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Autore: Giuacchina    22/09/2012    2 recensioni
Charlotte Harris divenne la miglior conoscente di Francine Aubert.
La principessa e la regina della Londra lussuosa.
E giocavamo e ci divertivamo e ballavamo e rendevamo la nostra vita bella come niente mai è stato. Finchè un giorno che spero di dimenticare al più presto Charlotte non mi presentò l'essere vivente più affascinante, carismatico, seducente del mondo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I più felici sono coloro che vivono giorno per giorno come i bambini, portando a spasso le loro bambole che svestono e rivestono, girando con gran rispetto intorno alla dispensa dove la mamma ha rinchiuso i dolci, e quando infine riescono a ottenere quanto desiderano, lo divorano a piena bocca gridando: "Ancora!".
Johann Wolfgang Goethe





Stasera festa, c'era scritto nel messaggio che avevo ricevuto appena sveglia. Anno scolastico finito, quindi niente orari per la maggior parte della popolazione mondiale. Non per me, ovviamente.
Primo giorno di vacanze estive equivaleva a dire lezioni di pianoforte per «adottare un approccio migliore alla società d'alto borgo».
E se mio padre diceva quelle cose allora non si poteva obiettare.
Chiedetelo al mio vecchio cagnolino: gli disse che avrebbe dovuto fare i suoi «regali bisogni»nel cortile di casa, quello riservato a lui.
Disobbedì e Dio solo sa che fine ha fatto.
Fatto sta che da allora non mi permisero più di avere un animale, nemmeno il più inutile come un pesciolino rosso. Probabilmente al comando «non essere rosso»non avrebbe reagito e quindi lo avrebbero fatto fuori.
L'orologio argentato davanti a me segnava le otto del mattino. il sole filtrava talmente tanto dalle finestre che mi maledissi per non aver chiuso le tende la sera prima, probabilmente troppo stanca per fare qualsiasi cosa.
Quando il vostro migliore amico vi propone di fare una scampagnata non prendetelo mai sul serio o, come nel mio caso, fatelo: non pensavo che intendesse l'azione nel senso letterale della parola.
Avevamo corso nel bel mezzo della campagna solo per raggiungere un luogo sconosciuto in cui dei ragazzi organizzavano feste segrete.
Certamente la stanchezza si faceva sentire – e non poco – ma ero talmente abituata all'alzarmi presto che non ci misi niente nemmeno nel prepararmi.
La mamma recitava ogni mattina la solita ramanzina. Un po' come copione, appena misi piede nella grande sala da pranzo nell'ala anteriore della casa, mi toccò subirmi tutto il suo discorso insensato.
«Buongiorno cara – iniziava – dormito bene?» mi sorrideva teneramente, poi stringeva gli occhi e con fare quasi minaccioso mi rendeva partecipe dei suoi problemi esistenziali.
«Forse non lo sai, ma tuo padre oggi parte per lavoro»
Sbuffai, come mio solito. «Lo so»
Rimase interdetta per qualche secondo, giusto il tempo di farmi assaggiare un sorso di quel latte che tanto odiavo ma che mi costringevano puntualmente a mangiare «per la salute delle tue ossa, così tenere e bisognose di calcio».
«Bene, quindi saprai anche che oggi c'è la sfilata dai Martins» mi fissò con aria da superiore.
«Lo so, so anche questo»
Per fortuna che Brigitte, la cameriera, entrò distogliendo la mamma dalle sue stupide parole. A volte mi sembrava che fosse impazzita o che avesse l'Alzheimer. Erano due anni che ripeteva ogni mattina le stesse identiche parole.
Come al solito la sala del pianoforte a casa nostra era intatta, pulitissima. Non avevo mai visto volare un acaro. Mi avvicinai alla finestra per guardare com'era il tempo quella mattina, visto che non l'avevo riflettuto nemmeno un secondo.
A Londra che tempo vuoi trovare, Francine?
Ogni volta rimanevo incantata dalla pioggia e dal suo rumore rilassante. Chiudevo gli occhi e ascoltavo finchè il sonno non mi sopraffaceva, e quel giorno ci sarebbe voluto davvero poco.
Chi te l'ha fatto fare a tornare a casa alle tre del mattino?
«Le brave signorine rispettano gli orari»avrebbe detto nonna Adele se ne fosse venuta a conoscenza. Ma per fortuna avevo dei genitori che chiudevano non un occhio per uno, bensì tutti e quattro.
Fai quel che ti diciamo e ti faremo fare quel che vuoi.
Semplice filosofia adottata sin da quando, la prima volta che tornai tardi, mio padre istituì in casa nostra.
Eravamo democratici.
O forse opportunisti?
«Brava, Francine»
Il signor Dickinson era un uomo vecchio, ma molto saggio.
Da ormai una vita mi insegnava a suonare lo strumento della sua passione primaria: il pianoforte lo aiutò a superare una malattia che pensava potesse consumarlo, così mi raccontava quando prendevamo un tè caldo alle undici. Nel nostro piccolo break ci raccontavamo di tutto. O meglio, io provavo a raccontare – talvolta inventando – qualche episodio serio, non cadevo mai nel ridicolo: chissà se l'avrebbe detto ai miei.
Mentre il mio mentore mi viziava con i complimenti non potei fare a meno di pensare a quello che era accaduto esattamente un paio d'anni prima. Certo, avevo lasciato tutto alle spalle, ma il ricordo rimase e c'è tutt'ora. Sorrisi all'idea di aver superato il tutto, con l'aiuto del mio migliore amico, limitandomi a frequentare meno gente possibile.
«Può bastare per oggi. Ci vediamo domani»mi congedò lui.
Essendo una ragazza di poche parole gli sorrisi semplicemente. Ma magari un sorriso potesse essere sempre così semplice da utilizzare.
Correvo tra i corridoi di casa. perché non avrei dovuto? Ero una bambina, sotto sotto. Scivolavo sui tappeti, muovevo le piante, spostavo le finestre lasciando entrare una luce intensa dalle finestre, almeno quello che il temporale permetteva.
Se qualcuno mi avesse vista, specialmente mia madre o mio padre, mi avrebbe detto che una signorina del mio rango non deve fare quelle cose. Io avrei risposto annuendo, evitando di rispondere male. Non era nella mia indole l'offendere i miei: avrei fatto crollare quel castello che mi ero creata, rovinando la fiducia che riponevano in me.
Dlin-dlon.
Dal piano di sotto sentii Brigitte camminare sui suoi tacchi bassi verso il portone d'entrata.
Così come m'ero comportata fino a quel momento, mi nascosi dietro la ringhiera delle scale per spiare chi fosse arrivato.
Una chioma riccioluta sbucò dall'entrata incantando la mia cameriera – palesemente cotta del ragazzo davanti a lei, nonostante la sua età abbastanza avanzata – sorridente come sempre.
Un urlo di gioia invase la casa. ops, troppo entusiasmo.
«Una signorina per bene non dovrebbe fare queste cose» urlò a sua volta lui, correndo ad abbracciarmi appena fui scesa dalle scale.
Risi con tutta l'anima.
«E un ragazzo cordiale come te non dovrebbe abbracciare una donzella in questo modo»gli diedi un buffetto sul viso.
Davanti a me, in tutta la sua perfezione, il mio migliore amico mostrava il vero se stesso, quello più sincero.
Sembrava anche lui un bambino in quei suoi pantaloni color cachi e la camicia bianca. Solo che il suo metro e ottanta e il suo fisico asciutto lo contrassegnavano, e non poco. Ma mentalmente, fidatevi, era più bambino di quanto possa esserlo uno che effettivamente ha tre anni.
Lo trascinai correndo verso la cucina, sorprendendo mia madre parlare al telefono mentre divorava un pezzo di cioccolato.
Altra regola vigente in casa mia: mai  mangiare grassi.
E fu così che colei che propose questa legge, trasgredì per prima.
Lei, nascondendo il palese pezzo di cioccolato – che oltretutto era rimasto sulle sue labbra – sorrise sfacciatamente.
«Harry!» esclamò evitando il contatto visivo con me «Resti a pranzo con noi, vero? Tua madre come sta? Ci sarà alla sfilata stasera?»
Il mio fedele amico conosceva i punti deboli di mia madre. Le sue paranoie oramai erano risapute anche al polo Nord. Non che ne andassi fiera, anzi, ma oramai la fissa per quella sfilata era diventata all'ordine del giorno. E se non fosse per il fatto che facevo finta di fregarmene, in cuor mio avrei voluto andare da lei e aiutarla. Quella sfilata di due anni prima sfinì entrambe.
«Sta bene, e comunque sì, se non è un disturbo»
Gli occhi chiari del mio amico incontrarono quelli scuri di mia madre, accendendo ancora quei vecchi rancori che difficilmente sarebbero svaniti.
  
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