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Autore: gaccia    04/10/2012    19 recensioni
L'ennesima porta sbattuta in faccia! Tutti gentili, ma alla fine il risultato è lo stesso.
Ho provato in tutti i modi, mi sono presentata vestita casual, con tailleur eleganti, sportiva chic ma non è servito a nulla. Il posto da ricercatore è andato al maschietto di turno, bravo, certo, ma non quanto me.
Basta! Ho deciso! Questa volta proverò in un altro modo. In fin dei conti se c'è riuscito quello stronzo puttaniere di Edward Cullen a farsi passare per una ragazza al liceo, perché io non potrei farmi passare per un uomo? Solo fino a quando sarò assunta e non mi sarò fatta un pochino di esperienza...
“Piacere, mi chiamo Lino Swan”.
Sequel di “Ciao Edwardina”, anni dopo, la situazione si è completamente ribaltata: è Isabella ad essere costretta a vestirsi e comportarsi da uomo per ottenere il lavoro dei suoi sogni.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'i trasformisti'
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Ciao a tutti,

questo è un capitolo chiave. Qui si racchiude tutta la spiegazione di quello che ha costretto Edward a comportarsi da stronzo.

 

Faccio una premessa, per chi magari non ha letto Ciao Edwardina o chi non se la ricorda bene. Edward era un impulsivo ragazzino di 18 anni quando ha scommesso con Emmett e si è trovato travestito da donna a Forks (lui è di Seattle).

All’inizio era un ragazzo tronfio, sicuro di sé ed egoista. Essere trasformato in una cozza umana l’ha cambiato, è diventato più generoso e rispettoso degli altri.

All’epoca della sua fuga in Europa, lui era giovane e buono, nel senso stupido del termine, dove il sacrificio personale è la più alta espressione di amore e, soprattutto, deve essere compiuto da solo, senza alcun aiuto.

Sarebbe bastato parlare con i genitori, con Bella, chiedere aiuto a qualcuno e non sarebbe accaduto nulla.

E’ difficile e ferisce il proprio orgoglio, ma a volte bisogna abbassarsi e chiedere.

 

Anche Bella ha le sue colpe. L’orgoglio rende sordi e a volte basterebbe ascoltare la persona per capire e scusare una offesa. Chiudersi a riccio (o istrice) l’ha portata a una lontananza forzata che poteva evitarsi.

 

Detto questo, ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito, chi ha inserito questa storia nei preferiti, ricordati, seguiti e chi ha semplicemente letto e spero apprezzato questa storiella.

Ringrazio ancora l’autrice Anto_Pattz per il banner e ricordo che questa è una storia comica e anche se in questo capitolo ci si fa seri… la risata può sempre scappare!

 

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Bella, mi spieghi perché lavori travestita da uomo?». È mattino presto e ci siamo appena svegliati. Le coccole all’alba sono sempre state le mie preferite, soprattutto dopo un’intensa sessione di attività fisica come quella di questa notte.

«Non riuscivo a trovare lavoro. Assumevano sempre un maschio e allora ho provato a cambiare. Stupidamente devo dire, perché alla biologicalseattle, assumono anche donne, ma Grace mi aveva già presentata come Lino, così mi sono adeguata» rispondo.

«Ti avrebbero assunta ugualmente» mi consola «Adesso come pensi di agire?».

Bella domanda. Se avessi un dollaro per ogni volta che me lo sono chiesta in queste due settimane, sarei davvero ricca

«Pensavo di andare avanti qualche mese e poi rivelarmi per quella che sono, oppure auto sostituirmi per una fortuna improvvisa» non ero riuscita a pensare a niente di meglio.

«C’è qualcuno che sa di te, oltre Grace?».

«Robert, i tuoi cugini…» e vengo subito interrotta.

«Quindi questa è opera di Alice e company? Dovevo immaginarlo! Ci hanno preso gusto» ride stringendomi a lui.

«Probabile. Angela mi ha caldamente consigliato di rivolgermi a loro, visto il risultato che avevano ottenuto con te, dimostravano esperienza».

«Quindi anche Angela e Ben sapevano?» continua l’interrogatorio.

«Mi hanno assistita nella trasformazione. E lo sapeva anche James e Jacob» chiarisco e agli ultimi due nomi lo sento irrigidire.

Non riuscirà mai a farseli piacere.

 

«Perché James era qui?» chiede quasi timoroso.

«Angela lo aveva incaricato di portarmi del cibo. Sai, io non cucinavo quando lavoravo al ristorante. Prendevo sempre gli avanzi e ora che non vado più a lavorare durante la settimana, pensa che morirò di fame» rispondo.

«Non lo permetterei mai».

«Ti ringrazio per non esserti scatenato quando l’hai trovato in casa con me in accappatoio». Poteva essere una scenata di gelosia in piena regola, invece era rimasto relativamente calmo.

«Ho imparato da parecchio che te la sai cavare. Sei troppo onesta per nascondermi tresche clandestine. E ti sai arrangiare da sola se uno ti da fastidio. Confido nei tuoi pugnali. Quindi no, ho respirato a fondo ed ho pensato che eravate solo due amici che parlavano. Lui ci ha provato e tu l’hai cacciato. Punto. Non devo fare delle scenate su cose infondate, altrimenti ci rimetto io».

A parte il vago riferimento alla nottata con Jacob, sono davvero orgogliosa del suo modo di ragionare. Gelosia, ma sempre razionalizzata dalla mente. Fiducia innanzi tutto. È cresciuto! E tanto anche!

«Ricordati che la stessa cosa vale per te» mi dice. Beh, questo non lo posso garantire. Se una donna gli mette le mani addosso… potrei staccarle a morsi.

«Comunque tu a lui piaci» dice dopo qualche istante. Adesso è serio.

«Piaccio a tanta gente, ma sei tu quello che piace a me» rispondo e un sorriso orgoglioso gli si dipinge sul volto

«Hai buon gusto! Sono il migliore» si vanta.

«Pavone!» nessun animale lo rispecchia di più! Un piccolo pugno sul torace se lo è proprio meritato.

 

Continuiamo a parlare abbracciati, con la mia testa sul suo cuore e le nostre gambe intrecciate

«Sai che sono venuto a cercarti al ristorante, circa un mese fa?» chiede all’improvviso.

«Lo so, eri con Tanya» gli rispondo.

«Allora eri lì! Non ti ho visto, dov’eri nascosta?».

«Dietro le rose» gli dico ridendo.

«Ecco! Che stupido che sono stato. Perché non ti sei fatta vedere? Ho cercato così tante volte di parlarti» dice con rammarico.

E a queste parole, una pugnalata viene inflitta al mio cuore.

«Perché te ne sei andato sei anni fa? Mi hai lasciato solo un messaggio» sospiro cercando di trattenere le lacrime che inevitabilmente mi sgorgano tutte le volte che mi trovo a pensare a questa storia.

«E’ una storia un po’ lunga e complicata. Vorrei parlarne con calma, questa sera a casa mia. Ti va?» chiede sospirando.

«E’ stata colpa mia?» sono terrorizzata di aver sbagliato qualche cosa, di averlo soffocato, costretto a qualcosa a cui non teneva. Forse questa è stata la mia paura più grande in questi anni. Il terrore che fosse fuggito da me. Era più facile pensare di aver subito un torto, piuttosto che affrontare una simile verità.

Lui si siede e prende il mio viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.

«Non pensarci neanche. Tu eri la parte perfetta della mia vita, avrei salvato solo quella se avessi potuto. Sono dovuto andare via di corsa perché sono stato ricattato e ci sarebbe andata di mezzo la mia famiglia. Non potevo permetterlo per colpa mia. È per questo che sono partito. Quando ti ho cercata, il giorno dopo, per spiegarti tutto, hai iniziato a rifiutare di parlarmi e dopo qualche mese mi sono arreso» vedo il rimpianto di quello che è stato e la convinzione della scelta che ha fatto. Sento che mi sta dicendo la verità perciò acconsento ad attendere questa sera per sapere tutto quanto.

 

Ormai sono le sette e stiamo quasi per uscire, visto che dobbiamo passare da Edward per il cambio dei vestiti. Mi ha costretta a preparare una borsa con tutta la mia roba per questa sera, per non dover correre qui domani.

Le cose si stanno facendo serie alla velocità della luce, o forse lo sono sempre state.

Quando mi sono truccata questa mattina mi ha aiutato, raccontando le sue avventure e passandomi il fondotinta. Un truccatore professionista. Decisamente divertente.

Sono ancora in bagno e decido di spruzzare il profumo di Charlie. Devo assolutamente parlare con Edward e non voglio che lui mi distragga o trovi una scusa per evitare ancora l’argomento.

«Che stai facendo?» mi chiede mentre guarda disgustato il profumo che sto postando sulla mensola.

«Mi metto la lozione anti stupro. Così non ti distraggo mentre stai lavorando» lo guardo sbattendo ripetutamente le ciglia.

«Sai che sei il ragazzo gay più affascinante che abbia mai visto?» dice mettendomi una mano sulla conchiglia «E sei sempre così duro…» e si mette a ridere come un matto.

«Tu, invece…» rispondo posizionando la mia sul suo cavallo e portando il mio collo profumato sotto il suo naso «… Niente».

E questa partita l’ho vinta io, pavone!

«Non te la dimenticherai mai, eh?» sorride, poi prende la famosa boccetta di profumo ammazza sesso e se ne spruzza una generosa dose.

«Che fai?» chiedo curiosa.

«Anche io non voglio che ti distragga, non vorrei mai avere una tua lettera di richiamo sulla coscienza» e si sporge verso di me facendo aspirare il suo profumo.

Chiudo gli occhi e… oh mio Dio! Charlie!

«Non posso baciarti così!» protesto.

«Meglio! Saremo più professionali. Forza mister Swan, andiamo a lavorare!» esclama regalandomi una pacca sul sedere e facendomi uscire dalla porta.

 

«Ehi, piccioncini!» urla Grace a gran voce nel bar dove ci fermiamo per la colazione. Ormai il pericolo Bree è scongiurato e anche le avances di altre donne. In un certo senso, essere gay è liberatorio.

«Ciao, Grace. Come è andata la serata?» chiedo baciandole la guancia.

Gesto effeminato, ma tanto sono gay… però! Mi piace! E posso anche parlare più tranquillamente come una ragazza… sta tutto nel personaggio.

«Benissimo! Vorrei chiederti un favore…» dice e poi si sporge verso di me e sussurra in modo che Edward non senta «Ho bisogno di andare dal ginecologo oggi, mi accompagni nella pausa pranzo?».

«Senz’altro! Anche io ho bisogno di fare una visita» rispondo sottovoce.

Ci guardiamo fisse negli occhi ed iniziamo a ridere. Anche lei ha la mia stessa necessità. Gary deve proprio saperci fare.

«Donne» borbotta Edward mentre si avvicina al bancone per ordinare le nostre colazioni.

«Dalla tua faccia direi che è stata una gran serata. Chissà perché pensavo che vi sareste picchiati a sangue» dice Grace, una volta sola con me.

«No, però non abbiamo ancora chiarito. Abbiamo rimandato a questa sera. Mi ha solo accennato di essere stato ricattato e che voleva proteggere la sua famiglia… non voglio pensarci adesso. Mi sto friggendo il cervello da quando me l’ha detto» rispondo accigliata.

«Ricattato? Non ha mai raccontato nulla di simile a me. Mi sento in colpa, chissà cosa ha dovuto affrontare da solo».

Accidenti. Ha ragione. Ho sempre pensato solo al dolore che ho provato io e non mi sono mai soffermata sul suo, pensando che non ne provasse. Anche ieri e questa mattina, quando mi rassicurava a gesti e parole di essere sempre stata l’unica, non ho mai pensato a quanto avesse passato in questi sei anni.

Sono egoista.

Quando torna al nostro tavolo mi alzo e lo abbraccio ancor prima che si sieda.

«Ehi, a cosa devo l’onore?» chiede sorridendo.

«Ti voglio bene» rispondo commossa. Lui mi stringe forte e chiede «Solo?».

Vuole proprio sentirmelo dire, il pavone. «Ti amo».

«Ricordatelo sempre… anche io» mi soffia nell’orecchio e mi ricopro di brividi, subito spenti dalla zaffata di profumo.

Mi sento ridicola. È come avere un tasto on/off per la libido.

 

Stiamo finendo la colazione ed io sto raccontando delle reazioni di Edward al profumo di Charlie, scatenando le risate convulse di Grace.

Il mio ragazzo fa un broncio adorabile ed è troppo divertente prenderlo in giro.

Non c’è cattiveria tra noi. In questi anni ci siamo dette di tutto io e questa ragazza e so che tra lei e Edward è la stessa cosa.

«Allora tu dici che mettendo una mano sul suo cavallo dei calzoni e massaggiando non si sveglia perché sente l’odore di tuo padre?» chiede, mentre la sua mano sta facendo finta di palpare il pavone sotto lo sguardo sconvolto sia mio che suo.

«Grace!» strillo!

«Sto scherzando, dai!» e ride più forte.

Ovviamente, il diavolo farà pure le pentole ma si dimentica sempre dei coperchi e proprio un nanosecondo prima di togliere la mano malandrina, arriva Robert e guarda la scena con occhi sbarrati.

In effetti non siamo mica normali. Io ho il mio collo sotto il naso di Edward che ha un braccio sulle mie spalle e guarda Grace che allungata si sporge mettendo  una mano sul pacco del mio ragazzo. In pratica una foto da orgia!

«Non starò a chiedere cosa ci fa un ragazzo notoriamente gay con la mano della ragazza che esce con mio figlio, annusando il suo ragazzo. Sebbene io adori le soap opera, questo intrigo è troppo anche per me» e scuotendo la mano come a scacciare una mosca, richiama l’attenzione di Bree per ordinare la colazione.

«Non è come credi» replico io.

«Lo dicono tutti gli adolescenti beccati a fare sesso. E credimi, ho imparato che è proprio quello che sembra… tranne che nel vostro caso, perché sono sicuro che la spiegazione mi terrà allegro per il resto della giornata» e mi fissa, ansioso dell’ultimo pettegolezzo.

«No. Mi dispiace ma i miei fatti sessuali non saranno ripetuti ad altra anima viva. Dovrò sopportare per anni questa psicopatica e le sue frecciatine, non tollererò oltre» dice serio Edward, puntando il dito indice sotto il mio naso «Quindi ti proibisco di fiatare, oppure…» e si ferma a pensare una punizione adatta.

«Oppure?» lo sfido alzando un sopracciglio.

Voglio proprio vedere dove va a parare.

«Mi spruzzerò quel profumo per tutta la settimana» dice trionfante.

«Ma fa effetto anche a te?» ride stupita Grace

«Sì» ammetto sconsolata «Non ci posso fare nulla, è più forte di me. Vedo mio padre» rispondo allargando le braccia.

«Uhu. Conosco questo problema, lo aveva anche Max. una volta ho messo Chanel n° 5 e lui non mi si è avvicinato per tre giorni, perché sosteneva che gli ricordavo sua madre» interviene Robert.

Quest’uomo ha un intuito imbarazzante! Non posso credere che abbia capito tutto dicendo solo due parole!
«Sì, davvero divertente. Grazie ragazzi, immaginandomi la vostra scena, riderò tutto il giorno» e si alza lasciandoci letteralmente a bocca aperta.

«Ma ci ha messo una microspia addosso?» chiede Grace guardando alternativamente me e Edward.

«Non so cosa risponderti» le dico mesta.

«Andiamo al lavoro, è meglio» conclude il pavone con le piume arruffate.

 

«Amore, andiamo a pranzo?» chiede Edward dopo essermi stato alla larga per tutta la mattina.

Sono orgogliosa di noi. Ci siamo sfiorati, ci siamo guardati ma abbiamo lavorato benissimo, con una complicità strabiliante: è riuscito a capire cosa volevo ancora prima di parlare e anche io ho anticipato parecchie mosse.

È come se avessimo abbattuto le barriere che ti tenevano separati e fossimo un tutt’uno. Anche John se ne è accorto e mi ha fatto impliciti complimenti per il progresso della collaborazione nel team.

Quella che in questo momento sta vivendo male la situazione è Amanda.

Alterna sguardi compassionevoli, irosi, stupiti, amorevoli, gelosi e altre mille emozioni che mi riesce incredibile pensare riescano a stare compressi in una unica persona.

Ho fatto attenzione anche a Collin. Lui invece è cordiale con noi, quasi amichevole ed è tenero e gentilissimo con Amanda. Mi sta venendo il dubbio che in realtà il nostro assistente stempiato, sia invaghito della chimica.

 

«No, mi spiace, accompagno Grace dal medico ed approfitto per una visita» rispondo.

«Stai male? Ti ho fatto male questa notte… oh! Lo sapevo! Sono stato un animale! Dimmi, dov’è che hai dolore?» chiede in preda al panico, cominciando a tastarmi per controllare eventuali acciacchi.

Ed io rido. Non posso fare altro. È troppo buffo.

«Quello che mi farà male tra un po’ è la pancia per le risate. Non ho niente che non va, non preoccuparti. E’ solo un controllo».

Vedo che respira a fondo per calmarsi. Può essere più tenero e dolce?

«Posso accompagnarvi anche io?». Beh, adesso non esageriamo, è pur sempre lo studio di un ginecologo e dovrò parlare di mestruazioni, rapporti sessuali ed irritazioni vaginali, non credo che siano argomenti adatti alle caste orecchie del pavone. Perciò nego deludendolo.

«E chi penserà a me?» chiede con vocetta e broncio degni di un lattante.

«Ma io caro» risponde Robert mettendogli una mano sulla spalla.

«Mi devi raccontare ancora un sacco di cose e devo mettere a confronto le mie informazioni con quelle di Max su Bella» chiarisce meglio le sue intenzioni.

«Non hanno niente di meglio da fare che sparlare della nostra vita, questi due?» chiede Edward rivolto a me.

Purtroppo faccio spallucce «Benvenuto nel mio mondo» dico ironica e scappo visto che Grace sta facendo segno.

 

§§§

 

In un certo senso mi è spiaciuto lasciare Edward tra le grinfie di Robert. Quell’uomo è simpaticissimo, ricorda la vivacità di Robin Williams, anche se di aspetto sembra più sul tipo inglese, stile Hugh Grant. Lui e Max sono davvero una bella coppia, spero solo non sia troppo pesante con Edward.

Non aveva molta simpatia per Eric quando eravamo al liceo. Va beh, quello tentava sempre di palparlo e sicuramente Robert non lo farebbe mai…

Meglio che mi concentro sulla visita di oggi.

«E’ tanto che vieni da questa dottoressa?» chiedo a Grace che è seduta accanto a me.

Abbiamo ottenuto un appuntamento al volo. Normalmente la ginecologa, tiene sempre libere le ore del pranzo per le visite alle donne che lavorano e oggi siamo state fortunate, grazie allo studio praticamente vuoto. Siamo le prossime.

«Parecchio… sai, qualche anno fa la dottoressa Everfour ha fatto scalpore» dice con fare cospiratorio.

«Perché?». Gossip, gossip, gossip… ormai andrò nel girone infernale delle pettegole.

«Ha scritto un libro erotico che ha avuto anche un discreto successo. Anche se non aveva pubblicato la sua foto, hanno capito tutti che era lei… si è firmata con il nome Elly4ever e lei di nome si chiama Allison Everfour» racconta.

Romanzo erotico. Credo che chiederò a Emmett, visto le letture edificanti che faceva quando mi accompagnava per negozi.

«Certo che con il lavoro che fa, ha una conoscenza tecnica diretta ed approfondita» dico riferendomi alla vagina, parte integrante di un tale racconto.

 

«Signori Razi? Venite pure» dice la dottoressa facendoci accomodare in studio.

«Signora, lei vada pure a spogliarsi dietro il separé mentre parlo con suo marito» continua.

«Scusi…» provo a dire, ma la ginecologa continua.

«Mi chiami Ally, è tanto che volevo conoscerla, sua moglie viene da me da parecchio tempo e non l’aveva mai accompagnata» e mi stringe la mano vigorosamente «Non è da tutti accompagnare le proprie donne in uno studio simile. Normalmente vengono solo quando ci sono le ecografie dei bambini, altrimenti fuggono da queste mura come se ci soggiornasse il diavolo» continua imperterrita il suo discorso ed io sono sempre più perplessa.

Okay, non mi sono cambiata perché non ho avuto tempo, visto che finito qui dovremo correre al laboratorio, ma qualcuno dovrebbe spiegarmi dove ho la fede al dito per far supporre a questa qui di essere sposata con Grace.

«Ma io…» provo ancora ma questa non demorde.

«Non si preoccupi… Mi dica, cosa vi porta qui? Avete dei problemi, perdite, irritazioni vaginali?» si è calata ancora di più nei problemi professionali ed ha tirato fuori un foglio a caselline che inizia a compilare.

«Vorrei prendere la pillola anticoncezionale» dice Grace, posizionandosi sul lettino, pronta per la visita.

«Benissimo, allora le prescrivo le analisi da fare per scegliere il prodotto più adatto. Fate bene a non rischiare una gravidanza se non siete sicuri» e mi guarda comprensiva.

Ci rinuncio e aspetto il mio turno.

 

Dopo dieci minuti e trenta domande specifiche sulle prestazioni di Gary, che vengono appioppate a me con tanto di occhiate ammirate, (oltre al fatto che ne avrei fatto volentieri a meno di sapere certe cose), Grace ha finito, si riveste ed è pronta ad uscire.

«Esco anche io, avevo ancora un appuntamento con una certa Swan, ma non è arrivata…» e la dottoressa si sta togliendo il camice.

«Veramente sono io» dico e vado dietro il separé ad iniziare a spogliarmi.

«Mi… mi scusi ma lei ha bisogno dell’andrologo, non del ginecologo» obbietta Ally.

«Anche lei vuole la pillola anticoncezionale» spiega Grace ridacchiando per la palese confusione della dottoressa.

«Non credo che faccia bene e poi… non si preoccupi, non rimarrà incinto. È scientificamente provato» e qui la mia amica scoppia in una fragorosa risata mentre io mi siedo sul lettino, pronta per la visita, mostrando il sospensorio con conchiglia.

«Ma… lei è una donna!» esclama quasi sconvolta.

«Esatto» convengo.

«Allora credo che abbia bisogno di uno psicologo… ma uno bravo» continua la sua missione per mandarmi da altri medici.

«Per ora ho solo bisogno che mi prescriva gli esami per scegliere la pillola anticoncezionale adatta alla mia persona» rispondo conciliante.

Ally Everfour avrà molto materiale per una nuova storia, quando io e Grace usciremo da qui.

 

§§§

 

«Quindi non voleva visitarti?» Edward ha riso per venti minuti quando ho accennato a quello che è successo dal medico. Sommato a quanto ha riso Grace per lo stesso motivo, direi che ho sopportato abbastanza per oggi.

«Basta, ti prego» supplico e lui, sforzandosi, mi accontenta.

Siamo in macchina e stiamo andando a casa sua per passare la serata ed affrontare il discorso che mi sveglia la notte da sei anni.

Voglio sapere perché è partito, perché mi ha lasciato così. Ne ho diritto e, arrivati a questo punto, lo pretendo.

«Guarda che il palazzo è da quella parte» dico, indicando la via dello stabile dove ha dimora la famiglia Cullen. Non posso sbagliarmi, ho passato diversi giorni in quell’appartamento.

«Io non abito più con i miei. Ho ancora alcuni vestiti per le emergenze e mi fermo quando faccio tardi… altrimenti vado a casa mia» dice divertito.

Ci stiamo allontanando dal centro, verso una zona residenziale. Ci sono villette a uno o due piani con steccati e giardini curati.

 

Mi guardo intorno curiosa. Mi piacciono queste case, mi ricordano Forks con le villette e i quartieri famigliari e tranquilli.

Edward si ferma sul vialetto di una villa a due piani, completa di portico, giardino con una grande quercia e uno steccato bianco che circonda la proprietà.

Se vedessi dei bambini giocare li fuori, non sarebbe per niente strano.

È una casa bellissima, ma forse un pochino grande per essere abitata da una sola persona.

Lo guardo stupita. Tutto mi sarei aspettata come casa, tranne quella.

«E’ un sogno che ho fatto anni fa e quando, tre anni fa, ho visto che questa era in vendita, ho deciso di acquistarla… a dire il vero è il regalo di compleanno di mia madre» si giustifica.

Cavoli! Normalmente a me arrivano pacchettini con degli orecchini in nichel, non una casa dal valore di qualche centinaia di migliaia di dollari. È proprio un regalo  prêt à porter.

«Ti piace?» chiede ansioso.

«Fuori è magnifica, adesso fammi vedere come è dentro!» dico spingendolo verso la porta.

«Non è tutto arredato, per ora ho solo il necessario… in questi anni sono stato lontano, sai?» mi spiega aprendo la porta e spostandosi per farmi entrare per prima.

 

In effetti, a parte il mobile e l’ampio divano in salotto, il tavolo e una cucina super accessoriata, l’unico ambiente arredato è la camera da letto e il bagno al piano terra. Ma per scrupolo, Edward mi fa visitare anche il salone, gli altri due bagni, lo studio e le tre camere da letto. Inutile dire che anche io inizio a sognare pargoli che vagano per le scale e noi due a coccolarci davanti al camino del salone.

«Bella, che ne dici? Ti piace?». È ansioso di sapere la mia risposta, come se ne andasse della sua vita futura.

«E’ decisamente grande… è stupenda, Edward». Non riesco a prenderlo in giro, sono entusiasta e lo dimostro.

 

«Bene» mormora soddisfatto «Sono passato da Angela, oggi. Ho portato la cena, così possiamo mangiare, o preferisci fare altro?» chiede malizioso.

«Parlare. Voglio parlare» rispondo decisa e lui annuisce sedendo sul divano e invitandomi accanto a lui.

Sospiro e mi preparo. Ho il cuore stretto da una morsa di paura e incertezza e spero tanto che quanto mi dirà, sia rivelatore e liberatorio.

Voglio sapere per lasciarmi questa storia alle spalle. Non ha senso rimuginare o rimpiangere. Occorre andare avanti ed io voglio andare avanti.

 

«Tu sai chi è stato eletto senatore dello stato di Washington, tre anni fa?». Adesso parla di politica?

«Non ho votato» rispondo alzando le spalle. Non sono appassionata di questioni politiche e poi ero troppo occupata tra studio e lavoro.

«L’avvocato Gerandy… te lo ricordi?». Dove vuole arrivare?

«Era il proprietario di quella villa che ha l’albero secolare nel parco a Forks» rispondo.

«Ed era il socio di mio padre» aggiunge.

«Ricordo che è lì che ti sei rivelato per quello che eri. Mi è venuto un colpo quando ti sei tolto la parrucca. Ero così arrabbiata» ricordo come se fosse ieri.

«Quello è stato il mio secondo errore». È criptico.

«E il primo?».

«Essermi fidato di lui». La sua risposta secca mi fa gelare il sangue.

Cosa ha fatto questo Gerandy a Edward. Perché l’ha ricattato e cosa voleva in cambio?

 

Guardo il mio ragazzo e non capisco il senso di quello che mi sta dicendo. L’avvocato Gerandy era un collega di suo padre, socio dello studio legale, si era comportato gentilmente con noi.

«All’epoca mio padre era il candidato per il seggio al senato. Aveva la maggioranza del partito democratico dalla sua parte e avrebbe concorso per andare a Washington DC lasciando lo studio legale alle cure del suo socio e di due nuovi associati». Nel suo racconto c’è una nota stonata: tutto questo non è successo. Anche se non sono mai stata attenta a queste cose, se un Cullen fosse stato eletto al senato, a Forks avrebbero fatto festa per una settimana ed io lo avrei saputo, senza dubbio.

Comincio a capire qualcosa. Indirettamente la mia vita è finita in un gioco più grosso di quanto pensassi.

«Quando ho fatto quella scommessa e mi sono trovato in quella situazione assurda, travestito, non sapevo di aver scatenato una serie di eventi che avrebbero rivoluzionato la mia vita e quella di chi mi stava accanto» mormora.

Poi si volta verso di me e mi prende entrambe le mani guardandomi fisso negli occhi, come a dare maggior forza a quello che sta per dire.

«La cosa migliore che mi sia capitata in quella vicenda è che ho incontrato te e mi sono innamorato. Ho imparato ad avere più rispetto delle persone e a rapportarmi con gli altri. Ma il modo in cui tutto questo era successo, doveva rimanere segreto, per evitare imbarazzi a me, ma sopratutto a mio padre». Comincio a capire.

 

«Purtroppo, per salvarti da una denuncia che avrebbe pregiudicato il tuo futuro al college, mi sono smascherato davanti a Gerandy, ma pensavo di potermi fidare.

In realtà lui mi ha fotografato e la videocamera di sicurezza ha filmato alcune sequenze dove ero riconoscibile, in vesti da donna. Hai idea dello scandalo che ne sarebbe uscito se le foto o il video fossero stati divulgati ad arte?».

Allora è colpa mia. Lui si è scoperto per salvarmi e ci ha rimesso, quindi è colpa mia e della mia irrazionalità.

Per cosa ero così combattiva quel giorno? Per una pianta? Ho perso sei anni della mia vita per una pianta? Ho sofferto, ho pianto e mi sono trasformata nell’ombra di me stessa per una stupida pianta?

«No, Bella. La colpa è mia e, se vuoi, di Gerandy. Tu non centri nulla». Devo aver parlato ad alta voce, visto che mi ha risposto.

Mi stringe tra le braccia mentre le mie lacrime bagnano la sua camicia.

 

«Continua. Voglio sapere tutto» pigolo ad occhi chiusi.

«Alla fine dell’estate il partito doveva fare l’investitura ufficiale per il candidato che avrebbe iniziato la campagna elettorale e si sarebbe giocato il posto al senato contro i repubblicani. Gerandy aveva deciso di chiedere a mio padre il suo ritiro e di farsi eleggere. In più pretendeva che mio padre finanziasse la campagna elettorale con una buona fetta del suo patrimonio». Non aveva chiesto nulla a lui… allora perché?

«Il messaggio per mio padre fu consegnato a me, perché doveva fare più effetto. Purtroppo per Gerandy, ho letto il messaggio ed ho visto le foto e la cassetta. Mi sono sentito furioso, poi deluso, e poi ho avuto paura di rovinare la carriera di mio padre. Non eravamo mai andati tanto d’accordo come dopo il mio soggiorno a Forks» sorride dolcemente al ricordo.

«Così, per salvare tutti, ho deciso di andarmene. Se fossi andato in Europa, anche se le foto fossero uscite, sarei passato come lo scapestrato figlio dandy di turno, con un’aura decadente come il principe Harry. Avrebbe potuto giostrare lo scandalo come voleva, senza avermi sempre tra i piedi con tutto l’imbarazzo che ne sarebbe seguito. Anche tu avresti sofferto per tutta quella pubblicità, e magari se la sarebbero presa anche con te ed era la cosa che volevo evitare assolutamente.

Per questo, visto che la Sorbona aveva richiesto la mia presenza, ho preso al balzo l’occasione e sono scappato».

Sento che il suo sospiro non è solo per aver raccontato tanto, ma per essersi alleggerito di questo segreto.

 

«Quando ti ho mandato il messaggio ero all’aeroporto ero spaventato e depresso. Sentivo che stavo sacrificando la mia vita per la mia famiglia e mi sentivo come l’eroe che doveva rinunciare a tutto e lo faceva senza rimpianti per il suo spirito caritatevole. Poi, quando sono arrivato in Francia, ho riletto quello che ho scritto e mi sono dato dell’idiota. All’inizio pensavo che non avevo diritto di chiederti di aspettarmi e avevo deciso di lasciarti libera, in linea con la mia follia. Poi, ho pensato che avrei dovuto lasciarti la libertà di scelta e non era giusto importi i miei deliri. Ti ho telefonato, ho cercato di contattarti e spiegarmi. Tu continuavi a negarti, Angela non mi diceva nulla, Grace mi insultava e io… non sapevo più cosa fare».

Una carezza sul suo viso è il mio incoraggiamento per terminare il racconto.

 

«Non potevo tornare a casa. Mia madre mi tormentava per questo, ma mio padre era molto orgoglioso di me ed io mi sentivo fiero del sacrificio che avevo fatto per loro e continuavo a stare lontano dagli Stati Uniti.

Visto che mio padre non rinunciava alla sua carriera politica, Gerandy portò le foto a qualcuno della direzione del partito paventando uno scandalo ed erigendosi a difensore dell’onore dei democratici. In sostanza sollevarono mio padre e nominarono lui come candidato alle elezioni del senato.

Ormai era più di un anno che studiavo in Europa, quando mio padre lasciò la politica per dedicarsi solo allo studio legale. A quel punto, avevo sprecato un anno della mia vita e avevo perso te per nulla. Mi precipitai a casa e gli raccontai tutto. Se non ho capito male, ha liquidato la parte del suo socio e deve aver fatto in modo che abbia perso ingenti somme di denaro. Credo che voglia rovinarlo per vendicarsi».

 

Faccio un grosso respiro e mi alzo. Mi guardo attorno e decido di uscire. Ho bisogno di aria, di pensare, di silenzio e senza Edward vicino.

Sarò egoista ma ho bisogno di restare da sola.

«Edward, accompagnami a casa». Lo dico senza guardarlo in faccia. Non so neanche perché.

Non riesco a focalizzare.

Voglio solo abbracciare il mio cuscino e piangere tutte le lacrime di cui sono capace.

Sento la mia pelle appiccicaticcia, come se mi fossi immersa in una sostanza putrida e oleosa. È lo schifo del potere distorto, la sete e l’ingordigia dell’uomo che ha macchiato anche la mia vita. Io volevo solo amare e mi è stato negato.

Non riesco ad ascoltare altro.

È tutto deprimente.

Voglio andarmene e rimanere sola.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

dai, anche se è un capitolo serio… Bella/Lino incinto? Ammettetelo, è carina! Io sarei uscita di corsa dallo studio…

 

tornando alla parte clou…

che intrigo! Non voglio vantarmi per i fili che ho riannodato in questo capitolo dicendo che già quando ho scritto Ciao Edwardina avevo pensato così, perché mentirei spudoratamente, tanto che il mio naso bucherebbe lo schermo del computer come punizione.

 

Diciamo che ho sfruttato quello che avevo scritto, trovando gli spunti giusti per giustificare il tutto. Perché è vero, il padre di Edward voleva una carriera politica (secondo capitolo) e l’avvocato Gerandy era suo socio (terzultimo capitolo).

 

Adesso Bella è frastornata, si sente invischiata in un intrigo che non ha nulla a che fare con la sua vita reale. È senza fiato e deve digerire tutta la storia prima di andare avanti con Edward.

Edward è stato stupido a fare tutto da solo, implicitamente lo ha ammesso. Solo che non è riuscito a rimediare al danno fatto, se non a distanza di tempo.

 

Adesso suggeritemi cosa deve fare Bella e cosa deve fare Edward.

Lei torna a casa? Lui la tiene lì? Cenano insieme? Lei parte per andare a picchiare Gerandy? Telefona a Angela o Grace? Corre da Jacob? Lui si mette in ginocchio e le chiede di sposarlo? Fanno l’amore davanti al camino smettendo di parlare?

Non credo che scappare sia una soluzione. L’ultima volta che Bella è scappata per metabolizzare la verità, Edward ci ha messo tre mesi per ritrovarla!

Ditemi voi! Non riesco a decidere cosa farle fare.

 

Vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

  
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