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Autore: Doyoureallywantme    21/09/2012    0 recensioni
E' una storia per tutte le ragazze che si odiano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oh, my phone.
 
 
 
 
Fisso il foglio. “Cosa ti aspetti dall’ultimo anno di liceo”. Io odio il liceo, non mi aspetto niente. La ragazza passo-ore-al-telefono-e-spingo-gente-indifesa si aspetta tante feste e sesso. La mia compagna di banco invece ha sottolineato la parola studio. Piego il foglio in sei parti. Lo ficco in un contenitore. Rubo prendo in prestito una penna e me la infilo in tasca. Esco da scuola velocemente. Mio fratello fratellastro sta fumando circondato da alcuni suoi amici. Mi fa un cenno. Non ho intenzione di raggiungerlo. Odio il fumo. Cammino in fretta verso la fermata dell’autobus. Non voglio che nessuno si accorga di me. Odio quando succede.
Jessica, la rappresentante, è dall’altra parte della strada.Jessica mi vede. Jessica corre. Jessica mi chiama.
“Laurie, aspetta!”, non mi fermo. Mi raggiunge. Ha il fiatone e mi alita tutto in faccia .“Sai mi servirebbe il tuo numero di telefono se ci fosse necessità”.
Ah già. Me lo aveva domandato all’inizio dell’ora. Io ho temporeggiato. Odio dare informazioni su di me. Alla fine lei si è stufata ed è tornata a sedersi. Tiro fuori la penna fregata presa in classe e gli scrivo il numero di casa sulla mano. Lei la guarda. Bofonchia qualcosa sul fatto che meglio che gli dia quello del cellulare, nel caso non fossi in casa.
Non ho il cellulare. “No, sono sempre a casa”. Odio dire la verità.
L’autobus arriva. Jessica mi saluta. Io salgo.
Venti minuti dopo sono a casa. Ho la testa ficcata nel cuscino. Sa di piscio di gatto. Odio la mia camera, le pareti della mia camera, il soffitto della mia camera.
Mia mammaMary bussa alla porta. Si affaccia col telefono in mano.
“E’ una certa Jessica”.
Odio quando telefona qualcuno e risponde mia madre.
Io: Pronto?
Jessica: Ciao. Volevo controllare se era il numero giusto.
Io:
Jessica: Ok è giusto. Ciao.
Io: Ok ciao.
Schiaccio il tasto rosso. La chiamata si interrompe. Odio quando la gente non si fida di me. Jessica non si fida di me. Non la biasimo. Neanche io mi fido di me stessa.
Lancio il telefono su un cuscino. Cinque minuti dopo risuona.
Jessica: Sei libera sabato sera?
Io: Si.
Jessica: C’è una festa a casa mia. Potresti venire così ti faccio conoscere un po’ di gente.
Io: Ok.
Jessica: Perfetto. Alle sette. A casa mia. Abito al cinquanta di Stay Street.
Io: Perfetto.
No. Non è perfetto. Non voglio conoscere nessuno.
Mi tiro le lenzuola sopra la testa. Vorrei essere qualcun’altra. Una famosa. Una che vive una bellissima vita.
Liam entra nella mia stanza. Non c’è rispetto fra noi. Lui mi dice idiota. Io rispondo con stronzo. Molto spesso però ci andiamo giù pesante.
“Vai al supermercato all’angolo”, annuncia.
“No”.
“Prendi qualcosa da mangiare”.
“No”.
“Fai presto, chiude alle otto”.
“Ok”.
Vince sempre lui. Lo odio, quando fa così. Lo odio in generale. Non alzerebbe un dito per me. Non so perché vive con noi. È il figlio di mio padre. Mia madre Mary non ha contribuito.
Le porte scorrevoli si aprono. Entro. Il fresco del supermercato mi investe.
Butto alcuni cibi congelati nel carello.
Lo spingo.
Sbatto contro qualcuno.
“Scusa”, mormoro a un ragazzo di spalle.
Si gira.Louis. Sorride. “Niente”, risponde. Abbassa lo sguardo. Fissa il contenuto del carello. Fa un faccia schifata. Lo supero. Mi chiama.
“Ehi, ma noi ci conosciamo?” si, ci conosciamo. Mi hai mostrato dove era l’aula 5b.
Annuisco. “Sono quella nuova”. Odio il termine ‘nuova’, ma non so come altro presentarmi.
Ride. “Tu sei Laurie, non quella nuova. Siamo in classe insieme”.
Forse è la prima volta che sorrido a un ragazzo senza sforzarmi. Lui sembra un tipo ok.
 “Forte”.
“Sai, questi non sono molto salutari”, indica il cibo nel carello.
“Già, ma non ho molto tempo, così metto questi dentro il microonde e via”.
Sembra non capirmi, ma sorride lo stesso. “Vieni sabato?”, chiede mentre afferra una scatola di cereali “Alla festa di Jessy?”.
Non vorrei, “Si”.
Comincia a ridere fra sé “Ho sentito dire che non hai un cellulare. Divertente vero?”.
No, non proprio. Mi giudica. Anche lui. Mi rabbuio. Se ne accorge.
“Ehi, non c’è niente di male”.
“Si certo”, mormoro allontanandomi. Odio chi mi dice una bugia.
“Laurie, non l’ho neanche io”.
Sì, questo è divertente. “Ci vediamo Louis”.
Mi afferra un braccio. Mi tocca. Mi gira. Mi tocca. Mi parla. Continua a toccarmi.
“Sul serio, non lo ho”.
“Strano”, rispondo.
No, strano è il fatto che vorrei abbracciarlo. Qui. Senza conoscerlo. Strano è il fatto che vorrei raccontargli tutta la mia vita. Strano è il fatto che vorrei dirgli cosa passa nella mia mente.
“Io, sono strano”.
Voglio dirgli tutto quello che ho dentro ora. Il primo pensiero che alleggia nella testa. “Louis?”.
Mi poggia le mani sulle spalle “Dimmi”.
“Come ci si veste per andare a una festa?”, domando abbracciandolo.
 
  
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