Capitolo
5
But I won't hesitate
no more, no more
It cannot wait, I'm yours
Well open up your mind
and see like me
Open up your plans
and damn, you're free
Look into your heart
and you'll find love love love love
Listen to the music of the moment
people dance and sing
We're just one big family
And it's our God-forsaken right
to be loved loved loved loved loved.
{I’m Yours –
Jason Mraz }
//Honey
POV//
Mi
rotolai nel letto, fino ad assumere le sembianze di un
mastodontico involtino
primavera,
«BABBANA
SVEGLIATI !»
Sentii
dei grandi colpi alla parto, le opzioni erano due, o
un gruppo di vichinghi armati di un ariete volevano buttare
giù la porta della
mia camera o il demente che dovevo chiamare fratello voleva passare il
resto
della sua vita su una carrozzina come la tipa di Heidi
Anche
se avrei preferito un l’idea dei vichinghi, avevo la
piena consapevolezza che si trattava della seconda opzione,
perciò con la
grazia di un ippopotamo con i tacchi a spelli cercai di srotolarmi dalla trappola mortale che mi
ero costruita, ma
riuscii solo a buttarmi a pesce giù dal letto facendomi un
gran male.
Fortunatamente
i tre strani di coperte che mi ricoprivano
avevano attutito la caduta, anche se ero sicura che mi si sarebbe
potuto venire
un ematoma al cervello per via della craniata che avevo dato sulla
moquette.
Dietro
la porta mio fratello continuava a sbraitare come un
forsennato e a battere con tutta la sua forza i pugni sulla porta, io
lentamente mi alzai e con il mio bel pigiamino andai ad aprire la porta
con l’intento
di uccidere quel disturbato mentale quando aprii lui non se ne accorse
perciò
bussò ancora due volta me questa volta sulla mia pancia, mi
fece male perché non
avevo indurito gli
addominali, perciò mi
piegai dal dolore mentre mio fratello si schiantava dalla risate, dopo
essermi
ripresa lo guardai con sguardo truce e inspiegabilmente
iniziò a correre per il
corridoio io lo rincorsi e non ci misi molto a bloccarlo.
«Piccolo
disturbato mentale, vuoi vedere che ora sono io che ti faccio venire un
ematoma
al cervello, anzi a forza di craniate contro le pareti te la riapro la
fontanella, mica no!»
Lo
alzai dal
colletto del suo pigiama blu con gli astronauti , si dimenava come un
porcellino
«MAAAAMMMAAAA!»
Urlò con tutto il
fiato che aveva nei
polmoni io guardai
le scale nel caso
nostra madre stesse arrivando e poi Darren, Lo alzai da terra quanto
bastava
per poi farlo cadere con un sonoro “BOOM”.
Poi
andai a lavarmi i denti, ero in ritardo perciò feci tutto
troppo velocemente mentre mi infilavo la maglietta costringevo i miei
piedi
nudi dentro gli anfibi, saltellai giù per le scale
aggiustandomi i pantaloni e
il cappello.
In
cucina c’era mio padre che come sempre sorseggiava il suo
caffè amaro leggendo le curiosità della borsa sul
giornale, mia madre che
cucinava i pan cake con lo sciroppo, il bacon croccante e le uova al
tegamino.
Stampai
un bacio ad entrambi, affondai i denti in una fette
di pane tostano imburrato con sopra del prosciutto e
dell’uovo buttai
tutto giù con una grande sorsata di
spremuta e mentre uscivo di casa tenevo penzoloni tre pan cake.
«Fao
a futti !»
Esclamai
chiudendomi la porta alle spalle, riuscii comunque a
sentire mia madre che mi urlava una delle sue solite raccomandazioni
del tipo “non
calpestare il prato” e uno dei tipici grugniti dio padre
traducibili con un “
ti voglio bene tesoro e fai la brava a scuola!”
Non
avendo ne una macchina che un motorino mi toccò andare a
piedi, più che a piedi di corsa, mangiavo i pan cake mentre
correvo e ogni
tanto inciampavo fra i miei piedi, dopo un quarto d’ora
arrivai a scuola, erano
tutti in pieno fermento.
La
struttura era in mattoni rossi e dopo un grande e spazioso
parcheggio e un cancello nero con ai lati un muretto in mattoncini alto
poco
più di un metro costeggiato da un’inferita nera su
cui si appoggiava una siepe
ben curata si poteva entrare nel giardino scolastico.
Una
grande piazzetta fatti di sampietrini messi su tutto il
livello faceva da pavimento la scalinata di marmo ricordava i grandi
gorgoni
affissi al tetto, il grande giardino verdeggiante assumeva diverse
tonalità di
verde in base alle zone n lontananza si scorgeva la struttura
trasparente dell’aula
di botanica.
Le
panchine erano occupate da gruppi di ragazzi affaccendati
nel salutarsi con enfasi o a chiacchierare animatamente, la scuola era
popolata
da quasi 1/3 della popolazione perciò anche se lo spazio era
grande il primo
giorno eravamo ammassati ovunque con le nostre ipotetiche comitive.
Dopo
aver varcato il cancello, molti si girarono a salutarmi
tra cui anche Emmet, Andrew e Scott tre miei storici ragazzi i quali si
comportavano ancora come miei cari amici dopo avermi tradita con una
delle
tante cheerleader di turno.
Il
gruppo delle fighette della scuola si girò e fintamente
amichevole mi salutarono con talmente enfasi che dovetti trattenermi
dal
mandarle tutte a quel paese, poi
venni
invasa dai calorosi saluti dei miei amici nerd erano uno più
impacciato dell’altro
ma li adoravo.
Mentre
camminavo con disinvoltura scossi appena i capelli
castano scuro e feci un gran sorriso, preciso che io non me la sono mai
tirata
come ragazza avvolte però non riuscivo a rinunciare alla
tentazione di attirare
l’attenzione della gente, questo era dato dal fatto che ero
molto competitiva.
In
mezzo a quelle chiome brunette, more e bionde intravidi la
fluente chioma bronzea della mia amica la quale mi dava le spalle,
indossava il
vestitino che le avevo consigliato il giorno prima e sembrava esserle
stato
cucito sopra.
«Heart!»
Urali
per attirare la sua attenzione, lei si girò di scatto e
mentre altre persone mi continuavano a salutare e io la raggiungevo
camminando
normalmente rimase qualche secondo imbambolata a guadarmi .
«Raven»
Mi
rispose quanto ormai le ero davanti, io sorrisi e la
abbracciai con enfasi, quel vestitino le metteva in risalto le lunghe
gambe
pallide, gli dissi che la invidiavo e lei rimase quasi di stucco a
quell’affermazione,
come sempre nessun miglioramento nel campo autostima.
Forse
il ragazzo di cui mi aveva parlato l’avrebbe aiutata,
nel pensare ciò mi ricordai che il mio di ragazzo mi aveva
messaggiato la sera
durante la cena chiedendomi come stavo .
Lo
avevo persino sognato, lui ed io che parlavamo poi
arrivava una ragazza ma non la riuscivo a vedere veramente che si
metteva dall’altra
parte e lui che parlava sia con me che con ei contemporaneamente,
enigmatico ma
non trovavo nulla di riconducibile alla vita reale .
Colsi
l’occasione per raccontarle il sogno, lei come sempre
mi ascoltava e dopo il suono della prima campanella entrammo a
sistemare i libi
negli armadietti mentre
le stavo
parlando d’un tratto mi trascinò per un braccio
fra l’orda inferocita di
ragazzi intenti a non arrivare in ritardo alla prima ora rimasi
spiazzata e non
riuscii a contrastarla.
Ci
fermammo davanti ad un ragazzo biondo intento a mettere i
libri nell’armadietto, di primo acchito non lo riconobbi poi
guardandolo meglio…
«BIONDO
!»
«NIALL
!»
Esclamammo
all’unisono io e la rossa poi ci girammo l’una
verso l’altra
e come una di quelle sitcom americane di serie C
ci
facemmo la fatidica domanda.
«LO
CONOSCI ??»
«SI,
LUI è IL
RAGAZZO CHE TI DICEVO!»
«SI,
LUI è IL
RAGAZZO DEI CD!»
Io
non dissi
nulla, ci guardammo per qualche secondo prima che l’una
furiosa nei confronti
dell’altra corressimo ogni nella propria aula, lasciando il
biondino sbigottito
e inerme
//4
ore dopo//
Ero
lievemente irrequieta, tamburellavo
freneticamente le dita contro il pacchetto
di carta che conteneva il panino che avevo comprato alla mensa
scolastica, lo
stomaco mi si era chiuso e non riuscivo a far altro che a pensare a la
spiacevole situazione in cui ci eravamo messe, vidi la mia amica
varcare le
porte a vetri della mensa con fra le mani un piattino con una fetta di
piazza coperta
da fazzolettini di carta.
Presi
la mia amica per un braccio e la portai con me in
bagno, lei non si oppose minimamente al mio volere, entrate nel bel
bagno
pulito si andò a prendere una lastra di legno e la
posizionò sopra la tavoletta
del gabinetto centrale e ci si sedette sopra io facevo avanti indietro
percorrendo con grandi falcate il grande bagno,
«Quindi…»
Dissi
a bassa voce, lei mi guardava con occhio truce,
«Quindi
cosa?»
Domandò
addentando con rabbia la unta della pizza, io non le
risposi ma continuai a camminare
«Quindi
è
successo che, su tutti i ragazzi biondi del pianeta noi due ci siamo
prese una
sbandata per lo stesso- feci una risatina isterica per poi proseguire-
E credo
che sia superficiale dire che non litigheremo per lui e nessuno lo
avrà e che è
non metteremo in bilico la nostra amicizia per un ragazzo. ORA!
Cambiamo
discorso, non trovi che la Cooper si ingras... »
Lei
fece un si
lieve con la testa un po’ dubbiosa, poi si alzò di
scatto e uscì dal bagno
buttando nel cassonetto i ¾ della sua pizza.
«Scusa
me
dovevo andare da Harry, glie lo avevo promesso a biologia.»
Disse
prima di
uscire dal bagno e andare nell’aria fumatori, rimase sorpresa
me ne rimasi li
in piedi ferma e sola fino a che non suonò la campanella
dell’ultima ora.
Storia
non fu
mai cosi noiosa, il professore Nolegh da noi ribattezzato BBC non faceva altro che fare
il finto
simpaticone per mortificarci e punirci per esserci fatti tutti
promuovere l’anno
prima, negandogli la bellezza di ripetere di nuovo il programma di
4°, un po’
contorto come ragionamento ma d’altronde chi è che
lo capisce quello.
La
mia amica
era seduta accanto al suo odioso amico riccio, lui le sbavava dietro da
sempre
ma lei non se ne era mai accorta e nessuno le voleva smontare il sogno,
a detta
mia lui era antipatico ma si credeva spiritoso era montato e un
donnaiolo e poi
passava il suo tempo con quel branco di uomini scimmia dei suoi amici
la cui
unica ossessione era la patata.
Accanto
a me
era seduto il Pakistano o rinominato da me Kamikaze, lui faceva parte
del
gruppo di Styles e come tutta l’allegra combriccola dei 4
malati terminali di
patata mi stava un po’ sulle palle.
Mentre
il prof
stava facendo domande a tutti riguardo a ciò che avevano
fatto durante le vacanze
il kamikaze mi passò un bigliettino appallottolato, io lo
aprii con sospetto per
paura fosse una bomba che ne sapevo !
Sul
bigliettino
c’erano disegnate delle tette con la sua calligrafia aveva
scritto:
“Cicci,
vuoi cacciarti nei pasticci ? :D”
Mi
girai a guardarlo sconcertata, lui sorrideva malizioso,
«Davvero
dopo
oltre 2 millenni di evoluzione hai scritto questo? “Cicci,
vuoi cacciarti nei
pasticci “. Sinceramente dimmelo, mi stai prendendo pe il
culo ?»
Domandai,
lui si preparò a formulare una risposta priva del
ben che minimo pudore ma io lo fermai.
«Taci,
prima
che possa iniziare a picchiarti con
“L’evoluzione” di Darwin. »
Mi
girai e lanciai il bigliettino alla mia amica, la quale
sorrise nel leggere il biglietto, poi aggrottando la fronte mi fece
capire la
domanda, chi era il mittente.
Io
indicai con la testa il ragazzo accanto a me e con il
labiale le dissi,
«From
Pakistan
with love !»
Lei
si trattenne dallo scoppiare a ridere, al che il prof ci
fece una bella strigilata ad entrambe, per lo meno ora sapevo che non
era arrabbiata
con me anche se
prima mi era sorto il
dubbio.