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Autore: Francesco4    01/10/2012    1 recensioni
AVVISO IMPORTANTE: questo racconto si pone come un proseguo della fanfiction
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hai più fatto quel sogno?” “no, stanotte ho dormito come un sasso” le spiaceva mentire alla sua amica, ma non intendeva causarle ulteriori preoccupazioni, tanto più che Jane era un tipo molto ansioso, sarebbe stato un ostacolo al loro divertimento. Dal canto suo la ragazza fu sollevata nel vedere che Scarlett si comportava al suo solito modo, girando la scuola in cerca di misteri. Alla fine della mattinata, però, l’avevano setacciata in lungo e in largo, ma senza alcun risultato. Quando, sulla via di casa, le due si separarono, sul volto di Scarlett si poteva notare un velo di abbattimento “non ti preoccupare” le disse Jane “domani, sicuramente, qualcosa salterà fuori, basta che ci impegniamo” “sì, hai ragione”. E invece si sbagliava: all’improvviso sembrava che più nessuno avesse da chiedere una mano, nessuno perdeva più niente, nemmeno un piccolo atto di vandalismo. Scarlett era sempre più giù di morale e sempre più spesso chiedeva a Jane di lasciarla sola con i suoi pensieri, anche l’ultima briciola di interesse che il mondo le poteva offrire era scomparsa. Jane, dal canto suo, obbediva senza far storie, credendo che il suo comportamento fosse dovuto unicamente alla mancanza di attività investigativa; non immaginava, infatti, che Scarlett le avesse mentito e che quel sogno continuasse a tormentarla ogni notte. Ma presto avrebbe saputo. Erano passati sei giorni da quando Scarlett le si era confidata, era notte e stava dormendo profondamente, quando, a un tratto, Jane si ritrovò davanti una scena che le apparve familiare: si trovava sul tetto di un palazzo piuttosto alto, illuminato dall’ultima luce di un sole di maggio; in piedi, di fronte allo strapiombo, c’era una ragazza tutta vestita di bianco, con le braccia aperte, a croce. I capelli rossi, lunghi fino alle spalle erano inconfondibili. Jane tentò di correre verso di lei, ma era inutile, le gambe erano pesanti come il piombo, cercò di urlare, ma la voce le morì in gola; senza voltarsi, Scarlett avanzò di un passo, uno solo, e scomparve, per sempre. Si svegliò di soprassalto, si sentiva soffocare e ansimava, aveva una fortissima voglia di piangere. Lentamente si dondolò avanti e indietro, per calmarsi: la sua amica era in pericolo, lo sentiva, ma non poteva farci nulla, in quel momento, doveva aspettare che fosse mattina, a scuola le avrebbe parlato, avrebbe chiarito ogni dubbio. Tra i banchi, però, l’attendeva una brutta sorpresa: Scarlett era assente. Il fatto aveva stupito molti, non sembrava, infatti, che la ragazza avesse mostrato, nei giorni precedenti, segni di malessere, e quel giorno non erano in programma né test né, tantomeno, interrogazioni, a parte il fatto che Scarlett non era il tipo da “assenze strategiche”. Non poteva neanche aver trovato un caso a cui lavorare, perché Jane ne sarebbe stata avvertita, mentre lei era, in verità, l’unica che fosse seriamente preoccupata. “Non può avere a che fare con stanotte, no, dev’essere una coincidenza!” si diceva la ragazza e non poteva fare a meno di ripensare a quella scena. Appena furono finite le lezioni, Jane si precipitò in Baker Street, a casa di Scarlett. Suonò il campanello, nessuna risposta. La porta non era chiusa e si arrischiò ad entrare. “C’è nessuno? Signor Holmes? Scarlett? Non sei venuta a scuola, ho pensato ti sentisti male”. Salì le scale senza fare rumore e giunse davanti alla camera di Scarlett, la porta era socchiusa. La aprì con cautela e guardò dentro, non c’era nessuno. Il suo sguardo fu catturato da un particolare, un istante solo e il terrore si impadronì della ragazza che si fiondò giù dalle scale e poi in strada. Sul letto di Scarlett era stesa la sua giacca. La giovane si alzò in piedi con un sorriso di soddisfazione: aveva aspettato per ore e finalmente il vento si era alzato. Si avvicinò al cornicione e guardò di sotto, un brivido di eccitazione la scosse da capo a piedi. Spiegò le braccia come fossero ali, i suoi capelli volteggiavano sostenuti dalla brezza. Era pronta. Ma mentre stava per lasciarsi cadere sentì, all’improvviso, un braccio cingerla, poi un altro la trattenne; sentì qualcuno stringersi a lei, degli occhiali premere contro la sua schiena, qualcosa di caldo bagnarle a camicia. Poi uno sforzo quasi sovrumano e le due ragazze caddero all’indietro, sul cemento, a pochi passi l’una dall’altra. Attraverso le lenti inclinate Jane vide la sua amica rialzarsi e venirle incontro. Rossa di rabbia, torreggiava su di lei, ancora incapace di muoversi per la botta. “Lo sapevo, anche tu sei come gli altri, fai schifo! Volete che io non voli, morite di invidia perché sapete che io posso e voi no e per questo volete tarparmi le ali! Ma io ce la farò, dopo ieri notte ne sono sicura, ora che mi posso lasciare dietro anche te non c’è più niente che mi trattenga!” Si voltò, ma Jane le afferrò la mano “ti sbagli” le disse con le lacrime che le rigavano il viso “ti sbagli, io sono diversa, io voglio che tu sia libera di fare ciò che vuoi, solo non voglio… che tu vada via da me! Per me tu sei troppo importante, sei la mia migliore amica, perciò… ti prego, portami con te! Io ho fiducia in te, so che non mi lascerai cadere, per favore…” Scarlett spalancò gli occhi, come se si fosse svegliata da un sogno. Cadde in ginocchio e rimase così alcuni momenti a fissare il cemento “cosa mi è preso?” mormorava. Tutt’a un tratto si tirò su, sfoggiando la sua tipica espressione di soddisfazione “ci sono, non può essere che così!” “c-cosa?” trasalì Jane “so cosa mi ha spinto a comportarmi in questo modo assurdo: finalmente il nostro Moriarty ha fatto la sua mossa” “Moriarty?” “Ma è ovvio, no? Anche io, come Sherlock devo avere un nemico che trami alle mie spalle! Con ogni probabilità ha trovato il modo, forse drogandomi, di causarmi quei sogni e indurmi al suicidio; uhuhuh, si vede che è furbo, eliminarmi ancor prima che io possa diventare una minaccia, proprio scaltro. Tuttavia ha commesso un grave errore, sottovalutando la mia assistente, grazie mille, Watson” “mi chiamo sempre Ericson” disse rialzandosi “comunque mi hai deluso, per fermarti sono bastate delle frasette veramente banali, mi aspettavo una maggior resistenza” sorrise, sistemandosi gli occhiali; provò a incamminarsi verso le scale, ma non riuscì a fare più di un passo, il ginocchio sinistro le sanguinava “reggiti a me” le disse Scarlett, prendendola sottobraccio. “Ho una domanda, Jane, come hai capito dove mi trovavo?” “elementare, Holmes, per quanto tu possa impazzire o essere narcotizzata, non ti butteresti mai da alcun palazzo che non fosse il Reichenbach Building” “già, sicuro”. In silenzio attraversarono lo spiazzo fino a raggiungere la porta che dava sulle scale. Chissà se esisteva davvero un professor Moriarty, Jane non poteva fare a meno di chiederselo. Una cosa era certa: essere Scarlett Holmes doveva essere veramente difficile. Le due ragazze si voltarono a guardare il sole tramontare oltre il cornicione. Si fissarono negli occhi e si sorrisero “magari un giorno…” Cominciarono a scendere i gradini, uno alla volta. “In ogni caso, ho avuto finalmente la conferma che tu sei attratta da me!” esclamò Scarlett “eeh, ma che dici?!” “beh, in primo luogo, quella di prima cos’era se non una dichiarazione d’amore?” “Ma ti ho spiegato che ciò che ho detto l’ho detto solo per fermarti!” “Zut, zut, comunque come spieghi, allora, che quando mi hai afferrata mi hai toccato le tette? Me ne sono accorta, sai?” Jane si sentiva di dubitare delle proprie parole “è inutile cercare di ragionare con te, guardi troppa BBC”. Un saluto e un ringraziamento a tutti quelli che sono arrivati alla fine di questa mia storia, sperando (temo inutilmente) che vi sia piaciuta. Dal canto mio devo dire che mi ha divertito molto scrivere di questa vicenda, alternando diversi registri in una confusione che rasenta il Chaos (in particolare il finale). Ancora ringrazio e chiedo, gentilmente di lasciare commenti, opinioni e, soprattutto, critiche, in modo da migliorare per il futuro!
  
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