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Autore: gaccia    18/10/2012    11 recensioni
L'ennesima porta sbattuta in faccia! Tutti gentili, ma alla fine il risultato è lo stesso.
Ho provato in tutti i modi, mi sono presentata vestita casual, con tailleur eleganti, sportiva chic ma non è servito a nulla. Il posto da ricercatore è andato al maschietto di turno, bravo, certo, ma non quanto me.
Basta! Ho deciso! Questa volta proverò in un altro modo. In fin dei conti se c'è riuscito quello stronzo puttaniere di Edward Cullen a farsi passare per una ragazza al liceo, perché io non potrei farmi passare per un uomo? Solo fino a quando sarò assunta e non mi sarò fatta un pochino di esperienza...
“Piacere, mi chiamo Lino Swan”.
Sequel di “Ciao Edwardina”, anni dopo, la situazione si è completamente ribaltata: è Isabella ad essere costretta a vestirsi e comportarsi da uomo per ottenere il lavoro dei suoi sogni.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'i trasformisti'
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Ciao Gente!

Sono leggermente in ritardo, ma come avevo già scritto la volta scorsa, questo sarebbe stato un capitolo da mission impossibile, ed in effetti si è dimostrato tale.

Sto cominciando a fare un collage di scene.

Qui abbiamo i fatti salienti dopo il parto sino alla sera. Se non ho fatto male i conti ci troviamo a venerdì nella storia,

(quindi due settimane di lavoro per Bella, una per Eddy ecc).

Con il prossimo capitolo tireremo le somme e ne avremo solo più uno davvero spassoso che, assieme all’ultimo metterà fine alla nostra storia.

Si, non ci credo neanche io, ma, se va tutto bene, arriveremo al capitolo 20 che conterrà la seconda parte dell’epilogo già iniziato con “Ciao Edwardina”.

 

Questo è un capitolo… boh, strano rispetto al resto della serie, ci stiamo avviando verso la fine e necessariamente saremo più proiettati verso il risolversi dei problemi, da persone semi-adulte come lo sono dei ventiquattrenni impegnati.

 

Come sempre ringrazio tutti quelli che seguono, recensiscono (ho inserito l’ultimo nick che ancora mancava! Spero piaccia), leggono, apprezzano e spero ridano.

Ringrazio Anto_Pattz per l’immagine e avviso che, essendo una storia al limite del surreale, di serio c’è ben poco. Quindi, se volete piangere e sospirare, questa storia non fa per voi. Lettori avvisati son tutti salvati!

 

 

E ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Uuah!» un forte vagito si annuncia prima che porta del ristorante che si apra.

«E' un maschietto!» rivela Robert ai paramedici appena entrati.

Sono emozionata. Il piccolo è sporco di sangue rappreso e muco bianco ed è bellissimo, come può esserlo un bambino in quelle condizioni.

Lo so, sembro svenevole, ma come si fa a non adorare un frugoletto così?

«Fammelo vedere» mormora Angela allungando le braccia, mentre Robert e i paramedici si occupano del cordone ombelicale.

«Vogliamo sapere il nome!» dice Max ancora occupato a sorreggere Ben svenuto.

Non mi accorgo neanche di trattenere il fiato, sino a quando Angela parla.

«Robert… Robert Benjamin» e lo dice guardando l’uomo che più di tutti l’ha aiutata.

«Non era necessario… mi fai davvero onore» mormora l’ostetrico improvvisato, asciugando una lacrima furtiva che cerca di scendere sulla guancia leggermente rugosa.

Amber e Grace scoppiano in un applauso.

«Bravissima» dice Gary sorridendo anche al nuovo arrivato e mi si allarga il cuore. Forse c’è speranza per loro due.

 

«Bene signori, dobbiamo trasportare madre e figlio all’ospedale per le analisi… però vedo che ci sono altri feriti…» dice l’uomo girandosi attorno.

In effetti sembriamo davvero una sala di attesa di un pronto soccorso, tra slogati alle caviglie, svenuti, partorienti e sangue sparso.

«Una ambulanza non basta… “centrale, qui Elys_RK, abbiamo altri due feriti, mandate un’altra ambulanza… sì esatto… okay, Vera, chiudo”. L’ambulanza arriverà tra dieci minuti per gli altri due. Uno di voi mi deve accompagnare con la donna e il bambino» ordina guardandoci.

«Vengo io, tu Edward, quando sono passati a prendere Amber e Ben, chiudi il ristorante e vai a casa di Angela a prendere le borse per l’ospedale» dico mentre lancio le chiavi di scorta che sono appoggiate sotto il registratore di cassa.

«Okay… spero di trovare qualcosa» borbotta il mio ragazzo. Incredibile, dategli qualche cosa da fare di altro che non siano formule matematiche e riesce a perdersi in un bicchiere d’acqua.

Insomma, Angela ci aveva appena detto che aveva già preparato il borsone per quando fosse stato il momento, possibile che lui trovi difficile trovare qualcosa di così voluminoso? Sembra quasi ridicolo ripeterlo, ma l’unica cosa che mi viene in mente è esclamare nuovamente “Uomini!”

«Non preoccuparti, lo accompagno io» dice Grace ed io annuisco sollevata.

 

«Pensiamo noi al ristorante» dice Max affiancando Robert «E metterò un biglietto di chiusura per qualche giorno, d’accordo?».

Mi sembra la soluzione migliore. Nessuno potrebbe mai pensare al lavoro con quello che è successo adesso.

 

All’ospedale ci arriviamo in pochi minuti a sirene spiegate.

Angela è sopra la lettiga con il piccolo Robert in braccio, sono uno spettacolo.

Mentre gli infermieri li prelevano per fare tutti gli esami del caso, io passo all’accettazione con i dati della mia amica, presi rovistando la sua immensa borsa.

Rispondere alle domande per la prassi burocratica è un inferno, manca solo che ti chiedano l’impronta digitale e dentaria. Che caspita ne so se la mia amica ha fatto gli orecchioni da piccola? O se ha avuto la carie? Malattie veneree presumo proprio di no, ma l’HIV? Cristo santo! Con tutto quello che chiedono, se lo avesse, non sarebbe andata in ospedale ma direttamente da un esorcista!

O al cimitero, senza passare dal via… come il monopoli!

 

«Bella, come va?» accanto a me compare Gary.

«A me sono toccati Ben e Amber, fortuna che lui si è ripreso. Adesso lo stanno controllando ma sembra che stia bene. Max e mio padre stanno pulendo il ristorante» mi riferisce.

«Robert è stato davvero grande questa sera» dico scrutando la sua faccia.

«E' vero. Non avrei mai pensato di dirlo... questa sera sono orgoglioso di essere suo figlio» risponde abbassando lo sguardo.

«Credo dovresti dirglielo direttamente» faccio notare e lui annuisce facendo spallucce «Forse». Beh, meglio di niente.

 

Rispondiamo alle altre domande che ci pone l'infermiera per le cartelle di Ben e Amber ed io avviso il fidanzato della ragazza.

Quando finalmente arrivano Edward e Grace, siamo tutti nella camera di Angela ad ammirare la prima poppata del piccolo Rob, come ha già cominciato a chiamarlo Ben, che mostra un vistoso cerotto sulla fronte.

«Signori dovete andarvene, è molto tardi e la signora deve riposare» annuncia una infermiera gentile. Chissà perché me ne aspettavo una travestita da secondino.

«Ha ragione, è tardissimo, andiamo via subito» rassicura Gary avvicinandosi al letto per salutare la neo mamma.

Subito dopo lui, anche gli altri salutano la famigliola ed usciamo dal reparto.

 

«E' tardissimo. Credo che domani mattina non riuscirò neanche a svegliarmi» si lamenta Grace.

«Ma ne è valsa la pena. È stata una sera indimenticabile e il piccolo Robert è adorabile» rispondo io sorridente.

«Ti piace davvero?» chiede Edward sornione.

No! Ancora quella storia?

«Il bambino mi piace, ma non tanto da imitarli adesso» rispondo e mi dirigo a passo sostenuto verso l'uscita, sentendo i commenti degli altri.

«Piantala di fare lo scemo» Grace.

«Non riuscirai a convincerla... meglio che la lavori ai fianchi» Gary.

«Strategia» Edward e mi schiaffo una mano sulla fronte. Sono diventata un campo di battaglia. Incredibile.

«Andiamo a dormire, ne parleremo un'altra volta» dichiaro salendo in macchina.

Con Edward decidiamo di andare a casa mia, visto che è più vicina al laboratorio. Appena tocchiamo il letto ci addormentiamo e il mattino arriva troppo presto.

 

§§§

 

«Ciao, ninfetto!» ed ecco arrivato il mio ostetrico preferito.

Diciamo che siamo tutti ben corredati di occhiaie violacee, reduci da una nottata davvero pesante.

«Ciao, Robert» biascico, bevendo la mia tazzona di caffè.

«Ragazzi, per questa sera ho un invito da fare: siamo tutti attesi al lolliful. È una discoteca in centro…» annuncia l’uomo.

Come fa ad avere energia per una cosa del genere? Io sono distrutta, non riuscirei a muovere un passo, figuriamoci andare a saltare in una discoteca.

Evidentemente lo guardiamo tutti male.

«Stai scherzando, spero!» esclama Grace calando sul naso gli occhiali da sole.

«E’ una cosa importante per loro due. Fateci un salto, poi sceglierete voi come comportarvi» sempre più enigmatico, soprattutto visto che ci lascia senza aggiungere altro ed esce dal bar.

«Cosa intendeva per “importante per noi”?» Edward mi guarda preoccupato ed io faccio spallucce. Non ne ho la più pallida idea.

Avrei dovuto pensare che poteva essere qualche cosa di assolutamente folle e depravato, oltre che drammatico, ma in questo momento non mi veniva in mente niente che non fosse il mio adorato cuscino.

 

«Ragazzi, delle larve ubriache sono più reattive di voi! Fare le ore piccole quando si deve lavorare il giorno dopo, non è consigliabile» ci riprende John dopo che inciampo malamente nei miei piedi e Edward mi sostiene, giusto in tempo per non far cadere le fiale che sto portando.

«Maledizione» borbotto per l'ennesima volta.

Fortuna che non ho ancora combinato nulla di irreparabile, ma so che dovrò ricontrollare tutti i dati di oggi.

«Allora? Cosa avete combinato ieri sera, voi due? Cose sconce?» chiede Collin ridacchiando.

«Abbiamo assistito una nostra amica che è stata colta da doglie. Chiedi pure a Robert Albrock, è lui che ha fatto nascere il bambino, siamo tornati a casa questa mattina» risponde seccato il mio ragazzo.

«E perché non avete chiesto un permesso per oggi? Non siete in grado di lavorare appieno» ribatte John.

«Tutti e due? Avremmo bloccato anche il vostro lavoro» rispondo io soffocando uno sbadiglio.

«Com'era il bambino?» cinguetta Amanda.

«Bellissimo, l'hanno chiamato Robert ed è davvero dolcissimo, bianco e roseo... un amore» sospiro accorata.

Accanto a me, Edward sorride sornione. Niente da fare, quell'idea malsana non se la vuole proprio togliere dalla testa.

Di questo passo, rischia l'astinenza forzata, così evito il problema alla radice!

“Ma sei così cogliona?” coscienza ninfomane. Certo che no, ma la minaccia a lui potrebbe sembrare credibile.

«Proposta! Controllo magazzino, fatelo al posto mio» si offre Collin.

Tutti nel laboratorio ci voltiamo stupiti. Sarebbe la prima volta che ci dà una mano, almeno come collega.

«Direi che è perfetto! Andate e controllate il materiale per la prossima settimana, noi andremo avanti qui» John è quello che si riprende per primo e ci da la sua benedizione. Beh, dopo pranzo, visto che adesso inizia la pausa.

 

«Ciao, regina degli zombie» saluto Grace mentre mi accomodo al bar.

«Ciao, coppia di vampiri» risponde simpatica.

«Occhio che potremmo volere il tuo sangue» rincara Edward mostrando un paio di adorabili e lucidissimi canini.

«Gli zombie non hanno sangue, o ce l'hanno scaduto, quindi non corro rischi» risponde prima di addentare il suo toast.

Ed ecco che arriva anche Robert, ormai siamo un quartetto rodato.

«Allora, ragazzi, siete pronti alle danze di questa sera?».

Grazie al cielo i tendini legano gli occhi a tutto il resto del corpo, oppure a quest'ora rotolerebbero sul tavolo. E la stessa espressione è presente sulla faccia degli altri.

«Tranquilli, passo a prendervi dopo le dieci e mezza, tanto domani dormiamo tutti e non ci saranno vittime... beh, forse una...».

Non so perché, ma l'ultimo commento mi fa passare un brivido lungo la spina dorsale. Non mi sento molto tranquilla.

 

§§§

 

Sicuramente, controllare il magazzino, non era il mio sogno lavorativo proibito e non avrei mai pensato di dedicarmi a una attività così prosaica.

Adesso il magazzino è decisamente rivalutato.

Collin ci aveva passato le due cartelline da controllare e riempire, in modo che avessimo il materiale per le analisi da effettuare per le prossime settimane. A quanto avevo capito, ogni reparto si occupava delle proprie scorte e normalmente era l’assistente di laboratorio a lavorarci.

I locali si trovano al piano terreno e nel seminterrato, a seconda delle modalità di conservazione più o meno asciutte o fresche.

«Ci dividiamo? Tu vai nel seminterrato mentre io mi fermo qui?» domando passandogli una cartellina.

«No. Andiamo tutti e due sotto e poi risaliamo. Io cerco e tu spunti, faremo prima così» mi risponde convinto, restituendomi la cartellina. Che cavaliere.

«Okay» biascico, prima di iniziare a scendere la scala che ci porta in un corridoio pulito ma leggermente umido.

«Uhm… mette un po’ di paura» dice il compagno, guardando il posto dove siamo capitati.

«Coraggio, ti proteggo io» rispondo strizzando l’occhio e lui mi sorride complice, prendendomi la mano e trascinandomi verso la prima porta a destra, dove campeggia il cartello che indica la nostra destinazione.

 

Appena entrata accendo la luce alla mia sinistra e mi guardo attorno per capire da che parte iniziare. C’è una ampia scrivania un po’ più in là e una serie di scaffali che fanno ricordare tanto la biblioteca dell’università.

Sento la porta chiudersi e la serratura girare, ma non ci faccio molto caso, incamminandomi verso il primo scaffale che trovo di fronte a me.

«Edward, direi di cominciare da qui. Ci sono i guanti e le masch…» non riesco a finire la frase che due braccia mi avvolgono e una bocca inizia a lasciarmi bacetti umidi sul collo.

«Edward… il lavoro…». Dovrei essere seccata. La mia voce dovrebbe essere perentoria. Allora perché mi sembra di aver ansimato come una pornostar?

«Ti ricordi lo sgabuzzino al liceo?» sussurra al mio orecchio prima di prendere il lobo tra i denti e mordicchiarlo leggermente.

Oddio! Caldo! Caldo! Non sento più neanche l’umidità appiccicosa di quello scantinato. Lo sgabuzzino. Lo “usammo” un paio di volte quando Edward venne a trovarmi bigiando le sue lezioni. Come potrei eliminarlo dai miei pensieri?

«No… No, non… ricordo» rispondo facendomi scappare un gemito.

«Bugiarda» afferma e la sua mano slaccia i bottoni del camice e si infila nella camicia che porto.

Le sue dita! Perché devono farmi sempre questo effetto? È come se a ogni sfioramento, spegnessero una decina di cellule del mio cervello. Le mie capacità cognitive precipitano a livello zero in pochissimo tempo, dopo di che, parto per il nirvana sensoriale, il paradiso orgasmico.

«Edward» mormoro prima di girarmi e fiondarmi sulle sue labbra.

È come risvegliarsi e trovarsi a casa. Mi sento bene e protetta e mi piace più del lecito.

«Non eri stanco?» riesco a dire quando si sposta nuovamente sul collo.

«Credo di essere sufficientemente sveglio» mi risponde spingendo il bacino contro di me. Immediatamente sento uno strattone ai miei pantaloni e la mano di Edward si infila deciso tra le mie gambe.

«Che... che fai?» riesco a chiedere ansante.

«Tolgo questa cosa castrante. Non riesco a sentire qualche cosa di duro in questa zona. Ti preferisco morbida, fremente e possibilmente bagnata e questo pseudo pene non favorisce le mie fantasie» dice seccato agitandomi la conchiglia davanti al naso. Inizio a ridere e lascio che lanci la mia protesi sulla scrivania lì vicino.

 

Tutta la soddisfazione che prova dopo l'eliminazione del fallo posticcio, si sente nella postura del suo corpo. Diventa felice nel momento in cui riesce a liberarmi anche della fascia sparisci-tette, cosa della quale si lamenta tanto almeno quanto la parte di sotto.

«Ah, Edward». Impossibile non urlare quando si avventa sul seno, o quando infila la mano nelle mie mutandine, dopo aver aggirato il sospensorio come un provetto circense.

Mi sento uno strumento nelle sue mani. È capace di farmi cantare come un usignolo, se si ritiene che i gemiti possano esserne paragonati.

«Uhm... Bella, Bella... non riesco ancora a crederci» mormora, baciando il mio ombelico.

Mi ritrovo nuda, fremente, sulla suddetta scrivania. Aperta, pronta e ansiosa di accogliere il mio uomo dentro di me.

Quando lo sento entrare, lo stringo forte e mi lascio andare a un sospiro soddisfatto.

«Contenta, cucciola?» alita nel mio orecchio.

«Sono in paradiso» rispondo.

«E non ho ancora iniziato». Sogghigna, sottointendendo un piacere maggiore che arriva e sale man mano che i suoi assalti si fanno più forti.

Spero sinceramente che nessuno abbia sentito l'urlo liberatorio che ho lanciato nel momento dell'orgasmo.

Sarebbe stato davvero imbarazzante spiegare il motivo del mio trovarsi nuda, a gambe aperte e soprattutto senza l'ammennicolo tipicamente maschile e con un paio di protesi tonde ai piani superiori.

 

Mi rivesto lentamente, aiutata ed ostacolata da Edward che pur coprendomi, continua, birichino, ad infilare le mani sotto i vestiti.

«Smettila, dai. Edward!» ridacchio al solletico sul fianco.

Meglio tornare al lavoro, altrimenti non riusciremo a finire prima di sera.

«Adesso mi ci andrebbe una bella doccia e una sana dormita e poi di nuovo una…».

«Stai diventando viziato» lo interrompo con un dito sulle labbra, che lui prontamente si mette a succhiare.

«Smettila» lo rimprovero assottigliando lo sguardo ed estraendo la mia falange dalla sua bocca, con tanto di schiocco.

«Mi sento come un diabetico e tu sei la mia insulina. Se non ti prendo regolarmente, muoio» protesta, seguendomi agli scaffali.

«Come hai fatto in tutti questi anni? Mi sei sembrato abbastanza vivo quando ti ho incontrato» rispondo.

«Ero in coma ipoglicemico. Adesso sono guarito» esclama allargando le braccia, poi si avvicina e mi bisbiglia all’orecchio «E’ stata trovata la cura!» e mi bacia sulla guancia.

Un bambino! Ecco cos’è sempre stato, nonostante tutti gli anni passati, resta sempre un bambino. Che, per inciso, adoro.

 

§§§

 

Il salto che faccio sul letto, quando suonano al campanello, è senza dubbio da medaglia d’oro ai mondiali di atletica da materasso. Fuori è già buio! Chi caspita si mette a rompere le scatole a quest’ora.

Afferro la sveglia ed accendo la luce. Dieci e quaranta?

Accanto a me un mugugno di un Edward disturbato, mi fa ricordare che non ci siamo neanche cambiati quando siamo arrivati a casa e, senza mangiare, siamo crollati nel letto.

Devo dire che casa mia è più comoda per il lavoro. La sua è decisamente più distante.

«Forza, fanciulli! La notte è giovane, più di me, e voi non potete poltrire a questa età! Grace e Gary ci stanno già aspettando, avanti!» le grida disumane che arrivano dietro il battente di ingresso, sono decisamente fastidiose.

“Robert, ti faccio diventare direttamente un eunuco!” penso, mentre vado ad aprire la porta.

«Cosa ci fai qui?» brontolo seccata.

«Ti raccatto per andare in un bel posticino! Prendi il tuo cavaliere e andiamo» ordina.

«Lo vedi come sono vestita?» ero ancora truccata da Lino «Non posso uscire così!».

«Invece, ti assicuro che il tuo abbigliamento è più che perfetto… Il tuo uomo dorme ancora?» al mio accenno affermativo, entra in casa e si avvicina al mio ragazzo sbavante sul cuscino.

«Edward, porto a spasso Bella… andiamo a vedere uno spogliarello di uomini assolutamente divini… fanno venire un orgasmo solo con gli occhi» gli comunica, poi mi prende per mano e mi trascina fuori. Inizio a ridere appena sento le imprecazioni e i rumori da inciampo che provengono dal mio appartamento.

«Fermiamoci, tanto adesso arriva» dice Robert, prima di mettersi davanti a me ed iniziare a sistemare i capelli e gli sbaffi di trucco. «Perfetto, Lino» dice soddisfatto.

«Lei non viene a vedere uno spogliarello di maschi» dice Edward, quando esce dall’appartamento. Quel tono possessivo… come mi eccita…

«Infatti, andiamo da un’altra parte, forza, sotto ci aspettano» e cominciamo a scendere per le scale, visto che l’ascensore è nuovamente rotto.

“Qualunque cosa tu sia, lolliful, stiamo arrivando” penso, mentre incrocio le dita tra quelle di Edward.

 

Mi aspettavo qualunque cosa da parte di Robert, ma questa cosa così… lesbo-gay, decisamente no.

Intendiamoci: all’inizio sembrava una discoteca normalissima con uomini che ballavano, donne che ballavano e parlottavano, ragazzi e ragazze seminudi sui cubi a dimenarsi, insomma, un carnaio.

«Robert, ma dove ci hai portato?» urla Grace, regalando una panoramica completa alle sue tonsille.

«Missione speciale! Per ora divertitevi, bevete e dimenatevi… e occhio alle mani» dice ridendo, poi si direziona verso il bar, dove c’è una barista con una faccia conosciuta.

Oh! È la ragazzina di ieri sera, quella del ristorante e delle catene.

Vediamo Robert che si sporge e dice qualche cosa all’orecchio della ragazza che scuote la testa in risposta, prima di indicare il piano superiore al quale si accede tramite uno scalone in ferro battuto.

Ci guardiamo spaesati.

«Andiamo a ballare» propone Edward e Gary annuisce trascinando me e Grace sulla pista.

Chi ci guarda, vede tre uomini e una donna che ballano insieme e mi viene da ridere al solo pensiero della figura che stiamo facendo.

Quando poi Edward mi abbraccia, scoppio a ridere direttamente.

«Lo sai che stiamo sembrando due gay?» chiedo.

«Lo sai che non siamo i soli a sembrarlo?» risponde lui facendo segno con il mento verso altre due coppie di uomini che si stanno strusciando.

Oddio! Ma dove ci ha portato Robert?

E sono sicura di non essere la sola a chiederselo, visto che Grace mi fa cenno di guardare verso una coppia di donne che stanno bellamente limonando vicino a una delle colonne che circondano la pista.

 

Non ho assolutamente nulla contro queste manifestazioni pubbliche, ma cavolo! Poteva pure dircelo!

«Ho bisogno di bere qualcosa» dico indicando il bar.

«Qualcosa di forte, grazie» risponde Gary.

Spintonando e infilandoci tra persone più o meno vestite, riusciamo a raggiungere il banco e a ordinare dei drinks.

«Però la musica è bella!» gracchia Grace e io non posso far altro che darle ragione. In effetti non è male, molto commerciale ma con un tocco di alternativo. Mi piace.

 

«Ehi, bambolo! Sai che sei proprio un bel ragazzo? Cosa posso offrirti?». Ecco! Lo sapevo! Mi volto verso la voce cavernosa che mi ha apostrofato e mi trovo davanti un omaccione con una pancia dalla circonferenza imbarazzante, con un gilet di pelle sopra una maglietta che fa intravvedere tutta la peluria da scimmia che ha sul torace (e qui posso tirare un sospiro di sollievo, paragonandolo ai peli delle mie gambe), e un paio di jeans che possono anche ricordare il tendone di un circo come dimensioni. La cosa più buffa è il basco in pelle che calza in testa, a palese richiamo del gilet. Abbigliamento ricercato!

Sembra un camionista.

«Lei è con me» risponde freddo Edward.

«Lei? Vuoi dire che fa la donna? Per me non è un problema, prenderlo o darlo. Sei proprio carino ragazzo». Adesso comincio ad avere conati di vomito.

Soprattutto quando mi mette una mano sul sedere e strizza una natica.

Ho paura che Edward esploda, ma vedo solo che prende un gran respiro e poi afferra la sua mano e la porta sul mio davanti.

«No. Lei è proprio una ragazza vestita da uomo... senti che non ha il pene?» e gli schiaccia la mano tra le mie gambe. E' vero! La conchiglia è rimasta sulla scrivania nel magazzino! Cacchio! Ma poi...

Ma è impazzito? Faccio un salto indietro schifata.

«Oh! Scusa! Davvero pensavo fossi un maschietto... perdonami!... e tu, rosso? Non vuoi farti un giro con me? Ti offro da bere. Io sono Gustavo». Comincia ad essere surreale la situazione! Edward ridacchia e si porta una mano alla nuca.

«Scusami, Gustavo, ma a me piace quello che ha lei e a lei quello che ho io» risponde.

«Etero! La rovina dell'umanità!» dice con una voce schifata e poi si riprende spostando l'attenzione vicino «E tu, moretto? Stai con lei o preferisci cose più normali?». Appunto, bisognerebbe capire cosa si intende per normali, ma a parte questo, solo vedere la faccia stranita e disgustata di Gary alla palese avance di Gustavo, valeva la pena del viaggio.

«Lui ha questa strana malattia... la eteronite, sta con me, mi spiace» risponde Grace per lui che boccheggia.

«Sei malata anche tu? Altrimenti conosco un paio di ragazze disponibili». Che gentile, fa anche da pappone.

«Siamo tutti talmente malati da essere in stadio terminale» risponde Edward facendo segno sul suo anulare della sinistra, come a indicare una futura fede.

«Ah! Beh, c'è sempre speranza» dice Gustavo con tono rammaricato e dopo un paio di pacche sulla spalla si allontana verso altre prede più disponibili.

 

Grace e Gary scoppiano a ridere appena si distanzia, io scoppio solo.

«Gli hai fatto mettere una mano in mezzo alle mie gambe!» strillo come una indemoniata spintonando quello che dubito di ritenere ancora il mio ragazzo.
«Bella, hai visto quanto era grosso? Mi avrebbe fatto a fettine con una sola mano. Ho preferito il sacrificio minore rispetto al deturpamento del mio bel faccino e un trauma cranico» mi spiega serafico.

Logica inoppugnabile. Che faccio? Mi arrabbio ancora di più perché non si è fatto pestare oppure lo perdono e ci passo sopra?

Scelgo il compromesso e ci passo sopra, pestandogli un piede con tutta la forza che ho.

«Ahi!» si lamenta.

«Tranquillo, questo non è un trauma cranico» rispondo.

Grace e Gary continuano a ridere per tutta la scena e alla fine mi unisco anche io mentre Edward si massaggia il piede dolorante.

 

Se si può pensare che le figuracce siano finite, è solo una mera illusione.

Dopo tre minuti arriva una ragazza bellissima, biondissima, sorridentissima, con un abitino ridottissimo e dei sandali altissimi. In pratica un inno al superlativo assoluto.

«Ciao, io sono Kaure, vieni con me al piano di sopra?» dice questa barbie in versione umana, abbracciandomi da dietro.

Ma cos’è? Sembra di essere entrati in una riserva piena di cacciatori ed io mi sento il cerbiatto di turno. C’è una fame di sesso da far paura!

«Non sono un ragazzo» rispondo seccata mentre cerco di liberarmi dalle sue braccia.

Solo per il fatto che questa qui non ha un pene, il mio ragazzo non la ritiene pericolosa? E sta ridendo? Okay! Adesso scatta la repressione!

Adocchio sul bancone se trovo un’arma contundente da usare sulla testa di Edward. Questa volta il trauma cranico non glielo toglie nessuno.

«Lo so che sei una donna, si vede, e sei anche molto bella. Allora? Andiamo?» risponde quella, prendendo la mia mano.

«Lasciala stare. Lei sta con me. È etero» spiega Edward liberandomi.

Sono quasi stufa di sentire questa parola. Mi sembra di essere una straniera nel mondo. Fa effetto sentirsi diversi in mezzo agli altri. È così che si sentono tutte queste persone quando percorrono la strada di tutti i giorni?

Kaure alza le mani in segno di resa e si allontana.

«Sono quasi gelosa di tutte queste avances. A me non si è avvicinato nessuno» protesta Grace.

«Forse perché io faccio paura?» chiede Gary sorridendo e abbracciandola.

«Sarà… però a te hanno palpato il sedere, a me neanche quello!» dice rivolgendosi al suo ragazzo. Oh mamma! Fermatela! Sta dicendo eresie!

«A dire la verità ho distolto un paio di mani troppo vicine a te» dice lui orgoglioso e lei gli regala un bacio appassionato che scatena mugugni di disapprovazione intorno a noi.

«Ecco, è così che dovevi comportarti» rinfaccio a Edward.

«Bella, lui è allenato a lottare, è il suo lavoro. Io sono un matematico che a stento a dato due pugni nella vita. La cosa che si è avvicinata di più alla lotta è stata la fuga quando mi hai inseguito con il fucile!».

«Okay, vorrà dire che ti proteggerò io» mi arrendo.

«Sarà meglio, tu sei sicuramente più efficiente» borbotta. Agli ordini, macchina da guerra Bella Swan a rapporto. La mia coscienza fa pure il saluto militare di ordinanza e si veste in mimetica.

 

«Oh, bene, vi ho trovati!» esclama Max alle nostre spalle.

Alla base dello scalone in ferro vedo Robert appoggiato alla balaustra che chiacchiera con la ragazzina bionda e un ragazzo con talmente tanti muscoli da far sembrare anche Gary un topo Gigio.

«Robert e Liam ci stanno aspettando, venite… e prendete questa» mette nelle mani di Edward una videocamera e ci precede verso i due uomini che, a quanto pare, aspettano proprio noi.

Appena arriviamo tutti lì davanti, Robert dice «Cullenuzza» e quello che dovrebbe essere Liam, ride in risposta.

«Lei è già arrivata, ultima stanza in fondo» dice rivolto a noi che non ci capiamo nulla.

«Che sta succedendo, papà?» chiede direttamente Gary, senza accorgersi di aver interpellato direttamente suo padre senza usare toni irritati.

«Noi non saliremo. Andate per il corridoio di destra sino all’ultima stanza. Lì troverete uno sportellino che vi permetterà di vedere all’interno e la videocamera serve per registrare… quello che ne farete del video è una scelta vostra» risponde Robert rivolgendosi a Edward e me.

Credo di aver intuito qualcosa… forse riguarda Gerandy…

 

Mi faccio forza e in compagnia degli altri, salgo al piano superiore e mi infilo nel corridoio indicato.

Arriviamo silenziosamente all’ultima porta e, timorosa, apro lo sportellino che c’è ad altezza uomo e sbircio.

È un vetro che permette di vedere all’interno di una stanza. Una camera da letto arredata tutta in tono di rosso porpora.

E sul letto c’è una ragazza.

«E’ Cynthia Gerandy» dice Edward accanto a me.

Ma quello che è più sconvolgente è cosa sta succedendo li dentro.

Non riesco a guardare più di dieci secondi e scappo lontano da quello spioncino, in preda a conati di vomito.

Entro correndo in un bagno e mi accascio su un lavandino.

“Quelle immagini non potrò mai dimenticarle”, penso con disgusto.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

prima di tutto, non descriverò nei dettagli quello che capita nella stanza. Io lo so, ve lo lascio immaginare. Quando ho scritto la mia mini rossa, mi è stato detto che scrivo queste scene come un osservatore esterno ma che quelle che non ho provato personalmente, non riesco a renderle bene come quelle di coppia.

Vi posso dire che quella che dovrei descrivere NON L’HO MAI PROVATA e solo il pensiero di qualcuno che lo faccia mi da brividi e voltastomaco (presumo che avrei vomitato anche io), quindi sarà un accenno.

Questo non impedisce alle vostre menti (più o meno perverse) di pensare e tentare di indovinare. Io risponderò sinceramente.

 

Riguardo alla scena della discoteca, mi sono immaginata un posto dove gli avventori sono solo ed esclusivamente gay e lesbiche. Interessante vedere gli etero come i diversi!

 

Scene comiche? Beh, quella che preferisco in questo capitolo è la parte del camionista con Edward in discoteca. Lui non vuole farsi pestare e alla fine sembra che prendano il té in veranda.

 

Bene, adesso ho bisogno di un aiuto. Nel prossimo capitolo si chiuderà con Gerendy, ma avrei bisogno di una scena comica in laboratorio visto che tra Eddy e Bella ci sarà maretta (il solito colpirà ancora, chi?)… cosa suggerite? Un qualcosa che possa riappacificare?

 

Arrivati a questo punto, vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima settimana

Baciotti

  
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