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Autore: Hikari93    16/10/2012    9 recensioni
Sasuke e Sakura corrispondono via mail da tre mesi, ma non si sono mai visti né parlati. E non lo avrebbero fatto, se Naruto, migliore amico di lui, non si fosse intromesso nelle loro vite.
Dal Secondo Capitolo:
Potrebbe: aspettare i dieci minuti che restano prima dello scoccare delle dodici – sta consumando l’orologio al polso regalatogli da suo padre a furia di fissarlo con intensità – e poi alzarsi in piedi sul tavolo, molto teatralmente, e reclamare, con tanto di colpo di tosse, il fantomatico attimo di attenzione, gridando a gran voce il nome di Sakura.
Possibilità di successo: basse, considerando che, insomma, chi lo ascolterebbe? Anche se urlasse, e anche se Sakura lo sentisse, sicuramente lo scambierebbe per Sasuke. Non che ci fosse niente di male in lui, ma ecco… poi finirebbe di certo per innamorarsi di lui, Naruto ne è sicuro. E non è quello che vuole.
Quindi. Potrebbe numero due: alzarsi dalla sedia su cui si è stravaccato a pensare, abbandonare la vista dei tovagliolini messi al centro e andare a stanare il teme, chiedendogli le informazioni che gli occorrono, senza farsi scappare di aver propinato e combinato un appuntamento a sua insaputa.
[SasuSaku. Accenni NaruHina - ShikaIno]
[Completa ♥]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Hot Mail – Naruto Namikaze in missione speciale
 
 







Capitolo Quattro
[Ricerche: nuovi e vecchi incontri all’orizzonte]

 
 




 


La giornata è appena cominciata, ma per Sasuke la si può già definire pessima.
Appena ha sollevato le palpebre, è stato colto dal presagio che, sì, farebbe meglio a rimanersene a letto. Ma non sarebbe più Sasuke Uchiha se, facendola in barba ai presentimenti e ai pensieri funesti, non si alzasse ben un’ora prima dello strillo della sveglia e ingannasse il tempo con una bella tazza di latte freddo, stavolta – niente polpi né verdure, non ha voglia di cucinare né vuole attentare alla sanità del suo stomaco permettendo a Naruto di toccare mestoli e pentole – con sani biscotti di pastafrolla, attento a non litigare con le briciole che si mescolano nel latte e parti del biscotto che si distaccano dal resto, disperdendosi per la tazza, principalmente sul fondo.
Fa presto. Trangugia la colazione, lascia il pentolino e la tazza, entrambi ancora biancastri, nel lavello; li sciacquerà tra poco, si dice.
L’aria è secca perché c’è l’estate fuori. Sasuke cerca di difendersi quanto può e come meglio può, inserendo la spina del ventilatore nella presa e schiaffandosi con la faccia contro – Naruto ci parla sempre contro, ottenendo una voce robotica e ancor più fastidiosa del normale. Comunque, il fresco che deriva dal moto scatenato delle pale rotanti è sublime e gratificante quasi quanto il silenzio che aleggia intorno.
Irreale.
La guancia che porge al ventilatore diventa sempre più fredda e conseguenzialmente l’altra pare bollire. Per questo motivo Sasuke, senza volerlo, volta il capo dall’altra parte e intravede il portatile in bella vista – appositamente per lui – sulla scrivania a muro.
Una morsa di “non sa che cosa” gli stringe lo stomaco; vuole negare fino alla fine che si tratti di dispiacere o di una forma non bene identificata di rimorso, tuttavia i sintomi – si rende conto – sono gli stessi di quando, da bambino, ruppe la macchinina telecomandata di Itachi. E, nonostante suo fratello gli avesse detto non fa niente, otouto, quel senso di “non sapeva cosa” rimaneva a premere contro le pareti dello stomaco, insopportabilmente.
Più insopportabile del dobe che ti urla nelle orecchie quando ci sono quaranta gradi.
Chiude gli occhi, Sasuke, consente al venticello artificiale di accarezzargli le guance e trascinarlo con sé in un luogo tranquillo dove tutto è pace e tutto è tranquillità.
Niente – stupidi – problemi adolescenziali, niente – insulse – spiegazioni che rifiuta di darsi, e niente – superflue – domande alle quali decide coscienziosamente di non voler rispondere – perché sa già tutto, e non lo dice per presunzione.
La nottata che ha trascorso a combattere contro una zanzara particolarmente audace – che, infine, dopo aver tentato di morderlo per la decima volta, ha trovato la fine contro la parete bianca del muro – lo ha tenuto ben sveglio, tanto da permettergli di capirsi e di esaminare la situazione al meglio.
Con Sakura non si è comportato da galantuomo, lo ammette, lo ha concluso. Però, e ammette e conclude anche questo, non sapeva che si trattava proprio di Sakura – e già, il dobe avrebbe anche potuto accennargli qualcosa, invece di fare il misterioso –, senza contare che anche lei l’ha presa troppo sul personale, ragionandoci poco.
Tirando le somme, Sasuke sostiene di non possedere tutta la colpa, se sempre di colpa si può e si deve parlare. Soltanto, c’è stato un malinteso e, soltanto, basta tornare sull’argomento, discuterne.
E non via mail, stavolta.
Niente notebook.

 
 
 

*

 
 
 

Lo sbadiglio di Naruto può sentirsi anche dall’altra parte del mondo, tanto che è rumoroso. Perché è alto, possente e gonfio di un sonno che presto lascerà il posto a un’allegra irruenza.
Il ragazzo si stiracchia per bene, allungando le braccia fino al limite del possibile, con le spalle che scoccano e le dita che, incrociate, le seguono a ruota, in un crack.
Ma è tutto troppo tranquillo, quella mattina, tutto.
Naruto chiude e riapre gli occhi più volte, a ritmo, frattanto che il cervello cerca di connettersi a una rete che non raggiunge. Solo il silenzio di una casa inabitata lo avvolge.
Vivere col teme è quasi come vivere da soli, quindi di che mi stupisco?, ragiona, sbadigliando ancora una volta e provando a trattenere il suddetto sbadiglio nel palmo della mano pressata sulla bocca.
Non indossa nemmeno le pantofole, sperdute chissà dove sotto il letto, e si muove a passi lenti verso la camera di Sasuke, frattanto che un’idea malsana gli salta in mente come un grillo tutto pepe.
Ma vuoi vedere che mi sono svegliato prima del teme?, si chiede agitato.
I rimasugli degli occhi appannati e della stanchezza addosso vanno via, sciacquati dall’insolita possibilità. Perché, se davvero così fosse, sarebbe una notizia da aggiungere alle cose sensazionali accadute nel corso dell’anno.
«Ahaha, teme, finalmente ti ho fregato, te e quella maledettissima sveglia spacca timpani!» grida, aprendo di scatto la porta della camera di Sasuke.
Ad accoglierlo, il vuoto. Letto perfettamente in ordine, comodino in ordine perfetto e la presenza di Sasuke che si percepisce soltanto dall’odore della stanza e dai alcuni suoi vestiti adagiati con cura sulla sedia.
Ok, purtroppo ha visto male. Sasuke si è destato ancora una volta per primo.
«Sasuke?» urla allora, e contemporaneamente cammina per il corridoio fino ad arrivare alla cucina.
Anche lì, l’unica traccia che c’è di Sasuke sta nella sua tazza gocciolante e posta a testa in giù sul lavello. Accanto, spunta un pentolino, sempre gocciolante e sempre  a testa in giù.
Bah, il teme ha sempre avuto l’abitudine di non rispondere…
E infatti, logicamente, conscio di ciò, Naruto Namikaze continua a chiamare Sasuke, Sasuke, Sasuke, alternandosi con dei più originali teme, baka o Sasuke-teme.
Ma nessuno lo ascolta, né gli risponde.
E, intanto, Sasuke non è in bagno – già Naruto non sentiva il rumore della doccia, poi per precauzione ha anche aperto la porta –, non è in camera di nessuno dei due, né in quella che usano Fugaku-san e Mikoto-san quando sono in vacanza e neppure in cucina o nel salottino.
Volatilizzato.
Ma, per fortuna, prima che Naruto possa cominciare a sparare ipotesi assurde e infondate come la venuta degli alieni – e il riconoscimento di Sasuke come uno della loro razza, perché il teme, infatti, si è sempre ritenuto individuo di intelligenza superiore, quindi… –, oppure un viaggio di espiazione per tutte le malefatte… fatte, un foglietto bianco attira la sua attenzione.
Poche frasi brevi: Vado in spiaggia. Ho le chiavi, chiudi la porta quando esci, dobe.
Naruto, checché ne possa pensare lui stesso, non si arrabbia per le parole che ha letto, né per non essere stato svegliato al costo di essere buttato giù dal materasso, né perché, se mai non trovasse Sasuke e lui decidesse di non ritornare più, una volta uscito e chiusosi la porta alle spalle non potrebbe più entrare per mancanza di chiavi – ce n’è una sola copia. Tutt’altro.
Sorride. Sorride e stringe più forte il foglietto tra le dita.
«E bravo, teme… buona chiacchierata. Ma non pensare che io non venga a informarmi
Origliare?

 
 
 

*

 
 
 

Sembra impossibile trovare Sakura in un viavai di folle che lo urtano senza chiedergli scusa e di bambini che, mentre giocano a pallone in riva al mare, lo scelgono come bersaglio, prendendola a ridere finché non incrociano i suoi sguardi omicidi.
Perché fa caldo – e lui non lo sopporta, non lo sopporta e non lo sopporta ancora, preferendo il freddo ghiacciato di dicembre e i maglioni con le maniche lunghe il doppio del braccio – e perché i ragazzini di oggi strillano troppo. Perché non c’è più rispetto per le altre persone, perché le madri di quelle pesti non fanno altro che ripetere, civettuole, che i loro mocciosi sono solamente dei bambini innocenti e perché, cazzo, Sakura non si trova da nessuna parte. Perché gli va sempre tutto storto e perché ci sono troppi perché che si irrita persino al pensiero di elencarli mentalmente.
Uno sbuffo, che Sasuke cerca senza successo di camuffare in un sospiro alto, gli esce spontaneo dalle labbra.
Comincia a pensare di aver sbagliato. Non è neanche sicuro che Sakura sia in spiaggia e forse farebbe meglio ad andarsene a casa. Ma il forse implica che Sakura potrebbe davvero essere lì, da qualche parte, immersa tra gli stridii acuti che lo confondono troppo. Ed è per questo che resiste; prima risolve e prima può rimettersi l’anima in pace.
Di certo non si sente più carico o più in forma di quanto lo sia stato appena dieci secondi fa, però è pronto a continuare le ricerche. Ha degli elementi a suo carico, analizza, che possono tornargli molto utili per risolvere la faccenda.
Il dobe, però, gliela pagherà. Tutto quello stress al posto delle agognate e meritate vacanze…
Dunque.
Si rintana – tra spintoni e spallate – in un angolino lontano dalla bolgia, giusto quanto gli occorre per respirare – finalmente – e pensare con calma.
La prima cosa che non può sfuggirgli di Sakura è che ha i capelli rosa. Dei corti capelli rosa che le toccano appena appena le spalle. Poi, suppone che si muoverà in gruppo, e che quella ragazza esuberante insieme a quella lì più timida le staranno intorno. Poi… poi non sa altro. Non sa nemmeno – si ripete – se Sakura si presenterà in spiaggia, ma gli basta così. Sarà sufficiente un giro veloce e degli occhi aguzzi.
Sa solo che vuole muoversi: non gradisce il peso di un problema sullo stomaco.

 
 
 

*

 
 
 

«Ma è ovvio che ci serve un piano.»
«Ino-chan, per favore, non rendere le cose più complicate di quel che sono…»
«…»
«…»
«Hai per caso intuito qualcosa, Hinata-chan
«Ino-chan, non mi piace quando mi chiami così. Che hai in mente?»
«Niente di preoccupante» ride sorniona. «Ma hai intuito qualcosa?»
«…»
«Hinata-chan?»
«Ino-chan, ti prego…»
Mani che si intrecciano, occhi che luccicano, che pregano, che ti chiedono solamente un piccolissimo favore. «Non è difficile, Hinata-chan. Né pericoloso.»
«Ma perché io?»
«Ti preeeego, Hinata-chan! Sakura è tua amica, fallo per lei! Ti prego, ti prego, ti prego! Tu sei l’unica ch-»
«E va bene, Ino-chan. Dimmi tutto.»
Le sorride. Malvagia. Alla Ino Yamanaka.
«Dovresti cercarmi un biondino di nostra neo conoscenza…»
 
Ed eccola, adesso, che affonda uno a uno i piedi nella sabbia, vincendo se stessa e squadrando uno a uno tutti i ragazzi con i capelli corti e biondi. Ha già abbassato lo sguardo una ventina di volte, trovandosi contro delle tonalità di iridi disparate, ma che non si avvicinavano a quell’azzurro luminoso.  
Francamente, Hinata ha visto Naruto Namikaze soltanto una volta ma, ancor più francamente, la sua figura gli è entrata nella testa e non n’è uscita più.
Meglio, così lo trovo prima, si dice.
Hinata si imbarazza maggiormente quando si accorge di avere altri occhi puntati addosso. Magari quella è gente del posto che la riconosce come turista. Sa, comunque, di aver passato l’età in cui ha bisogno necessariamente di qualcuno che le cammini a fianco, ma trovarsi lì, da sola, mezza nuda – non c’entra che sia in spiaggia e non c’entra che abbia indossato perfino una maglietta a maniche corte per proteggere la schiena dai raggi solari violenti già dal mattino – e con troppa gente che – le pare – la scruta, le incute quel giusto timore che la tiene lontana dal compiere qualsiasi tipo di sciocchezza.
Rimarca mentalmente il suo ruolo: a parere di Ino, la mossa giusta da fare è quella di combinare un appuntamento tra Sakura e Sasuke, in un modo a lei sconosciuto. Ino le ha detto che Naruto Namikaze le è parso un tipo in gamba, di quelli dai piani geniali.
Hinata non lo sa, spera soltanto di ritracciarlo presto.
Ricapitolando. Non dovrà: balbettare e rischiare di non farsi capire, arrossire tanto da non poter più incolpare i raggi solari del colorito della sua pelle e arrivare al sodo. In realtà non si ritiene la persona migliore del mondo per un incarico simile, essendo da sempre molto timida e riservata, però – sempre secondo una citazione della Yamanaka – sarà una buona esperienza anche per te, Hinata-chan, e per i tuoi rapporti sociali.
«Scusami!»
Hinata sobbalza impercettibilmente e si volta in un riflesso condizionato. «Dici a me?» domanda, incredula.
Sta quasi per sorridere sinceramente quando nota che il ragazzo che l’ha appena chiamata è proprio colui che cercava, ma svanisce tutto quando lui apre di nuovo bocca.
«Hai per caso visto un ragazzo moro e dalla faccia antipatica? Lo cerco ovunque, ho già domandato a non so quant… scusa, ma noi ci conosciamo?» Più che una domanda è una richiesta che attende soltanto una conferma.
Sulle prime Hinata è allibita. Rimane imbambolata, incapace sia di sorridere affabile alla dimenticanza di Naruto che sbalordirsi per i fiotti di parole che il ragazzo è capace di pronunciare in pochi decimi di secondo, alla velocità di un uragano. Infine storce le labbra in un risolino imbarazzato.
«Sì, ci siamo già visti. Io sono Hinata Hyuuga, non so se ti ricordi di me…» gli fa presente, storcendo il capo di lato, come una bambina.
«Hinata, Hinata, Hinata… oh sì, Hinata!» blatera l’altro, scoppiando infine in un grido gioioso che svela l’identità della ragazza anche al bagnante più lontano da lì. «Sei un’amica di Sakura, giusto? Non potevo sperare in meglio!» Le prende le mani in modo confidenziale, le stringe forte tra le sue fino a tirarsele contro e avvicinarle al suo volto sorridente. «Ne parliamo in un bar?»
Hinata è immobile. Non sa se vuole affogarsi con le sue stesse mani nel mare che l’attira – si sta imbarazzando incredibilmente –, oppure… oppure cercare e possibilmente trovare anche qualche valida alternativa che le faccia spiccicare almeno mezza parola, alternativamente alle boccheggiate d’aria in cui si sta abilmente cimentando.
Naruto Namikaze è diversissimo da lei, tutto l’opposto, e la travolge col suo modo irruente di fare. Ma è dolce. E’ un vento fresco ma potente, che non ti fa male, che piace.
Eppure lei resta immobile e muta.
Il sorrisone di Naruto è stampato ancora sul viso e luminosissimo come le stelle del cielo.
Le onde si infrangono sulla spiaggia, diffondendo il loro odore caratteristico per tutto l’ambiente.
Le grida, i rumori, le urla gioiose. C’è la vita lì intorno.
Tra questi suoni si perde l’infinito silenzio di Hinata Hyuuga.
«H-hinata? Tutto bene?»
E solo ora Hinata, repentinamente, stacca le mani già sudate da quelle di Naruto, si scusa a suo modo, cercando di farfugliare qualcosa di sensato e di comprensibile e infine tenta di darsi un contegno.
«S-sì, possiamo andare a un bar, s-se vuoi» propone perciò, gli occhi bassi immersi nella sabbia.
Si domanda perché non riesca a essere espansiva quanto Ino e, se non proprio come lei, almeno quanto Sakura. Non vuole paragonarsi ad altri, non le piace perché lei è se stessa e nessun’altra, eppure a volte si sente gelosa di loro. Le piacerebbe preoccuparsi di meno di ciò che sta per dire o per fare e respirare a cuor leggero anche davanti agli sconosciuti.
Dovrà lavorarci.
«Hinata, mi dispiace di averti messa a disagio, non volevo» mormora Naruto all’improvviso, grattandosi dietro la nuca. «Forse a volte sono esagerato, ma è più forte di me. Non sono un cattivo ragazzo.» Accenna un sorriso alle sue ultime parole, infondendo nel cuore di Hinata un senso di serenità e di affidabilità.
Intimamente, lo ringrazia. Le sembra così caro.
«Non ti preoccupare. Vogliamo andare?» gli domanda, mostrandosi più sicura.
Lui intuisce che va tutto bene e che non fa nulla – ormai con questi equivoci non si sa mai… – e si permette – osa sempre, lo ha detto lui stesso che è un esagerato – di darle una pacca amichevole sulla spalla. «Ma non al bar dell’altra volta, sennò non ne usciamo vivi!»
 
Il locale scelto da Naruto è molto carino. Raccolto, piccino, gremito al punto giusto.
Ma…
«Eh sì, c’è voluto un po’ per raggiungerlo» ammette il ragazzo, ridacchiando a mo di scusa.
«N-naruto, abiti da queste parti?» gli domanda. Altrimenti non si spiegherebbe come abbia fatto a non perdere il senso dell’orientamento. Hanno camminato a lungo, forse più di una buona mezz’ora. Il tragitto è stato riempito dalle chiacchiere allegre di Naruto, che le ha raccontato un po’ di tutto, dicendo molto e allo stesso tempo dicendo niente.
«No, ho casa qui solo per le vacanze. In realtà la casa non è proprio mia, ma di Sasuke. Ma è come dire che fosse anche mia, non c’è stata un estate in cui non sia venuto anch’io» ride. «Sicuramente è meglio quando non c’è Fugaku-san, però…»
«Fugaku-san?»
Naruto annuisce con convinzione. «Fugaku-san è il padre di Sasuke. Tu l’hai visto Sasuke, no? Se lui ti è parso burbero, acido, musone o affini, sappi che Fugaku-san centuplica queste caratteristiche. Pensa che quando eravamo bambini, all’asilo, mi nascondevo dietro la maestra quando, raramente, Fugaku-san veniva a recuperare Sasuke!» ride ancora, forte.
Hinata ne è contagiata. Le piace ascoltarlo, molto. E’ di quella compagnia di cui non si stanchi mai e di cui ha bisogno, che le ricorda tanto Ino ma al tempo stesso è più buffo di lei. Non sta aspettando che Naruto finisca di narrare così da mettere il campo il problema Sakura, anzi, lo sta ascoltando con la voglia di chi desidera farlo a lungo. E’ affascinata dalle parole scherzose che il ragazzo tira fuori ogni volta, dai suoi aneddoti un po’ scemi ma lo stesso esilaranti.
Vuole ascoltarlo, si sente bene.
Riesce, pian piano, anche a farsi spazio lei stessa, ad aprirsi e a raccontare anche di lei, anche solo qualcosina.
«Però alla fine la maestra si accorse che stavo copiando da Sasuke. Chissà perché non mi credette quando le dissi che, in verità, era stato Sasuke a copiare da me! Ma dai, ti pare che i soliti genietti non possano essere superati da chi, invece, il suo genio lo tiene nascosto a tutti solo per farlo emergere alla fine, come sorpresa?» le chiede retoricamente, preso da un altro racconto della sua infanzia.
Lei sorride e ride di cuore, lui non la smette di parlare nemmeno un secondo; anzi, forse soltanto per prendere uno o più sorsi della limonata che ha ordinato.
E il tempo passa.

 
 
 

*

 
 
 

«Io ti conosco troppo bene, Ino. Smettila di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando.»
«Frontespaziosa, non sono io che voglio pensare al peggio. Sono le circostanze che me lo fanno supporre. Mi sto basando su ragionamenti logici
Sakura sbuffa, affondando il mento sul dorso delle mani incrociate. Si è quasi stravaccata sul tavolino di quel bar. «Hinata-chan non è una bambina.»
«Non lo metto in dubbio, Sakura. Ma la spiaggia è piena di bestie feroci pronte a mettere mani e occhi sulla nostra dolcissime e ingenua Hinata. Non me lo perdonerei mai.»
«Dimmi, la tua mente esclude categoricamente che Hinata possa aver incontrato Naruto?»
Ino si fa pensierosa. «Non pensavo che Naruto potesse essere un maniaco…» osserva con una punta – Sakura non sa se di finta o di vera – preoccupazione. «Pareva un così caro ragazzo.»
«Sai che non è quello che intendo...»
«E appunto perché so quello che vuoi intendere che non lo ritengo possibile!» Ino sbatte una mano sul tavolo, ma il tonfo sonoro si perde tra le parole delle file di clienti che entrano ed escono. «Frontespaziosa, devono organizzarti un appuntamento, non un matrimonio. Non possono parlarne all’infinito… sono passate più di tre ore da quando Hinata è andata via» le fa notare con stizza, portandole il polso a cui è avvinghiato l’orologio fin sotto al naso. «Vedi? E poi avevamo un appuntamento qui, in questo preciso bar, venti minuti fa. Sai meglio di me che la ritardataria del gruppo sono io, quanto lei, Hinata, sia quella puntuale!»
«Mai sentito dire contrattempo? E dire che di solito li utilizzi come giustificazione…»
«No no, lo escludo. Non è da Hinata.»
Sakura evita di farle notare che un contrattempo è del tutto casuale e inarginabile. Non può far altro che abbassare le spalle e fingere di concordare. Asseconda i pazzi, si dice. «E quindi, visto che sei tanto convinta che qualche disastrosa catastrofe si sia abbattuta su Hinata, come dobbiamo procedere?»
Finora è stato un fiasco, pensa. Hanno cercato Sasuke ovunque ma di lui nemmeno l’ombra. Ora che ci riflette, Sakura non ricorda esattamente come sia Sasuke, non si è focalizzata troppo sul suo aspetto. Inoltre, ha visto innumerevoli persone in quegli ultimi due giorni e, anche se è vero che Sasuke non è solo uno dei tanti, comunque non lo distinguerebbe come farebbe con Ino o Hinata che conosce da una vita. Già con Naruto sarebbe più semplice, visto che ha avuto modo di osservarlo per qualche secondo in più.
Ino la rapisce dai suoi pensieri senza fine. «Secondo me dobbiamo cercarla.»
«Va bene» la asseconda ancora. «Da dove cominciamo?»
E’ tutto così uguale intorno: spiaggia pulitissima a mare cristallino e ritmato nel suo ondeggiare.
«Da dove comincio, vorrai dire» puntualizza Ino, indicandosi col pollice. «Tu, mia cara, devi cercare il belloccio lì.»
Sakura si sente spaesata tutto a un tratto.
Da sola. A cercare Sasuke. A parlare con Sasuke.
Deglutisce nervosamente.
Sapeva già che, anche se Ino fosse stata presente, avrebbe parlato comunque da sola, ma intimorisce al pensiero che la sua amica vada ad allontanarsi chissà quanto e per chissà dove.
«Credo che non potrai farcela contro questi aggressori di Hinata, Ino. Ti accompagno, a Sasuke penseremo domani.»
Sakura fa per alzarsi, per inseguire un’Ino che già si è messa in piedi e sistemata un’immancabile borsetta al fianco.
«No, Frontespaziosa, non dirlo nemmeno per scherzo. A Sasuke pensi oggi. E ci penseremo domani, dopodomani e tra tre giorni, se sarà necessario.» E le inutili rappresaglie mal cominciate di Sakura vengono bloccate lì. «Per favore, prima di andare paga anche per me, poi ti do i soldi» le dice Ino, che infine scompare dentro la folla, mischiandosi alla marmaglia di persone che, ora, Sakura dovrà affrontare da sola alla ricerca di Sasuke.

 
 
 

*

 
 
 

Sono partita per cercare Hinata, ma alla fine è stato meglio così.
Ino sogghigna, non si aspettava di scovarlo proprio lei, non dopo averlo cercato per ore e ore dovunque, come si fa con un ago in un pagliaio. E invece sono bastati pochi metri e puff, eccola là.
Sasuke è lì, proprio a pochi passi da lei. Siede in riva alla spiaggia, pare stia riflettendo. E’ assorto nei suoi pensieri, imperscrutabile alla gente che gli si muove intorno.
Forse è stato destino che fossi io a incontrarlo. Hinata-chan può aspettare un attimo… giusto il tempo che organizzi una bella riappacificata con Frontespaziosa…
Perciò non si fa troppi problemi e avanza. «Ciao. Sei Sasuke non è vero?» gli domanda. Trova sia quantomeno giusto farlo, visto il loro primo approccio, basato su inconvenienti e sbagli. In ogni caso, Ino ha sempre vantato un’ottima memoria fotografica: non dovrebbe sbagliarsi.
Il ragazzo si volta, non si alza né muove un altro muscolo. «Che cosa vuoi?»
«Niente di che, a parte parlarti di una certa Sakura…»

 
 
 

*

 
 
 

Sakura ha a malapena cominciato ed è già distrutta.
Mentalmente è a pezzi, perché la mente continua a rivolgerle mille e mille interrogativi diversi e a proporle milioni di nuove stupide situazioni in cui potrà incontrare Sasuke.
Si sente un po’ sfortunata, difatti dubita che possa andarle benone.
Non sa quante facce ha scrutato da quella mattina, né da quante ha ricevuto occhiatacce infastidite – giustamente. Nessuna di quelle, poi, le è sembrata di Sasuke.
«Basta, ho bisogno di un’altra pausa» ammette, «tanto non c’è Ino che mi costringe a marce forzate.»
Si dirige svelta lontano dalla spiaggia, ai muretti, uno dei tanti, uno come quello cui avrebbe dovuto incontrare Sasuke per la prima volta.
Ci si siede sopra e aspetta non sa nemmeno lei cosa. I piedi dondolano nel vuoto, sempre più veloci. La testa fa sempre più domande, Sakura è assente.
Ma poi uno dei suoi infradito vola sulla sabbia, poco più in là. Casualmente.
Si accorge a malapena che qualcuno lo ha raccolto.
«Grazie» biascica imbarazzata, recuperando la sua calzatura dalle mani di lui.
«Di nulla.»
Lui alza lo sguardo. Ha occhi nerissimi, ha i suoi stessi occhi, identici.
«Sasuke?»
 

 
 
 












 
 
 
 

Appena appena finito. <3
L’ho riletto a tempo lampo, domani lo ricontrollo. Purtroppo, niente anticipo stavolta, scusate! XD
E niente, ringrazio le persone gentilissime che mi seguono. <3
Domani risponderò anche alle recensioni scorse. <3

 
   
 
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