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Autore: Hikari93    05/10/2012    9 recensioni
Sasuke e Sakura corrispondono via mail da tre mesi, ma non si sono mai visti né parlati. E non lo avrebbero fatto, se Naruto, migliore amico di lui, non si fosse intromesso nelle loro vite.
Dal Secondo Capitolo:
Potrebbe: aspettare i dieci minuti che restano prima dello scoccare delle dodici – sta consumando l’orologio al polso regalatogli da suo padre a furia di fissarlo con intensità – e poi alzarsi in piedi sul tavolo, molto teatralmente, e reclamare, con tanto di colpo di tosse, il fantomatico attimo di attenzione, gridando a gran voce il nome di Sakura.
Possibilità di successo: basse, considerando che, insomma, chi lo ascolterebbe? Anche se urlasse, e anche se Sakura lo sentisse, sicuramente lo scambierebbe per Sasuke. Non che ci fosse niente di male in lui, ma ecco… poi finirebbe di certo per innamorarsi di lui, Naruto ne è sicuro. E non è quello che vuole.
Quindi. Potrebbe numero due: alzarsi dalla sedia su cui si è stravaccato a pensare, abbandonare la vista dei tovagliolini messi al centro e andare a stanare il teme, chiedendogli le informazioni che gli occorrono, senza farsi scappare di aver propinato e combinato un appuntamento a sua insaputa.
[SasuSaku. Accenni NaruHina - ShikaIno]
[Completa ♥]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 

 

Capitolo Uno
[Preparazioni: I preziosi consigli degli amici]







 
 

La sveglia trilla allegra sul comodino di Sasuke Uchiha, che si accartoccia su se stesso come un felino assonnato, scalciando di malo modo le lenzuola appiccicose vicino ai suoi piedi senza ottenere risultati apprezzabili.
Mugugna parole incomprensibili che gli si perdono tra le labbra leggermente schiuse.
Ha dormito abbastanza, sicuramente più delle altre nottate visto che il dobe ha finalmente dedotto che fosse inutile dargli ancora fastidio in uno dei millemila metodi escogitati, però gli occhi non vogliono sapere di aprirsi, come se fossero attaccati l’un l’altro con una di quelle colle formidabili pubblicizzate in televisione.
Infine, forse per il caldo soffocante che si è impossessato delle lenzuola, impregnandole di fuoco puro, o forse perché l’acuto stridio della sveglia gli appare simile allo strusciare del gesso sulla lavagna – suono che evita a prescindere perché dà fastidio, naturalmente –, i suoi nervi già costantemente provati non reggono più. E si sveglia, è costretto a farlo.
Si strofina gli occhi col pollice e l’indice, un dito a occhio. D’istinto, dopo aver fatto tacere il dannato oggetto sul suo comodino, senza che la mente neanche glielo comandi, utilizza l’altra mano libera per muovere l’aria smorta, ricevendo ben poco sollievo dalle particelle fresche che gli pizzicano il viso come spilli spuntati.
«Dobe, svegliati» mugugna, sperando che l’amico oda il suo richiamo attraverso le pareti e le porte chiuse che li separano.
«No, altri cinque minuti…»
E’ un sussurro affogato il suo, e proviene dal basso, pare nascondersi sotto al letto. Ma Sasuke ha superato le notti passate abbracciato intorno a se stesso per paura di fantomatici mostri nascostisi tra la polvere, e inoltre riconoscerebbe quel latrato tra mille lamentele. Tuttavia, non si spiega cosa ci faccia Naruto Namikaze sul pavimento con il viso affondato nel suo cuscino. Sasuke tasta il materasso e scopre che, sì, Naruto si è impossessato di materiale di sua proprietà, oltre che aver dormito in camera sua.
«Avevi paura di dormire da solo, dobe? Ti avevo abbandonato nella tua camera, ieri sera» lo stuzzica, ricevendo come risposta una girata di spalle.
«Teme, non rompere» biascica debolmente Naruto, preferendo più poltrire che attaccar brighe.
«La sveglia è già suonata» gli fa notare l’altro, ripresosi di tutto punto dal momento di anormale – per lui – defiance mattutina, coi sensi non allerta. «Quindi, alzati.»
Del tipo: sei in vacanza con me, a casa mia, in camera mia, col mio cuscino e, specialmente, non hai sborsato nemmeno un centesimo, dunque, fai quello che dico io, quando lo dico io, come lo dico io e perché lo dico io.
Il modo poco gentile di domandare compagnia di un ragazzo che ha rischiato di perdere la propria famiglia in un incidente stradale e ha conosciuto – anche se per poco – il male della solitudine e dello sconforto.
«Ma che… che ora è?» Naruto stacca la faccia sudata dal copricuscino stropicciato e si guarda intorno con l’aria di un pesce fuor d’acqua. Ha gli occhi gonfi di chi non ha dormito molto e bene e l’espressione da stoccafisso di sempre – questo Sasuke glielo riconosce.
«Sono già le otto e trenta» risponde Sasuke, che nel frattempo ha cominciato a sistemare le lenzuola e le coperte – messe più per dare un po’ di colore alla camera che per utilizzarle, visto che Sasuke le rovescia sempre a terra a suon di calci – del suo letto disordinatamente sfatto. «Passami il cuscino, dobe.»
«Ma perché? Perché mettere la sveglia alle otto e trenta d’estate? Cosa frulla di malato in quella tua testa?» farfuglia agitato, sparando parole che poi non ricorderà totalmente, confondendole con eventuali sogni. Soltanto perché Naruto sta ancora attraversando la fase di dormiveglia, e non è completamente sveglio tanto quanto non sta dormendo più. «Se non dormi d’estate, che non c’hai impegni, quando puoi poltrire in pace?» riprende, e farnetica tante altre cose a cui Sasuke è totalmente abituato. Come lo è ai modi gentili di sua madre, ai toni bruschi di suo padre e ai buffetti di Itachi – ancora, come se non comprendesse che è diventato grande, adesso.
Scaccia suo fratello dalla mente e ritorna al dobe. «Passami il cuscino, ho detto» gli rimbecca, sforzandosi addirittura di allungargli il braccio contro, in modo da facilitarlo.
Naruto si rituffa sul pavimento, schiacciandosi il morbido cuscino sulla nuca. «Mi rifiuto» ribatte, un po’ più sveglio ma comunque al pari di un bamboccio di cinque anni, «io ho ancora sonno!»
E allora Sasuke sospira, abbandonando alla forza di gravità il lembo di lenzuolo che ha tra le dita. Si consente di rivoltare il peso morto del dobe rompiscatole e dormiglione di schiena, con un calcio, per poi afferrargli il cuscino da sotto al capo, tirandolo via con forza. «Dormi pure, allora» gli concede, «ma fallo a terra, in camera tua e, soprattutto, scordati che ti prepari la colazione al tuo risveglio o che ti faccia trovare qualcosa di pronto» gli fa notare. Non con stizza, senza mostrare alcun tono offeso, da padrone o semplicemente da bambino capriccioso. Soltanto, si limita a svelare a Naruto a cosa dovrà andare incontro se non rispetta le regole che ha deciso per lui, in casa sua e alla sua vacanza.
Perché Naruto Namikaze non resiste ai sorrisi dolci, agli occhi da cucciolo – entrambe non sue prerogative, asserisce Sasuke – e né al cibo. Infatti, a quelle parole si smuove un po’.
«Poi se ne parlerà a mezzogiorno.»
«Eh? E’ già mezzogiorno?» scatta su Naruto, spalancando per quanto gli è possibile gli occhi celestissimi. «Dobbi-»
«Ho detto» ricomincia Sasuke con pazienza, ormai dubbioso che Naruto abbia ascoltato almeno un terzo delle sue parole e convinto che, invece, abbia colto solamente la parola magica, ovvero colazione, «che se non vieni a fare colazione in questo preciso momento, non troverai nulla fino a mezzogiorno, dobe. Scegli tu che cosa preferisci, io ne ho avuto abbastanza» sbotta, sveglio – adesso sì che può dirlo – al cento per cento. Lo riconosce dalla rabbia che prima non sentiva contro Naruto e contro il suo costante “ripeti ancora che non ho capito”, oppure dal fatto che inizia a sentire sempre più caldo sulla sue pelle, segno che tutto di sé sta totalmente rimettendo piede in circolazione. O forse è perché si arrabbia che sente caldo, o ancora sente caldo perché si arrabbia?
«Quanto sei antipatico, teme! Mi sveglio, ecco, va bene?» bofonchia senza cattiveria, soltanto per mantenere l’etichette che entrambi si sono appiccicati di migliori amici-nemici, quando tutti, al sol vederli, percepirebbero l’intensità del loro legame. 
E va bene!, gli risponderebbe Sasuke se solo avesse qualche anno in meno. Preferisce acciuffare i vestiti puliti dall’armadio – qualcosa di leggero, anzi leggerissimo – e andarsene in cucina a preparare la colazione, senza proferir più parola.
«Buongiorno anche a te, teme!» gli urla l’altro alle spalle, ridendogli dietro.
 
 
 
Dopo una buona mezz’ora trascorsa a stanare i suoi vestiti nascosti dal disordine della sua camera, Naruto s’arrischia in cucina, avanzando di soppiatto fin dietro alla schiena di Sasuke. Sa che lui l’ha già sentito, e sa che si aspetta una qualunque cosa scema da parte sua. Che non arriva, perché Naruto si limita soltanto a far capolino oltre la sua spalla e a osservare il polpo ammollo nell’acqua della pentola.
«Che profumino sentiremo tra poco, teme… impeccabile come sempre ai fornelli. Anche se io avrei saputo fare di meglio.»
«Sei incapace persino di svegliarti, figuriamoci in cucina che combineresti… bruceresti tutto, magari anche la casa, chissà.»
Naruto ridacchia. «Sia mai! E poi chi ci parla con tuo padre!»
«Sei cresciuto dobe, avresti dovuto superare il timore per mio padre e aver capito che non morde» gli confessa, muovendo poi qualche passo lontano da Naruto per raggiungere l’aceto nello stipo, sotto, che verserà tra le verdure che consumeranno quella mattina. Sasuke ha optato per una classica colazione asa gohan, a base di verdure sottoaceto e polpo, evitando la terza aggiunta, ovvero il pesce secco. Non ha troppo appetito.
«Ricordi quando mi guardò storto e io fuggii via?» domanda ancora Naruto, ridendo da solo.
«Non ti stava guardando storto. E’ così che fissa la gente, lui.»
«Anche un bambino di cinque anni?»
Sasuke annuisce. «Anche un bambino di cinque anni.»
La quiete che la mancanza di chiacchiere di Naruto porta in cucina è allo stesso tempo fastidiosa e rilassante. Da un lato Sasuke la odia, perché gli ricorda di quando, al buio di una sala d’ospedale, ha atteso fino a quando l’infermiera non gli ha comunicato con un largo sorriso che era andato tutto bene. Basta assaporare l’amaro della morte imminente per non riuscire a uscirne più. D’altra parte, invece, la mente ringrazia sentitamente perché può rilassarsi.
D’improvviso, il filo logico o meno dei suoi pensieri è rotto da una possente pacca sulla spalla che gli fa cadere il mestolo tra le mani. E’ un miracolo che non gli si sia staccato il braccio, raggiungendo il mestolo rovinato a terra.
«Dobe, ma che ti prende?» quasi gli urla contro.
«Niente niente, soltanto… vuoi che ti aiuti a cucinare? Puoi lasciar fare a me, se ti va.»
Sasuke s’acciglia. No, dacché ricorda, Naruto è, primo, un impiastro in cucina – l’ipotesi che possa distruggere la casa non è solo un'ipotesi – e, secondo, lo ha sempre visto stravaccato sul divano, piuttosto che ai fornelli. E perché d’estate fa caldo, gli dice; oppure, non preferisci  deliziare il tuo palato con qualcosa di veramente sano? – e non ha tutti i torti. Quindi, elencandosi mentalmente tutte le scuse inventate dal dobe in quei giorni di convivenza, deduce che c’è sotto qualcosa, qualcosa che puzza di bruciato, e non c’entra il polpo che sta bollendo nella pentola, con le bollicine che salgono in superficie e scoppiano, emanando più calore di quanto la pelle umana possa sopportarne.
«Dobe, c’è qualcosa che non so?»
L’espressione furbesca di Naruto è evidente, ma lui si limita comunque e scuotere la testa. «Posso almeno portarti un bicchiere d’acqua?»
«Non ho sete.»
«Ma fa caldo» obietta Naruto.
«Ma non ho sete.»
«Va bene. Sasuke?»
«Che vuoi, dobe?» La paletta in plastica che Sasuke sta usando per girare il polpo sbatte contro la superficie della pentola, lasciando schizzare qualche goccia d’acqua danzante. E’ un avvertimento. «Va’ al punto, stavolta.»
Naruto intuisce che a Sasuke non serve che gli porti il ventilatore che hanno abbandonato nel piccolo salottino dove solitamente guardano la tv e comprende che sia inutile anche domandarglielo. Inutile e pericoloso, perché Sasuke è armato di mestoli, di padelle roventi e di acqua ustionante. Ma, soprattutto, controlla totalmente la sua colazione – e lui non può perdersela, lo stomaco già brontola al profumino e non sopporterebbe di privarsene.
«Perché non andiamo al mare oggi?» propone, dunque.
Il fornello si spegne di botto al giro di manovella, e con lui pare sopraggiungere un folto silenzio, che avvinghia i due ragazzi.
Assomiglia a Fugaku-san quando irradia queste onde negative…
«Come mai?»
«Dico io… siamo in una delle isole balneari migliori del Giappone e tu preferisci restartene rintanato in casa? Ma dico, siamo matti? Ah, Sasuke, non pensare che la tua maestosa villa non mi piaccia» comincia gesticolando e al che Sasuke rotea gli occhi, spazientito dalla troppo loquacità del suo amico biondo.
«Sì sì, piantala dobe» proferisce. «Andiamo al mare.»
«Davvero?»
L’altro evita di rispondergli, concentrandosi ancora sulla colazione. Odia le domande inutili, odia parlare troppo e odia ancora di più il caldo che già gli ha inzuppato la camicia di prima mattina. Deve farsi una doccia, ne ha un bisogno totale.   
«Il polpo non deve essere tolto immediatamente dall’acqua» spiega a Naruto, evitando di riprendere la questione già trattata. «Non devi fare nulla a parte non toccarlo. Anzi, smamma dalla cucina» gli intima. Poi afferra la pentola ai due manici, proteggendosi i palmi delle mani con un guanto da cucina da un lato e uno strofinaccio dall’altro, e la mette nel lavello. Apre l’acqua fredda finché il livello del liquido non raggiunge quello voluto. «Non toccarlo» dice di nuovo a Naruto.
Si sventola ancora a più non posso, sbuffando per l’ennesima volta per il caldo di Agosto. Getta il guanto da cucina e lo strofinaccio sulla tavola, infine si dilegua, dirigendosi verso il bagno. Silenzioso, apre la porta, entra e la richiude con un giro di chiave.
L’altro fa spallucce, impassibile. Conosce l’insofferenza di Sasuke al troppo caldo o al troppo freddo, perciò non se ne stupisce.
«Posso usare il tuo notebook, frattanto?» gli urla soltanto.
La voce di Sasuke ne esce ovattata e coperta già dal getto d’acqua – sicuramente fredda o gelida. «Fa’ quel che ti pare.»
Ottimo.
 
 
 
Il cuore di Naruto batte all’impazzata quando compare la casella postale di Sasuke. Per evitare di dover riscrivere quel romanzo di password, il giorno prima ha cliccato sul quadratino bianco che gli consente di restare collegato.
Poi ha il tempo di una doccia veloce, quindi non può permettersi di perdere tempo. Per ogni evenienza, dopo aver controllato la posta del suo migliore amico, si collegherà al suo indirizzo mail, per sviare possibili sospetti.
Ma lui è un genio, lo ha sempre saputo!
«Eccola» mormora trionfante.
Apre il messaggio e scorge con velocità la mail di Sakura. Vi legge parole incoraggianti come “grazie per il gentile pensiero” e “accetto molto volentieri, anche perché mi trovi già in spiaggia. Sono con delle mie amiche”.
«Genio, genio, genio» borbotta, onorandosi.
La chiave nella toppa della serratura del bagno scatta tanto improvvisamente che Naruto salta sulla sedia e, d’impulso, chiude la finestra con l’e-mail.
«Già hai fatto?» domanda. «Avevi fretta di ritornare dai calamari?»
I passi di Sasuke si avvicinano, lenti e misurati. Il ragazzo si mostra con un asciugamano bianca intorno alla vita e un’altra in testa, mentre si asciuga i capelli ancora gocciolanti. «Non ci vuole un’eternità per farsi una doccia. Si chiama doccia veloce per un motivo. E poi quelli» allude con lo sguardo alla cucina, «sono polpi, non calamari.»
«Sai che se ti scattassi delle foto adesso e le vendessi in spiaggia diventerei l’uomo più ricco del mondo?» commenta Naruto, frattanto che Sasuke si allontana verso camera sua.
«Anziché dire sciocchezze come tuo solito, asciuga l’acqua che è caduta a terra.»
Naruto scatta in piedi. «E perché mai io se sei stato tu a farla cadere?»
«Perché il polpo non si taglia da solo, dobe. Non ho tutto il tempo.»
«Posso pur sempre tagliarlo io, non ci vuole granché!» propone, non trovandoci niente di giusto in quelle condizioni avanzate dal teme.
La testa ancora coperta dall’asciugamano, Sasuke fa capolino ancora una volta dalla porta, per sfottere Naruto come sa fare e come gli diverte. A volte ci pensa, e crede che le loro siano soltanto bambinate, ma bambinate di cui non riesce a fare a meno, pur vergognandosene, in certi momenti. Il loro legame è così dall’infanzia, e a nessuno dei due interessa che cambi poi molto, almeno nella sostanza.
«Non vorrei trovare anche un tuo dito nell’insalata, sai com’è…» gli dice soltanto, ironico, poi si rifugia di nuovo in camera, tra vestiti nuovi da indossare.
Naruto gli fa le linguacce, scimmiottandolo nelle parole e nelle movenze. Però è costretto comunque ad alzarsi, a prendere lo scopettone di là e ad asciugare le tre gocce d’acqua contate che sono cadute sul parquet.
In fondo lo sa che Sasuke è preciso e ordinato da fare schifo.
 
 
 

*

 
 
 
Sakura osserva lo schermo del computer, fissandolo, desiderando di entrargli dentro e di uscirne aldilà, al di fuori di un altro computer, magari da Sasuke. Alterna gli occhi dal deskpot – dove, centrata, spunta la recente fotografia di lei, con le sue amiche, con il mare notturno e tranquillo alle spalle – all’orologio. Le lancette – dannate – si ostinano a indicare le dieci e quaranta.
Sbuffa, il mento sulle mani tenute a coppa, col palmo verso l’alto. «Mi pareva che anche dieci minuti fa fossero le dieci e quaranta» si lascia sfuggire.
Ma mai farsi sfuggire certe osservazioni quando una tale Ino Yamanaka si è lasciata abbandonare proprio sul divano alle sue spalle.
«Anche se le fissi in modo truce, non si muoveranno più rapidamente, Frontespaziosa» commenta, alzandosi a sedere sul bracciolo del divano con un colpo di schiena. Accavalla le gambe, sorride alla vista delle spalle abbronzate, scoperte leggermente a causa del top che indossa, della sua migliore amica. «Pensa che abbia un naso enorme, così l’attesa è meno snervante» le consiglia.
«Ino, ti prego…» le chiede, senza nascondere un nervosismo misto a disperazione – perché il tempo maledetto passa sempre quando ci si diverte; sennò aspetta e spera, e assassina le lancette che si prendono gioco di te, facendo finta di girare, quando in realtà si stoppano.
«Volevo solamente darti una mano. Ti vedevo nervosa. Domando scusa» ridacchia, lei, rilanciandosi a peso morto sul divano. «Ah, che caldo che fa!»
Sakura è troppo in ansia per pensare al caldo. Troppo in ansia per fare colazione e troppo in ansia anche per respirare. E se ne sente ridicola.
Avesse messo qualcosa nello stomaco prima di leggere il suo invito, almeno. E invece no, perché lei lo ha letto subitissimo, perché la prima cosa che fa, da più di un mese ormai, prima di andarsene a dormire e prima di svegliarsi, è controllare la posta elettronica, sperando di trovare un suo messaggio.
Sente sempre il cuore a duemila prima di inserire il suo indirizzo e la sua password; non resta collegata appunto per non rovinarsi quel momento di pura e totale ansia mista a batticuore assordante a cui si è abituata. E’ una specie di usanza irrinunciabile, per lei.
Sbatte nervosamente il piede a terra, ripetutamente, in colpi secchi e precisi.
Ma non è nervosa.
Arriccia il dito intorno a un ciuffo di capelli; lo tira, lo srotola e lo riavvolge, all’infinito, autonomamente, senza controllare più le sue azioni.
Ma guai a dirle che è nervosa, guai a definirla tale.
E’ costretta a respirare con la bocca, perché l’aria che le entra dentro dal naso non è sufficiente a riempirle i polmoni. E non è il caldo, non è quello stavolta che si stringe intorno al suo petto e preme con costanza. Non è quello.
Ma non è ansia, assolutamente, non lo è, non lo è, se lo ripete all’infinito, e crede che anche le altre debbano saperlo, per conferma.
«E comunque non sono ansiosa» commenta, mascherando a malapena il nervoso, «né sono agitata, o sottopressione. Assolutamente non provo nulla, quasi non voglio nemmeno andare in spiaggia» mente spudoratamente.
«Sicuro, Frontespaziosa, ci crediamo.» Ino si arrotola sul divano, girando su stessa e stendendosi a pancia in giù. Si allunga oltre al bracciolo, al quale si attacca con le unghie perfettamente smaltate, per non capitombolare a terra. Lancia uno sguardo alla porzione di camera che s’intravede dalla fessura della porta. «Vero che siamo d’accordo, Hinata?»
La figura di un’altra ragazza si muove alla luce soffusa della camera e spunta in cucina. «Ino-chan, dovresti cercare di capire Sakura-chan e non prenderla in giro.»
L’interpellata si alza a sedere, non riuscendo a trovar pace. «Ma io non la sto prendendo in giro, Hinata cara, le sto soltanto svelando quella verità che si ostina a non considerare.»
«Lascia perdere Hinata» tronca Sakura, lasciandosi andare anche al dondolio delle braccia – reggenti la sua testa –  appoggiate, adesso, sulle gambe.
Hinata lancia un’occhiata di monito a Ino, nella speranza che lei possa comprendere e piantarla di divertirsi in quel modo.
«Ma che sto facendo?» si difende quest’ultima, fingendo indifferenza.
Sakura, invece, preferisce tornare alle sue fisse, sapendo di non poterne sfuggire.
Il volto di un ipotetico Sasuke le balena in mente, ma si sfuma ancor prima di comporsi. Come sarà? E’ difficile – anzi, non è per niente possibile – immaginarselo soltanto dalle conversazioni avute. In realtà è difficile persino capire quale sia il suo vero carattere, visto che nascondersi all’ombra di un computer riesce persino ai bambini.
Francamente, lei ha sempre preferito mostrarsi sincera e dare fiducia alle persone, anche se teme che il suo modo di fare possa incastrarla, un giorno. Non tutti sono buoni come lei, nel senso di affidabili.
All’idea di mostrarsi a Sasuke e di scoprire chi è veramente Sasuke ha paura di porre fine alla favola bella che si è creata, di farla scoppiare come una bolla di sapone. Perché per lei Sasuke è stato qualcosa di innovativo e di disponibile. Qualcosa su cui poter contare, su cui fare affidamento per risolvere un problema. Perché Sakura sa che parlandone, a volte, si risolve molto più che agendo.
Sasuke l’ha ascoltata, Sasuke l’ha capita, Sasuke l’ha consigliata.
Nella sua immaginazione, lui è come un diario segreto a cui poter dire tutto, una porta che non rimane mai chiusa se vi bussi. Una appiglio, un’ancora, un amico che, spera, possa pensare lo stesso di lei.
Si sente sempre un po’ sciocca quando pensa certe cose, forse perché le provengono veramente dal cuore e ha paura di mostrarle, di mostrarsi attraverso di loro. Ma non riesce a fermare la fiumana di pensieri che le sovvengono in mente quando si collega a Sasuke.
Ripercorre il loro legame, e ricorda che lo ha conosciuto per caso su un sito che non ricorda nemmeno. Effettivamente, anche se si sforza, le tappe del loro rapporto virtuale le rimangono sconosciute. Come se le fosse successo tutto perché doveva succedere e non perché ha fatto in modo, con le sue scelte, che accadesse.
E si sente, quindi, curiosa e intimorita insieme da Sasuke, conclude. Non vuole che sia diverso da come l’ha vissuto nella sua anima, perché sa che non lo sopporterebbe.
Dalle loro conversazioni, non gli è parso simpatico, ovvero tendente alle battute e alle spiritosaggini.
Però lo sente colto e intelligente. E affidabile, anche, se lo ripete. Sente che si può fidare di lui.
L’ha presa a tal punto questa sua conoscenza che, due mesi prima, quando ha provato una forte stretta allo stomaco dopo non averlo sentito per una settimana di fila, si è sentita quasi in dovere di lasciare il suo ragazzo, come se lo stesse tradendo.
Ha capito che Sasuke non ama parlare di cose personali; sa solamente che ha un fratello, ma non ne conosce nemmeno il nome. Sakura introdusse l’argomento relazioni personali in modo da chiedergli, senza sembrare inopportuna, se fosse fidanzato o meno, ma vi rinunciò, non ritenendosi abbastanza intima per saperlo e domandandosi mille perché sul suo atteggiamento – Perché dovrebbe dirmelo? Perché dovrebbe interessarmi? Perché non mi faccio gli affari miei?
Ino, naturalmente, che crede di sapere sempre tutto, le diede dell’idiota, aggiungendo che, al suo posto, glielo domanderebbe immediatamente. Questo perché, sebbene Sakura nascondesse a tutti il motivo per cui aveva rotto col suo ragazzo, inscenando una lite per gusti troppo diversi, Ino aveva scoperto già la verità – pettegola.  
Sospira, sono ancora le undici e dieci.
«Hai finito il tuo monologo, finalmente?» la riprende Ino, avvicinandosi. Le tocca la spalla in un gesto gentile e amichevole, l’abbraccia alle schiena, e Sakura si rilassa. «Sai come ci rimani se è brutto? Delle sopracciglia enormi o gli occhi strabici… può capitarti di tutto!» continua Ino, ridendo, ma stavolta ride anche lei.
«Non importerebbe granché, Ino. Non è questo che mi interessa. Io… ho paura» le confessa, anche se immagina che sia Ino che Hinata lo abbiano capito bene.
«Quando si hanno delle aspettative è normale avere paura» le dice Ino, convinta, snodandola dalla stretta. «Bisognerebbe saper vivere con più tranquillità questo genere di situazioni, sai?»
Sakura si gira verso di lei a mezzo busto. «Tu ne saresti capace, Ino?»
La bionda scrolla le spalle, in un atto di fragilità e di resa, nascondendo la scorza dura che mostra in ogni occasione, un po’ perché fa parte del suo carattere – l’essere forte – e un po’ perché, se ne rende conto, neanche lei sa far fronte a tutto, come ogni essere umano. «So soltanto che mi aspetterei molto da una persona che mi ha presa così tanto. Che avrei un po’ di paura proprio come te, anche se molta in meno, Frontespaziosa, che starei a fantasticare su di lui in ogni momento. E poi so anche un’altra cosa… che sono felice di non stare al tuo posto» ridacchia, ritornando la stessa Ino di sempre, quella che abbassa le difese solo per mostrarsi più vicina a te. «Che dici, vogliamo avviarci in spiaggia?» le chiede.
Sakura annuisce, abbastanza sollevata, sicuramente più di prima, ma consapevole che l’attanaglio allo stomaco si farà risentire a pochi secondi dalle undici, col costume addosso e la sabbia tra le dita dei piedi.
«E allora non appena la signorina Hyuuga avrà finito di prepararsi per fare conquiste usciamo!» urla Ino, per farsi sentire da un’imbarazzata Hinata che, immediatamente, rassetta quanto deve e si precipita in cucina, con indosso una leggera vestaglia color arancione, decorata da girasoli.
«Sono pronta, scusate il ritardo» mormora in imbarazzo. «I-Ino-chan, ma sei sicura che questo costume vada bene per me?» Alza una spallina della veste per scoprire quella del costume lilla, color dei suoi occhi, rigorosamente due pezzi.
«Ovvio» sbotta la Yamanaka. «C’hai tanta roba buona da mostrare e che fai? La copri con un costume a pezzo unico? Mai più, non voglio vedertene mai più addosso! Chiaro? Bene, adesso sì che possiamo andare» sorride, allegra. «Ah Hinata…» La ragazza si scuote, «è fenomenale come per la tua indecisione su quel fantastico bikini che ti ho regalato tu abbia tardato più di me, che sono sempre l’ultima a prepararmi.»
Hinata arrossisce, ricordando quando si è vista tanto scoperta. Troppo, per i suoi gusti, anche se va al mare.
«Ino ha ragione» esordisce Sakura, pimpante, «ottima mossa, Hinata!»
Scoppiano tutte e tre a ridere, anche Hinata, seppur titubante, seppur di imbarazzo.
Sono proprio fortunata ad avere delle amiche così, pensa Sakura, mentre si incamminano.

 

 
 















 
 
 
 
AlcuneNoteIndispensabili: L’ho pubblicato già ORA in via eccezionale! XD
Anche se il prossimo è pronto dovete aspettare qualche giorno. In questo momento sto scrivendo anche il terzo capitolo! XD
Poi.
Io non so quasi nulla di cucina; ed è un quasi nulla talmente importante che possiamo compararlo a un nulla completo – anche se qualcosa di semplice mi riesce. Inoltre, ne so altrettanto delle colazioni giapponesi. Mi hanno salvato due siti Internet, quindi, eventualmente, in caso di – sicure – imprecisioni, prendetevela con loro. U___U”  (No su, correggetemi o chiudete un occhio, a vostra scelta XD).
La colazione “asa gohan”, come ho detto nel capitolo, è a base di pesce secco, polpo e verdure sottoaceto. I giapponesi – per citare il sito – preferiscono una colazione più “all’inglese/americana”, ossia salata, che “nostrana”. Beh, io ho provato a informarmi, ma non so se va bene così… lo spero! ^///^
Che altro aggiungere… ho amato scrivere questo capitolo, non potete immaginare quanto! *_____* Se da un lato mi sono divertita tantissimo nelle rappresaglie tra Sasuke e Naruto, nell’altro mi sono persa nelle favole mentali di Sakura. Perché, credo, quando conosci una persona via Internet sei sia titubante che curiosa, specialmente se sei affine al suo modo di pensare e di vedere le cose.
Ho tentato di infilare in Sakura tutte queste sensazioni. E’ soprattutto su questo che mi sono concentrata. ♥
Non so quale sia il risultato, ma a me piace davvero. Vorrei che potesse piacervi quel po’ che piace a me. Almeno un po’! ^_____^
Grazie a tutti per aver letto. ♥
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo o ha aggiunto in qualche categoria.
Un bacione!!!
 
 
Dal Secondo Capitolo:
 
Il signore ha fatto presto, ne manca solo uno.
Fortunatamente.
L’uomo domanda qualcosa che l’inserviente non capisce, per cui quello è costretto a ripetere. Poi indica un prodotto – un pacchetto di chewing gum –  e scuote la testa, riferendosi all’altro quando il commesso ancora non ha ben inteso.
Certi incompetenti andrebbero licenziati all’istante.
«Grazie e arrivederci» dice quello davanti a sé, lasciando i soldi al bancone.
Ora è il suo turno, finalmente. Non sa quante volte ha pensato il finalmente. Forse ha davvero troppa poca pazienza, ma… pazienza.
«Una…»
«Una bottiglia d’acqua naturale, per favore.»
Sasuke s’acciglia. E quella da dove è spuntata adesso?

 
   
 
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