Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: Whatadaph    14/10/2012    5 recensioni
Molly Weasley ha diciotto anni, prospettive di una carriera brillante e un gran caratteraccio.
Se a questi tre elementi si associa un fidanzato misantropo e una schiera di cugini ficcanaso, quella che si prospetta può essere solo una grande estate.
Odio quando dimentica le cose importanti – come il mio compleanno o la cena con i miei.
Odio la sua improbabile percezione del tempo e il fatto che sia sempre in ritardo agli appuntamenti. Odio quando sogghigna e si vedono quei suoi canini troppo sporgenti.

[Spin-off dalla saga Metamorphosis, pre-Sulla tua pelle]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lorcan Scamandro, Molly Weasley Jr, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
eigenart

Eigenart

Commedia in un prologo e tre atti




“Insieme siamo migliori che presi singolarmente: siamo più reali. Certo, non siamo perfetti, ma la perfezione, lo sai, è sempre a un gradino dalla perfezione, e la lasciamo agli altri. A me piace la sacrosanta e intensa imperfezione della vita.”

Alessandro D’Avenia





L’Inizio (o la Fine)

Palco vuoto. Voci fuori campo.



“Odio quando dimentica le cose importanti – come il mio compleanno o la cena con i miei.
Odio la sua improbabile percezione del tempo e il fatto che sia sempre in ritardo agli appuntamenti. Odio quando sogghigna e si vedono quei suoi canini troppo sporgenti.”

“Il fatto è che Molly è così precisa e pretende che tutti siano precisi quanto lei. Non sopporta che io dimentichi qualcosa o che io sia in ritardo perché magari sto badando a qualche animale. Ed è gelosissima dei miei animali. Si mostra sempre così poco entusiasta per le cose che piacciono a me!”

“Odio quando mi fa i dispetti, odio quando ha le mani sporche di terra. Odio la sua assoluta assenza di empatia, la sua maleducazione. Odio certe sue uscite assolutamente fuori luogo, odio il suo cattivo umore e le sue prese in giro.”

“Non sopporto la sua espressione acida, sembra che abbia bevuto un bicchiere di limonata senza zucchero. Odio quando mi critica, odio la sua assoluta incapacità di accettare critiche a sua volta...”

“... Odio il fatto che Lorcan non accetti mai il parere altrui! È maledettamente presuntuoso.”

“È così presuntuosa! Non è in grado di accettare idee diverse dalle sue. Talmente testarda da diventare ottusa!”

“Odio quando non mi ascolta.”

“Odio quando non mi ascolta.”

“Insopportabile, semplicemente insopportabile. Non hai idea di quanto sia burbero. È patologicamente incapace di dimostrare affetto. Non mi ha mai detto una frase carina che fosse una!”

“Molly è terribilmente ansiosa. Ha quei tic isterici quando qualcosa non va per il verso giusto! In realtà è divertente, però. Quando fa quelle facce.”

“In realtà mi piace che lui sia così appassionato a qualcosa. Non è una persona vuota, ecco.”

“Adoro prenderla in giro. Quando si arrabbia ha delle espressioni adorabili!”

“E mi piace che sia così timido e ritroso, certe volte! Insomma, è un musone, però... Questo lo rende tenero, in un certo senso.”

“Non la sopporto, ma mi piace da morire.”

“Io lo odio, ma...”


“... la amo. Troppo.”

“Ma lo amo.”

“Amo che sia così insopportabile, certe volte, perché lo sono anche io. Insomma, io e lei ci capiamo davvero. Non succede poi così spesso.

“Amo il fatto che  sia così simile a me, per certe cose – perché entrambi siamo determinati e non sopportiamo essere distratti dal nostro intento. È bello essere capiti, ecco.”

“Mi piace che lei sia gelosa dei miei animali. E poi in realtà preferisco lei, insomma, come potrei non farlo? Io la amo.”

“Lo amo. C’è poco da fare.”


****


Atto Primo (o il Vero Inizio)



Scena I – Londra, una mattina d’estate

In scena Molly e la sua rabbia, una sorella troppo buona e una cugina insopportabile



Questa volta lo ammazzo.
Negli ultimi tempi era diventato un pensiero ricorrente, Molly doveva ammetterlo. O meglio, l’avrebbe ammesso molto volentieri, se solo non fosse stato così maledettamente urticante.
“Devo essere impazzita.”
“Questa non è precisamente una novità,” osservò Lily, appollaiata sul davanzale della finestra. Aveva le labbra incurvate in un sorrisetto supponente e appariva del tutto assorta nella contemplazione delle unghie della sua mano sinistra. Mangiucchiate, per la cronaca.
Molly preferì ignorare quell’osservazione inopportuna. Dopotutto, se l’era cercata.
Ormai era più di un'ora che scavava un solco sul pavimento della propria stanza, a forza di camminare avanti e indietro, rimuginando sulle balorde idee cui aveva dato riscontro negli ultimi mesi.
Avrebbe dovuto aspettarselo. Quando di punto in bianco aveva preso a uscire con Lorcan Scamandro, non avrebbe dovuto essere così negligente da trascurare certi aspetti.
Dopotutto, mettersi con quel cafone era stata una sua libera scelta.
“Io lo ammazzo.”
“Stai con Cane Pazzo Lorcan, cugina,” cinguettò Lily, inesorabile. “Avresti dovuto tener conto di certe cose.”
Ancora non capiva bene cosa le fosse saltato in testa. Lorcan Scamandro aveva un pessimo carattere, ed era la persona più irritante e testarda che lei conoscesse. Era totalmente negato nelle relazioni umane e l'antitesi dell'uomo perfetto.
Insomma, Molly non aveva mai preteso molto da lui. Non desiderava un tipo di relazione come quella fra Roxanne e Lysander ‒ tutta baci e coccole e pareti tappezzate di cuori ‒ perché tutte quelle robe sdolcinate le davano nausea.
Non pretendeva che si vedessero tutti i giorni, ovviamente. Con ogni probabilità non avrebbero sopportato a lungo la reciproca presenza e avrebbero finito per affatturarsi a vicenda quotidianamente. Lorcan andava preso “a piccole dosi”, decisamente.
Non pretendeva neanche che si sentissero tutti i giorni, per Merlino.
Ma dimenticarsi del suo compleanno era decisamente troppo.
Lucy, acciambellata sul letto, la osservava immobile. Sembrava quieta, ma Molly conosceva sua sorella: da un momento all'altro avrebbe detto qualcosa per cercare di farla sentire meglio, sortendo l'effetto opposto.
La colpa non era di Lucy, certo. Era Molly che aveva un caratteraccio.
Di solito, aveva anche maledettamente ragione. Non dovette attendere molto perché Lucy si schiarisse la voce e prendesse la parola.
Fisicamente le due sorelle non si somigliavano affatto. Lucy aveva i capelli castani ed era piccola e soffice, con grandi occhi innocenti. Il suo volto aveva un'aria estremamente morbida ‒ quando litigavano, da piccole, Molly l'afferrava per le guanciotte e tirava forte. Sulla faccia di Lucy restavano sempre dei brutti lividi.
Molly era più di stampo Weasley. Alta e ossuta, con i capelli rossicci e la faccia ricoperta di lentiggini.
“Forse arriverà più tardi,” ipotizzò la minore, esitante. “Magari ha avuto un... un problema con uno dei suoi‒”
“Gorgosprizzi?” suggerì Lily, caustica.
Molly ebbe il subitaneo impulso di afferrare la testa della cugina e sbatterla ripetutamente contro il muro. Per fortuna riuscì a trattenersi, limitando il suo astio a un’occhiata agghiacciante. Lily non fece una piega, e Molly sbuffò, gettando un’occhiata sconsolata fuori dalla finestra.
Non stava spiando il cielo alla ricerca di gufi, però. Affatto.
Il comportamento di Lily, poi, era inammissibile. Fino a qualche mesi prima, se Molly avesse lanciato a un qualche membro della cuginanza uno dei suoi pericolosi sguardi in perfetto stile nonna Molly, quest’ultimo avrebbe preso a squittire terrorizzato. Nella migliore delle ipotesi.
L’amore l’aveva rammollita fino a quel punto?
Gettò a Lily un’occhiata sbiega e la sorprese a fissarla da sotto le folte sopracciglia.  Le sue labbra erano incurvate in un sorrisetto sardonico e il suo sguardo fermo e inossidabile.
Irritante. Terribilmente irritante.
Edificante, ridere delle sventure altrui.
Sì, perché negli occhi di Lily aleggiava sempre quell’aria di sfacciato divertimento, quell’irrisoria scintilla di beffa che aveva la facoltà di irritare Molly da morire. La cugina era talmente insolente da indisporla al punto di voler prendere a schiaffi il suo visetto appuntito dalla mattina alla sera.
O forse la pensava in quel modo perché era già parecchio maldisposta di suo, quella mattina – una vocetta fastidiosa dentro la sua testa diceva così. Maledette voci. Molly avrebbe preso a schiaffi pure loro: che ne potevano sapere! Lei non era così sensibile da poter essere anche solo minimamente condizionata da quella sottospecie di scimmione. O Cane Pazzo, come lo chiamava Lily.
Che poi quel soprannome l’aveva coniato il piccolo Freddie. Avrebbe dovuto ricordarsi di punirlo: il cuginetto undicenne andava rimesso al proprio posto.
Sì, l’avrebbe pagata cara. E poi Molly avrebbe lanciato una Fattura Foruncolosa a Lily non appena i grandi si fossero distratti! Questa sì che era una bella prospettiva, uno di quei progetti che da sempre erano in grado di far incurvare le sue labbra in un sorriso a causa del ritrovato buonumore.
Non funzionò. Molly attese dieci secondi, poi venti, ma quella sensazione di vuoto e delusione e rabbia e stizza non passò.
“State zitte,” sbottò.
“Non stavamo parlando,” replicò Lily, pacata.
Sì, l’avrebbe presa a schiaffi prima o poi.

****


Scena II – Giardino di una casa di campagna

In scena una festeggiata di pessimo umore e parecchie persone fastidiose


“Dovresti sorridere, sai? Di tanto in tanto.”
Molly strinse le labbra e si limitò a scoccare a Louis un’occhiataccia.
Questi sbuffò teatralmente. “Suvvia, cugina! È il tuo compleanno! Sei alla tua festa!”
“Grazie per avermelo ricordato,” ringhiò lei di rimando, prima di riuscire a trattenersi.
Louis non fece una piega al suo tono di voce. “Ah.” Respirò bruscamente. “Credo di aver capito.”
“Beh, allora grazie al tuo sesto senso Veela!”
“Suvvia, non essere scorbutica.”
“Non parlare, Lou, ti prego. Per dieci secondi.”
Silenziosamente, il cugino annuì. Sollevò la mano e – fingendo un’espressione concentrata – contò sulle dita dieci secondi, sillabando i numeri senza che dalle sue labbra uscisse un suono. Arrivato a dieci mise su un gran sorriso e riprese a ciarlare.

Molly si costrinse a non ascoltarlo. Intorno a loro, sembravano tutti divertirsi. Lucy sedeva sulla panchina con il piatto della torta pieno di briciole ancora posato sulle ginocchia, guardando il cielo con espressione assorta. Molly sapeva che fosse uno degli hobby preferiti di sua sorella, da qualche mese a quella parte. Rose era in un angolino con espressione tetra ad ascoltare le chiacchiere di Lily e Albus; Hugo non faceva che ripetere quanto sperasse di essere nominato prefetto a chiunque avesse la pazienza di ascoltarlo; James badava con aria rassegnata a Freddie.
Vic chiacchierava. Teddy fingeva di ascoltarla.
“Mi stai ascoltando, Molly?”
Si riscosse, gettando a Louis un’occhiata sbiega. “Mmh?”
Davvero Cane Pazzo ha dimenticato il tuo compleanno?”
“Proprio tu me lo chiedi, Lou? Ricordi il compleanno anche solo di una delle tue cento ragazze?”
“Molly...”
“Quella del martedì? La bionda, come si chiama... Loraine?”
“Asp–”
“Neanche il suo?”
“Vuoi essere seria per
un minuto?”
“Da che pulpito,” mormorò Molly, ma poi tacque, in ascolto.
“Ricominciamo.” Louis tentò di blandirla con un sorrisino. La faccia di Molly rimase di bronzo: almeno lei era immune dal fascino Veela del cugino. “Davvero Cane Pazzo ha dimenticato il tuo compleanno?”
“Non migliori la situazione chiamandolo così.”

“Non cambiare discorso! Se n’è dimenticato davvero?”
Improvvisamente, Molly desiderò che sotto ai propri piedi si aprisse un baratro. “Evidentemente,” esalò in un filo di voce.

“Il compleanno di Loraine è il quindici marzo.”
“Fanculo.”
Lou aggrottò le sopracciglia. “Molly Weasley, hai appena detto una parolaccia. Il giorno del tuo diciottesimo compleanno. Sei stata svezzata presto alla volgarità, vedo.”
“Oh, quanto sei stupido.”
Il cugino alzò il dito indice. “Non sono stupido, sono geniale e per questo spesso incompreso.”
Molly non poté trattenersi: scoppiò a ridere.
“... E riesco sempre nel mio intento,” aggiunse Louis con una scrollata di spalle.

Quando arrivò la sera e neanche un solo fottutissimo gufo si era ancora avvicinato alla Tana, persino Lily smise di riderci su.
Molly era sempre più arrabbiata e intorno a lei ormai si era formato il vuoto. I cugini percepivano l’aria colma di vibrazioni negative e si dileguavano – furbetti, loro. Ormai l’unico rimasto al suo fianco era Teddy, che da bravo Tassorosso ingenuo e altruista non aveva cuore di lasciarla sola il giorno del suo compleanno.
“Mi dispiace, Molly, se posso fare qualcosa per–”
“No, Teddy,” replicò lei, secca, il volto in preda di tic stizziti. “Niente. Non dire un cavolo di niente.”
“Ma–”
“Ti ho detto di non cercare di consolarmi!” Tirò su col naso. “Non c’è un cavolo di niente da cui io abbia bisogno di essere consolata. E quello che stai pensando
non è vero.” Teddy le porse un fazzoletto e Molly lo prese. “Non pensarlo quindi. Anzi, non pensare proprio. Non pensare così rumorosamente!”
Teddy annuì, paziente, mentre lei faceva una pausa per soffiarsi il naso. “Capito?! Non pensare!”

“Starò attentissimo,” promise lui. “No, tienilo pure,” aggiunse, alludendo al fazzoletto che Molly gli stava restituendo.
“Grazie,” fece lei con voce nasale. “Ma non fare cose carine. Non essere così gentile. Lasciami sola come tutti gli altri. Nessuno mi vuole bene, e io–”
Dominique fluttuò con leggiadria fino a raggiungerli. “È il tuo compleanno,” disse con quel suo irritante tono pratico e perentorio. “Quindi ti divertirai.”
“Io–”

“Soffiati il naso, su.”
Ma perché tutti insistono a regalarmi fazzoletti?
“Dominique, io credo che tornerò a casa. Non mi va di restare qui.”

“E chi ha parlato di restare alla Tana!”
“Voglio andare a casa.”
“Oh, per andarci ci andrai. Giusto il tempo di cambiarti.”
“Ma...”
“Non ammetto repliche, Molly. Non sei più Caposcuola.”


****


Scena III – Interno di un pub

In scena Molly, Louis, Dominique e troppo Firewhiskey



Dominique era proprio una stronza. Molly non faceva che rimuginarvi sopra, mentre cercava disperatamente di raddrizzare il vestito in modo che non la scoprisse così tanto.
Un vestito blu terribilmente scomodo e terribilmente corto. E pure terribilmente leggero: Molly aveva la pelle d’oca sulle gambe.
“Piantala di cercare di coprirti,” fece Louis. “Mi innervosisci. E poi non dovresti, hai uno stacco di coscia che–”
“Lou, non una parola di più.”
Davvero, Molly. Cane Pazzo è un uomo fortunato!”
Dominique comparve seguita da un cameriere armato di vassoio. Stava fluttando ancora – brutto vizio.
“Qui!” trillò, e il ragazzo ai suoi ordini pose sul tavolo tre bicchieri.
Fascino Veela. Potrebbero convincere chiunque a fare qualunque cosa.
Beh, chiunque tranne me.
Tuttavia, non era il fascino Veela di Dominique ad affascinare il cameriere. Molly se ne accorse quando lo vide letteralmente sciogliersi a un sorriso di Lou, che ammiccò nella sua direzione.
Attese che il ragazzo si fosse allontanato prima di sbottare. “Adesso ci provi anche con gli uomini, Lou?”
“Il gusto della caccia, cugina.” Louis fece un gesto di noncuranza con la mano. “Qualcosa che tu non puoi comprendere.”

“Così sembra,” borbottò lei, tentando di nuovo di sistemare il vestito.
Dominique le bloccò il braccio. “Basta, Molly. Prendi un bicchiere.”
“Cos’è?” domandò lei, annusando sospettosa.
“Firewhiskey, Molly.” La cugina sembrava esasperata. “Semplice Firewhiskey.”
“Non sei stata sette anni della tua vita a ripetere quanto fosse poco fine il Firewhiskey?”

“Infatti è poco fine,” convenne Dominique. “Però ci vuole, in certe occasioni.”
“Basta con questi discorsi,” intervenne Louis. “Buon compleanno, Molly!” Levò il bicchiere e lo fece scontrare con il suo. “Adesso dovresti bere,” le fece notare, dopo essersi scolato metà boccale con un solo sorso.
Lei assottigliò gli occhi e avvicinò le labbra al bordo del bicchiere.
Aveva bevuto una sola volta in tutta la sua vita, esattamente un anno prima, il giorno che aveva compiuto diciassette anni. In quell’occasione era talmente di buon umore che aveva finito per scolarsi una bottiglia intera di champagne e poi aveva rimesso l’anima per tutto il giorno successivo, vergognandosi a morte, sotto gli occhi scandalizzati di suo padre e quelli segretamente divertiti di sua madre.
Un vero spasso.
Fanculo.
Bevve con decisione una lunga sorsata, scoprendo con piacevole costernazione il senso di calore che il Firewhiskey faceva scaturire all’altezza del petto.
“Allora, Molly,” le chiese Dominique, giocherellando con il tovagliolo. “Cos’ha fatto il pazzoide?”
“Perché credete tutti che sia pazzo?”
“Lo dici anche tu da circa sette anni,” replicò la cugina pacata. “E non temporeggiare.”
Molly sbuffò, infastidita, bevendo un altro sorso per prendere tempo. “Ha dimenticato il mio compleanno,” confessò in tono piatto, prendendo mentalmente nota di non bere neanche un altro sorso. Già cominciava a girarle la testa.

Dominique si scambiò uno sguardo con Louis e scosse la testa. “Che idiota. Quello non ci sa fare con le donne.”
“Non ci sa fare con le persone, è diverso.”
“Zitto, Lou.” Dominique fece un sorriso. “Beh, l’hai detto ad alta voce. Hai superato la fase della negazione.”

“Non sto elaborando un lutto, Domi.”
“Non ho detto questo.”
Molly bevve distrattamente un altro sorso di Firewhiskey.
Finirò per ubriacarmi, se continuo così. Non era poi così male come prospettiva.
“Beh? Cosa pensi di fare?”
Adesso la testa le girava davvero. Il legno del tavolo cui erano seduti era cosparso di venature. Venature
abbaglianti, però... Il sole era abbagliante, al suo ultimo appuntamento con Lorcan. Avevano litigato e poi fatto l’amore in quel campo a poche miglia dalla Tana, con il grano che le pizzicava la schiena e le braccia.
Istintivamente, strinse le mani attorno ai gomiti.
“Non so. Dovrei fare qualcosa?”
“Dovresti parlarci,” sentenziò Dominique con sicurezza.

Molly rise. Così, quasi senza motivo. “I tuoi consigli sono assolutamente... fuori luogo. Te non lo faresti mai.”
Prevedibilmente, la cugina mise su il broncio.
“Dai, Domi, è vero,” proseguì Molly imperterrita. Non riusciva a porre freno alla propria lingua. “Se Goldstein dimenticasse il tuo compleanno fingeresti che abbia smesso di esistere.”
“Ma Adrian non dimenticherebbe
mai il mio compleanno,” replicò Dominique in tono inflessibile.
Punta sul vivo – nonostante gli strati di annebbiamento prodotti da tutto quel Firewhiskey e dalla sua scarsa propensione all’alcool – Molly si vide costretta a deglutire mentre sentiva uno strano senso di calore dietro agli occhi.
Simile... simile a lacrime.
“Lorcan... Lui...”
Dominique scrollò le spalle. “Secondo me è un comportamento ingiustificabile. Lou?”
“Mah, ingiustificabile forse no. Da imbecille... questo sì. Però che peccato, Lorcan mi è simpatico.”
“Solo a te
sulla faccia della Terra.”
“Ehi, state parlando del mio ragazzo!” si ritrovò a protestare Molly con voce stanca.

Domi aprì la bocca per parlare, ma la richiuse prima di proferir parola. Sia lei che Lou si voltarono in direzione della cugina con espressione grave.
Molly lesse la stessa cosa nei loro identici occhi grigi: Lo sarà ancora a lungo?
Poi divenne tutto molto confuso. La testa le girava da morire, le sue ginocchia traballavano e le parole che pronunciava non sembravano le sue.
Poi dopo pochi istanti e mille anni fu ora di tornare a casa. Molly si Smaterializzò.


****



Scena IV

Notte, strada di campagna

In scena una Molly non molto in sé


Smateralizzarsi in stato di ebbrezza era controindicato. Decisamente controindicato: si rischiava di spezzarsi o di finire in un luogo diverso da quello desiderato, poiché la concentrazione era ostacolata dall’ubriachezza.
Molly lo sapeva bene, ma le era passato di mente. O forse aveva semplicemente deciso di fregarsene, viste le circostanze. Non ne era sicura, però.
Non era sicura di nulla, neanche di dove si trovasse adesso.
Sapeva solo di essere molto arrabbiata e molto triste e di avere assolutamente qualcosa da fare.
Si guardò intorno e si accorse di essersi Materializzata a poche colline di distanza dalla Tana, vicino a un grosso, strambo edificio a forma di caffettiera, col comignolo che spuntava dal beccuccio e una porta d’ingresso piccola e rotonda, con un battente a forma di corvo proprio al centro.
Barcollò oltre il cancelletto – dopo aver annaspato con le dita per riuscire ad aprire il chiavistello – quindi proseguì incespicando sul vialetto, fino alla porta d’ingresso.
“Ciao, Cricket,” biascicò con voce stupida alla testa di corvo.
“Che differenza c’è fra il millepiedi e la zebra?” gracchiò Cricket di rimando.
“Novantasei zampe,” rispose Molly senza pensarci. “Lorcan c’è?”
“Sono qua,” rispose una voce familiare.

Molly si voltò, appoggiandosi al parapetto della veranda per non barcollare.
“Lorcan,” gli si rivolse aspramente. Aveva la bocca impastata e il suo tono uscì fuori strano. Sembrava estremamente distante, come se non fosse lei a parlare. “Sei un deficiente,” sbottò. “Come... come hai potuto...”
“Sei ubriaca, Molly?”

Improvvisamente Lorcan era accanto a lei. La scrutava con una faccia burbera, ma aveva gli occhi tinti di preoccupazione. Aggrottò le sopracciglia. Molly pensò che fosse bello, gli guardò le labbra e le desiderò contro le proprie. Subito.
Poi ricordò di essere arrabbiata con lui e di volerlo lasciare. Perché lui neanche ricordava il suo compleanno.
“Non ti ricordi che giorno... che giorno, uhm, che giorno è oggi?”
“Che cosa stai dicendo?” Lorcan era molto vicino. Le poggiò la mano sulla spalla nuda: una mano grande e calda, leggermente ruvida.
“Ti sei dimenticato.”
“Molly, ma cosa stai dicendo? Vuoi sederti? Un bicchiere d’acqua?”

“Non voglio niente da te!” Alzò improvvisamente la voce. “Niente, capito? Niente!”
“Ho fatto qualcosa che non va?” sbottò Lorcan. “Oggi non ti sei fatta sentire per tutto il giorno!”
“Tanto è normale... fra di noi è normale.”
Aveva davvero voglia di baciarlo.
“Che cosa è normale?”
“Io–”
Lorcan la guardò da capo a piedi. “Perché sei vestita così?” chiese.
“Perché?” ribatté lei. “Sono... sono brutta? Orribile?”
“No,” sembrava quasi divertito. “Sei bella. Solo che mi chiedevo se–”
“Non sei neanche
geloso!”
“Vorresti che lo fossi?”
“No, certo che no,” scosse la testa, spazientita. “Non capisci?”

Non ci capiva più nulla. Però anche Lorcan si stava arrabbiando, lo sapeva. E questo non era giusto: lui aveva dimenticato il suo compleanno! Era colpevole! Non aveva il diritto di arrabbiarsi anche lui!
“Cosa dovrei capire, Molly? Sei ubriaca, cazzo!”
“È il mio compleanno!” Molly quasi gridò. “È il mio compleanno e te ne sei dimenticato! Non mi hai mandato neanche un solo, fottutissimo biglietto!”

Lorcan cambiò espressione improvvisamente, ma non era la faccia colpevole che Molly si sarebbe aspettata. Era piuttosto... ferito. Dispiaciuto.
“Molly, non mi hai mai detto che il diciassette giugno fosse il tuo compleanno,” mormorò. “Lo sai questo, vero?”
“Non te l’ho... Cosa?”
“E il mio compleanno? Che giorno è il mio compleanno, Molly?”
“Io...”

Che giorno era il compleanno di Lorcan? Lo stesso di Lysander, certo. Ma... quando?
Avrebbe dovuto chiederlo a Roxanne. Solo che Roxanne non c’era: era andata in Italia con... con Lysander. Che era il gemello di Lorcan. E aveva il compleanno lo stesso giorno di Lorcan.
Sì, ma che giorno?
“Vuoi sapere una cosa?” sibilò Lorcan in risposta ai suoi interrogativi. “Oggi è anche il mio compleanno.”
Le sembrò di aver appena ricevuto una secchiata d’acqua gelida. Dritta in testa.
“Io n-non...”
“Non mi hai fatto gli auguri.”
“Neanche... neanche tu mi hai fatto gli auguri.”
“Vero.”
“Auguri.”

Lorcan guardò l’orologio e poi lei. Con occhi tristi. “Molly, la mezzanotte è passata da venticinque minuti.”
E Molly capì. “Addio, Lorcan,” sussurrò, mentre un violento senso di nausea le attanagliava le viscere.
Girò su se stessa e si Smaterializzò. Riapparve sul pianerottolo di casa sua, a Londra.
Le lacrime che aveva trattenuto per tutto il giorno esplosero tutte assieme, mentre si accartocciava su se stessa e rimetteva sullo zerbino.









Note dell’Autrice
Allora, questo è uno spin-off da Metamorphosis, la mia saga sulla NG. Si comporrà di tre capitoli, salvo inconvenienti :)
Naturalmente, ogni commento è gradito!
Bisous,

Daphne
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Whatadaph