessuno ^^
Kiss kiss Chiara


  
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