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Autore: RobDarko    21/09/2012    5 recensioni
Che succede quando il mite e insicuro Kurt Hummel incontra l'incostante e diabolico Sebastian Smythe? Una storia sulla provincia industriale, le anime assiderate che ansimavano e i sogni che sfioravano i soffitti. Sulla provincia di cui non parla mai nessuno, dove sembra che non succeda mai niente.
"Si guardarono, complici, poi corsero senza rimpianti fino alla fermata, giusto un minuto prima che l'autovus chiudesse l'ultima portiera. Ci si fiondarono dentro e quando l'autobus partì, Kurt sbattè il sedere contro i sediolini di plastica, cadendoci in lungo. Sebastian, che aveva avuto l'accortezza di aggrapparsi alla sbarra di metallo rossa, rise fragorosamente e poi gli tese la mano per rialzarsi.
Quando furono entrambi seduti si guardarono, in un primo momento serissimi, poi scoppiarono a ridere. E più si guardavano, più ridevano. Più guardavano altrove e più ridevano."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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All About Us - Anche noi diremo che eravamo giovani e che soffrivamo di vertigini
Capitolo quattro.


Luke Richardson, a differenza della gemella, era un tipo timido. Lo era sempre stato, e lo sarebbe stato per sempre. Gli sarebbe sempre mancato il coraggio di guardare negli occhi le persone speciali, quelle luminose, quelle che invidiava tanto e allo stesso tempo ammirava.

Luke Richardson era un timido che, per via del suo aspetto, passava per scemo : spalle grandi, grosso, muscoloso, naturale aria intimidatoria. E secondo Juliet andava bene così, che lo prendessero per uno scimmione senza cervello : stare in cima sarebbe stato ancora più facile.

Non se lo ricordava quando era successo esattamente : forse in quelle lunghe ore di punizione, forse una delle tante volte che lo aveva visto togliersi la granita dalla faccia con una dignità invidiabile, o forse quando aveva fatto cadere i libri apposta vicino ai suo piedi, e lui si era chinato per aiutarlo. Così, anche se faceva parte della gente che lo tormentava.
Semplicemente perché era buono, anche se portava un sacco di rancore.

Non si ricordava di preciso quando Kurt Hummel aveva smesso di essere un bersaglio che era obbligato a puntare e aveva iniziato a essere quella creatura meravigliosa dai lineamenti delicati e la pelle di neve che turbava le sue notti e i suoi desideri più reconditi, ma anche quelli superficiali.

E, da bravo timido, Luke Richardson aveva anche un'autostima notevolmente bassa.
Si diceva un giorno lo invito a prendere un caffè a Westerwille, lontano da qui, così non deve preoccuparsi e neanche io
ma si rispondeva, automaticamente ma lui mi dirà di no, perché mi odia. Lo so che mi odia, solo che non me lo vuole dire perché ha paura di me, e paura di cosa poi, non gli torcerei un capello
ribatteva ma forse se gli spiego le mie ragioni, se glielo dico una volta per tutte, forse lui ricambia, forse lui.... e non finiva mai questo discorso con sè stesso, perché neanche nei suoi più ottimistici sogni Kurt Hummel lo ricambiava.

Li vide arrivare insieme. Si muovevano con una specie di sincronia, una bella naturalezza, anche se completamente diversi nella camminata : Smythe era sciolto, Kurt invece teneva la schiena dritta, drittissima, ma questo non lo aiutava a sembrare più alto, non vicino a Smythe.

C'era qualcosa di incredibilmente doloroso nel vederli camminare insieme. Magari non era vero. Magari erano solo dicerie. Luke era mancato da scuola per tutta la settimana, quindi non aveva avuto né tempo né modo di verificare se le dicerie su quei due erano vere. Si aspettava di vederli separarsi da un momento all'altro, ma andarono avanti fino all'armadietto di Kurt -8, 2, 44, 7 , Luke ne aveva imparato a memoria la combinazione tante delle volte che l'aveva guardato da dietro l'angolo- e Smythe si appoggiò a quello affianco, poi chiese una cosa a Kurt, e lui gli rispose con un sorriso gentile. Avrebbe dato una gamba per sentire cosa dicevano. Perché stavano sussurrando?


«Il diavolo e l'acquasanta, non pensi, Luke?» domandò Juliet, poggiata all'armadietto affianco al suo esattamente come Smythe su quello vicino a Kurt. Solo che lei teneva le braccia incrociate.

«Il diavolo sei tu, Julie, non Smythe e tanto meno Kurt » rispose Luke, guardandola. Non gli era mai piaciuta la divisa delle Cheerios, quella gonna troppo corta e quel colore così acceso «Comunque hai ragione, quei due...» finì la frase borbottando, Juliet non recepì bene cosa.

«Penso che farò qualcosa» disse la ragazza guardandosi le unghie. 

«
Farai qualcosa?» chiese confuso il ragazzo. Juliet annuì piano mentre continuava a studiarsi le unghie rosa.

La ragazza 
non ebbe bisogno di guardare per sapere che suo fratello gemello aveva occhi spalancati, allarmato «E...e cosa hai intenzione di fare?» domandò il ragazzo appunto, con una nota allarmata nella voce mascolina. Juliet sorrise un pochetto, poi alzò lo sguardo dalle sue unghie perfettamente smaltate.

«Ti prometto che non faccio male a nessuno, o perlomeno non tanto. Buona giornata!» esclamò allegra, salutandolo con un bacio sulla guancia.  Luke alzò un braccio e stava per gridarle di fermarsi, ma rinunciò. Rivolse di nuovo lo sguardo alle sue spalle, dov'erano Kurt e Sebastian, ma erano andati via.

Che diamine vuole fare quella pazza di mia sorella? si trovò a pensare preoccupato, mentre camminava verso la sua lezione.




Quel pomeriggio alla fermata nessuno dei due disse una parola. Sebastian era stato agitato e scontroso per tutta la giornata. Aveva persino urlato contro una ragazzina del primo anno quando li aveva guardati a pranzo mentre ridacchiava con l'amica.

Eppure Kurt capiva. Era come sbirciare nelle emozioni di Sebastian, capiva che c'era altro, molto altro, e che non era arrabbiato. Capiva che era spaventato qualcosa, c'era questo terrore che aleggiava nei modi bruschi, nel vago tremolio della penna, il modo in cui deglutiva a vuoto e si stringeva nelle spalle. Lo stava facendo anche in quel preciso istante.

Sebastian si agitò un bel po' quando arrivarono a Keith street, e a un certo punto parlò. Sentire la voce di Sebastian fu un mezzo shock per Kurt «Senti, io devo scendere prima oggi. Domani non vengo a scuola, ma tu non preoccuparti se non mi vedi, sto bene. Ti chiamo io, okay? Comunque non ti preoccupare per me.» disse, agitato.

Kurt lo guardò preoccupato e gli poggiò una mano sulla gamba «Che succede? Perché non vieni domani?»

«Io...è troppo difficile. Chiedimi qualcos'altro e promettimi di non preoccuparti e farti trovare vivo domani sera» rispose Sebastian con quel tono agitato, quel tono che non gli si addiceva per niente.

«Come faccio a chiederti qualcos'altro? Mi hai appena detto che salti un giorno e di non preoccuparmi! Pensavo che avessimo chiarito che....insomma, possiamo parlare tra noi.» ribatté Kurt, leggermente irritato.

«Ti prometto che domani ti spiego, ma adesso promettimi che non ti preoccuperai per me. Starò...starò...non lo so come starò, ma tu mi farai stare meglio come fai sempre, quindi starò bene!» sbottò. Seguì un silenzio che parve eterno, e solo poi Sebastian guardò la faccia che stava facendo Kurt. Sorpresa. Frastornata. Quella di uno che non può credere alle proprie orecchie.

«Scusa» borbottò. Quando l'autobus rallentò, in prossimità della fermata di Sebastian, lo sentì espirare profondamente «Ci vediamo domani, okay?»

«No!» rispose immediatamente Kurt, ma Sebastian lo ignorò e scese.

Camminò di fronte alle imponenti scale della chiesa e guardò per un attimo la piazza deserta, poi si infilò nel lagno di destra, una strada che saliva fino al confine con le campagne.
Ovunque guardasse, lo stesso spettacolo : case malandate, più grandi delle palazzine, ma altrettanto malandate. Le macchie di umidità scendeva sulle pareti esterne come grovigli di capelli scuri.

Continuò a salire, e quando i muscoli delle gambe iniziarono a tirare spiacevolmente, seppe di essere arrivato. Guardò la targa lucida a destra della porta dell'edificio, che riportava quello che c'era scritto sul biglietto da visita :
Steve Wright.
Psicologo.

Cercò di rimuovere quella parola dalla mente e fece roteare gli occhi prima di entrare, affondando le mani nelle tasche. Solo quando avvertì un discreto dolore ai palmi si accorse di averle strette a pugni.



«Allora Sebastian, c'è qualcosa che vuoi raccontarmi?»

Il dottor Steve Wright,un uomo di mezza età magro e alquanto stempiato, sedeva dietro la scrivania. Sebastian gli lanciò l'ennesimo sguardo torvo in un'ora e mezza che si trovava lì. L'uomo sospirò «Hai fatto qualcosa di interessante in questi giorni? Hai saltato un sacco di sedute ultimamente.» disse il dottore paziente.

Sebastian lo guardò con sincera incomprensione «Vengo qui a farmi strizzare il cervello una volta al mese, mi pare di non aver mancato proprio nessuna seduta»

Il dottor Wright sorrise «Certo, questo fino a Dicembre. Con l'anno nuovo avevamo deciso che saresti venuto qui ogni settimana, ricordi?»

«Io non ho nulla da dirle» sibilò il ragazzo

«E invece sì, Sebastian, solo che non vuoi aprirti. Con me devi parlare liberamente di qualsiasi cosa tu voglia» spiegò lo psicologo, mantenendo il sorriso. Sebastian sbuffò una risatina senza allegria.

«Proprio il fatto che io DEBBA parlare con lei, dottore, mi sugerisce che non sono libero di fare un bel niente e questo, come sa, mi da incredibile fastidio e mi mette fortemente a disagio» rispose in tono di sfida, con le braccia incrociate.

Lo psicologo aprì le mani che teneva chiuse sotto il mento e produsse uno schiocco, simile a un applauso, poi mostrò le mani, come per arrendersi. Aveva dipinto sul viso un sorriso sgradevole che Sebastian avrebbe voluto immediatamente cancellare. Sebastian inarcò un sopracciglio.

«Ma bravo Sebastian, mi hai incastrato. Sì, sei decisamente molto furbo. Ma adesso voglio che tu mi parli di qualsiasi cosa, così posso scrivere qualcosa di diverso nella relazione e tu potrai andare a casa» il tono del dottor Wirght era improvvisamente cambiato, più tagliente di prima «Allora, di cosa vuoi parlarmi?»

Sebastian represse la voglia di mandarlo a quel paese,  perché se l'avesse fatto sarebbe rimasto là un sacco di tempo. E voleva andarsene al più presto, andare a casa, andare da Kurt, parlare con Kurt....

«Ho un nuovo amico.» disse senza rendersene conto. 

«Lui è reale o immaginario?» chiese lo psicologo, con una nota annoiata nella voce, riallacciando le dita sotto il mento.

«Reale» rispose Sebastian «E' reale, io...almeno penso che sia reale, non ho più quelle allucinazioni spaventose da una vita, lui...lui è reale, l'ho toccato. Lo tocco di continuo e lui non sparisce» la voce di Sebastian si incrinò di nervosismo febbrile «Non ho più le allucinazioni, non sono pazzo» gemette.

«Tranqillo Sebastian, ho capito. Se non sparisce è reale.» annuì «E come si chiama?»

«Kurt. Si chiama Kurt.» rispose Sebastian, ancora agitato.

«Ed è un tuo amico.» incalzò il dottor Wright. Sebastian annuì e sibilò un "sì" tra i denti. Il dottore sorrise sgradevolmente «Lo chiedevo per confermare» spiegò, mentre scribacchiava alcune parole sul blocco note. «Lui è etero?» chiese, guardandolo neglio occhi. Il professor Wright aveva gli occhi azzurri, ma non come quelli di Kurt. Quelli di Kurt erano spettacolari.

«No.» rispose immediatamente Sebastian. Un attimo dopo trasalì, e balzò in piedi dalla sedia «LEI E' UN ESSERE SPREGEVOLE SE PENSA CHE IO ME LO PORTI A LETTO!» gli urlò, puntandogli l'indice contro.

«Sebastian, siediti.» disse calmo il dottor Wright, con un gesto della mano.

«Ma col cazzo! Me vado!» rispose Sebastian arrabbiato. Afferrò il giaccone e lo zaino dallo schienale della sedia e se ne andò sbattendo la porta forte, ignorando le esortazioni dello psicologo a tornare indietro, non ci voleva stare un secondo di più  no che non ci torno ho parlato anche troppo lo sapevo che non ne dovevo parlare io lo sapevo lo sapevo cazzo.

Spalancò la porta - quella antincendio- e si catapultò fuori. Si rese conto di stare correndo solo quando l'aria che mandava giù affannosamente gli faceva bruciare spaventosamente la gola e alimentava poco i polmoni. Si appoggiò al muro bianco e sporco del vicolo tra due palazzine in cui si era infilato e fece respiri profondi, tentando di regolare il respiro. Fece aderire  la testa al muro e guardò lo scuro cielo di febbraio, stanco e affannato chissà dove cazzo sono.

Proprio in quel momento, nel vicolo si affacciò qualcuno «Sebastian?
» chiese stupefatto «Che ci fai qui?»
Ci mise qualche secondo a metterlo a fuoco. Capelli castani, felpone marrone scuro, gambe lunghe, la pelle bianco latte e quegli occhi spettacolari. Kurt.

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Il ritardo si faceva più grande,
Dovevo aggiornare per i lettori prima che mi mandassero a fanculo,
Le mie ricerche sulla sociopatia erano durate ore,
Il capitolo andava finito.
Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta!

....ossia, io ce l'ho fatta. Mandando a fanculo Gabriele e tutti quelli che mi interrompevano, ma ho finito sto benedetto capitolo. Col cliffahanger, ma l'ho finito. Che epopea che è stato sto capitolo, veramente : avevo bene in mente cosa doveva succedere, ma non sapevo come legare le scene tra loro. A finale ho fatto la cosa più semplice : me ne sono sbattuta le palle e ho scritto come veniva.
Parlando del capitolo...well, ecco che tutti noi scopriamo il grande segreto di Sebastian : è pazzo. No, okay, non è proprio pazzo, ma ha seriamente bisogno di uno psicologo competente e che magari non gli propini medicine, visto che con lui servono a poco. Ma quando mai sono stata giusta? (AAAA) Infatti lo psicologo di Sebastian...l'avete visto. Lo psicologo di Effy era un professionista a confronto.
MA QUANT'E' PATATO LUKE? Lo amo, sappiatelo. E lo dovete amare anche voi, perché lui ama Kurt e ama anche voi, quindi amatelo (?) Sì, avete capito bene : sono gemelli xD
Niente, dal prossimo capitolo ci dovrebbe essere Finn, e finalmente la madre di Sebastian. E niente, se shippate Davebastian/Sebofsky/Smythofsky come me, preparatevi, perché prevedo una scena che spezzerà il cuore a voi shippers.
Ah, prima che mi dimentico :  I gemelli Richardson (non so come possano scambiarli per gemelli ma okay) e lo psicologo di Sebastian, che non a caso ha questa faccia .

Ci vediamo giovedì o venerdì,
Robs.
  
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