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Autore: ippogrifogirl    23/10/2012    0 recensioni
Bonnie mi guardò come se potessi fulminarla con lo sguardo. Dopotutto era colpa sua se ci trovavamo in questo pasticcio, ma a me non importava più di tanto chi fosse l’autore di questo; cercavo dentro di me rabbia, e delusione ma trovavo solo felicità. Bè non proprio, ma avevo una voglia matta di avere un’avventura da non dimenticare.
Genere: Avventura, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Vuoi veramente sapere dov’è il bagno? O è un enigma che dovrei risolvere?” rispose. Lo ignorai e perlustrai la casa, cercando il bagno. Lo trovai e ci entrai. Era bello e anche grande per essere un bagno. Alla mia destra c’era un… buco tutto nero, che occupava parte della parete e andando più avanti scorsi un’altra porta che era aperta e così la chiusi. Il buco nero scomparve. Così pensai che la porta racchiudeva quel coso enorme e andai avanti. Un momento! Non era una cosa normale! Spaventata, non proseguii e uscii dal bagno. Lui era fuori ad aspettarmi. “Avevo previsto la tua reazione” Mi disse con un sorriso a trentadue denti. “Ti fa ridere avere un buco nero nel bagno attraverso il quale si può entrare aprendo una porta che io ho chiuso?” il suo viso da divertito diventò allarmato. “Tu… Co-cosa hai fatto? Tu hai …” Deglutì e poi continuò: “ HAI CHIUSO LA PORTA DEL SAVEHALL???” “Non urlare! Così sveglierai tutti!” e poi chiesi: “Cos’è il Save dell’ Holl?”. Mi guardò, fece un respiro profondissimo e mi guardò di nuovo. Probabilmente stava formulando la sua risposta, o meditava sulle mie sagge parole, degne di un guru. Fece per parlare ma poi con un no con la testa se ne andò. Rimasi un po’ scioccata dal suo comportamento: ero davvero così ingenua da no sapere che una porta contenente un buco nero misterioso non doveva essere chiusa? Rimasi ancora per qualche secondo in piedi e meditai sulle stranezze che erano successe quella mattinata. Dovevo sapere di più e se volevo cercare Bonnie (quel nome oramai era un sinonimo di avventura da compiere al più presto) dovevo sapere di più e se dovevo sapere di più avrei dovuto fare uno sforzo e chiedere aiuto a quel presuntuoso di un ragazzo che mi stava accanto. Mi stava accanto?! “Non eri andato a chiuderti in una stanza per riflettere come farmi capire tutto questo, visto che sono talmente scema?” chiesi, evidentemente arrabbiata, “Oh, scusa.” Disse. Faceva finta di niente (che cretino) e io lo guardai finché non mi disse: “ Si, Bè quel buco nero che hai visto, bè se ci entri ti teletrasporta ogni volta in un luogo diverso, in caso di pericolo eh ogni volta che si chiude la porta di esso, quest’ultimo cambia posto della casa e ci metti un sacco di tempo a cercarlo”. Dopo un po’: “ Oh.” Pensai che dovessi aggiungere qualcosa, così dissi: “E ora che ore sono?” mancava ancora qualcosa: “Va bene, ti aiuterò a cercare la porta.” Fece una smorfia a metà tra un sorrisetto e un: “ci mancherebbe altro”. “Grazie tante della tua gentilezza e, sono quasi le sei del mattino.” Mentre guardavamo in ogni piccolo buco, sotto il divano e in ogni minuscolo posto, nella mia mente, cercavo di formulare una frase sensata per spiegare al ragazzo dal nome misterioso, cosa dovevo fare e chiedergli se mi voleva aiutare. Impresa da non sottovalutare. Dopo aver trovato la porta, trovata da ME dentro il frigorifero che avevo aperto per rubarmi qualcosa da mangiare, ci sedemmo sul divano, sfiniti. Erano le 8 del mattino ed ancora non avevo visto o sentito nessuno in camera dei suoi genitori. “Ma i tuoi genitori ci sono o non ci sono?” Mi sorrise: “I miei non sono di qua e visto che in questo villaggio a questa età si può vivere da soli…” ero anche un po’ sollevata di non avere altre persone per la casa perché proprio non mi andava di essere formale. “Che vuol dire non sono di qui?” gli chiesi e lui mi rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, : “Non abitano in questo villaggio!” “E allora le pagnotte…” aggiunsi, “Le ho comprate” mi rispose. “ E perché quel bancone affaccia fuori?” mi guardò e disse, sempre con quel tono antipatico, : “Non è carino?” gli feci un cenno di si con la testa. Ero pronta. Dovevo raccontargli tutto dalla prima all’ultima cosa, anche se mi stava antipatico, era l’unica persona che conoscevo. Feci un lungo respiro, lo guardai, i suoi occhi azzurri avevano una tonalità più chiara dei miei, e iniziai: “Ehm…” ci devo riuscire: “Bonnie” non ce la faccio. Di nuovo, le lacrime mi rigarono il viso e cominciai a preoccuparmi di mia madre, mia sorella, che stavano facendo? Mi stavano cercando? Queste erano domande che toccavano il mio punto dolente e a cui non sapevo rispondere.
 
  
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