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Autore: YuskiLetruski_    16/09/2012    0 recensioni
(E' la prima volta che pubblico,fate i bravi...accetto consigli ma non insulti,crazi :D)
Era l’unica soluzione? Almeno sarebbe stato lontano da tutti là fuori.
Lontano dal male,dalle persone e lontano da lui. Lontano dai suoi occhi e dalla sua bocca. Da le sue parole dolci ma acide allo stesso tempo. Da quella sensazione di vuoto. Da quella sensazione di felicità e di passione. Da quello che lo aveva reso così. Da quello che lo aveva fatto sognare e da quello che lo aveva spinto dritto verso l’inferno.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il fatto che lui si trovasse,propriIlo lì,di fronte a quella porta,non aveva un motivo preciso.
 
Il color nero di quest’ultima sbalzava tra il bianco di tutto quello che la circondava. Stanze completamente bianche,porte completamente bianche e poi c’era lei,la porta madre,la porta che ti portava dritto verso il suicidio morale.
 
Sospirò.
 
Alla sua destra c’era una finestra che dava al di là del cancello che circondava l’edificio. Erano le 7.00 del mattino e gruppi di ragazzi della sua stessa età si dirigevano verso la scuola. 
Aprì. Respirò a pieni polmoni l’aria che entrava e poi rimase a guardare quello che succedeva fuori.
 
Tra quel gruppo poteva riconoscere Thomas e Enrique. Due ragazzi stupidi,due ragazzi presi in giro dall’universo stesso ma con la vista che non andava più in là del proprio naso. Ovvio che sorridessero ancora,se avessero dato retta a tutto quello che diceva la gente su di loro adesso sarebbero appesi ad un filo attaccato al lampadario,in una casa abbandonata.
 
Sbuffò. 
 
Sarebbe dovuto entrare nella stanza. Ma non voleva. Non poteva,più che altro. 
 
Lo avrebbe riempito di domande e avrebbe scritto tutto in quel taccuino insulso. Avrebbe scritto ogni singolo malessere del ragazzo. Ogni problema. E non voleva che i suoi problemi fossero scritti.
 
Voleva sfogarsi,ma lasciare che le sue parole scorressero nel vento e non che rimanessero per l’eternità in un taccuino che poi sarebbe stato messo in un posto dimenticato da Dio e letto dalle persone più stupide.
 
Fuori era tutto tranquillo. Il cielo grigiastro di ottobre,le nuvole che promettevano pioggia,gli alberi spogli e le strade piene di foglie. Il solito spazzino,Jack,che spazzava tranquillamente nella via,urlando ai ragazzini distratti che distruggevano i suoi mucchietti.
 
Tutta quella normalità lo portò a sbadigliare.
Un altro gruppo,due ragazzine adolescenti e un mucchietto di ragazzi al seguito. 
 
Stupidi.
 
Perché si facevano controllare così da loro?Stupidi.
Qualcosa tra quel gruppo attirò la sua attenzione. Dei capelli rossi,una tinta scura,color rubino. Gli ricordavano stranamente qualcosa. 
 
Si sporse un po’ di più dalla finestra,non lo fece apposta ma era pura curiosità o istinto.
 
Poi una lacrima rigò la sua guancia.
 
Un’altra.
 
Un’altra.
 
Un’altra ancora.
 
Perché?
 
Perché si era spinto a cercar di vederlo?Perchè si era spinto a capire se era lui? E perché stava piangendo?
 
Chiuse la finestra di scatto e si allontano. 
 
Era lui,era sicuramente lui.
 
Lo aveva riconosciuto dai capelli,dal modo di camminare e …dal suo odore? Possibile che lo avesse raggiunto fino a lassù?
 
No.
Scosse la testa.
No.
 
Non doveva pensarci.
 
Non doveva farlo.
 
Si asciugò il viso con la manica e tornò davanti la porta.
 
In fondo,doveva solamente liberarsi di un peso,no? In fondo,doveva solamente sfogarsi con qualcuno .. qualcuno che lo ascoltasse,per una buona volta.
 
Qualcuno che lo spingesse verso una via più luminosa. 
 
Qualcuno che lo aiutasse.
 
Era diventato così per colpa di una persona e avrebbe trovato un aggancio in un’altra. Sarebbe andata così.
 
Infondo,gli bastava non affacciarsi alla finestra negli orari in cui poteva passare di lì. Infondo gli bastava dimenticare.
Bussò tre volte alla porta.
 
«Entra pure » 
 
rispose una voce ferma e decisa. Sapeva che era lui,sapeva che sarebbe arrivato. 
 
« Vedo che sei venuto alla fine,Live…».
 
Il ragazzo chiuse la porta con uno scatto.
Rimase in silenzio per qualche secondo. Guardando il pavimento,stringendo i pugni e dando le spalle a Omar.
 
«Non mi chiami così,la prego,Dottore. »disse a bassa voce,girandosi ma tenendo sempre lo sguardo basso.
 
«Se tu inizierai a chiamarmi Omar e darmi del tu,io smetterò di chiamarti così… »
 
Questo gli dava sui nervi. Lo stava ricattando? Non voleva chiamarlo Omar,sarebbe stato stupido. Infondo,lui era solamente il suo “dottore”,nient’altro. 
 
Ma il fatto che lo avrebbe continuato a chiamare Live gli portava i brividi. Solamente sentire di nuovo quel nome,solamente ricordare quella voce,solamente ricordare il respiro,lo avrebbe mandato in crisi.
 
«Come ti pare,Omar… » sbuffò.
 
Vide un sorriso orgoglioso e compiaciuto nel vecchio,che intanto indicava di sedersi al ragazzo,ancora in piedi.
 
Guardò per qualche secondo la sedia indicata e poi si diresse verso essa,sedendosi ma tenendo lo sguardo fisso sulle sue ginocchia.
 
--
Ci fu un momento di silenzio. Si poteva udire solo il “TickTack” dell’orologio posto in un mobiletto accanto alla scrivania.
 
«Lei come lo sapeva?»
 
Smorzò il silenzio. Lo disse un po’ irritato,trattenendo il singhiozzo che gli avrebbe provocato le lacrime.
 
«Un uccellino… »
 
Un uccello un corno. Gli uccelli non parlano. Il fatto che lui parlasse con gli uccelli gli fece pensar che quel uomo fosse pazzo. 
Doveva trovare una via di fuga dal problema in cui si era appena infilato:buttarsi dalla finestra e togliere ogni pena al mondo e a se stesso. Ma lì di finestre ce n’era solo una ed era dietro a Omar.
 
«…ma vedo che ti da tanta noia quel nome… »
 
Ah,ovvio che gli dia noia,non si notava prima?
 
Sbuffò.
 
«Allora?...»
 
Disse l’uomo,appoggiando i gomiti sulla scrivania e fissandolo.
 
Allora cosa?Gli sembrava una domanda a cui potesse rispondere? Non aveva senso,non avrebbe risposto.
 
«Hai intenzione di parlarmi di quella ragazza? »
 
Ci fu un secondo di silenzio.
 
«Intendo quella che ti ha portato via la tua vita .. o meglio dire Chris. »
 
Ancora silenzio.
 
«Era più bella di me…»
 
O aveva più tette,due buchi e un sacco di soldi.
 
«Ma Chris.. »
 
«Non ha differenze. »
 
Risposi freddamente,stringendomi le mani.
 
«Parlamene un po’…almeno… »
 
In quel momento la stanza si restrinse intorno a me,c’ero solo io,il “TickTack”,il vento proveniente dalla finestra e lui,in lontananza,che mi fissava.
 
 
  
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