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Autore: Medea00    14/10/2012    21 recensioni
Ecco la mia Klaine week, in stile Blame it on Blaine!
Ebbene sì: sono tutti spin off della mia prima fanfiction, e questa cosa mi ha emozionata molto. Ha superato le 150 preferite e dopo tanto tempo ancora c'è gente che la legge, la recensisce e che mi ringrazia per quella storia. Beh io ringrazio voi. E ho voluto ringraziarvi così. Spero che vi piaccia :)
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Il punto è che…in ogni futuro che immagino, in ogni variazione possibile del mio sogno…tu ci sei sempre.”
Sempre.
Che bel suono, sempre. Non era un forse, non era un può darsi. Era un sempre. Era un piano, che andava oltre gli anni del liceo, oltre ogni mia più rosea immaginazione. Era un futuro, non mio, né di Kurt, ma di tutti e due messi insieme: era il nostro futuro.
Eravamo ancora tanto giovani, e forse troppo ingenui, ma si sa, a quell’età ogni cosa sembra realizzabile, e grazie a quell’ipotesi così bella e rassicurante, cominciai ad accarezzare l’idea di un’accademia di musica, di un’università d’arte. Quante ce n’erano a New York? Decine? Dozzine?
Erano sufficienti. Insomma, stavamo parlando di New York. Ma non solo: stavamo parlando dell’idea di trascorrere il college insieme a Kurt.
Non ero certo di quello che avrei fatto, non avevo un piano ben delineato come il suo, e nemmeno dei desideri molto chiari, ma su una cosa ero sicuro: io volevo stare con lui. Se il tempo, e i sentimenti me lo avrebbero concesso, avrei trascorso con lui ogni attimo della mia vita.
-Blame it on Blaine, ultimo capitolo.





E se dopo la fine ci fosse un nuovo inizio?

 




Non si può scrivere sull’amore.
Chi non l’ha mai provato si sente stupido e invidioso anche solo guardando le coppiette che camminano per strada. Chi l’ha provato tanto tempo fa, è così stantìo di emozioni che ne parla come se fosse una cosa andata a male, una di quelle da evitare. Una malattia.
C’è chi crede di viverlo ogni giorno, e c’è chi lo vive veramente, ma nemmeno se ne accorge. Non è il momento giusto, quello: vorrei dire che l’amore si capisce solo quando è finito, ma in realtà non è neanche vero. L’amore non si capisce. Non si può spiegare. Non si può descrivere. E se qualcuno è tanto illuso da credere di riuscirci, allora, non è mai stato innamorato.
 
Io amo Kurt Hummel.
So che questa affermazione può sembrare ridicola, specie dopo un discorso simile. Ma lo amo davvero. Non c’è un modo facile per dirlo; potrei parlare della nostra attrazione fisica, o di quanto ci capiamo al volo, sì, sono tutti argomenti validi.
E non è nemmeno che io ami ogni cosa di lui, come dicono sempre nei film romantici, perchè ci sono dei difetti di Kurt che proprio non sopporto, oh, ce ne sono tanti. Kurt è egocentrico. E’ vanitoso. Per una cavolata inutile può portare rancore per giorni interi; è perfezionista. Crede di sapere tutto lui; e poi, ha questa ossessione per la moda che io assolutamente non capisco. Perchè comprare un abito da centinaia di dollari se puoi prenderne uno praticamente uguale al mercato? Kurt non si compra il modello, si compra la firma.
Ma ho capito di amarlo davvero quando mi sono reso conto di aver accettato tutte queste cose e senza nemmeno tante difficoltà. E’ così semplice metterle da parte, in favore di qualcosa di più bello.
 


Quella mattina il mio telefono squillava insistentemente, e io non mi ero nemmeno reso conto che la suoneria personalizzata del mio ragazzo era partita da quaranta secondi.
“Blaine!” La sua voce mi aveva svegliato subito, era come se non la sentissi da anni, anche se in realtà non ci vedevamo da soltanto due giorni. Lui era a New York, per le nazionali, e io nel mio letto della Dalton cercando di aprire gli occhi e affrontare la luce del sole che filtrava dalla finestra; doveva averla aperta Flint, visto che non c’era traccia di lui.
“Cos... ma che ore sono?” Avevo borbottato con una voce simile a quella di una rana e poi, scostando il cellulare dall’orecchio, avevo letto sul display le undici e mezza.
“Ma ti sei svegliato ora? Blaine, Blaine mi senti?”
“Sì. E sì. Cavolo ho dormito dodici ore.” Non mi capitava di dormire così tanto da... beh, non mi era mai capitato, in effetti.
“Dicono che quando si è triste si dorma più spesso.”
Quella frase mi fece alzare lentamente a sedere, passandomi una mano sul volto e sussurrando al mio interlocutore: “Kurt, non sono triste. E’ solo che mi manchi, tutto qui.”
Ma lo capisco che sei a New York e che ti stai divertendo un mondo. Lo capisco, è solo che vorrei essere con te.
Tuttavia quelle parole mi erano rimaste in gola, e fui costretto a schiarirmi la voce mentre il mio ragazzo, dall’altra parte dell’America, sospirava.
“Sono a Central Park.”
“... Davvero?”
“Sì. Sono a Central Park, e fa piuttosto caldo. Rachel l’ho abbandonata con gli altri e sto facendo una passeggiata in mezzo a fontanelle e scoiattoli. Lo sai che ci sono scoiattoli selvatici?”
Mi veniva da ridere immaginandomi il suo volto sorpreso e tenero, ma invece mi limitai ad un piccolo sorriso, timido, insicuro.
“Lo avevo letto da qualche parte, sì.” Intanto, mi alzai in piedi cercando di fare mente locale per la giornata; anche se era domenica, sapevo che mi aspettavano cose come Warblers, battaglia con il cibo, sfuriate della Pitsbury e magari tutte nello stesso momento.
“Dici che posso rubarne uno e portarmelo a casa?”
“Direi di no, Kurt.”
“Ma neanche uno piccolo piccolo? Lo chiamerei Coco. Come Coco Chanel. Ha lo stesso colore della sua nuova linea Primavera-Estate. E non ridere.” Mi canzonò dopo qualche secondo in cui si era sorbito tutta la mia leggera risata.
“Okay okay, va bene. Che altro vedi intorno a te?”
“Oh, facciamo questo gioco, ora? Mi piace, lo facevo da piccolo con mia madre. Ci diciamo a turno cosa vediamo e chi vede la cosa più bella vince. Ci stai?”
Ancora non riuscivo a capire come avevo fatto a trovarmi un ragazzo così adorabile, sensibile e meraviglioso come lui. Però, visto che non potevo sapere la risposta, mi limitai a dire di sì e cominciammo a elencare una serie di cose che andavano dalle più assurde alle più monotone, come io che mi ero messo a fare la lista di tutti i mobili presenti nella mia camera e Kurt che contava il numero di panchine rosse ai lati della strada.
“Sono rosse Blaine, proprio rosse! Comunque vedo... vedo un albero.”
“Io vedo una porta.”
“Stai uscendo?”
“Sì, mi sono cambiato e ora vado dai ragazzi.”
“Oh, salutameli. Dunque io vedo... oh, un laghetto!”
“Io vedo un corridoio.”
“... Emozionante.”
“Ok allora rettifico: vedo un corridoio lunghissimo.”
“Ah beh allora è un’altra storia.”
Scoppiammo a ridere nello stesso momento, ma subito dopo Kurt esclamò: “Vedo un altro scoiattolo!”
“Kurt, mi vuoi forse tradire con un roditore?”
“Vedo una bambina che gioca con uno scoiattolo. Adesso voglio adottare anche lei.”
“Sul serio Kurt, fuggi via. Quel posto ti sta-“
“Oh.”
Fu così che mi fermai giusto ad un passo dalla porta che mi divideva dalla sala comune, dagli Warblers, dal resto del mondo. Fu in quel momento che il mio cuore aveva capito esattamente tutto ciò che stava succedendo, e la mia mente aveva già cominciato a viaggare leggera verso immagini mai sognate.
Fu quando Kurt, con voce un po’ spezzata dall’emozione, ma per niente sorpresa, mi disse: “Vedo una famiglia.”
Non mi ero nemmeno reso conto che avesse usato una frase del film Harry ti presento Sally; non mi ero reso conto che era tutto iniziato con Kurt che voleva fare Meg Ryan e io Billy Crystal, che mi ringraziava perchè non ci avevo messo dodici anni a capire di voler stare con lui.
Tutto ciò di cui mi ero reso conto si era trasformato in un pensiero molto sottile, come un filo di seta. Prezioso, fragile; incantevole.
Quando il giorno dopo Kurt tornò da New York, in mezzo ad un bar di Lima, con nient’altro che il mio Kurt-sorriso, gli dissi che lo amavo.
 
 





 
Sono  passati dieci anni da quella volta.
New York è esattamente come me l’aveva descritta lui, tramite quella ridicola conversazione al telefono; gli scoiattoli, paradossalmente, sono perfino aumentati. Ma questa volta abbiamo la possibilità di vederli insieme.
Non fa troppo freddo per essere a Dicembre, di solito ci vestiamo come se fossimo degli eschimesi ambulanti, e invece questa volta sembriamo quasi normali. Central Park è ricoperta da quello strato sottile di neve dovuto alla sera prima; è soffice, rende il paesaggio ancora più immacolato. E’ come un piccolo angolo di natura incastrato nel caos della più grande città del mondo, e io e Kurt lo adoriamo.
 “Ci avresti mai creduto che alla fine ci saremmo trovati proprio qui?”
Kurt non è cambiato di una virgola, dal primo giorno che l'ho visto: i suoi occhi sono pieni di vita, anche se celano un bagliore di maturità che ha acquistato con il tempo.
E’ quella parte di lui che ha imparato ad affrontare i sacrifici; a vivere nelle difficoltà. Ad accettarmi esattamente per quello che sono, e a perdonarmi per quello che ho fatto.
C’è stato un periodo in cui non ci siamo amati. Io l’ho tradito. E’ difficile da dire, ma è così. Ero giovane, e la distanza mi spaventava. Lui non aveva il coraggio di lasciarmi perchè, beh, me lo aveva promesso: non mi avrebbe mai detto addio.
Non l’ha fatto, a dire il vero. Ci siamo trovati, con il tempo e con i nostri dolori. Siamo dei Kurt e Blaine diversi; non siamo più ragazzini, no. Siamo adulti. E si sa, il rapporto tra due adulti è sempre diverso; però, a dire il vero, credo proprio che se siamo così, alla fine, è anche merito di quella nostra adolescenza.
Siamo cresciuti insieme. C’era il rischio che ognuno crescesse a modo suo, che non fossimo più compatibili; invece, in qualche modo, siamo riusciti a completarci. E’ un puzzle diverso; più serio, forse, e di tutt’altra fattura rispetto a quello costruito quando eravamo giovani.
Ma chi lo dice che in realtà questo puzzle non sia solo un ampliamento del precedente?
“Dovresti davvero smetterla di indossare questa felpa.” Kurt si ferma proprio davanti a me e si concentra sul mio colletto, mentre dei bambini ci passano accanto, ci osservano curiosi. Forse, si chiedono da cosa derivi questa intimità fusa ad un senso di abitudine. Dal tempo, vorrei dire a quei bambini: dal rispetto, dall’affiatamento. Ma, soprattutto, dalla sincerità.
“Lo sai che mi piace. E’ la felpa che mi hai comprato tu quando avevo sedici anni.”
“Lo so Blaine; è importante, è la felpa del ti amo e tutto il resto, ma guardala: sta andando a pezzi.”
In effetti non è certo nelle migliori condizioni; ma, forse, quella felpa è un po’ come me. Invecchiata. Sgualcita in alcuni punti; quelli che derivano da un taglio profondo, e che non si rimargineranno mai.
Ho commesso tanti, tanti errori nella mia vita. Ho perso i miei amici. Ho rischiato di perdere il mio unico vero amore.
Ma adesso, dopo tanto tempo, sono qui. Non sono il Blaine migliore che possa esistere: ce ne sono tanti altri, come me, che si comportano diversamente, rendendosi anche migliori di fronte ai loro Kurt.
Ricordo che quand’ero più piccolo non riuscivo in nessun modo a capire come mai Kurt avesse scelto uno come me, o come mai avesse scelto di perdonarmi, dopo averlo ferito.
In realtà, adesso non è questa la domanda che mi tormenta: ho trovato una risposta da molto tempo, ed è semplice. Tanto semplice, quanto è difficile spiegarlo.
“Kurt.”
Si volta verso di me con un leggero scatto, i suoi occhi azzurri incontrano i miei, caldi, conosciuti. Mi inginocchio, sento un po’ freddo al contatto con la neve in terra, ma è una sensazione vivace, rinfrescante. Mi è sempre piaciuta la neve, anche quando riempiva il cortile della Dalton e io con gli altri ragazzi ci prendevamo a pallate; ricordo ancora la prima volta che giocai lì con Kurt, eravamo così piccoli.
So che anche lui pensa la stessa cosa; ed è per questo che delle piccole lacrime cominciano ad affiorare sul suo viso, perchè lui di certo si aspettava una cosa del genere, ma forse, non si è mai preparati del tutto.
Ritornano immagini di tutti i momenti passati insieme; di tutte le storie avute, delle vicende passate. Dei sorrisi. Il mio Kurt-sorriso si è un po’ modificato con il tempo. Ma Kurt dice che adesso è più bello: è più reale, più adatto a noi.
“Ti amo.”
Proprio come dieci anni prima; proprio come Harry ti presento Sally, e tutte le storie d’amore degne di essere raccontate.
“... Mi sposerai, vero?”
 
Perchè non si può scrivere sull’amore. Ma si può scrivere su come sognarlo.
















***

Angolo di Fra



Vorrei solo ringraziare tutte le persone che hanno letto questa raccolta.
Tutte quelle che si sono emozionate con i miei capitoli.
Tutte quelle che sono andate a rileggersi Blame it on Blaine perchè, beh, contando com'è scritta ci vuole coraggio.
Mi è piaciuto davvero molto dare un finale così a questa storia. Perchè la mia ff voleva rispettare tutte le cose canon del telefilm, e così, ho voluto finirla nel modo che io considero più reale possibile, parlando di una storia romanzata.
La vita vera non finisce sempre così. Ma non è forse per questo che si scrivono queste storie?
Blaine, Kurt, Priscilla, Chase e il Kurt-sorriso vi salutano.
E vi ringraziano di cuore.

Francesca
   
 
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