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Autore: RecklessElf    05/10/2012    1 recensioni
Il tempo scorre lentissimo, e Dublino mi manca da morire, ma non è certo una novità,questa.
(...)
«Capisco. Ce l’hai una band ?»
Una band? Stava scherzando? Certo che no! L’avevo avuta, tempo prima, quando le cose erano ancora completamente diverse.
(...)
«L’avevo intuito, ti spaventi solo a parlarne, di suonare! Non capisco..» esclamò Eric, alzando un po’ la voce. Il professore ci guardò entrambi malissimo, richiamandoci. Dopo qualche minuto riprese.
«Tu dovresti farti un giro a qualche concerto. La musica buona la ascolti, ma dannazione..la tua energia dov’è? Non ti verrebbe voglia di suonare un po’..»
«Guarda che la voglia di suonare ce l’ho, tu stai parlando senza nemmeno conoscermi! Credi che io non suoni mai? Se non vado in giro a urlarlo ai quattro venti e non ne parlo così volentieri ho i miei motivi, credimi. »
Sebastian ed Eric, Eric e Sebastian. Due personalità opposte con un passato difficile da dimenticare, che si incontreranno quasi casualmente. La musica come filo conduttore della storia.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II- Celebration day

 

Il suo volto è increspato in un sorriso, 
Tutte le paure che ha tenuto nascoste

E sembra che presto 
Tutti verranno a sapere
E la sua voce è roca per il troppo gridare,
Sostenendo vincenti che stanno perdendo
E lei si preoccupa se i loro giorni sono contati 
E se presto dovranno andarsene

Oh, sono così felice, 
Mi unirò alla banda
Balleremo e canteremo per festeggiare, 
Siamo nella terra promessa
(Led Zeppelin- Celebration Day)




 
E’ proprio vero che certi ricordi ti rimangono così impressi nella mente da dover solamente socchiudere gli occhi e pensare, per tornare a quel giorno di tanti anni prima, e sentire addirittura il profumo dell’erba bagnata, della pioggia, il calore sulla pelle del pallido sole autunnale, e le stesse identiche emozioni.
Ecco, c’è un giorno che ricordo meglio di tutti gli altri, è un giorno di quattro anni fa. Una cosa che mi piace dei ricordi è che puoi tornarti a rifugiarti quanto ne hai voglia, e a volte riesci persino a dimenticarti che il tempo è passato, e le cose sono cambiate.
 
 
Dublino, Autunno 2008.


«Io non ho paura dei tuoni..e tu,Sebastian?» chiese Marjane, fissando la pioggia cadere incessantemente, con il naso incollato alla finestra appannata della casa dell’amico.
« Fanno un suono forte e potente, proprio come quando suono la batteria!» aggiunse, con un sorriso.
«Neppure a me fanno paura» rispose Seb, seduto sul tappeto, la schiena contro il muro e le orecchie tese ad ascoltare il rumore scrosciante della pioggia, quasi come se stesse contando ogni singola goccia d’acqua caduta dal cielo.
«Però che scocciatura, proprio oggi doveva venire questo diluvio? Dobbiamo suonare con Rick,dopo..» sospirò Marjane, imbronciata.
«Quando piove prima o poi smette,Marji!» replicò Sebastian, allegramente «Soprattutto qui a Dublino, che per un minuto viene giù il diluvio universale, e quello dopo c’è un sole che spacca le pietre!»
Era davvero ottimista, quel bambino, pensò Marjane. Non ricordava di averlo mai sentito lamentarsi.
«Cosa facciamo, nel frattempo? In casa è una noia..» mormorò Marjane, sedendosi sul pavimento e tamburellando con le mani sulle proprie ginocchia.
 Aveva solo undici anni, uno in meno di Sebastian,ma sembrava che ce l’avesse nel sangue, il ritmo. E non stava un minuto ferma!
 
«Mi racconti la storia di Gollum e dell’anello,Seb?»
«Ancora?» rise Sebastian «Ma oramai la sai a memoria! E pure il film l’abbiamo visto un miliardo di volte..!»
«Lo so,che lo conosciamo benissimo,il signore degli anelli,ma mi piace quando racconti la parte di Gollum..fai la voce uguale!»
«Il mio…tesssssoro..!» sibilò Sebastian, imitando Gollum alla perfezione.
Il rumore secco di una porta sbattuta interruppe improvvisamente il loro discorso.
«Che sia tuo padre,Seb?»
«Non credo,doveva arrivare stasera..!»
«Ah,allora chi..?»
 
«I miei due piccoli musicisti!»Una figura alta e snella, con un viso allegro e luminoso, incorniciato da lunghi riccioli castano chiaro irruppe
improvvisamente nella stanza, sotto lo sguardo sorpreso di Marjane e Sebastian.
«Papà!» Seb si alzò in piedi di scatto, contento.«Come sono andati i concerti?»
«Benone!» L’uomo sorrise,scompigliandogli i capelli. «E tu..basso o chitarra? Stavi suonando con Marji?»
Già, basso o chitarra.. bella domanda!
Seb aveva iniziato a suonare la chitarra quando aveva sette anni. Lo aveva aiutato suo padre, dopotutto era il suo lavoro, e vedere un figlio così
appassionato di musica lo riempiva di orgoglio. Ma poi aveva preso in mano il basso, l’anno precedente.
 Lo aveva sempre incuriosito, quello strumento dal suono grave e profondo, con quelle corde così spesse e dure.
 Era indubbiamente più ferrato con la chitarra, ma amava anche suonare il basso. Era costantemente indeciso, per un sacco di cose, glielo dicevano tutti.
 
«Non stavamo suonando, stavamo giocando in casa..oggi dovremmo suonare di nuovo con Rick, però diluvia..»
«Diluvia?» il padre di Seb rise, divertito. «C’è un bellissimo sole, vi accompagno io da Rick, così facciamo due passi,che ne dite?»
Seb e Marjane lo guardarono allibiti, per poi spostare lo sguardo sulla finestra, da dove filtrava una forte, improvvisa luce a scaldare la stanza.
«Arrivi tu e ritorna il sole..non ti becchi mai una goccia, non è possibile!» disse Seb, divertito, rivolto al padre.
«Fidati, mi sono beccato un bell’acquazzone anch’io,Seb..appena sceso dall’aereo, tra l’altro!»
«E il viaggio è andato bene, signor Jeffrey?»
«Signor Jeffrey, signor Jeffrey..che formalità,Marji! Ci conosciamo da anni e mi chiami così? Mi fai sentir vecchio!» rise il padre di Seb,
spalancandola porta di casa, e uscendo, seguito dai due ragazzini, che si fiondarono subito tra le stradine alberate,correndo e allontanandosi dalla sua vista.
 
Seb lo adorava, il quartiere dove vivevano.
 Le macchine passavano di rado, perché erano in periferia, ma non era affatto brutto: le case, piccole e accoglienti, erano circondate
da prati e stradine alberate, colline, e vecchi edifici, dove ci si poteva nascondere, o addirittura perdere.
Non erano distanti dal centro di Dublino,bastava una metropolitana, o un autobus, e si era lì in un quarto d’ora. Ci andavano spesso, per girare di pomeriggio,
era una città vivace, e neppure troppo grande.
Ci andavano persino di sera, a volte, quando suo padre li accompagnava per le stradine e i pub, a sentire la gente che suonava.
 
La casa di Marjane era esattamente di fianco alla sua, ma lei non ci passava tanto tempo.
I genitori di Marji lavoravano spesso, nel pomeriggio, così era quasi sempre da lui.
 Si erano conosciuti quando lei si era trasferita lì, in quella casa piena di edera verde scuro, che si arrampicava fitta sull’abitazione, fino ad aggrovigliarsi sulle finestre, sulle tegole del tetto.
La sentiva picchiare tutto il santo giorno, chiusa nel garage, su quella batteria di cui andava tanto fiera; nulla di pretenzioso, certo,
solo una grancassa, per di più dall’aspetto vecchio e consunto, un rullante, un charleston..e altri aggeggi di cui non ricordava mai il nome
– non suonava la batteria,lui! -  ma accidenti, come la suonava!
Aveva un ritmo e una forza fuori dal comune, quella bambina, davvero!
Non si sarebbe certo detto, a guardarla: era piccola e minuta, con gli occhi neri come il carbone, e i capelli lunghissimi dello stesso colore,
lisci e setosi. Eppure era agile e vivace, perfetta per suonare uno strumento del genere.
 
«Marji, Seb!!» un viso simpatico e lentigginoso sbucò improvvisamente fuori da una siepe, quella che circondava il giardino di
Sebastian, facendogli un paio di boccacce.
«Rick! Da dove sei sbucato fuori?» sussultò Marjane, e poi rise «Mi hai fatto prendere un colpo!»
Rick sgusciò completamente fuori dalla siepe, fissando i due amici con un sorriso enorme, i pantaloni sporchi di terra e le foglie impigliate tra i riccioli ramati.
«E’ cinque minuti che sono qui a fissarvi. Potrei fare lo scassinatore,che nessuno mi noterebbe! Fregherei tutto quel ben di dio che hai in casa tu,Seb! Chitarre, microfoni, basso..!»
«Grazie per l’informazione,Rick. Quando non troverò più tutta questa roba, saprò già il colpevole!»
«Sì, ma nel frattempo io me ne sarò già fuggito da un pezzo!» replicò Rick, poi guardò gli altri due, mangiucchiandosi un’unghia con aria dubbiosa.
«Beh,che c’è, Rick?» chiese Marjane, osservandolo.
«Oggi formeremo il gruppo. Ho deciso.»
Rick si voltò di scatto,e corse lontano, tra gli alberi della via, tra l’erba secca e incolta, tra le prime foglie secche che cospargevano le stradine ghiaiose, e scomparendo per un istante, coperto dalla luce del sole, che in quel momento era così forte da nascondere alla vista il resto delle cose.
La luce, quando è troppo potente, è proprio come il buio: inghiotte tutto dentro di sé,e non si vede più nulla, pensò Sebastian.
 
«Riiiiick! Ma dove vai?» Marjane corse più veloce che poté, seguita da Sebastian. Rick si fermò e si voltò verso di loro, con quel suo solito sorriso, così semplice e rassicurante.
«Che dite,ci state?»
«E cosa suoneremo? Abbiamo provato già un sacco di canzoni, ma dobbiamo esercitarci ancora..» rispose Sebastian
«Esatto. Siamo già un gruppo,in pratica.» Rick si morse il labbro «Abbiamo solo bisogno di un nome. E della certezza che suoneremo sempre insieme.»
 Rick si sedette per terra, giocherellando con un filo d’erba, e osservando attentamente il volto degli altri due, per cercare di leggerne una risposta.
Gli occhi azzurri di Sebastian incrociarono i suoi per un istante.
Erano increduli, stupiti, ma erano occhi che sorridevano.
 Il ragazzino biondo annuì con il capo, spostando poi gli occhi sull’amica.
 Marjane sembrava pensierosa, gli occhi scuri velati da un’ombra, intenti a fissare Rick.
«Ma è fantastico! Certo,certo che va bene!» la ragazzina battè le mani, e il suo viso si illuminò improvvisamente.
«Però non mi va che qualcuno faccia il capo. Saremo tutti...ehm,alla pari? Come posso dire?»
Tutti risero, e dopo che Rick e Sebastian le ebbero assicurato che sì, nessuno avrebbe fatto il capo, i tre amici sollevarono le mani al cielo,
stringendole in un muto accordo, sigillato solo dai loro sorrisi, dall’allegria di quell’istante.
Si diressero verso la casa di Seb, e corsero tutti più veloce del solito, quel pomeriggio.
Sfiorarono i tronchi degli alberi con le mani durante quella corsa, come a voler salutare i loro muti compagni di gioco, a volergli annunciare la lieta notizia:
avrebbero formato un gruppo,loro tre!
 
Forse sarebbero stati come uno di quei gruppi che avrebbero dato vita a un sogno, un sogno che sarebbe vissuto per anni e anni,
generazioni e generazioni. Seb ci sperava davvero.
La musica che ascoltava insieme ai suoi amici e a suo padre non era moderna, per lo più, eccetto qualche gruppo.
Ma che importanza aveva? Se riusciva a trasmettere qualcosa di veramente forte ancora adesso, a lui e alle persone che riteneva più importanti,
allora doveva essere davvero forte.
Amava la musica, soprattutto quella rock. Non riusciva seriamente a capacitarsi quando vedeva molti suoi coetanei storcere il naso di fronte a questa
sua affermazione, e fiondarsi ad ascoltare una musichetta commerciale da quattro soldi, che andava di moda un mese e poi scompariva dalla circolazione,
per essere rimpiazzata  da un’altra, se possibile ancor peggiore.
Ma Seb non era un tipo litigioso, così non gli diceva nulla. Peggio per loro, non sanno cosa si perdono. Non capiranno mai quanto è bello suonare,
ascoltare una canzone con attenzione, amarne ogni singola nota, conoscerne ogni singola parola..
 
«Ehi,bella addormentata nel bosco..ci sei?» Rick gli diede una leggera gomitata nelle costole, riportandolo a terra
«Immerso nei tuoi pensieri,come al solito,cervellone!» aggiunse,ridacchiando.
«Che invidia,eh? Deve essere brutto non avercelo,il cervello per pensare!»
Lui e Rick si battibeccavano sempre così, con un sorriso sulle labbra, non appena capitava l’occasione.
 
«Ah, eccovi qui!» il padre di Seb era davanti alla porta di casa, con le chiavi in mano, e sorrise ampiamente ai tre ragazzini, porgendogliele
non appena lo raggiunsero.
«Le chiavi..?» Seb lo guardò incredulo.
«Sì, Seb, vado a prendere la mamma al lavoro, sai, mi aspettava per stasera..le faccio una sorpresa! Ma poi torno!Volevate stare a casa, no? »
«No, suonare..formiamo un gruppo!»  Seb sorrise fieramente.
Suo padre ricambiò il sorriso «Era ora! In bocca al lupo ragazzi, mi raccomando,voglio sentirvi suonare il prima possibile!»
«Allora..possiamo usare la sala prove..cioè,sì,dove si suona..la taverna?»
«Ovvio che sì!» Il padre di Sebastian gli strizzò l’occhio, scompigliandogli i capelli, come faceva sempre,e se ne andò con il solito sorriso
sulle labbra, girandosi un attimo e salutando tutti con la mano.
 
«Tuo padre è un grande!» esclamò Rick,non appena se ne fu andato «E’ un chitarrista pazzesco, è simpatico, non rompe mai le scatole
ed è sempre gentile e allegro con tutti..wow!»
Seb sorrise. Era vero, e lo sapeva.
«Sì,è un bravo papà,dai..!»
«Però se non studi ti rompe?» chiese Marji, curiosa
«Oh,sì,da morire. Dice che è importante nel frattempo andare bene a scuola, importante quanto avere un bell’hobby come suonare,o disegnare
o scrivere, o un lavoro che ti piaccia poi.»
«Beh,credo abbia ragione..» sorrise Marji, e poi entrarono tutti in casa di Sebastian, e scesero correndo le scale del salone, fino ad arrivare in taverna.
Che spettacolo! Sebastian entrava spesso in quella stanza, piena di strumenti e casse ovunque, ma ogni volta era come se la vedesse per la prima volta.
«Con cosa partiamo? Dovremmo iniziare con qualcosa di..beh, dai, insomma..è l’inaugurazione del gruppo!» esclamò Rick, così emozionato
da mangiarsi le parole e non capire più nulla.
«Facciamo Celebration Day! Che ne dite?»
Seb l’aveva buttata lì così, ma c’era un motivo per cui l’aveva proposta.
Era una canzone che avevano provato tantissime volte insieme, e non sapeva manco il perché. Non era neppure una di quelle più famose
o semplici dei Led Zeppelin –suo padre li ascoltava spessissimo,e anche a lui piacevano un sacco-  ma era una delle prime che aveva ascoltato,
e provato con i suoi amici.
E il testo..sembrava fatto apposta per quel momento!
«Direi che va benissimooo!» Marjane si fiondò alla batteria, afferrando le bacchette e sedendosi al proprio posto, entusiasta.
Rick prese il microfono con un sorriso, e guardò Seb.
«Senti,sto io al basso? Con la chitarra..la suoni benissimo tu,questa! E col basso questa la so abbastanza»
«Sì,genietto polistrumentista, tu al basso!» rise Seb, imbracciando la propria chitarra. Suo padre ne aveva mezza dozzina più professionali
e belle, ma non gli importava. La sua personale la preferiva, soprattutto in quell’occasione.
«Senti chi parla..!»
Marji batté il tempo sulla grancassa, quasi a voler richiamare l’attenzione sulla canzone, sulla musica. Non appena si accorse che anche gli
altri due erano concentrati riprese a battere il tempo, e Seb attaccò improvvisamente con la chitarra.
Era bravo a suonare, Sebastian, anzi, pazzesco, pensò Rick mentre guardava l’amico chino
 sulla chitarra, muovendo le mani esili, veloci e sicure sulle corde, con un sorriso trionfante, completamente noncurante dei capelli biondi e
lunghi che gli ricadevano sul viso,coprendogli un occhio. Eppure, non c’era mai stata una volta in cui si fosse vantato.
Anche Marjane se la cavava piuttosto bene, con quel ritmo incalzante, quasi aggressivo.
E poi Rick. Aveva solo tredici anni, ma la sua voce era già cambiata, era così potente, particolare. Era da quando era piccolo che tutti glielo
dicevano, era un portento a cantare. Doveva continuare. E aveva continuato. Lo adorava. Come poteva smettere?
Ecco, ora entrava anche il basso, sempre suonato da Rick. Gli piaceva così tanto,quello strumento. Non si sente nemmeno,dicono alcuni.
Ma immaginiamoci! Si sentiva,eccome. Era come se calibrasse l’intera canzone, e la completasse con quei toni profondi, bassi.
 
 «My, my, my, I'm so happy, I'm gonna join the band» Oh, sono così felice, mi unirò alla banda. Rick cantò il ritornello con il sorriso sulle labbra.
«We are gonna dance and sing in celebration, we are in the promised land » Balleremo e canteremo per festeggiare,siamo nella terra promessa.
 
La voce di Rick riecheggiava potente nella stanza, perdendosi nell’aria, e suonarono ancora e ancora, canzone dopo canzone, pieni di entusiasmo,
e qualche errore dovuto all’inesperienza di suonare tutti insieme, di ascoltare la composizione, oltre che al proprio strumento.
Suonarono fino a quando il sole non si tinse di rosso e giunse il tramonto, e poi, dopo aver riposto gli strumenti, uscirono in giardino di corsa,
scomparendo di nuovo tra gli alberi, e la sottile nebbiolina autunnale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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